23 dicembre 2014
I paesi africani esortano l’occidente a intervenire militarmente in Libia. In particolare, a chiederlo sono i cinque Paesi del Sahel, Mauritania, Ciad, Niger, Mali e Burkina Faso, che si sentono sempre più minacciati nella loro sicurezza dall’avanzata delle bande armate jihadiste nel sud del Paese. Il Sahel chiede che l’intervento sia fatto in accordo con l’Unione Africana, a sostegno delle istituzioni democraticamente elette in Libia.
Ormai la situazione è sempre più drammatica e i due governi rivali, quello di Tobruk "regolarmente eletto" e quello dei ribelli di Tripoli, con le loro schermaglie ha lasciato un vuoto politico che ha permesso a gruppi islamisti di dilagare e minacciare paesi come il Mali, il Niger e il Ciad. I governanti dei paesi africani, riuniti a Dakar nei giorni scorsi per un forum sulla sicurezza, sono convinti che la pacificazione della Libia e dell’intera regione, passi dal sud del paese. Alcuni paesi sono convinti che l’intervento che ha portato alla caduta del Rais Muhammar Gheddafi, intrapreso dalla Francia, non sia stato ultimato, altri ancora sostengono invece che l’intervento sia stato compiuto, ma che il problema è stato il post-intervento. Sta di fatto che l’operazione del 2011 ha avuto esiti catastrofici, sia per le forze della Nato sia per la Libia stessa.
In ogni guerra, ancora prima della gente, occorre assassinare la verità. Guerra alla libia: 100000 morti, 240000 persone ancora cercate, 78000 dispersi. 10300 donne violentate, 350000 rifugiati.
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mercoledì 31 dicembre 2014
martedì 30 dicembre 2014
elemosine della UE per mantenere i propri servi
Apprendiamo dalla stampa: Da Ue altri 10 milioni per Libia e Sud Sudan: “Un’ancora di salvezza per più vulnerabili”
Nei due Paesi i conflitti interni non fanno che intensificarsi peggiorando la situazione umanitaria. Il commissario Stylianides: “Ci sono esigenze enormi, i combattimenti hanno avuto un forte impatto sulla vita dei civili”
La Commissione europea ha stanziato nuovi aiuti per Sud Sudan e Libia. Per la Libia sono stati stanziati 2 milioni di euro per aiutare le centinaia di persone costrette a fuggire dalle loro case a causa di peggioramento violenza nel Paese. Il finanziamento sarà utilizzato per fornire cibo, riparo, assistenza medica e sostegno psico-sociale.
Nei due Paesi i conflitti interni non fanno che intensificarsi peggiorando la situazione umanitaria. Il commissario Stylianides: “Ci sono esigenze enormi, i combattimenti hanno avuto un forte impatto sulla vita dei civili”
La Commissione europea ha stanziato nuovi aiuti per Sud Sudan e Libia. Per la Libia sono stati stanziati 2 milioni di euro per aiutare le centinaia di persone costrette a fuggire dalle loro case a causa di peggioramento violenza nel Paese. Il finanziamento sarà utilizzato per fornire cibo, riparo, assistenza medica e sostegno psico-sociale.
lunedì 29 dicembre 2014
Disastro Libia, è emergenza umanitaria. E l’Ue invia (solo) 2 milioni di euro
L'ex colonia italiana è ora un Paese fantasma abbandonato dai “liberatori” alle bande armate
22 dicembre 2014
di Umberto Mazzantini
L’Unione europea è nuovamente costretta a cercare di tappare le falle di un disastroso intervento militare attuato dalla Nato (Italia compresa): per la Libia, liberata dalla "dittatura" di Muammar Gheddafi con gli aiuti dei caccia atlantici e i petrodollari delle monarchie assolute del Golfo, si può ormai parlare di uno Stato fantasma, senza nessun governo centrale – in realtà ce ne sarebbero addirittura due – in grado di controllare un territorio diviso tra milizie islamiche e tribali, esercito regolare e signori della guerra e dove ormai alcuni territori proclamano fedeltà allo Stato Islamico/Daesh siro-irakeno.
22 dicembre 2014
di Umberto Mazzantini
L’Unione europea è nuovamente costretta a cercare di tappare le falle di un disastroso intervento militare attuato dalla Nato (Italia compresa): per la Libia, liberata dalla "dittatura" di Muammar Gheddafi con gli aiuti dei caccia atlantici e i petrodollari delle monarchie assolute del Golfo, si può ormai parlare di uno Stato fantasma, senza nessun governo centrale – in realtà ce ne sarebbero addirittura due – in grado di controllare un territorio diviso tra milizie islamiche e tribali, esercito regolare e signori della guerra e dove ormai alcuni territori proclamano fedeltà allo Stato Islamico/Daesh siro-irakeno.
domenica 28 dicembre 2014
La guerra in Libia di Giorgio Napolitano
di Francesca Romana Fantetti
23 dicembre 2014
“Siamo un Paese ormai in bancarotta” è il comunicato emesso dalla Banca centrale libica a tre anni dalla caduta del regime di Gheddafi. La Libia, Paese produttore di petrolio e membro dell’Opec, “ormai è uno Stato in bancarotta”.
La Banca libica ha emesso queste poche parole in concomitanza della sospensione del dialogo promosso dalle Nazioni Unite a causa della guerra tra le varie fazioni del Paese. La Mauritania, il Mali, il Niger, il Ciad e il Burkina Faso hanno nel frattempo chiesto al Consiglio di sicurezza dell’Onu l’invio di una forza internazionale di intervento in Libia in preda al caos. In Libia è allo stato in corso un violento scontro armato tra le milizie islamiche, che controllano la capitale Tripoli e parte della Cirenaica, e le forze del generale Haftar, laico sostenuto dall’Egitto.**** ( ormai è diventato un vizio parlare di Haftar, chiarisco per l' ennesima volta che il lavoro lo stanno facendo le tribù oneste della Libia ) *** La Libia è un importante fornitore di petrolio e gas dell’Italia, gli islamisti con la guerra hanno costretto tuttavia a sospendere gran parte della produzione del petrolio.
23 dicembre 2014
“Siamo un Paese ormai in bancarotta” è il comunicato emesso dalla Banca centrale libica a tre anni dalla caduta del regime di Gheddafi. La Libia, Paese produttore di petrolio e membro dell’Opec, “ormai è uno Stato in bancarotta”.
La Banca libica ha emesso queste poche parole in concomitanza della sospensione del dialogo promosso dalle Nazioni Unite a causa della guerra tra le varie fazioni del Paese. La Mauritania, il Mali, il Niger, il Ciad e il Burkina Faso hanno nel frattempo chiesto al Consiglio di sicurezza dell’Onu l’invio di una forza internazionale di intervento in Libia in preda al caos. In Libia è allo stato in corso un violento scontro armato tra le milizie islamiche, che controllano la capitale Tripoli e parte della Cirenaica, e le forze del generale Haftar, laico sostenuto dall’Egitto.**** ( ormai è diventato un vizio parlare di Haftar, chiarisco per l' ennesima volta che il lavoro lo stanno facendo le tribù oneste della Libia ) *** La Libia è un importante fornitore di petrolio e gas dell’Italia, gli islamisti con la guerra hanno costretto tuttavia a sospendere gran parte della produzione del petrolio.
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sabato 27 dicembre 2014
La guerra mondiale del petrolio
29 novembre 2014 di Davide Rossi
Si potrebbe ritenere una semplice variabile commerciale dentro il mercato capitalista mondiale. In realtà è la guerra mondiale del petrolio. Può sembrare un’affermazione un po’ forte, eccessiva. Occorre addentrarsi con pazienza dentro dinamiche politico-economiche trascurate da televisioni e giornali, relegate in spazi marginali dall’informazione. La spiegazione semplificata potrebbe essere che, poiché gli Stati Uniti, primo consumatore planetario di gas e petrolio, hanno iniziato ad estrarli sul loro territorio, è evidente che l’offerta mondiale cresca e il prezzo del barile di petrolio scenda. In realtà la crisi economica a stelle e strisce è di proporzioni colossali, mascherata da una politica estera aggressiva che, quando non riesce ad accaparrarsi a prezzo di furto le materie prime energetiche e alimentari, usa le armi e il controllo diretto delle nazioni, con dittatori amici che sfruttano le popolazioni e le depredano delle ricchezze naturali e agricole.
Si potrebbe ritenere una semplice variabile commerciale dentro il mercato capitalista mondiale. In realtà è la guerra mondiale del petrolio. Può sembrare un’affermazione un po’ forte, eccessiva. Occorre addentrarsi con pazienza dentro dinamiche politico-economiche trascurate da televisioni e giornali, relegate in spazi marginali dall’informazione. La spiegazione semplificata potrebbe essere che, poiché gli Stati Uniti, primo consumatore planetario di gas e petrolio, hanno iniziato ad estrarli sul loro territorio, è evidente che l’offerta mondiale cresca e il prezzo del barile di petrolio scenda. In realtà la crisi economica a stelle e strisce è di proporzioni colossali, mascherata da una politica estera aggressiva che, quando non riesce ad accaparrarsi a prezzo di furto le materie prime energetiche e alimentari, usa le armi e il controllo diretto delle nazioni, con dittatori amici che sfruttano le popolazioni e le depredano delle ricchezze naturali e agricole.
venerdì 26 dicembre 2014
Libia: l’Emirato di Derna si prepara alla guerra
di Gianandrea Gaiani
20 dicembre 2014
Le milizie jihadiste di Derna, in Cirenaica, hanno dato vita a una coalizione ribattezzata “Consiglio della Shura dei Mujahedeen” in vista dell’attesa offensiva da parte delle forze filo-governative che stanno avanzando da Tobruk e che presumibilmente attaccheranno Derna dopo aver completato la riconquista di Bengasi. “Tutti hanno visto cosa è successo a Bengasi: un disastro, le istituzioni distrutte, le case demolite, le moschee e le università date alle fiamme dalle mani criminali dei sostenitori di Haftar” si legge nel comunicato diffuso dalla coalizione islamista che fa riferimento alle forze fedeli all’ex generale Khalifa Haftar e ad Abdullah al-Thani, il premier libico riconosciuto dalla comunità internazionale, impegnate in operazioni militari volte a riconquistare il pieno controllo di Tripoli e Bengasi.
20 dicembre 2014
Le milizie jihadiste di Derna, in Cirenaica, hanno dato vita a una coalizione ribattezzata “Consiglio della Shura dei Mujahedeen” in vista dell’attesa offensiva da parte delle forze filo-governative che stanno avanzando da Tobruk e che presumibilmente attaccheranno Derna dopo aver completato la riconquista di Bengasi. “Tutti hanno visto cosa è successo a Bengasi: un disastro, le istituzioni distrutte, le case demolite, le moschee e le università date alle fiamme dalle mani criminali dei sostenitori di Haftar” si legge nel comunicato diffuso dalla coalizione islamista che fa riferimento alle forze fedeli all’ex generale Khalifa Haftar e ad Abdullah al-Thani, il premier libico riconosciuto dalla comunità internazionale, impegnate in operazioni militari volte a riconquistare il pieno controllo di Tripoli e Bengasi.
giovedì 25 dicembre 2014
La Libia, un disastro
18 - 12 - 2014 Emanuele Rossi
L’attacco dei talebani pakistani alla scuola di Peshawar, con la tragica uccisione di decine di ragazzi; i fatti che continuano ad uscire dalla Siria e dall’Iraq, regno sanguinoso e preoccupante del Califfo; le vicende che vedono lupi solitari ispirati dalla propaganda jihadista compiere attentati, gesti disperati, nelle più svariate aree del mondo. Circostanze che distraggono i racconti di cronaca da quello che sta succedendo in Libia.
E non siamo solo noi che raccontiamo a sonnecchiare sulla situazione, ma pure i governi sembrano lenti, disinteressati, superficiali. Lunedì il premier italiano Matteo Renzi ha incontrato Romano Prodi per parlare, “ufficialmente”, della situazione del paese nordafricano – e dell’Ucraina, che ancora, di fatto, è messa male.
Prodi – che si è incontrato con Renzi, al di là della versione ufficiale, anche per le beghe legate alla nomina del Presidente della Repubblica – è per certi aspetti, persona di riferimento per le “pratiche africane”. Dal 2008 presiede il Gruppo di lavoro ONU-Unione Africana sulle missioni di peacekeeping in Africa; nell’ottobre 2012 è stato nominato Inviato Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per il Sahel (fascia sub-sahariana che si estende tra il deserto del Sahara a nord e la savana del Sudan a sud, e tra l’oceano Atlantico a ovest e il Mar Rosso a est; in pratica di Libia ne becca ben poca, ma “è giù di lì” e tanto basta).
L’attacco dei talebani pakistani alla scuola di Peshawar, con la tragica uccisione di decine di ragazzi; i fatti che continuano ad uscire dalla Siria e dall’Iraq, regno sanguinoso e preoccupante del Califfo; le vicende che vedono lupi solitari ispirati dalla propaganda jihadista compiere attentati, gesti disperati, nelle più svariate aree del mondo. Circostanze che distraggono i racconti di cronaca da quello che sta succedendo in Libia.
E non siamo solo noi che raccontiamo a sonnecchiare sulla situazione, ma pure i governi sembrano lenti, disinteressati, superficiali. Lunedì il premier italiano Matteo Renzi ha incontrato Romano Prodi per parlare, “ufficialmente”, della situazione del paese nordafricano – e dell’Ucraina, che ancora, di fatto, è messa male.
Prodi – che si è incontrato con Renzi, al di là della versione ufficiale, anche per le beghe legate alla nomina del Presidente della Repubblica – è per certi aspetti, persona di riferimento per le “pratiche africane”. Dal 2008 presiede il Gruppo di lavoro ONU-Unione Africana sulle missioni di peacekeeping in Africa; nell’ottobre 2012 è stato nominato Inviato Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per il Sahel (fascia sub-sahariana che si estende tra il deserto del Sahara a nord e la savana del Sudan a sud, e tra l’oceano Atlantico a ovest e il Mar Rosso a est; in pratica di Libia ne becca ben poca, ma “è giù di lì” e tanto basta).
mercoledì 24 dicembre 2014
Arriva dalla Libia la conferma dell'ultima strage di migranti nel Canale di Sicilia.
Arriva dalla Libia la conferma dell'ultima strage di migranti nel Canale di Sicilia. Immagini che in Europa non pubblicherà nessuno. L'Unione Europea chiarisce la portata delle operazioni TRITON di Frontex Plus, ma nessuno ne parla.
8 ottobre 2014 00:32 | Pubblicato da Fulvio Vassallo
Rimane da chiedersi quale sia oggi la effettiva capacità di intervento della guardia costiera libica, dal momento che le motovedette regalateda Maroni a Ghedafi nel 2009 sono fuori uso, qualcuna sarebbe pure rientrata in Italia per manutenzione. Malta non vede e non sente, ma dicono di essere solidali. Una situazione di abbandono in mare che si traduce sempre più spesso in vere e proprie condanne a morte, soprattutto a fronte del ritiro più a nord delle navi di Mare Nostrum, per non parlare dell'operazione Frontex Plus TRITON, che, dal primo novembre, secondo quanto annunciato, non dovrebbe spingersi, nelle operazione di pattugliamento congiunto, più a sud di trenta miglia da Malta e Lampedusa. E dunque le navi che si renderanno disponibili " su base volontaria" con il contributo di diversi paesi dell'Unione Europea, resteranno a 150 miglia almeno ( 270 chilometri) dalla costa libica, qualche aereo andrà più forse più a sud, ma in caso di soccorso dovranno sempre chiedere l'intervento delle navi commerciali. Ammesso che se ne trovino ancora a ridosso delle acque territoriali libiche. Altri corpi di migranti vengono rigettati indietro sulle spiagge libiche, valgono appena una "breve" di cronaca.
8 ottobre 2014 00:32 | Pubblicato da Fulvio Vassallo
Rimane da chiedersi quale sia oggi la effettiva capacità di intervento della guardia costiera libica, dal momento che le motovedette regalateda Maroni a Ghedafi nel 2009 sono fuori uso, qualcuna sarebbe pure rientrata in Italia per manutenzione. Malta non vede e non sente, ma dicono di essere solidali. Una situazione di abbandono in mare che si traduce sempre più spesso in vere e proprie condanne a morte, soprattutto a fronte del ritiro più a nord delle navi di Mare Nostrum, per non parlare dell'operazione Frontex Plus TRITON, che, dal primo novembre, secondo quanto annunciato, non dovrebbe spingersi, nelle operazione di pattugliamento congiunto, più a sud di trenta miglia da Malta e Lampedusa. E dunque le navi che si renderanno disponibili " su base volontaria" con il contributo di diversi paesi dell'Unione Europea, resteranno a 150 miglia almeno ( 270 chilometri) dalla costa libica, qualche aereo andrà più forse più a sud, ma in caso di soccorso dovranno sempre chiedere l'intervento delle navi commerciali. Ammesso che se ne trovino ancora a ridosso delle acque territoriali libiche. Altri corpi di migranti vengono rigettati indietro sulle spiagge libiche, valgono appena una "breve" di cronaca.
martedì 23 dicembre 2014
Disastro Libia: ecco chi dobbiamo ringraziare
16 dicembre 2014
UN FRANCESE, UN’AMERICANA E UN ITALIANO
Un francese, un’americana e un italiano: non è l’incipit di un barzelletta ma coloro che dobbiamo ringraziare per aver imposto con miopia la più assurda tra le assurde guerre che l’Occidente ha condotto in questi ultimi anni in nome dell’imperativo umanitario. Il disastro in Libia e lo spaventoso errore di generare un “regime change” non governato, trasformando quello che era uno dei paesi più stabili e floridi dell’Africa in un cumulo di macerie, hanno tre firme d’autore.
UN FRANCESE, UN’AMERICANA E UN ITALIANO
Un francese, un’americana e un italiano: non è l’incipit di un barzelletta ma coloro che dobbiamo ringraziare per aver imposto con miopia la più assurda tra le assurde guerre che l’Occidente ha condotto in questi ultimi anni in nome dell’imperativo umanitario. Il disastro in Libia e lo spaventoso errore di generare un “regime change” non governato, trasformando quello che era uno dei paesi più stabili e floridi dell’Africa in un cumulo di macerie, hanno tre firme d’autore.
lunedì 22 dicembre 2014
Sostenere il governo USA senza saperlo: il grave esempio di “Avaaz”
18 febbraio 2012
L’associazione non governativa “Avaaz” sta spopolando su internet e nei circoli della sinistra liberal occidentale in nome della difesa dei diritti umani. Pochi conoscono però chi si cela dietro questa organizzazione che di umanitario ha solo l’apparenza e che è stata creata per “coprire a sinistra” gli interessi geopolitici ed economici dei poteri forti occidentali, soprattutto americani. La tattica è molto semplice: si promuovono decina se non centinaia di petizioni su temi umanitari, democratici, anti-corruzione che trovano immediato consenso fra il pubblico di sentimenti progressisti (ad esempio la lotta contro la censura su internet oppure il riconoscimento della Palestina). Fra di essi vi sono anche attacchi ai governi occidentali e contro lo strapotere delle banche, così da convincere questo pubblico particolare della bontà della ONG. Fra tutti questi temi – che poi non sortiranno in gran parte comunque nessun risultato – si inseriscono invece questioni strategiche per i padroni nascosti di “Avaaz” (governi, multinazionali, eserciti) che così potranno più facilmente superare la diffidenza da parte della popolazione genericamente di “sinistra”, che non sospetterà mai che dietro a questi presunti critici degli USA è nascosto proprio il Partito Democratico del presidente Obama e dell’ex-presidente Cliton, attraverso l’organizzazione “MoveOn” che sta alla base di “Avaaz”, e che ha ricevuto un finanziamento di 1,46 millioni di dollari da George Soros per utilizzarla nella battaglia elettorale contro il Partito Repubblicano.
L’associazione non governativa “Avaaz” sta spopolando su internet e nei circoli della sinistra liberal occidentale in nome della difesa dei diritti umani. Pochi conoscono però chi si cela dietro questa organizzazione che di umanitario ha solo l’apparenza e che è stata creata per “coprire a sinistra” gli interessi geopolitici ed economici dei poteri forti occidentali, soprattutto americani. La tattica è molto semplice: si promuovono decina se non centinaia di petizioni su temi umanitari, democratici, anti-corruzione che trovano immediato consenso fra il pubblico di sentimenti progressisti (ad esempio la lotta contro la censura su internet oppure il riconoscimento della Palestina). Fra di essi vi sono anche attacchi ai governi occidentali e contro lo strapotere delle banche, così da convincere questo pubblico particolare della bontà della ONG. Fra tutti questi temi – che poi non sortiranno in gran parte comunque nessun risultato – si inseriscono invece questioni strategiche per i padroni nascosti di “Avaaz” (governi, multinazionali, eserciti) che così potranno più facilmente superare la diffidenza da parte della popolazione genericamente di “sinistra”, che non sospetterà mai che dietro a questi presunti critici degli USA è nascosto proprio il Partito Democratico del presidente Obama e dell’ex-presidente Cliton, attraverso l’organizzazione “MoveOn” che sta alla base di “Avaaz”, e che ha ricevuto un finanziamento di 1,46 millioni di dollari da George Soros per utilizzarla nella battaglia elettorale contro il Partito Repubblicano.
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domenica 21 dicembre 2014
Gli amici di ieri e di domani: la corsa al petrolio della Libia
25 agosto 2011
Gheddafi non è stato ancora deposto e già è cominciato l' "affaire", quello grosso, che richiede l'intervento degli specialisti e dei superanalisti. Quelli come Luttwak che spiega con le mappe e il plastico, quelli che sino ad oggi non ne hanno azzeccata neanche una, ma sono super pagati dalla "Ditta", l'Agenzia di Informazione e Sicurezza.
E' una storia che si ripete, con i soldati che presidiano le raffinerie, i ribelli che sono vittime del regime e il "dittatore" che tiranneggia il suo popolo: oggi ci sono i Lealisti di Gheddafi, anni fa avevamo gli ultranazionalisti serbi. Insomma ogni guerra se la studiano bene per fare i loro 'impicci e imbrogli'. Poi ci sono i giornalisti, come quelli italiani che vengono derubati e poi sequestrati, ma stranamente riescono a chiamare a casa per dire che stanno bene e li hanno messi al sicuro, ma restano sempre in ostaggio. Qualcosa non torna, anche perchè 'ovviamente' i sequestratori sono i soldati di Gheddafi e non i mercenari di Bengasi, che maltrattano questi eroici 'inviati di guerra'. In realtà sono solo delle pedine della macchina mediatica che si è mossa per portare al mondo il messaggio del "nemico della democrazia". Per far questo si sono mossi giornalisti e producer internazionali, quelli che si bazzicano i ministeri della difesa e le agenzie di stampa, che mandano così i loro fiduciari. Ex agenti ripudiati dalla Ditta, oppure agenti pizzicati a fare il doppio gioco, truffe o anche rapine. In quegli alberghi succede di tutto, prostituzione minorile, droga e alcool a non finire, traffici e affari meschini. C'è chi si fa rubare le telecamere e chi si vende le telefonate, chi si fa rapinare, e poi fatture su fatture, vari business per pareggiare i debito di gioco. Questo è il sottobosco della macchina della guerra, in cui i media sono più importanti degli stessi eserciti. In Libia hanno toccato livelli spettacolari, trasmettendo un film pseudo-realistico tanto per creare confusione tra il mondo arabo e quello occidentale, che deve essere convinto che bisogna combattere un altro "nemico della democrazia.
Gheddafi non è stato ancora deposto e già è cominciato l' "affaire", quello grosso, che richiede l'intervento degli specialisti e dei superanalisti. Quelli come Luttwak che spiega con le mappe e il plastico, quelli che sino ad oggi non ne hanno azzeccata neanche una, ma sono super pagati dalla "Ditta", l'Agenzia di Informazione e Sicurezza.
E' una storia che si ripete, con i soldati che presidiano le raffinerie, i ribelli che sono vittime del regime e il "dittatore" che tiranneggia il suo popolo: oggi ci sono i Lealisti di Gheddafi, anni fa avevamo gli ultranazionalisti serbi. Insomma ogni guerra se la studiano bene per fare i loro 'impicci e imbrogli'. Poi ci sono i giornalisti, come quelli italiani che vengono derubati e poi sequestrati, ma stranamente riescono a chiamare a casa per dire che stanno bene e li hanno messi al sicuro, ma restano sempre in ostaggio. Qualcosa non torna, anche perchè 'ovviamente' i sequestratori sono i soldati di Gheddafi e non i mercenari di Bengasi, che maltrattano questi eroici 'inviati di guerra'. In realtà sono solo delle pedine della macchina mediatica che si è mossa per portare al mondo il messaggio del "nemico della democrazia". Per far questo si sono mossi giornalisti e producer internazionali, quelli che si bazzicano i ministeri della difesa e le agenzie di stampa, che mandano così i loro fiduciari. Ex agenti ripudiati dalla Ditta, oppure agenti pizzicati a fare il doppio gioco, truffe o anche rapine. In quegli alberghi succede di tutto, prostituzione minorile, droga e alcool a non finire, traffici e affari meschini. C'è chi si fa rubare le telecamere e chi si vende le telefonate, chi si fa rapinare, e poi fatture su fatture, vari business per pareggiare i debito di gioco. Questo è il sottobosco della macchina della guerra, in cui i media sono più importanti degli stessi eserciti. In Libia hanno toccato livelli spettacolari, trasmettendo un film pseudo-realistico tanto per creare confusione tra il mondo arabo e quello occidentale, che deve essere convinto che bisogna combattere un altro "nemico della democrazia.
sabato 20 dicembre 2014
Italia-Libia, strane mosse
14/12/2014
Il ministro Gentiloni paventa nuovi interventi militari a Tripoli, d’accordo con gli Stati Uniti
Dopo quasi tre anni di silenzio in cui i mass-media della Nato hanno cercato di nascondere i disastri prodotti dalla guerra "anti-italiana" alla Libia (caos, guerra civile, povertà, immigrazione e terrorismo), giornali e tv sono tornati a parlare del disastro libico, facendo da sponda al ministro degli Esteri Gentiloni, che in tandem con il Segretario di Stato statunitense Kerry, ha già paventato la possibilità di nuovi interventi militari (non solo in Libia, ma anche in Siria).
Il caos che sta sconvolgendo la Libia, il Nord Africa, il Medio Oriente, tutto il Mediterraneo e, ormai, anche l'Europa, si combatte ritrovando un dialogo con Mosca. Solo in questo modo sarà possibile per l'Italia e l'Europa trovare una strada di rinascita e riscossa. Senza un sussulto di sovranità è impensabile uscire da questa crisi economica, sociale, culturale e valoriale che sta affamando il nostro popolo ed uccidendo la nostra civiltà.
Il ministro Gentiloni paventa nuovi interventi militari a Tripoli, d’accordo con gli Stati Uniti
Dopo quasi tre anni di silenzio in cui i mass-media della Nato hanno cercato di nascondere i disastri prodotti dalla guerra "anti-italiana" alla Libia (caos, guerra civile, povertà, immigrazione e terrorismo), giornali e tv sono tornati a parlare del disastro libico, facendo da sponda al ministro degli Esteri Gentiloni, che in tandem con il Segretario di Stato statunitense Kerry, ha già paventato la possibilità di nuovi interventi militari (non solo in Libia, ma anche in Siria).
Il caos che sta sconvolgendo la Libia, il Nord Africa, il Medio Oriente, tutto il Mediterraneo e, ormai, anche l'Europa, si combatte ritrovando un dialogo con Mosca. Solo in questo modo sarà possibile per l'Italia e l'Europa trovare una strada di rinascita e riscossa. Senza un sussulto di sovranità è impensabile uscire da questa crisi economica, sociale, culturale e valoriale che sta affamando il nostro popolo ed uccidendo la nostra civiltà.
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venerdì 19 dicembre 2014
Libia, chiuso il più grande porto petrolifero: rischio blocco del gas italiano a Mellita
Nel paese in piena guerra civile, si combatte attorno a Es Sider. La coalizione Tripoli-Misurata avanza contro le milizie di Jadran
di VINCENZO NIGRO 14 dicembre 2014
Il più importante porto-terminale di carico del petrolio in Libia, quello di Es Sider, al confine fra Tripolitania e Cirenaica, è chiuso da ieri. Tutt'intorno infuria la battaglia fra i miliziani della Petroleum Protection Guard del capo-milizia Ibrahim Jadran e quelli della coalizione Misurata-Islamisti che da agosto controlla Tripoli e che da settimane è sottoposta agli attacchi aerei del governo che si è rifugiato a Tobruk.
Ma nella Libia della guerra civile i combattimenti si spostano freneticamente in quasi tutto il paese: in queste ore i capi militari e tribali di Zwara, una comunità che sorge ad Ovest, lungo il percorso del gasdotto che alimenta l'Italia, stanno decidendo se bloccare o meno il gasdotto per ritorsione contro gli attacchi aerei del governo di Tobruk. Il gas che arriva dal Sud della Libia, estratto al confine con l'Algeria, viene compresso e "lavorato" nella stazione di Mellita e di lì viene introdotto nel gasdotto che attraversa il canale di Sicilia. Se Mellita venisse bloccata dalle tribù di Zwara automaticamente il flusso di gas verso l'Europa verrebbe interrotto.
di VINCENZO NIGRO 14 dicembre 2014
Il più importante porto-terminale di carico del petrolio in Libia, quello di Es Sider, al confine fra Tripolitania e Cirenaica, è chiuso da ieri. Tutt'intorno infuria la battaglia fra i miliziani della Petroleum Protection Guard del capo-milizia Ibrahim Jadran e quelli della coalizione Misurata-Islamisti che da agosto controlla Tripoli e che da settimane è sottoposta agli attacchi aerei del governo che si è rifugiato a Tobruk.
Ma nella Libia della guerra civile i combattimenti si spostano freneticamente in quasi tutto il paese: in queste ore i capi militari e tribali di Zwara, una comunità che sorge ad Ovest, lungo il percorso del gasdotto che alimenta l'Italia, stanno decidendo se bloccare o meno il gasdotto per ritorsione contro gli attacchi aerei del governo di Tobruk. Il gas che arriva dal Sud della Libia, estratto al confine con l'Algeria, viene compresso e "lavorato" nella stazione di Mellita e di lì viene introdotto nel gasdotto che attraversa il canale di Sicilia. Se Mellita venisse bloccata dalle tribù di Zwara automaticamente il flusso di gas verso l'Europa verrebbe interrotto.
giovedì 18 dicembre 2014
La Francia difende Haftar dalla Gran Bretagna
12 Dec 2014 By Antonio Albanese ...
Una fonte di alto livello nel governo di Abdullah al thani ha rivelato che c'è una "battaglia invisibile» tra Francia e Gran Bretagna se inserire o no il generale Khalifa Belqasim Haftar, nella lista di coloro da sanzionare. Favorevole la Gran Bretagna contro il parere dei francesi.
La fonte ha detto, alla testata eanlybia che un ministro del governo guidato da Abdullah al-Thani, ha sventato un tentativo ufficiale dalla Gran Bretagna per inserire il nome Haftar, che guida le forze libiche contro gli estremisti che combattono in Libia orientale dalla metà di maggio (lo scorso maggio), nella lista proposta al comitato per le sanzioni stabilite dal Consiglio di sicurezza nel tentativo di frenare la violenza e scontri in Libia.
Una fonte di alto livello nel governo di Abdullah al thani ha rivelato che c'è una "battaglia invisibile» tra Francia e Gran Bretagna se inserire o no il generale Khalifa Belqasim Haftar, nella lista di coloro da sanzionare. Favorevole la Gran Bretagna contro il parere dei francesi.
La fonte ha detto, alla testata eanlybia che un ministro del governo guidato da Abdullah al-Thani, ha sventato un tentativo ufficiale dalla Gran Bretagna per inserire il nome Haftar, che guida le forze libiche contro gli estremisti che combattono in Libia orientale dalla metà di maggio (lo scorso maggio), nella lista proposta al comitato per le sanzioni stabilite dal Consiglio di sicurezza nel tentativo di frenare la violenza e scontri in Libia.
mercoledì 17 dicembre 2014
Libia, coalizione islamica a Derna per affrontare l'offensiva governativa
Bengasi, 13 dicembre 2014 - Le milizie islamiche di Derna, nella Libia orientale, hanno creato una coalizione sotto il nome di 'Consiglio della shura dei mujaheddin' in previsione di un'offensiva delle forme armate fedeli al governo. "Tutti vedono quello che è successo a Bengasi, una città devastata, con le istituzioni distrutte, case demolite, moschee e università bruciate dalle mani criminali del generale Haftar", si legge nel comunicato della nuova formazione.
martedì 16 dicembre 2014
Libia, premier al-Thinni annuncia: "Truppe verso Tripoli". Renzi invoca il dialogo, ma la resa dei conti è vicina
L'Huffington Post | Di Giulia Belardelli 11/12/2014
Si avvicina la resa dei conti tra il governo ufficiale della Libia, sostenuto dalle forze armate fedeli all’ex generale Khalifa Haftar,( in realtà sono le tribù onorevoli, quelle che non hanno tradito il loro paesea combattere) !! e la galassia di milizie islamiste che si fa chiamare “Alba della Libia”. Il premier libico Abdullah al-Thinni ha annunciato alla tv al Arabiya che “le truppe ufficiali stanno avanzando verso Tripoli per liberarla”. Le forze governative, ha spiegato il primo ministro, si muovono verso la capitale da ovest e non si fermeranno “finché non avranno successo”.
L’obiettivo è la riconquista di Tripoli, la capitale caduta in mano alla coalizione islamista nell’agosto 2014 e divenuta ormai il centro di un governo “parallelo” gestito da Alba della Libia. Le truppe governative mirano anche a riprendere il controllo del principale valico di frontiera con la Tunisia, in mano agli islamisti.
Si avvicina la resa dei conti tra il governo ufficiale della Libia, sostenuto dalle forze armate fedeli all’ex generale Khalifa Haftar,( in realtà sono le tribù onorevoli, quelle che non hanno tradito il loro paesea combattere) !! e la galassia di milizie islamiste che si fa chiamare “Alba della Libia”. Il premier libico Abdullah al-Thinni ha annunciato alla tv al Arabiya che “le truppe ufficiali stanno avanzando verso Tripoli per liberarla”. Le forze governative, ha spiegato il primo ministro, si muovono verso la capitale da ovest e non si fermeranno “finché non avranno successo”.
L’obiettivo è la riconquista di Tripoli, la capitale caduta in mano alla coalizione islamista nell’agosto 2014 e divenuta ormai il centro di un governo “parallelo” gestito da Alba della Libia. Le truppe governative mirano anche a riprendere il controllo del principale valico di frontiera con la Tunisia, in mano agli islamisti.
lunedì 15 dicembre 2014
LA DIFESA DELL' IMPERO DEL DOLLARO
Postato il Giovedì, 04 dicembre @ 23:10:00 GMT di davide
DI MIKE WHITNEY
counterpunch.org
"La Fed ‘deve’ essere ancora più attiva, visto che gli stranieri stanno ulteriormente rallentando l’acquisto della nostra ‘carta’. Nella corsa alla svalutazione delle monete che è in atto nel mondo sviluppato – una corsa che sta accelerando la fine dell'attuale regime valutario – deve spingere a tavoletta sul pedale dell’acceleratore".
Stephanie Pomboy, MacroMavens
DI MIKE WHITNEY
counterpunch.org
"La Fed ‘deve’ essere ancora più attiva, visto che gli stranieri stanno ulteriormente rallentando l’acquisto della nostra ‘carta’. Nella corsa alla svalutazione delle monete che è in atto nel mondo sviluppato – una corsa che sta accelerando la fine dell'attuale regime valutario – deve spingere a tavoletta sul pedale dell’acceleratore".
Stephanie Pomboy, MacroMavens
domenica 14 dicembre 2014
L’unico modo per fermare l’impero
DI GARY FLOMENHOFT – cluborlov.blogspot.it –
Cari amici,
si avvicinano sempre di più gli ultimi giorni dell’Impero. Forse la sua fine avverrà lentamente e gradualmente, oppure rapidamente e catastroficamente. Forse sarà il caos totale o forse sarà una fine ben organizzata che procederà piano, senza intoppi. Questo nessuno lo sa, ma la fine dell’Impero arriverà, come il giorno segue la notte e come il sole segue la pioggia. L’eccessiva espansione e il superindebitamento chiederanno il conto, come è avvenuto per tutti gli imperi.
Gli imperi sono come i batteri su un vetrino di laboratorio: spensierati, ciechi, insensibili, si espandono fino all’ esaurimento del loro nutrimento e fino a contaminare completamente l’ambiente circostante con i loro rifiuti: e poi muoiono. Sono automi, non possono farne a meno: sono programmati per espandersi o morire, espandersi o morire e, alla fine, espandersi e morire.
Cari amici,
si avvicinano sempre di più gli ultimi giorni dell’Impero. Forse la sua fine avverrà lentamente e gradualmente, oppure rapidamente e catastroficamente. Forse sarà il caos totale o forse sarà una fine ben organizzata che procederà piano, senza intoppi. Questo nessuno lo sa, ma la fine dell’Impero arriverà, come il giorno segue la notte e come il sole segue la pioggia. L’eccessiva espansione e il superindebitamento chiederanno il conto, come è avvenuto per tutti gli imperi.
Gli imperi sono come i batteri su un vetrino di laboratorio: spensierati, ciechi, insensibili, si espandono fino all’ esaurimento del loro nutrimento e fino a contaminare completamente l’ambiente circostante con i loro rifiuti: e poi muoiono. Sono automi, non possono farne a meno: sono programmati per espandersi o morire, espandersi o morire e, alla fine, espandersi e morire.
sabato 13 dicembre 2014
"TU C'HAI IDEA QUANTO CE GUADAGNO SUGLI IMMIGRATI ? IL TRAFFICO DI DROGA RENDE MENO"
Postato il Mercoledì, 03 dicembre @ 22:01:19 GMT di davide
DI GZ
cobraf.com
"...il mercato dei fondi statali per i centri di accoglienza per gli immigrati è immenso. Gli inquirenti parlano della “possibilità di trarre profitti illeciti immensi (…) paragonabili a quelli degli investimenti illeciti realizzati con gli stupefacenti. Le intercettazioni parlano chiaro. Al telefono con Pierina Chiaravalle, Salvatore Buzzi, numero uno della cooperativa “29 giugno” e braccio operativo dell’organizzazione, domanda: “Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno”
(dal Fatto di oggi, inchiesta sulla mafia degli appalti a Roma alle cooperative...)
DI GZ
cobraf.com
"...il mercato dei fondi statali per i centri di accoglienza per gli immigrati è immenso. Gli inquirenti parlano della “possibilità di trarre profitti illeciti immensi (…) paragonabili a quelli degli investimenti illeciti realizzati con gli stupefacenti. Le intercettazioni parlano chiaro. Al telefono con Pierina Chiaravalle, Salvatore Buzzi, numero uno della cooperativa “29 giugno” e braccio operativo dell’organizzazione, domanda: “Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno”
(dal Fatto di oggi, inchiesta sulla mafia degli appalti a Roma alle cooperative...)
venerdì 12 dicembre 2014
La Libia è un casino, di nuovo
Ci sono due governi, due parlamenti, molti gruppi jihadisti e un pezzo di una città controllata dagli alleati dell'IS: ed è un posto che all'Italia interessa parecchio
5 dicembre 2014
“Stato fallito” è un’espressione che viene usata sempre più spesso dagli analisti politici per descrivere la situazione di stati che non lo sono più: che hanno perso il controllo del territorio, non hanno più legittimità politica riconosciuta e non sono più capaci di fornire i servizi essenziali alla popolazione. Come la Libia di oggi. In realtà in Libia la situazione è grave e molto confusa da diversi mesi (anche anni, da un certo punto di vista): ci sono due governi, due parlamenti, moltissime milizie armate che agiscono in autonomia, bombardamenti aerei che non è chiaro chi li faccia e di recente anche campi di addestramento dei miliziani dello Stato Islamico.
5 dicembre 2014
“Stato fallito” è un’espressione che viene usata sempre più spesso dagli analisti politici per descrivere la situazione di stati che non lo sono più: che hanno perso il controllo del territorio, non hanno più legittimità politica riconosciuta e non sono più capaci di fornire i servizi essenziali alla popolazione. Come la Libia di oggi. In realtà in Libia la situazione è grave e molto confusa da diversi mesi (anche anni, da un certo punto di vista): ci sono due governi, due parlamenti, moltissime milizie armate che agiscono in autonomia, bombardamenti aerei che non è chiaro chi li faccia e di recente anche campi di addestramento dei miliziani dello Stato Islamico.
giovedì 11 dicembre 2014
L’Italia alla corte del diabolico Qatar
di Antonio Mazzeo - 29 novembre 2014
Per il ministro allo Sviluppo tedesco, Gerd Mueller, il Qatar è il “bancomat dell’Isil”, lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante che ha lanciato la guerra santa all’Occidente. Ancora più duro l’ambasciatore israeliano all’Onu, Ron Prosor, che sul New York Times ha definito l’emirato il “Club Med dei terroristi” internazionali. Ciononostante, ministri, militari, industriali e faccendieri italiani fanno a gara per ingraziarsi i favori del piccolo ma potente stato mediorientale. Il 26 novembre, ad esempio, la ministra della Difesa Roberta Pinotti si è recata in visita ufficiale a Doha per incontrare i ministri qatarini generale Hamad Bin Ali Al Attiyah (difesa) e Khalid Bin Mohammed Al Attiyah (esteri). “Al centro dei colloqui, improntati alla massima cordialità, gli scenari di crisi regionali, con particolare riguardo a Iraq, Siria e Libia, e la cooperazione bilaterale in ambito Difesa”, riporta il sito del Ministero. “Italia e Qatar hanno avviato da tempo un dialogo e la visita del Ministro Pinotti ha contribuito a rafforzare e consolidare i rapporti di cooperazione esistenti anche nel settore della formazione e dell'addestramento del personale militare”.
mercoledì 10 dicembre 2014
Libia, l’esempio per eccellenza delle crisi senza fine
16 gennaio 2014
dopo tre anni dall'invasione NATO la Libia racchiude due esempi estremamente significativi.
Il primo riguarda la deriva reazionaria e caotica che hanno intrapreso le Primavere Arabe del Nord Africa, dove movimenti islamici più o meno moderati hanno sfruttato l’ondata rivoluzionaria per accedere al potere e immediatamente dopo trasformarsi in nuovi regimi di repressione, rulli compressori degli spazi democratici faticosamente conquistati.
In Egitto un anno di mandato presidenziale di Morsi e della Fratellanza Islamica é stato sufficiente a trasformare l’esercito nell’apparente unico salvatore della nazione dal caos e dal pericolo teocratico. Il recente annuncio del Generale Sisi riguardante la sua volontà di partecipare alle prossime elezioni Presidenziali é stato accolto con entusiasmo dalla metà della popolazione che teme lo scoppio della guerra civile, compresi i movimenti più radicali e di sinistra che si posero alla guida dell’ondata di cambiamento democratico nei primi giorni della rivoluzione.
dopo tre anni dall'invasione NATO la Libia racchiude due esempi estremamente significativi.
Il primo riguarda la deriva reazionaria e caotica che hanno intrapreso le Primavere Arabe del Nord Africa, dove movimenti islamici più o meno moderati hanno sfruttato l’ondata rivoluzionaria per accedere al potere e immediatamente dopo trasformarsi in nuovi regimi di repressione, rulli compressori degli spazi democratici faticosamente conquistati.
In Egitto un anno di mandato presidenziale di Morsi e della Fratellanza Islamica é stato sufficiente a trasformare l’esercito nell’apparente unico salvatore della nazione dal caos e dal pericolo teocratico. Il recente annuncio del Generale Sisi riguardante la sua volontà di partecipare alle prossime elezioni Presidenziali é stato accolto con entusiasmo dalla metà della popolazione che teme lo scoppio della guerra civile, compresi i movimenti più radicali e di sinistra che si posero alla guida dell’ondata di cambiamento democratico nei primi giorni della rivoluzione.
martedì 9 dicembre 2014
Libia: il 95% dei libici afferma di stare peggio del 2011
a tre anni dall' intervento straniero in Libia neanche un terzo dei libici afferma di stare meglio di prima. Una ricerca dell’Istituto danese contro la tortura Dignity, pubblicata dal Guardian, offre una panoramica della condizione del popolo libico tre anni dopo l’intervento della Nato e alle porte di un nuovo possibile intervento delle Nazioni Unite.
COLLASSO DEL PAESE. Le quasi tremila interviste realizzate dall’Istituto hanno portato a questi risultati: quasi un terzo della popolazione soffre di problemi mentali, come attacchi di ansia e depressione. Il 63,6 per cento dei libici teme l’instabilità politica, il 61 per cento il collasso del Paese. Il 56,6 per cento si sente insicuro nella propria città, mentre il 46,4 per cento vede un futuro fosco per il Paese.
POPOLAZIONE MARTORIATA. Inoltre, il 20 per cento delle famiglie libiche ha almeno un componente scomparso, l’11 per cento uno arrestato e il 5 per cento uno ucciso. Delle persone arrestate, il 46 per cento afferma di essere stato picchiato, il 20 per cento torturato e il 16 per cento soffocato. Tra il 3 e il 5 per cento degli arrestati sono stati abusati sessualmente o torturati con scariche elettriche.
COLLASSO DEL PAESE. Le quasi tremila interviste realizzate dall’Istituto hanno portato a questi risultati: quasi un terzo della popolazione soffre di problemi mentali, come attacchi di ansia e depressione. Il 63,6 per cento dei libici teme l’instabilità politica, il 61 per cento il collasso del Paese. Il 56,6 per cento si sente insicuro nella propria città, mentre il 46,4 per cento vede un futuro fosco per il Paese.
POPOLAZIONE MARTORIATA. Inoltre, il 20 per cento delle famiglie libiche ha almeno un componente scomparso, l’11 per cento uno arrestato e il 5 per cento uno ucciso. Delle persone arrestate, il 46 per cento afferma di essere stato picchiato, il 20 per cento torturato e il 16 per cento soffocato. Tra il 3 e il 5 per cento degli arrestati sono stati abusati sessualmente o torturati con scariche elettriche.
lunedì 8 dicembre 2014
Perché l’Occidente voleva la caduta di Muammar Gheddafi?
Gli Africani dovrebbero pensare alle vere ragioni per cui i paesi occidentali stanno conducendo la guerra in Libia, Jean-Paul Pougala, scrive un un’analisi che ripercorre il ruolo del paese.
Per l‘Unione Africana lo sviluppo del continente era la Libia di Gheddafi che ha offerto a tutta l’Africa la sua prima rivoluzione in tempi moderni - collegando l’intero continente attraverso il telefono, la televisione, le trasmissioni radiofoniche e diverse altre applicazioni tecnologiche come la telemedicina e l’insegnamento a distanza grazie al ponte radio WMAX, una connessione a basso costo che è stata resa disponibile in tutto il continente, anche nelle zone rurali.
Tutto è iniziato nel 1992, quando 45 nazioni africane stabilirono RASCOM (Satellite African Regional Communication Organization), in modo che l’Africa avrebbe avuto un proprio satellite e tagliare i costi di comunicazione nel continente.
Per l‘Unione Africana lo sviluppo del continente era la Libia di Gheddafi che ha offerto a tutta l’Africa la sua prima rivoluzione in tempi moderni - collegando l’intero continente attraverso il telefono, la televisione, le trasmissioni radiofoniche e diverse altre applicazioni tecnologiche come la telemedicina e l’insegnamento a distanza grazie al ponte radio WMAX, una connessione a basso costo che è stata resa disponibile in tutto il continente, anche nelle zone rurali.
Tutto è iniziato nel 1992, quando 45 nazioni africane stabilirono RASCOM (Satellite African Regional Communication Organization), in modo che l’Africa avrebbe avuto un proprio satellite e tagliare i costi di comunicazione nel continente.
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domenica 7 dicembre 2014
Sharia e decapitazioni: nella città fantasma del Califfato di Libia
A Derna il primo avamposto dell’Isis nel Mediterraneo
di Francesco Battistini, inviato a Beida (Libia) 1 dicembre 2014
BEIDA (Libia) Quando le bandiere nere del puro Islam arrivarono a Derna, le due bulgare dell’ospedale al Harish provarono a sventolare la loro bandiera bianca. «Siamo solo infermiere...», andarono a presentarsi ai nuovi padroni. Un capoccia le convocò nella hall del Pearl Hotel, diventato il quartier generale di Ansar al Sharia: voi bulgari siete cristiani? Silenzio. Avete deciso di rimanere qui? Silenzio. Volete la nostra protezione? «Sì». Va bene: 50 euro al mese, un quinto del vostro stipendio, e nessuno vi toccherà... Per un paio d’anni, le due infermiere hanno pagato e si sono sentite tranquille. Curavano i neonati, mai il naso fuori. In fondo erano a Derna dall’epoca di Gheddafi erano scampate a tre anni di guerra civile: magari ce l’avrebbero fatta anche stavolta...
di Francesco Battistini, inviato a Beida (Libia) 1 dicembre 2014
BEIDA (Libia) Quando le bandiere nere del puro Islam arrivarono a Derna, le due bulgare dell’ospedale al Harish provarono a sventolare la loro bandiera bianca. «Siamo solo infermiere...», andarono a presentarsi ai nuovi padroni. Un capoccia le convocò nella hall del Pearl Hotel, diventato il quartier generale di Ansar al Sharia: voi bulgari siete cristiani? Silenzio. Avete deciso di rimanere qui? Silenzio. Volete la nostra protezione? «Sì». Va bene: 50 euro al mese, un quinto del vostro stipendio, e nessuno vi toccherà... Per un paio d’anni, le due infermiere hanno pagato e si sono sentite tranquille. Curavano i neonati, mai il naso fuori. In fondo erano a Derna dall’epoca di Gheddafi erano scampate a tre anni di guerra civile: magari ce l’avrebbero fatta anche stavolta...
sabato 6 dicembre 2014
Haftar: come un traditore viene fatto passare per "salvatore" della Libia
in questi giorni si trovano molti articoli, reportage, perfino qualche intervista al generale Haftar, ci viene spiegato che è l' unica salvezza per la Libia, che combatte gli islamisti, ecco uno di questi articoli.
«Combatto il terrorismo anche per voi: se vince in Libia arriva in Italia»
Parla il leader degli anti-islamici, il generale Haftar, ex comandante di Gheddafi, tornato in Libia nel 2011: «Non sono un uomo della Cia, ma ora mi servono armi»
di Francesco Battistini, Generale Haftar, state per conquistare Bengasi?
«Lo spero. L’importante è che il parlamento libico lasci Tobruk e torni a lavorare nella città liberata dalle milizie islamiche. Il mio compito è di portarcelo. Mi sono dato una deadline: il 15 dicembre...».
Di colpo, salta la luce e gli uomini della sicurezza gli sono subito addosso. Nel buio, il generale dice «è la guerra a Bengasi, afwan»: scusate... L’unico sorriso che ci concede è di sollievo, quando la stanza si riaccende. Vecchio uomo nuovo della rivoluzione libica, una faccia socchiusa alle emozioni, a 71 anni Khalifa Haftar sa maneggiare la paura. Il più osservato dai lealisti di Tobruk e dalle milizie di Zintan, che sospettano della sua ambizione. Il più odiato dai fratelli musulmani di Tripoli, che hanno messo una taglia su di lui temendone i grandi protettori al Cairo e nel Golfo. Vive nascosto tra questa casamatta color senape dell’eliporto di Al Marj, l’antica Barca alle porte di Bengasi, e decine di rifugi che cambia ogni notte. Sospettoso di tutti, irraggiungibile da molti. Ci vogliono due settimane d’appuntamenti mancati, i fedelissimi della brigata 115-S che ti svitano
«Combatto il terrorismo anche per voi: se vince in Libia arriva in Italia»
Parla il leader degli anti-islamici, il generale Haftar, ex comandante di Gheddafi, tornato in Libia nel 2011: «Non sono un uomo della Cia, ma ora mi servono armi»
di Francesco Battistini, Generale Haftar, state per conquistare Bengasi?
«Lo spero. L’importante è che il parlamento libico lasci Tobruk e torni a lavorare nella città liberata dalle milizie islamiche. Il mio compito è di portarcelo. Mi sono dato una deadline: il 15 dicembre...».
Di colpo, salta la luce e gli uomini della sicurezza gli sono subito addosso. Nel buio, il generale dice «è la guerra a Bengasi, afwan»: scusate... L’unico sorriso che ci concede è di sollievo, quando la stanza si riaccende. Vecchio uomo nuovo della rivoluzione libica, una faccia socchiusa alle emozioni, a 71 anni Khalifa Haftar sa maneggiare la paura. Il più osservato dai lealisti di Tobruk e dalle milizie di Zintan, che sospettano della sua ambizione. Il più odiato dai fratelli musulmani di Tripoli, che hanno messo una taglia su di lui temendone i grandi protettori al Cairo e nel Golfo. Vive nascosto tra questa casamatta color senape dell’eliporto di Al Marj, l’antica Barca alle porte di Bengasi, e decine di rifugi che cambia ogni notte. Sospettoso di tutti, irraggiungibile da molti. Ci vogliono due settimane d’appuntamenti mancati, i fedelissimi della brigata 115-S che ti svitano
venerdì 5 dicembre 2014
"FALSE FLAG": PASSATO, PRESENTE E...FUTURO ?
Postato il Martedì, 25 novembre @ 23:10:00 GMT di davide
DI ADRIAN SALBUCHI
rt.com
Per coloro che credono alle "teorie del complotto" e amano il concetto di "False Flag" (cioè, l'idea che quando una nazione - di solito molto potente - ha bisogno di un pretesto per fare guerra a un'altra nazione -di solito più debole - riesce ad orchestrare un "attacco" contro sé stesso per poi incolpare l'altro paese, utilizzando questo attacco per scatenare il conflitto). Naturalmente questo non è così semplice da comprendere e a molti può sembrare folle.
Tuttavia, come ha detto Polonio per la pazzia di Amleto: "la sua pazzia ha metodo e coerenza".
DI ADRIAN SALBUCHI
rt.com
Per coloro che credono alle "teorie del complotto" e amano il concetto di "False Flag" (cioè, l'idea che quando una nazione - di solito molto potente - ha bisogno di un pretesto per fare guerra a un'altra nazione -di solito più debole - riesce ad orchestrare un "attacco" contro sé stesso per poi incolpare l'altro paese, utilizzando questo attacco per scatenare il conflitto). Naturalmente questo non è così semplice da comprendere e a molti può sembrare folle.
Tuttavia, come ha detto Polonio per la pazzia di Amleto: "la sua pazzia ha metodo e coerenza".
giovedì 4 dicembre 2014
Come l'Occidente desidera installare per forza Haftar in Libia
ita + eng
Come l'Occidente desidera installare per forza Haftar in Libia: il Times ( Gran Bretagna) : Haftar si sta preparando a marciare verso la capitale Tripoli
il Times britannico ha detto Giovedi che il Maggiore Generale Khalifa Belqasim Haftar, è stato accettato dalla Camera dei Rappresentanti a Tobruk al servizio nell'esercito libico, infine si è dichiarato disposto a lanciare un'offensiva di terra per liberare Tripoli. **** (Quello che non dicono è che Haftar non ha qualità di leadership, tutta la pulizia degli estremisti di Bengasi è stato fatto dalle tribù d'onore e dei civili di Bengasi mentre Haftar era a chilometri da tutti i combattimenti a Bengasi. Gran Bretagna, USA e Francia vogliono fare Haftar un eroe. non dimentichiamoci che è un uomo della CIA che ha combattuto contro la Jamahiryia per rovesciare Gheddafi, aveva anche la sua milizia. Dal 2011 al febbraio 2014 ha reso la vita di libici un inferno, fino a che USA , Regno Unito e Francia hanno deciso che non possono avere uno stato fallito così hanno finanziato Haftar, per inventare un colpo di stato in febbraio 2014, che nessun cittadino libico lo prese sul serio ed è stato condannato da tutti i libici, a questo punto si rifugiò a casa del Ambasciatore Deborah Jones a Tripoli è rimasto lì fino a che (USA / CIA) lo potevano prendere da Tripoli e lo spediremo via a Bengasi, dove gli sono state date tutte le forniture militari, aerei, consulenti, PR ed uomini dell' " esercito nazionale" che lo hanno seguito ed ha reso il secondo colpo di stato in maggio 2014.
Come l'Occidente desidera installare per forza Haftar in Libia: il Times ( Gran Bretagna) : Haftar si sta preparando a marciare verso la capitale Tripoli
il Times britannico ha detto Giovedi che il Maggiore Generale Khalifa Belqasim Haftar, è stato accettato dalla Camera dei Rappresentanti a Tobruk al servizio nell'esercito libico, infine si è dichiarato disposto a lanciare un'offensiva di terra per liberare Tripoli. **** (Quello che non dicono è che Haftar non ha qualità di leadership, tutta la pulizia degli estremisti di Bengasi è stato fatto dalle tribù d'onore e dei civili di Bengasi mentre Haftar era a chilometri da tutti i combattimenti a Bengasi. Gran Bretagna, USA e Francia vogliono fare Haftar un eroe. non dimentichiamoci che è un uomo della CIA che ha combattuto contro la Jamahiryia per rovesciare Gheddafi, aveva anche la sua milizia. Dal 2011 al febbraio 2014 ha reso la vita di libici un inferno, fino a che USA , Regno Unito e Francia hanno deciso che non possono avere uno stato fallito così hanno finanziato Haftar, per inventare un colpo di stato in febbraio 2014, che nessun cittadino libico lo prese sul serio ed è stato condannato da tutti i libici, a questo punto si rifugiò a casa del Ambasciatore Deborah Jones a Tripoli è rimasto lì fino a che (USA / CIA) lo potevano prendere da Tripoli e lo spediremo via a Bengasi, dove gli sono state date tutte le forniture militari, aerei, consulenti, PR ed uomini dell' " esercito nazionale" che lo hanno seguito ed ha reso il secondo colpo di stato in maggio 2014.
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mercoledì 3 dicembre 2014
Libia, una poltrona per due. Lite tra RATTI «ministri» del Petrolio
di Roberto Bongiorni 27 novembre 2014
«Siamo noi il governo legittimo della Libia. E noi vogliamo rappresentare la Libia a questo vertice. Non abbiamo ricevuto alcun invito ma ho sentito che l'altra parte lo ha invece ricevuto». La protesta di Mashallah Zwai, ministro del Petrolio del Governo ombra di Tripoli – quello proclamato dalla coalizione islamica che ha conquistato la capitale - , mostra con efficacia come la Libia sia ormai un Paese spaccato in due (semplificando le cose). Una parte occidentale. La Tripolitania, in mano a alle milizie islamiche e politicamente guidati dalla Fratellanza musulmana. E la regione orientale della Cirenaica – ma solo una parte – controllata dalle forze laiche sostenute dall'Occidente.
«Siamo noi il governo legittimo della Libia. E noi vogliamo rappresentare la Libia a questo vertice. Non abbiamo ricevuto alcun invito ma ho sentito che l'altra parte lo ha invece ricevuto». La protesta di Mashallah Zwai, ministro del Petrolio del Governo ombra di Tripoli – quello proclamato dalla coalizione islamica che ha conquistato la capitale - , mostra con efficacia come la Libia sia ormai un Paese spaccato in due (semplificando le cose). Una parte occidentale. La Tripolitania, in mano a alle milizie islamiche e politicamente guidati dalla Fratellanza musulmana. E la regione orientale della Cirenaica – ma solo una parte – controllata dalle forze laiche sostenute dall'Occidente.
martedì 2 dicembre 2014
Eni in Libia. Chi finanzia?
ENI and Libya’s Two Governments: Who Finances Them?
Jamahiriya News Agency
November 21, 2014
Eni in Libia. Chi finanzia?
In Libia in questo momento ci sono due governi. A Tobruk ha sede l’ esecutivo, uscito dalle “elezioni” del 25 giugno 2014, (ha votato il 18% degli aventi diritto), sostenuto da Francia, Arabia saudita ed Egitto e, generalmente, riconosciuto all’ estero come “il governo legittimo”. Ma a Tripoli c’è un altro esecutivo che controlla tutta la Tripolitania, frutto di una alleanza tra islamisti radicali del cartello “Alba libica”, islamisti moderati e le milizie di Misurata. Questo esecutivo è sostenuto da Qatar e Turchia; e l’ Italia è l’ unico paese occidentale ad avere ancora la sua ambasciata aperta a Tripoli. Gli interessi italiani, cioè le attività dell’ Eni, sono localizzate in questa parte di Libia e, paradossalmente, nel 2014, anno in cui è esplosa la guerra tra i due “governi”, la produzione petrolifera libica è risalita da 2/300 mila barili di petrolio al giorno a 900 mila barili, avvicinandosi alle quantità che erano estratte prima della guerra del 2011.
Jamahiriya News Agency
November 21, 2014
Eni in Libia. Chi finanzia?
In Libia in questo momento ci sono due governi. A Tobruk ha sede l’ esecutivo, uscito dalle “elezioni” del 25 giugno 2014, (ha votato il 18% degli aventi diritto), sostenuto da Francia, Arabia saudita ed Egitto e, generalmente, riconosciuto all’ estero come “il governo legittimo”. Ma a Tripoli c’è un altro esecutivo che controlla tutta la Tripolitania, frutto di una alleanza tra islamisti radicali del cartello “Alba libica”, islamisti moderati e le milizie di Misurata. Questo esecutivo è sostenuto da Qatar e Turchia; e l’ Italia è l’ unico paese occidentale ad avere ancora la sua ambasciata aperta a Tripoli. Gli interessi italiani, cioè le attività dell’ Eni, sono localizzate in questa parte di Libia e, paradossalmente, nel 2014, anno in cui è esplosa la guerra tra i due “governi”, la produzione petrolifera libica è risalita da 2/300 mila barili di petrolio al giorno a 900 mila barili, avvicinandosi alle quantità che erano estratte prima della guerra del 2011.
lunedì 1 dicembre 2014
Libia, Iraq e Siria: esiti delle "guerre umanitarie" in corso.
25 novembre 2014
Gli USA e i suoi alleati negli anni hanno adottato la nuova dottrina della ''responsability to protect'' in base alla quale hanno reso legale sovvertire qualsiasi paese che non segua il proprio modello di civiltà e democrazia. Il punto di vista di alcuni studiosi e le conseguenze disastrose nei paesi 'beneficiati' dall'ingerenza umanitaria.
Patrizio Ricci ( sito associato Vietato Parlare.it )
Esiste solo un punto di vista, una sola lettura delle situazioni. La scala dell'autorevolezza non è data dalla realtà oggettiva ma è quella imposta e diffusa dagli Stati Uniti, dalle Nazioni Unite; cioè da quegli organismi 'sovranazionali' che si prendono carico della 'sicurezza globale'.
Gli USA e i suoi alleati negli anni hanno adottato la nuova dottrina della ''responsability to protect'' in base alla quale hanno reso legale sovvertire qualsiasi paese che non segua il proprio modello di civiltà e democrazia. Il punto di vista di alcuni studiosi e le conseguenze disastrose nei paesi 'beneficiati' dall'ingerenza umanitaria.
Patrizio Ricci ( sito associato Vietato Parlare.it )
Esiste solo un punto di vista, una sola lettura delle situazioni. La scala dell'autorevolezza non è data dalla realtà oggettiva ma è quella imposta e diffusa dagli Stati Uniti, dalle Nazioni Unite; cioè da quegli organismi 'sovranazionali' che si prendono carico della 'sicurezza globale'.
domenica 30 novembre 2014
Abdel Fatah Al Sisi: "Dalla Libia al Califfato in Siria, è la stessa forma di estremismo.
22 novembre 2014
Abdel Fatah Al Sisi: "Dalla Libia al Califfato in Siria, è la stessa forma di estremismo. La coalizione vada avanti, ma la risposta militare da sola non basta"
Parla il presidente egiziano alla vigilia del suo viaggio in Francia e in Italia "La repressione nel mio Paese? Cifre esagerate. Una strategia globale contro il terrorismo dell'Is l'Egitto farà la sua parte"
di MARC PERELMAN e SONIA DRIDI
PRESIDENTE AL SISI, lei sta per compiere il suo primo viaggio ufficiale in Europa dopo la sua elezione (lunedì sarà a Roma, ndr). Quali sono le sue aspettative? Che tipo di alleanze sta prendendo in considerazione?
"La mia visita in Francia e in Italia si inserisce nell'ottica degli sforzi volti a ristabilire il ruolo dell'Egitto".
Abdel Fatah Al Sisi: "Dalla Libia al Califfato in Siria, è la stessa forma di estremismo. La coalizione vada avanti, ma la risposta militare da sola non basta"
Parla il presidente egiziano alla vigilia del suo viaggio in Francia e in Italia "La repressione nel mio Paese? Cifre esagerate. Una strategia globale contro il terrorismo dell'Is l'Egitto farà la sua parte"
di MARC PERELMAN e SONIA DRIDI
PRESIDENTE AL SISI, lei sta per compiere il suo primo viaggio ufficiale in Europa dopo la sua elezione (lunedì sarà a Roma, ndr). Quali sono le sue aspettative? Che tipo di alleanze sta prendendo in considerazione?
"La mia visita in Francia e in Italia si inserisce nell'ottica degli sforzi volti a ristabilire il ruolo dell'Egitto".
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sabato 29 novembre 2014
Libia, il golpe soft della Fratellanza musulmana
Laici e liberali estromessi. I giudici dichiarano legittimo l'autoproclamato parlamento islamico. Ma le forze militari bombardano le basi delle milizie.
di Barbara Ciolli 23 Novembre 2014
In Italia hanno fatto molto notizia le bandiere dell'Isis issate in Libia, tra i reduci dall'Iraq e dell'Afghanistan di Derna. Ancora di più si è parlato della liberazione dei due ostaggi connazionali, Marco Vallisa e Gianluca Salviato.
Molta meno eco ha avuto il via libera della Corte suprema libica all'autoproclamato parlamento di Tripoli: e cioè il Consiglio nazionale generale (Cng) piazzato nella capitale dalle Brigate di Misurata, dopo la presa dell'aeroporto e in sfida al parlamento legittimamente eletto, ma esiliato nell'Est, a Tobruk, in fuga da attentati e bombe.
di Barbara Ciolli 23 Novembre 2014
In Italia hanno fatto molto notizia le bandiere dell'Isis issate in Libia, tra i reduci dall'Iraq e dell'Afghanistan di Derna. Ancora di più si è parlato della liberazione dei due ostaggi connazionali, Marco Vallisa e Gianluca Salviato.
Molta meno eco ha avuto il via libera della Corte suprema libica all'autoproclamato parlamento di Tripoli: e cioè il Consiglio nazionale generale (Cng) piazzato nella capitale dalle Brigate di Misurata, dopo la presa dell'aeroporto e in sfida al parlamento legittimamente eletto, ma esiliato nell'Est, a Tobruk, in fuga da attentati e bombe.
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venerdì 28 novembre 2014
“Dignità della Libia”: iniziata l’offensiva per la liberazione di Tripoli dai nazisti islamici
23 novembre 2014
Reparti del Libyan National Army e delle milizie lealiste del generale Khalifa Haftar convergono verso la capitale per la liberarla dalla presenza dei jihadisti di Ansar al-Sharia, riuniti con altre fazioni islamiste nella coalizione “Alba”. Il gruppo islamista è stato inserito mercoledì scorso tra i gruppi terroristi dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
Reparti del Libyan National Army – sia dell’esercito che delle marina – hanno avviato l’offensiva per liberare la capitale della Libia dalla presenza delle milizie jihadiste riunite nella coalizione “Alba”. A supportare in modo determinante i militari "legittimi" della Libia nell’operazione di riconquista del controllo del territorio e di ristoro della legalità vi sono, come noto, le forze militari organizzate e coordinate dal generale Khalifa Haftar.
Reparti del Libyan National Army e delle milizie lealiste del generale Khalifa Haftar convergono verso la capitale per la liberarla dalla presenza dei jihadisti di Ansar al-Sharia, riuniti con altre fazioni islamiste nella coalizione “Alba”. Il gruppo islamista è stato inserito mercoledì scorso tra i gruppi terroristi dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
Reparti del Libyan National Army – sia dell’esercito che delle marina – hanno avviato l’offensiva per liberare la capitale della Libia dalla presenza delle milizie jihadiste riunite nella coalizione “Alba”. A supportare in modo determinante i militari "legittimi" della Libia nell’operazione di riconquista del controllo del territorio e di ristoro della legalità vi sono, come noto, le forze militari organizzate e coordinate dal generale Khalifa Haftar.
giovedì 27 novembre 2014
Libia, i RATTI: " Uccideremo i traditori della rivoluzione"
Tre anni fa la fine del regime. Poi, il caos. «Dovevamo cacciare Gheddafi, tutti insieme». Oggi è guerra aperta tra Cirenaica e Tripolitania. Anche per i pozzi di gas
di Francesco Battistini, inviato in Libia
SHAL GUDA (fronte di Kikla, Libia) Si stacca alle sette, col buio. Quand’è pronto da mangiare. Duemila cartoni da torta con sopra la scritta «sweet» e dentro pastina, montone e cipolle, verdurine tagliate, una mela, il succo di prugna, posate di plastica. Per chi gradisce, anche le patatine appena fritte. I miliziani islamici di Alba libica si danno il cambio ai rondò di Kikla, incappucciano i lanciarazzi, vanno a posteggiare i pick-up in un magazzino di laterizi di fronte al distributore, sullo stradone che viene dall’assedio. Lunghi tavoli di ferro nel capannone, neon bianchi, la capra d’un guerriero legata a una sedia, i racconti della guerra di giornata.
di Francesco Battistini, inviato in Libia
SHAL GUDA (fronte di Kikla, Libia) Si stacca alle sette, col buio. Quand’è pronto da mangiare. Duemila cartoni da torta con sopra la scritta «sweet» e dentro pastina, montone e cipolle, verdurine tagliate, una mela, il succo di prugna, posate di plastica. Per chi gradisce, anche le patatine appena fritte. I miliziani islamici di Alba libica si danno il cambio ai rondò di Kikla, incappucciano i lanciarazzi, vanno a posteggiare i pick-up in un magazzino di laterizi di fronte al distributore, sullo stradone che viene dall’assedio. Lunghi tavoli di ferro nel capannone, neon bianchi, la capra d’un guerriero legata a una sedia, i racconti della guerra di giornata.
mercoledì 26 novembre 2014
Il progetto del dinaro d’oro: il vero motivo per cui è stata fatta la guerra contro la Libia
21 novembre 2014
Al giorno d’oggi la Libia è sempre più nel caos, sottoposta a una pressante guerra civile tra miliziani armati di diverse fazioni, islamiste ( tra le quali recentemente si è aggiunta anche l’ISIS ) e non.
Questa precaria e tesa situazione risulta essere il risultato della guerra scoppiata a marzo 2011, guerra che ha letteralmente destabilizzato il paese, trasformandolo in una gigantesca polveriera.
Ora, parlando delle cause di questa guerra in Libia sono state dette e scritte tante cose, come il fatto che essa è iniziata per i soliti interessi petroliferi e così via.
Ma, oltre al controllo delle risorse e agli interessi geopolitici, ciò che è risultato primario in questa, come in altre guerre, è stato ovviamente l’interesse economico e finanziario.
Al giorno d’oggi la Libia è sempre più nel caos, sottoposta a una pressante guerra civile tra miliziani armati di diverse fazioni, islamiste ( tra le quali recentemente si è aggiunta anche l’ISIS ) e non.
Questa precaria e tesa situazione risulta essere il risultato della guerra scoppiata a marzo 2011, guerra che ha letteralmente destabilizzato il paese, trasformandolo in una gigantesca polveriera.
Ora, parlando delle cause di questa guerra in Libia sono state dette e scritte tante cose, come il fatto che essa è iniziata per i soliti interessi petroliferi e così via.
Ma, oltre al controllo delle risorse e agli interessi geopolitici, ciò che è risultato primario in questa, come in altre guerre, è stato ovviamente l’interesse economico e finanziario.
martedì 25 novembre 2014
Il criminale silenzio italiano sulla Libia
19 novembre 2014
La grottesca politica estera del Governo che celebra come successo la liberazione – dietro pagamento – degli ostaggi italiani in Libia.
La Libia sprofonda sempre più in una devastante guerra civile senza quartiere dagli esiti imprevedibili. La recrudescenza dei combattimenti testimonia l’ormai conclamata regionalizzazione di un conflitto, dove molti diversi attori stranieri stanno prendendo attivamente parte alle operazioni belliche. Scomparsa completamente dai media italiani ormai completamente assorbiti/asserviti a incensare la Lady Pesc Mogherini e il nostro “pacifico” contributo nella guerra santa contro l’ISIS – di ieri la notizia dell’invio, dopo le armi e l’aerocisterna, di quattro Tornado per missioni ISR1 – la drammatica situazione libica è un pericolo assai più vicino e preoccupante di ciò che accade in Siria. Sono lontanissimi i tempi in cui il colonnello Gheddafi ci forniva generosi contratti per la fornitura di gas e petrolio, accordi per il controllo delle coste da cui partono i barconi dei migranti e il Mukhabarat ci forniva soffiate d’intelligence in cambio di una certa sottomissione retorica post-coloniale e l’impegno nella costruzione d’importanti infrastrutture che comunque avrebbero portato lavoro alle aziende nostrane. Spazzati via dalle bombe anglo-francesi e dai tomahawk americani tutti gli accordi politici e commerciali, la Libia oggi è un rebus indecifrabile a un tiro di schioppo da Lampedusa.
La grottesca politica estera del Governo che celebra come successo la liberazione – dietro pagamento – degli ostaggi italiani in Libia.
La Libia sprofonda sempre più in una devastante guerra civile senza quartiere dagli esiti imprevedibili. La recrudescenza dei combattimenti testimonia l’ormai conclamata regionalizzazione di un conflitto, dove molti diversi attori stranieri stanno prendendo attivamente parte alle operazioni belliche. Scomparsa completamente dai media italiani ormai completamente assorbiti/asserviti a incensare la Lady Pesc Mogherini e il nostro “pacifico” contributo nella guerra santa contro l’ISIS – di ieri la notizia dell’invio, dopo le armi e l’aerocisterna, di quattro Tornado per missioni ISR1 – la drammatica situazione libica è un pericolo assai più vicino e preoccupante di ciò che accade in Siria. Sono lontanissimi i tempi in cui il colonnello Gheddafi ci forniva generosi contratti per la fornitura di gas e petrolio, accordi per il controllo delle coste da cui partono i barconi dei migranti e il Mukhabarat ci forniva soffiate d’intelligence in cambio di una certa sottomissione retorica post-coloniale e l’impegno nella costruzione d’importanti infrastrutture che comunque avrebbero portato lavoro alle aziende nostrane. Spazzati via dalle bombe anglo-francesi e dai tomahawk americani tutti gli accordi politici e commerciali, la Libia oggi è un rebus indecifrabile a un tiro di schioppo da Lampedusa.
lunedì 24 novembre 2014
L'isis penetra in Libia. Bandiere su edifici governativi ed auto della polizia
La bandiera nera dell'Isis sventola sopra gli edifici governativi. Le auto della polizia portano le insegne dell'organizzazione terroristica. Lo stadio di calcio locale è utilizzato per le esecuzioni pubbliche. Parliamo di una città in Siria o in Iraq? No, di una città sulla costa del Mediterraneo, in Libia. Combattenti fedeli allo Stato Islamico in Iraq e Siria hanno ormai il completo controllo della città di Derna, popolazione di circa 100.000, non lontano dal confine con l'Egitto, a soli circa 200 miglia dalle coste meridionali dell'Unione europea.
domenica 23 novembre 2014
Libia, continuano le partenze. Uno scafista: "Non è cambiato niente"
Solo nel fine settimana sono 4 le imbarcazioni partite verso il Canale di Sicilia. Due i barconi già usati e ritrovati ad Al Bouri, nonostante Alfano avesse assicurato che sarebbero stati distrutti. Parla un trafficante: “Chi lavorava con barconi in buone condizioni quando gli italiani erano in mare, continuerà a farlo. E anche chi metteva in acqua barche da suicidio"Martedì,
18 novembre 2014 - 18:12:00
Le intemperie che si sono abbattute sul Canale di Sicilia hanno di certo contribuito a diradare e rallentare le partenze dei barconi dalla sponda Sud del mediterraneo, tuttavia non hanno fatto indietreggiare di un millimetro i migranti laggiù, in attesa della tregua dal maltempo per tentare la grande traversata. Lo scorso fine settimane, con il sole e il mare piatto, quattro barconi sarebbero partiti dalla Libia, hanno raccontato a Redattore Sociale alcune fonti locali. Domenica mattina due barconi sono stati rinvenuti abbandonati nei pressi della piattaforma petrolifere off-shore Al Bouri, operata dall'ENI. Al Bouri si trova a circa 70 miglia dalla costa libica, sul versante occidentale del Paese.
18 novembre 2014 - 18:12:00
Le intemperie che si sono abbattute sul Canale di Sicilia hanno di certo contribuito a diradare e rallentare le partenze dei barconi dalla sponda Sud del mediterraneo, tuttavia non hanno fatto indietreggiare di un millimetro i migranti laggiù, in attesa della tregua dal maltempo per tentare la grande traversata. Lo scorso fine settimane, con il sole e il mare piatto, quattro barconi sarebbero partiti dalla Libia, hanno raccontato a Redattore Sociale alcune fonti locali. Domenica mattina due barconi sono stati rinvenuti abbandonati nei pressi della piattaforma petrolifere off-shore Al Bouri, operata dall'ENI. Al Bouri si trova a circa 70 miglia dalla costa libica, sul versante occidentale del Paese.
sabato 22 novembre 2014
E poi? Il tabù dello “State building” libico
Scritto da adriano dirri – 8 gennaio 2014 – 14:51
sono passati 3 anni dalla "fine" della guerra civile e dell’intervento della coalizione dei volenterosi, in base all’ormai nota motivazione della “responsability to protect”, anche nota come R2P; essa è stata la norma sulla cui base è stata attaccata la Serbia nel 1999, poi formalizzata nel 2006 con Risoluzione del Consiglio di Sicurezza, in cui si afferma che lo Stato abbia la responsabilità di proteggere i propri cittadini dalle atrocità di massa (pulizia etnica, genocidio ecc.) e che, nel caso di negligenza nonché di incapacità, la comunità internazionale divenga la diretta responsabile nei confronti del popolo oppresso, con quindi il dovere di intervenire, anche militarmente, come ultima opzione. Tale questione tuttavia si interseca con una prassi in cui alcune questioni vengono amplificate, per interessi geopolitici ed economici, mentre altri minimizzati perché le relative entità statuali sono considerate partnership commerciali o semplicemente “amici”.
sono passati 3 anni dalla "fine" della guerra civile e dell’intervento della coalizione dei volenterosi, in base all’ormai nota motivazione della “responsability to protect”, anche nota come R2P; essa è stata la norma sulla cui base è stata attaccata la Serbia nel 1999, poi formalizzata nel 2006 con Risoluzione del Consiglio di Sicurezza, in cui si afferma che lo Stato abbia la responsabilità di proteggere i propri cittadini dalle atrocità di massa (pulizia etnica, genocidio ecc.) e che, nel caso di negligenza nonché di incapacità, la comunità internazionale divenga la diretta responsabile nei confronti del popolo oppresso, con quindi il dovere di intervenire, anche militarmente, come ultima opzione. Tale questione tuttavia si interseca con una prassi in cui alcune questioni vengono amplificate, per interessi geopolitici ed economici, mentre altri minimizzati perché le relative entità statuali sono considerate partnership commerciali o semplicemente “amici”.
venerdì 21 novembre 2014
Libia: i RATTI alle ambasciate: " aumentate la vostra sicurezza"
15 novembre 2014
E' un allarme, ma anche una richiesta di aiuto. Il governo libico di Abdullah al Thani, riconosciuto dalla comunità internazionale ma esiliato in Cirenaica, riconosce di non avere il controllo su Tripoli e la propria impotenza di fronte alle milizie che regnano nella capitale. Chiede quindi alle ambasciate straniere di provvedere a innalzare i propri livelli di sicurezza.
E' un allarme, ma anche una richiesta di aiuto. Il governo libico di Abdullah al Thani, riconosciuto dalla comunità internazionale ma esiliato in Cirenaica, riconosce di non avere il controllo su Tripoli e la propria impotenza di fronte alle milizie che regnano nella capitale. Chiede quindi alle ambasciate straniere di provvedere a innalzare i propri livelli di sicurezza.
giovedì 20 novembre 2014
Libia, jihadisti decapitano soldato. Due autobombe a Tripoli contro ambasciate
13 novembre 2014
Per la prima volta i miliziani di Ansar al Sharia, affiliati allo Stato islamico, hanno postato online il video della decapitazione del prigioniero in pieno 'stile Isis'. Nella capitale gli ordigni sono esplosi vicino alle sedi diplomatiche d'Egitto ed Emirati Arabi
Gli jihadisti tornano a seminare orrore, questa volta in Libia. Un giovane catturato mentre combatteva tra le file dell’ex generale libico Khalifa Haftar nell’est del Paese è stato decapitato. Lo riferisce il Times online. Per la prima volta i miliziani di Ansar al Sharia, affiliati allo Stato islamico, hanno postato online il video della decapitazione del prigioniero in pieno “stile Isis”. Il volontario si chiama Ahmed Muftah El-Nazihi e appare terrorizzato mentre pronuncia la dichiarazione che i membri di un gruppo jihadista, parte di Ansar al-Sharia, gli hanno fatto leggere. “Consiglio a quelli che erano con me di abbandonare le loro attività e tornare alle loro case o dovranno affrontare lo stesso destino: la decapitazione”. La sua dichiarazione è preceduta da un messaggio in cui viene spiegato che l’uccisione è una vendetta per le azioni militari condotte dalle forze di Haftar. Alcuni uomini incappucciati attorno al giovane hanno poi portato a termine la loro barbara esecuzione e mostrato la testa della vittima. Il video, ricorda il Times, è stato diffuso il giorno dopo che i cadaveri di tre giovani attivisti libici sono stati trovati vicino a Derna: avevano usato i social network per dare notizia delle violenze nella città controllata da un altro gruppo legato ad Ansar Al Sharia.
Per la prima volta i miliziani di Ansar al Sharia, affiliati allo Stato islamico, hanno postato online il video della decapitazione del prigioniero in pieno 'stile Isis'. Nella capitale gli ordigni sono esplosi vicino alle sedi diplomatiche d'Egitto ed Emirati Arabi
Gli jihadisti tornano a seminare orrore, questa volta in Libia. Un giovane catturato mentre combatteva tra le file dell’ex generale libico Khalifa Haftar nell’est del Paese è stato decapitato. Lo riferisce il Times online. Per la prima volta i miliziani di Ansar al Sharia, affiliati allo Stato islamico, hanno postato online il video della decapitazione del prigioniero in pieno “stile Isis”. Il volontario si chiama Ahmed Muftah El-Nazihi e appare terrorizzato mentre pronuncia la dichiarazione che i membri di un gruppo jihadista, parte di Ansar al-Sharia, gli hanno fatto leggere. “Consiglio a quelli che erano con me di abbandonare le loro attività e tornare alle loro case o dovranno affrontare lo stesso destino: la decapitazione”. La sua dichiarazione è preceduta da un messaggio in cui viene spiegato che l’uccisione è una vendetta per le azioni militari condotte dalle forze di Haftar. Alcuni uomini incappucciati attorno al giovane hanno poi portato a termine la loro barbara esecuzione e mostrato la testa della vittima. Il video, ricorda il Times, è stato diffuso il giorno dopo che i cadaveri di tre giovani attivisti libici sono stati trovati vicino a Derna: avevano usato i social network per dare notizia delle violenze nella città controllata da un altro gruppo legato ad Ansar Al Sharia.
mercoledì 19 novembre 2014
In Libia gli italiani sotto assedio «Qui ormai ci fingiamo inglesi»
Dopo 4 mesi liberato il piacentino Marco Vallisa. I libici: «Riscatto da un milione»
di Francesco Battistini 14 novembre 2014
Lo spinterogeno dell’autobomba è un carbone accartocciato sull’aiuola dell’ambasciata. Alle 7 del mattino, ha fatto una parabola di quaranta metri ed è finito sotto le finestre del console. Vetri rotti, crepe nel muro sopra una targa che commemora la visita del 2012 del ministro Terzi. «Se qualcuno a quell’ora passava di lì - dice uno della sicurezza - moriva di sicuro».
Cinque ore prima ci è passato Marco Vallisa, il piacentino liberato nelle lande berbere mercoledì sera: andava in aeroporto, dopo quattro mesi di negoziato e (dicono i libici) un milione di riscatto. A casa per tornare a sentirsi vivo, dimenticare questa Libia ostaggio d’autobombe e milizie. I banditi l’hanno consegnato ai nuovi padroni della capitale, la fratellanza islamica d’Alba libica, che da tre mesi s’impegna a mostrare ordine e sicurezza. «Grazie di tutto», ha appena fatto in tempo a dire Vallisa: trasferimento in elicot-tero e via veloci, giusto per evitare nuovi incubi, il brutto risveglio d’una Tripoli che si credeva un po’ meno allo sbando. Fortezza Italia. Le autobombe dell’alba non erano per noi: casomai per le ambasciate vicine, emiratini ed egiziani, finanziatori delle milizie antislamiche. Sono comunque affare nostro: con Malta e l’Ungheria, l’unico Paese europeo che ha deciso di restare qui con uno scortatissimo ambasciatore, Giuseppe Buccino, già consigliere diplomatico di Napolitano; col nostro passato in chiaroscuro, l’unica garanzia presente.
di Francesco Battistini 14 novembre 2014
Lo spinterogeno dell’autobomba è un carbone accartocciato sull’aiuola dell’ambasciata. Alle 7 del mattino, ha fatto una parabola di quaranta metri ed è finito sotto le finestre del console. Vetri rotti, crepe nel muro sopra una targa che commemora la visita del 2012 del ministro Terzi. «Se qualcuno a quell’ora passava di lì - dice uno della sicurezza - moriva di sicuro».
Cinque ore prima ci è passato Marco Vallisa, il piacentino liberato nelle lande berbere mercoledì sera: andava in aeroporto, dopo quattro mesi di negoziato e (dicono i libici) un milione di riscatto. A casa per tornare a sentirsi vivo, dimenticare questa Libia ostaggio d’autobombe e milizie. I banditi l’hanno consegnato ai nuovi padroni della capitale, la fratellanza islamica d’Alba libica, che da tre mesi s’impegna a mostrare ordine e sicurezza. «Grazie di tutto», ha appena fatto in tempo a dire Vallisa: trasferimento in elicot-tero e via veloci, giusto per evitare nuovi incubi, il brutto risveglio d’una Tripoli che si credeva un po’ meno allo sbando. Fortezza Italia. Le autobombe dell’alba non erano per noi: casomai per le ambasciate vicine, emiratini ed egiziani, finanziatori delle milizie antislamiche. Sono comunque affare nostro: con Malta e l’Ungheria, l’unico Paese europeo che ha deciso di restare qui con uno scortatissimo ambasciatore, Giuseppe Buccino, già consigliere diplomatico di Napolitano; col nostro passato in chiaroscuro, l’unica garanzia presente.
martedì 18 novembre 2014
Libia, a Tripoli distrutta la fontana della Gazzella, e la statua di Omar AL Moukhtar
La chiamavano semplicemente la Gazzella, ma era qualcosa di più. In quella statua di Gazzella abbracciata da una donna seminuda, circondata dai getti d'acqua d'una fontana gli abitanti di Tripoli leggevano un ultimo ricordo del passato. E il rimpianto di anni non segnati dall'incertezza, dall'inquietudine degli attuali giorni bui. Ora di quei giorni è scomparso anche il ricordo.
La "fontana italiana" - realizzata nel lontano 1932, in piena era fascista, dall'artista livornese Angiolo Vannetti - è scomparsa. Al suo posto sul basamento della fontana, spenta e semivuota, resta un deforme torsolo di cemento e metallo. Un chiaro indizio di come la statua non sia stata semplicemente spostata, ma più probabilmente rubata o distrutta. Ovviamente le autorità islamiste al potere dallo scorso agosto negano tutto. Mehdi Al Harati, il leader delle milizie integraliste proclamatosi "sindaco" della città al termine dei combattimenti di agosto sostiene di aver fatto rimuovere la statua per farla restaurare. Ma pochi a Tripoli sono disposti a dargli credito. Tutti nella capitale libica sanno che quella statua di donna seminuda abbracciata ad una gazzella era l'ossessione dei gruppi radicali.
La "fontana italiana" - realizzata nel lontano 1932, in piena era fascista, dall'artista livornese Angiolo Vannetti - è scomparsa. Al suo posto sul basamento della fontana, spenta e semivuota, resta un deforme torsolo di cemento e metallo. Un chiaro indizio di come la statua non sia stata semplicemente spostata, ma più probabilmente rubata o distrutta. Ovviamente le autorità islamiste al potere dallo scorso agosto negano tutto. Mehdi Al Harati, il leader delle milizie integraliste proclamatosi "sindaco" della città al termine dei combattimenti di agosto sostiene di aver fatto rimuovere la statua per farla restaurare. Ma pochi a Tripoli sono disposti a dargli credito. Tutti nella capitale libica sanno che quella statua di donna seminuda abbracciata ad una gazzella era l'ossessione dei gruppi radicali.
lunedì 17 novembre 2014
Isis, due attivisti decapitati in Libia
11 novembre 2014
Sarebbero sostenitori dell’ex generale Haftar. I due giovani sarebbero stati uccisi a Derna, nell’Est del paese
Due giovani di 19 e 21 anni, attivisti per i diritti umani, sono stati decapitati a Derna, nell’est della Libia, dove i jihadisti hanno giurato fedeltà all’Isis e imposto la sharia. Lo riferiscono media locali. I due sarebbero sostenitori dell’ex generale Khalifa Haftar che combatte i gruppi estremisti a fianco dell’esercito regolare.
Sarebbero sostenitori dell’ex generale Haftar. I due giovani sarebbero stati uccisi a Derna, nell’Est del paese
Due giovani di 19 e 21 anni, attivisti per i diritti umani, sono stati decapitati a Derna, nell’est della Libia, dove i jihadisti hanno giurato fedeltà all’Isis e imposto la sharia. Lo riferiscono media locali. I due sarebbero sostenitori dell’ex generale Khalifa Haftar che combatte i gruppi estremisti a fianco dell’esercito regolare.
domenica 16 novembre 2014
LIBIA- IL CALIFFATO DI BENGASI HA ADESSO UN GRANDE OBIETTIVO
LIBIA- IL CALIFFATO DI BENGASI HA ADESSO UN GRANDE OBIETTIVO: INDOTTRINARE I DISPERATI CHE ARRIVERANNO IN EUROPA A SPESE NOSTRE (GRAZIE A RENZI E ALFANO). LEGGI QUESTO REPORTAGE
LA JIHAD NEL GIARDINO DI CASA – LA PROCLAMAZIONE DELL’EMIRATO DI BENGASI SIGNIFICA CHE I FONDAMENTALISTI STANNO FACENDO PROSELITI TRA I DISPERATI DEL NORD AFRICA – E PRESTO LI USERANNO COME ARMA CONTRO L’OCCIDENTE
A Tripoli, a Baghdad si sbarrano le ambasciate, fuggono i residenti occidentali, le imprese indietreggiano abbandonando mezzi e denaro: segni chiari della ritirata, della sconfitta. Il nostro mondo democratico e tollerante si restringe, si rannicchia, in attesa dello schiaffo e della iniziativa degli Altri…
LA JIHAD NEL GIARDINO DI CASA – LA PROCLAMAZIONE DELL’EMIRATO DI BENGASI SIGNIFICA CHE I FONDAMENTALISTI STANNO FACENDO PROSELITI TRA I DISPERATI DEL NORD AFRICA – E PRESTO LI USERANNO COME ARMA CONTRO L’OCCIDENTE
A Tripoli, a Baghdad si sbarrano le ambasciate, fuggono i residenti occidentali, le imprese indietreggiano abbandonando mezzi e denaro: segni chiari della ritirata, della sconfitta. Il nostro mondo democratico e tollerante si restringe, si rannicchia, in attesa dello schiaffo e della iniziativa degli Altri…
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sabato 15 novembre 2014
LA CAUSA DELL’INVASIONE CLANDESTINA FU LA GUERRA DI LIBIA. RICORDATE CHI LA VOLLE? CI FURONO 50 MILIONI DI MOTIVI PER INNESCARLA
nota personale: non credete che gheddafi sia morto, è un inganno degli invasori, come tutta la guerra contro la Libia, per il resto questo articolo spiega bene i "rapporti internazionali" veri rapporti in stile mafioso.
LA CAUSA DELL’INVASIONE CLANDESTINA FU LA GUERRA DI LIBIA. RICORDATE CHI LA VOLLE? CI FURONO 50 MILIONI DI MOTIVI PER INNESCARLA
1. CINQUANTA MILIONI DI EURO SBORSATI DA GHEDDAFI PER LA CORSA ALL’ELISEO E LA SOSPETTA ESECUZIONE DEL COLONNELLO SONO I CADAVERI NELL’ARMADIO DI SARKOZY –
2. LA GUERRA DELLA NATO IN LIBIA È SCATTATA IL 19 MARZO 2011 CON UN BOMBARDAMENTO DEI CACCIA FRANCESI SULLE FORZE DI GHEDDAFI, CHE STAVANO PER TRAVOLGERE I RIBELLI –
LA CAUSA DELL’INVASIONE CLANDESTINA FU LA GUERRA DI LIBIA. RICORDATE CHI LA VOLLE? CI FURONO 50 MILIONI DI MOTIVI PER INNESCARLA
1. CINQUANTA MILIONI DI EURO SBORSATI DA GHEDDAFI PER LA CORSA ALL’ELISEO E LA SOSPETTA ESECUZIONE DEL COLONNELLO SONO I CADAVERI NELL’ARMADIO DI SARKOZY –
2. LA GUERRA DELLA NATO IN LIBIA È SCATTATA IL 19 MARZO 2011 CON UN BOMBARDAMENTO DEI CACCIA FRANCESI SULLE FORZE DI GHEDDAFI, CHE STAVANO PER TRAVOLGERE I RIBELLI –
venerdì 14 novembre 2014
LA CONFESSIONE DEL GIORNALISTA TEDESCO: VI RACCONTO COME E CHI MANIPOLA L’INFORMAZIONE. PER LA PRIMA VOLTA VIENE AMMESSO QUELLO CHE SI E’ SEMPRE SOSPETTATO
La confessione del giornalista Udo Ulfkotte a Russia Today che racconta come le informazioni dei mainstream media sono manipolate con fini politici e propagandistici tramite l’intervento dei servizi segreti, nel suo caso della CIA. La traduzione, presa da L’Onesto, non sempre è letterale: in alcuni punti fa una sintesi del discorso, anche se il senso resta immutato.
“Sono giornalista da 25 anni circa, da sempre indotto, educato e costretto a mentire e a non dire il vero al mio pubblico, ma ora da qualche mese, vedendo come i media tedeschi ed americani cercano di indurre la gente a fare la guerra in Europa, a fare la guerra alla Russia, ho deciso che non ci sto, non ci sto a manipolare la gente in questo modo, a fare propaganda contro la Russia.
“Sono giornalista da 25 anni circa, da sempre indotto, educato e costretto a mentire e a non dire il vero al mio pubblico, ma ora da qualche mese, vedendo come i media tedeschi ed americani cercano di indurre la gente a fare la guerra in Europa, a fare la guerra alla Russia, ho deciso che non ci sto, non ci sto a manipolare la gente in questo modo, a fare propaganda contro la Russia.
giovedì 13 novembre 2014
CLANDESTINI SPA: LAMPEDUSA: SAI CHI E’ IL DIRETTORE DEL NUOVO CENTRO DI ACCOGLIENZA?
1 agosto 2014
CLANDESTINI SPA: LAMPEDUSA: SAI CHI E’ IL DIRETTORE DEL NUOVO CENTRO DI ACCOGLIENZA? PROVA UN PO AD INDOVINARE. QUANDO CAPIRAI CHE I BUONISTI SI ARRICCHISCONO SULLA PELLE DEI CLANDESTINI E CON I SOLDI DEGLI ITALIANI?
Riapre il centro per migranti di Lampedusa. A dirigerlo il suocero del fratello di Alfano
Lampedusa è con il fiato sospeso: la paura degli isolani è di tornare a essere la frontiera militarizzata d’Europa. Sì, perché il combinato disposto fra il probabile arretramento della missione di ricerca e soccorso in alto mare Mare Nostrum (o la sua sostituzione con l’europea Frontex plus) e la riapertura del centro per immigrati vuole dire solo una cosa: riportare le lancette dell’orologio a quando l’Isola era il principale punto di accoglienza dei flussi migratori provenienti dall’Africa. Ai tempi a gestire la struttura era la Lampedusa Accoglienza, una cooperativa controllata dal Consorzio Sisifo che ha dovuto fare le valige dopo la diffusione da parte del Tg2, a dicembre 2013, del video choc dei migranti disinfettati con l’idrante all’interno della struttura.
CLANDESTINI SPA: LAMPEDUSA: SAI CHI E’ IL DIRETTORE DEL NUOVO CENTRO DI ACCOGLIENZA? PROVA UN PO AD INDOVINARE. QUANDO CAPIRAI CHE I BUONISTI SI ARRICCHISCONO SULLA PELLE DEI CLANDESTINI E CON I SOLDI DEGLI ITALIANI?
Riapre il centro per migranti di Lampedusa. A dirigerlo il suocero del fratello di Alfano
Lampedusa è con il fiato sospeso: la paura degli isolani è di tornare a essere la frontiera militarizzata d’Europa. Sì, perché il combinato disposto fra il probabile arretramento della missione di ricerca e soccorso in alto mare Mare Nostrum (o la sua sostituzione con l’europea Frontex plus) e la riapertura del centro per immigrati vuole dire solo una cosa: riportare le lancette dell’orologio a quando l’Isola era il principale punto di accoglienza dei flussi migratori provenienti dall’Africa. Ai tempi a gestire la struttura era la Lampedusa Accoglienza, una cooperativa controllata dal Consorzio Sisifo che ha dovuto fare le valige dopo la diffusione da parte del Tg2, a dicembre 2013, del video choc dei migranti disinfettati con l’idrante all’interno della struttura.
mercoledì 12 novembre 2014
Cara ministra Pinotti, la Libia non si aiuta così
ancora una volta riporto un articolo dalla stampa italiana, è un bell esempio di mezze verità, scelte di campo strane, parlano si sostenere Haftar, l' uomo della CIA, prima hanno distrutto la Libia, adesso propongono "soluzioni" alla meno peggio, ed il problema è che questo modo di pensare è considerato corretto..........
Cara ministra Pinotti, la Libia non si aiuta così
di Gianandrea Gaiani 4-11-2014
La Libia è in piena guerra civile con le forze governative al contrattacco in Cirenaica (e forse presto anche a Tripoli) per riconquistare il terreno perduto contro gli islamisti, ma l’Italia continua a tentennare invece di prendere posizione. In visita al Cairo il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha incontrato il 1° novembre il presidente egiziano, Abdel Fattah al Sisi e il ministro della Difesa, generale Sedky Sobhi. Secondo quanto si legge in una nota diffusa dalla presidenza egiziana, il ministro italiano ha confermato il sostegno dell’Italia alla visione egiziana di lotta al terrorismo e all’estremismo religioso confermando l’interesse «a rafforzare le relazioni bilaterali con l’Egitto in tutti i campi non solo per la sua grande storia ma anche per il suo ruolo in Medio Oriente».
Cara ministra Pinotti, la Libia non si aiuta così
di Gianandrea Gaiani 4-11-2014
La Libia è in piena guerra civile con le forze governative al contrattacco in Cirenaica (e forse presto anche a Tripoli) per riconquistare il terreno perduto contro gli islamisti, ma l’Italia continua a tentennare invece di prendere posizione. In visita al Cairo il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha incontrato il 1° novembre il presidente egiziano, Abdel Fattah al Sisi e il ministro della Difesa, generale Sedky Sobhi. Secondo quanto si legge in una nota diffusa dalla presidenza egiziana, il ministro italiano ha confermato il sostegno dell’Italia alla visione egiziana di lotta al terrorismo e all’estremismo religioso confermando l’interesse «a rafforzare le relazioni bilaterali con l’Egitto in tutti i campi non solo per la sua grande storia ma anche per il suo ruolo in Medio Oriente».
martedì 11 novembre 2014
Libia: ipartigiani di Gheddafi contrattaccano
voglio riportare questo articolo, interamente, anche se non sono daccordo su certi apprezzamenti sui figli di Gheddafi. articolo interessante, che fa vedere ( ancora una volta) il fallimento dei RATTI.
4 novembre 2014
“Era meglio prima“, sono soliti lamentarsi i nostalgici della ex-Jamahiriya che avvertirono, nel 2011, contro l’idra islamista e gli appetiti delle potenze imperialiste. Compiacendosi di aver previsto il disordine attuale, ma leggendo il futuro dal retrovisore: dopo la rivoluzione che ha portato violenza e distruzione, si torna indietro. Concludendo, come un editorialista del quotidiano francese Le Monde, “molti libici dicono di rimpiangere i tempi di Muammar Gheddafi“, non ce che un passo pericoloso da compiere. Alcuni di coloro schierati con il regime nel 2011, prima di essere costretti all’esilio in particolare in Tunisia ed Egitto, sono meno discreti e si presentano alleati oggettivi del campo nazionalista contro gli islamisti. Gli eredi orgogliosi del nazionalismo di Umar al-Muqtar, l’eroe della resistenza agli occupanti italiani, di fatto recuperano i vecchi sostenitori di Gheddafi, soprattutto quando si presentano come patrioti onesti che non hanno sparso sangue o sperperato denaro pubblico. La riconciliazione di circostanza obbedisce alla situazione delle forze di sicurezza dello Stato libico fallito e al rifiuto quasi unanime di un nuovo intervento militare straniero.
Anti-gheddafisti contro islamisti.
4 novembre 2014
“Era meglio prima“, sono soliti lamentarsi i nostalgici della ex-Jamahiriya che avvertirono, nel 2011, contro l’idra islamista e gli appetiti delle potenze imperialiste. Compiacendosi di aver previsto il disordine attuale, ma leggendo il futuro dal retrovisore: dopo la rivoluzione che ha portato violenza e distruzione, si torna indietro. Concludendo, come un editorialista del quotidiano francese Le Monde, “molti libici dicono di rimpiangere i tempi di Muammar Gheddafi“, non ce che un passo pericoloso da compiere. Alcuni di coloro schierati con il regime nel 2011, prima di essere costretti all’esilio in particolare in Tunisia ed Egitto, sono meno discreti e si presentano alleati oggettivi del campo nazionalista contro gli islamisti. Gli eredi orgogliosi del nazionalismo di Umar al-Muqtar, l’eroe della resistenza agli occupanti italiani, di fatto recuperano i vecchi sostenitori di Gheddafi, soprattutto quando si presentano come patrioti onesti che non hanno sparso sangue o sperperato denaro pubblico. La riconciliazione di circostanza obbedisce alla situazione delle forze di sicurezza dello Stato libico fallito e al rifiuto quasi unanime di un nuovo intervento militare straniero.
Anti-gheddafisti contro islamisti.
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lunedì 10 novembre 2014
Isis: la mappa degli jihadisti alleati con il Califfo
I terroristi rottamano al Qaeda e giurano fedeltà allo Stato islamico. Non solo in Iraq e Siria, ma anche in Libia ed Egitto
5 novembre 2014
Foto: GUERRA A ISIS Lo Stato Islamico può contare su un esercito di 30 mila uomini, di cui 15 mila provenienti dai Paesi occidentali. L'Italia ha già contribuito a inviare armi e addestratori ai curdi ma deve evitare di umiliare la Turchia, storico partner della Nato. (Nella foto, una brigata islamica nella città siriana di Deir Ezzor) – Credits: Zac Baillie /AFP /Getty Images
AnnaMazzone
Dal Mar Rosso alle rive del Mediterraneo è possibile tracciare una vera e propria mappa del terrore, ed è una mappa che "fa paura", come dichiara a Panorama.it Amer al Sabaileh, analista geopolitico ed esperto di anti-terrorismo. Recentemente dal Sinai è arrivato l'annuncio che il gruppo jihadista Ansar Bayt al-Maqdis, legato ad al Qaeda, ha giurato fedeltà allo Stato Islamico. E' solo l'ultimo gruppo, in ordine cronologico, che stringe un patto con gli uomini del califfo Abu Bakr al Baghdadi, ma ci sono movimenti che vanno in questa direzione anche in Nigeria e in Somalia.
5 novembre 2014
Foto: GUERRA A ISIS Lo Stato Islamico può contare su un esercito di 30 mila uomini, di cui 15 mila provenienti dai Paesi occidentali. L'Italia ha già contribuito a inviare armi e addestratori ai curdi ma deve evitare di umiliare la Turchia, storico partner della Nato. (Nella foto, una brigata islamica nella città siriana di Deir Ezzor) – Credits: Zac Baillie /AFP /Getty Images
AnnaMazzone
Dal Mar Rosso alle rive del Mediterraneo è possibile tracciare una vera e propria mappa del terrore, ed è una mappa che "fa paura", come dichiara a Panorama.it Amer al Sabaileh, analista geopolitico ed esperto di anti-terrorismo. Recentemente dal Sinai è arrivato l'annuncio che il gruppo jihadista Ansar Bayt al-Maqdis, legato ad al Qaeda, ha giurato fedeltà allo Stato Islamico. E' solo l'ultimo gruppo, in ordine cronologico, che stringe un patto con gli uomini del califfo Abu Bakr al Baghdadi, ma ci sono movimenti che vanno in questa direzione anche in Nigeria e in Somalia.
domenica 9 novembre 2014
In Libia, dove inizia l'esodo
Reportage dalla città in cui affluiscono i migranti da Mali, Niger e Somalia che vengono stipati sulle carrette del mare dirette in Italia
3 novembre 2014
di Mauro Mondello - da Zuwarah (Libia nord-occidentale)
La colonna di camion arriva da sud. Entra in città squarciando il silenzio. Nella notte le strade di Zuwarah rimbombano del suono metallico di un motore allo stremo. La carovana sembra sbucare dal nulla, eppure ha percorso migliaia di chilometri nel deserto. Dentro ai cassoni stanno stipati come formiche decine di uomini, donne, bambini. Vengono dal Mali, dal Niger, dalla Somalia: dall’Africa subsahariana che continua a bussare alle porte dell’Europa. È una processione in viaggio da settimane, a volte da mesi e in qualche caso da anni. Il percorso verso la terra promessa, la costa libica, e il sogno di una barca in direzione di Lampedusa, non è mai diretto: per la strada si susseguono razzie, pestaggi, soprusi di ogni genere perpetrati dalla polizia e dalle bande criminali.
3 novembre 2014
di Mauro Mondello - da Zuwarah (Libia nord-occidentale)
La colonna di camion arriva da sud. Entra in città squarciando il silenzio. Nella notte le strade di Zuwarah rimbombano del suono metallico di un motore allo stremo. La carovana sembra sbucare dal nulla, eppure ha percorso migliaia di chilometri nel deserto. Dentro ai cassoni stanno stipati come formiche decine di uomini, donne, bambini. Vengono dal Mali, dal Niger, dalla Somalia: dall’Africa subsahariana che continua a bussare alle porte dell’Europa. È una processione in viaggio da settimane, a volte da mesi e in qualche caso da anni. Il percorso verso la terra promessa, la costa libica, e il sogno di una barca in direzione di Lampedusa, non è mai diretto: per la strada si susseguono razzie, pestaggi, soprusi di ogni genere perpetrati dalla polizia e dalle bande criminali.
sabato 8 novembre 2014
Libia, una “Somalia” ignorata sulla soglia di casa
3/11/2014 Posted by: Miloš Malinić
Quartieri residenziali di Benghazi sotto le bombe; popolazione in fuga dalla città; combattimenti casa per casa; oltre 200 morti nelle ultime due settimane nella guerra civile in Libia.
E’ l’effetto dell’offensiva lanciata contro i ribelli islamici nella Cirenaica, iniziata dalle truppe fedeli all’ex generale Khalifa Hifter, appena in un successivo momento affiancato dall’esercito regolare. L’obiettivo sono le milizie islamiste che hanno la loro roccaforte proprio a Benghazi. Tra loro anche Ansar al-Sharia, affiliata ad al-Qaeda.
Quartieri residenziali di Benghazi sotto le bombe; popolazione in fuga dalla città; combattimenti casa per casa; oltre 200 morti nelle ultime due settimane nella guerra civile in Libia.
E’ l’effetto dell’offensiva lanciata contro i ribelli islamici nella Cirenaica, iniziata dalle truppe fedeli all’ex generale Khalifa Hifter, appena in un successivo momento affiancato dall’esercito regolare. L’obiettivo sono le milizie islamiste che hanno la loro roccaforte proprio a Benghazi. Tra loro anche Ansar al-Sharia, affiliata ad al-Qaeda.
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venerdì 7 novembre 2014
Samia, scampata al naufragio: «Sette ore a nuotare in acqua con mia figlia in spalla»
In fuga dalla Libia, madre e figlia sono in via Aldini dopo un naufragio nel Mediterraneo. La donna ha nuotato con la bambina sulle spalle: quella notte morirono in 140 nel Canale di Sicilia. Samia e Sandra puntano ora ad andare in Germania
di Nicola Palma
Milano, 16 ottobre 2014 - A vederla così minuta non lo diresti proprio. Quasi stenti a credere che questa donnina di quaranta chili scarsi sia riuscita a resistere in acqua per sette ore: «Ho pregato Dio: salva me e la mia bambina». Oggi Samia e la piccola Sandra sono a Milano, ospitate nel centro d’accoglienza di via Antonio Aldini. Due dei 45.876 profughi finora assistiti dal Comune col determinante aiuto di volontari come Gianluca, che si è preso subito a cuore il caso della trentaduenne nordafricana: «Magari tra qualche giorno partiranno e non le vedrò più – si commuove – ma sarò stato comunque felice di averle conosciute». Samia annuisce. Un po’ d’italiano lo capisce, anche se è il francese la sua lingua madre. Originaria del Marocco, ha vissuto per anni in Libia: «Mi occupavo di vendere biglietti per alcune compagnie aeree». Un buon lavoro. Poi, però, è arrivata la guerra. E la voglia di sfuggirvi a qualsiasi costo. Correndo qualunque rischio. «Non volevo che mia figlia crescesse in Africa».
di Nicola Palma
Milano, 16 ottobre 2014 - A vederla così minuta non lo diresti proprio. Quasi stenti a credere che questa donnina di quaranta chili scarsi sia riuscita a resistere in acqua per sette ore: «Ho pregato Dio: salva me e la mia bambina». Oggi Samia e la piccola Sandra sono a Milano, ospitate nel centro d’accoglienza di via Antonio Aldini. Due dei 45.876 profughi finora assistiti dal Comune col determinante aiuto di volontari come Gianluca, che si è preso subito a cuore il caso della trentaduenne nordafricana: «Magari tra qualche giorno partiranno e non le vedrò più – si commuove – ma sarò stato comunque felice di averle conosciute». Samia annuisce. Un po’ d’italiano lo capisce, anche se è il francese la sua lingua madre. Originaria del Marocco, ha vissuto per anni in Libia: «Mi occupavo di vendere biglietti per alcune compagnie aeree». Un buon lavoro. Poi, però, è arrivata la guerra. E la voglia di sfuggirvi a qualsiasi costo. Correndo qualunque rischio. «Non volevo che mia figlia crescesse in Africa».
giovedì 6 novembre 2014
Libia, dopo l'ennesima guerra "boomerang" dell'occidente, l'Isis è a mille KM dall'Italia
1/11/2014
L'intervista a Paolo Sensini autore di "Libia 2011" sull'incubo dimenticato dai media
di Francesca Morandi
Dopo l’ennesima guerra “boomerang” dell’Occidente, ora l’Isis è in Libia, a mille chilometri dall’Italia. L’allarme è stato lanciato dall’inviato speciale delle Nazioni Unite, Bernardino Leon che, lo scorso 7 ottobre, ha affermato: “Gli jihadisti dello Stati islamico sono già presenti in Libia e la loro minaccia è concreta”. Il governo italiano è silente ma l’emergenza per l’Italia è in atto. Dal Paese nordafricano, che si affaccia sul Mediterraneo e dista poche ore di navigazione dalle nostre coste, proviene la quasi totalità dei flussi di migranti che sbarcano in Sicilia. “Un’eventuale avanzata dei miliziani sunniti dello Stato islamico (Is o Isis) moltiplicherà i flussi di migranti in fuga dalle violenze – sostiene Paolo Sensini, autore di “Libia 2011” (ed. Jaca Book - 2011) e “Divide et impera. Strategie del caos per il XXI secolo nel Vicino e Medio Oriente” (ed. Mimesis - 2013) –. Continueranno i traffici di esseri umani con i quali le milizie libiche si finanziano la guerra e il rischio di infiltrazioni terroristiche diventerebbe altissimo. Inoltre, gli interessi energetici e commerciali dell’Italia in Libia sarebbero irrimediabilmente compromessi”.
L'intervista a Paolo Sensini autore di "Libia 2011" sull'incubo dimenticato dai media
di Francesca Morandi
Dopo l’ennesima guerra “boomerang” dell’Occidente, ora l’Isis è in Libia, a mille chilometri dall’Italia. L’allarme è stato lanciato dall’inviato speciale delle Nazioni Unite, Bernardino Leon che, lo scorso 7 ottobre, ha affermato: “Gli jihadisti dello Stati islamico sono già presenti in Libia e la loro minaccia è concreta”. Il governo italiano è silente ma l’emergenza per l’Italia è in atto. Dal Paese nordafricano, che si affaccia sul Mediterraneo e dista poche ore di navigazione dalle nostre coste, proviene la quasi totalità dei flussi di migranti che sbarcano in Sicilia. “Un’eventuale avanzata dei miliziani sunniti dello Stato islamico (Is o Isis) moltiplicherà i flussi di migranti in fuga dalle violenze – sostiene Paolo Sensini, autore di “Libia 2011” (ed. Jaca Book - 2011) e “Divide et impera. Strategie del caos per il XXI secolo nel Vicino e Medio Oriente” (ed. Mimesis - 2013) –. Continueranno i traffici di esseri umani con i quali le milizie libiche si finanziano la guerra e il rischio di infiltrazioni terroristiche diventerebbe altissimo. Inoltre, gli interessi energetici e commerciali dell’Italia in Libia sarebbero irrimediabilmente compromessi”.
mercoledì 5 novembre 2014
Sbarcati dalla Libia, ora i profughi lavorano per la comunità
Sulzano, i dodici richiedenti asilo politico per tutta la mattina hanno pulito le vie e i giardinetti del paese
di Milla Prandelli
Sulzano (Brescia), 30 ottobre 2014 - Alfa, Pamusa, Alì, Usmane e altri otto ragazzi provenienti da Gambia, Mali, Nigeria e Senegal sono stati fortunati, perché a Sulzano hanno trovato quella che ieri ci hanno raccontato essere la loro “nuova” famiglia italiana, ovvero i volontari del locale circolo di Legambiente. Ospiti all’albergo Alpino, i dodici richiedenti asilo politico ieri per tutta mattina hanno pulito le vie e i giardinetti del paese dove sono arrivati dopo essere partiti dalla Libia qualche mese fa. «Sulzano e soprattutto i volontari ci hanno accolto molto bene – racconta Pamusa, 18 anni – per questo motivo abbiamo deciso di impegnarci. Quando ci hanno chiesto di aiutarli a pulire alcune aree del Comune abbiamo accettato tutti. Speriamo che questo ci faccia conoscere anche gli altri abitanti. Qui ci è stata data una casa. Siamo grati a tutti».
di Milla Prandelli
Sulzano (Brescia), 30 ottobre 2014 - Alfa, Pamusa, Alì, Usmane e altri otto ragazzi provenienti da Gambia, Mali, Nigeria e Senegal sono stati fortunati, perché a Sulzano hanno trovato quella che ieri ci hanno raccontato essere la loro “nuova” famiglia italiana, ovvero i volontari del locale circolo di Legambiente. Ospiti all’albergo Alpino, i dodici richiedenti asilo politico ieri per tutta mattina hanno pulito le vie e i giardinetti del paese dove sono arrivati dopo essere partiti dalla Libia qualche mese fa. «Sulzano e soprattutto i volontari ci hanno accolto molto bene – racconta Pamusa, 18 anni – per questo motivo abbiamo deciso di impegnarci. Quando ci hanno chiesto di aiutarli a pulire alcune aree del Comune abbiamo accettato tutti. Speriamo che questo ci faccia conoscere anche gli altri abitanti. Qui ci è stata data una casa. Siamo grati a tutti».
martedì 4 novembre 2014
l' ennesimo rapporto di Amnesty International, e le false "verità"
Secondo un rapporto diffuso il 30 ottobre da Amnesty International, le milizie e i gruppi armati che si stanno scontrando da metà luglio nella Libia occidentale stanno commettendo veri e propri crimini di guerra: esecuzioni sommarie, torture, attacchi con razzi grad e artiglieria contro i centri abitati e rappresaglie contro la popolazione civile sulla base dell’origine e della presunta affiliazione politica.
Le immagini satellitari che accompagnano l’uscita del rapporto mettono in evidenza il profondo disprezzo per le vite dei civili da parte di tutte le fazioni coinvolte negli scontri, con razzi indiscriminati e colpi di artiglieria diretti contro aree abitate che hanno danneggiato case, edifici civili, strutture mediche e impianti industriali.
Le immagini satellitari che accompagnano l’uscita del rapporto mettono in evidenza il profondo disprezzo per le vite dei civili da parte di tutte le fazioni coinvolte negli scontri, con razzi indiscriminati e colpi di artiglieria diretti contro aree abitate che hanno danneggiato case, edifici civili, strutture mediche e impianti industriali.
lunedì 3 novembre 2014
"E' deplorevole che il mondo sia entrato in una nuova era imperiale". L'attualità imbarazzante di questo discorso di Chavez del 2012
"Crisi pianificate, provocate e prodotte dall'esterno contro paesi sovrani e governi legittimi"
Il giorno dopo la sua rielezione nel 2012, Hugo Chavez sulla situazione della Siria e della Libia ha rilasciato queste dichiarazioni che, a distanza di due anni, sono ancora di un'attualità imbarazzante. "Crisi pianificate, provocate e prodotte dall'esterno. Si rischia la guerra tra Turchia e Siria. Speriamo che chi ha organizzato tutto questo si metta una mano sul cuore. Noi dobbiamo sostenere la sovranità dei popoli. La Siria è un paese sovrano, come lo è la Libia, come lo è il Venezuela, come lo sono gli Stai Uniti. Non siamo d'accordo tra di noi? E allora? Bombardiamo e destabilizziamo un paese? E' deplorevole che il mondo sia entrato in una nuova era imperiale".
Il giorno dopo la sua rielezione nel 2012, Hugo Chavez sulla situazione della Siria e della Libia ha rilasciato queste dichiarazioni che, a distanza di due anni, sono ancora di un'attualità imbarazzante. "Crisi pianificate, provocate e prodotte dall'esterno. Si rischia la guerra tra Turchia e Siria. Speriamo che chi ha organizzato tutto questo si metta una mano sul cuore. Noi dobbiamo sostenere la sovranità dei popoli. La Siria è un paese sovrano, come lo è la Libia, come lo è il Venezuela, come lo sono gli Stai Uniti. Non siamo d'accordo tra di noi? E allora? Bombardiamo e destabilizziamo un paese? E' deplorevole che il mondo sia entrato in una nuova era imperiale".
domenica 2 novembre 2014
"Pensare di risolvere con le bombe un problema creato dagli Usa è pura miopia". Eurodeputato
18/9/2014
"Non posso dimenticare chi ha creato il terrorismo islamico e che molto è dipeso dalle azioni dell'America". Iglesias di Podemos
Gli Stati Uniti hanno sostenuto "formule dell'Islam radicale" e la loro "miopia" è quella di pensare ora che il problema possa essere risolto lanciando bombe in Iraq o in Siria. Lo ha dichiarato l'eurodeputato spagnolo di Podemos Pablo Iglesias.
"Non posso dimenticare chi ha creato il terrorismo islamico e che molto è dipeso dalle azioni dell'America". Iglesias di Podemos
Gli Stati Uniti hanno sostenuto "formule dell'Islam radicale" e la loro "miopia" è quella di pensare ora che il problema possa essere risolto lanciando bombe in Iraq o in Siria. Lo ha dichiarato l'eurodeputato spagnolo di Podemos Pablo Iglesias.
sabato 1 novembre 2014
Salvati a nord della Libia e trasportati a Messina: sbarcati 263 migranti, molti in difficoltà.
24 ottobre 2014
228 uomini, 12 donne, 23 minori, di cui 7 accompagnati, per la maggior parte siriani e pakistani. Sono stati salvati in mare 3 giorni fa, in acque internazionali a nord della Libia, in una delle ormai ultime operazioni Mare Nostrum, e poi trasportati direttamente nel porto di Messina. LA FOTOGALLERY DI SERENA CAPPARELLI
Occhi spenti, sguardo basso, fisico visibilmente provato da giorni trascorsi in mare, su un barcone fatiscente, con poco cibo, mare avverso e tanto freddo. Un ragazzo in stato ipoglicemia e disidratamento, un bambino tetraplegico immediatamente trasportato all’ospedale Policlinico, un uomo portato via in ambulanza per una linfoadenopatia inguinale, tanti assistiti nell’immediato poiché in condizioni non ottimali.
228 uomini, 12 donne, 23 minori, di cui 7 accompagnati, per la maggior parte siriani e pakistani. Sono stati salvati in mare 3 giorni fa, in acque internazionali a nord della Libia, in una delle ormai ultime operazioni Mare Nostrum, e poi trasportati direttamente nel porto di Messina. LA FOTOGALLERY DI SERENA CAPPARELLI
Occhi spenti, sguardo basso, fisico visibilmente provato da giorni trascorsi in mare, su un barcone fatiscente, con poco cibo, mare avverso e tanto freddo. Un ragazzo in stato ipoglicemia e disidratamento, un bambino tetraplegico immediatamente trasportato all’ospedale Policlinico, un uomo portato via in ambulanza per una linfoadenopatia inguinale, tanti assistiti nell’immediato poiché in condizioni non ottimali.
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venerdì 31 ottobre 2014
Così gli immigrati occuperanno il Paese
22/10/2014
Dossier choc delle Nazioni Unite: serviranno a sostenere l’economia. Fino al 2050 l’Italia dovrà ospitarne 120 milioni. L’Unione Europea 700
Nel 2050 un terzo della popolazione italiana sarà composta da immigrati. Stranieri sbarcati nel Belpaese per lavorare e figli e nipoti dei migranti che in questi giorni il Mediterraneo sta rovesciando sulle nostre coste. Nello studio «Replacement Migration: is it a solution to declining and ageing populations?», redatto dal Dipartimento degli Affari sociali ed economici dell’Onu vengono analizzati i movimenti migratori a partire dal 1995 e, attraverso modelli matematici, vengono prospettati diversi scenari che disegnano per l’Italia la “necessità” di far entrare tra i 35.088.000 e i 119.684.000 di immigrati per “rimpiazzare” i lavoratori italiani. Visto che tra 36 anni gli over 65 saranno il 35% della popolazione e presupposto che il tasso di natalità per donna resti fermo a 1,2 bambini (negli Anni Cinquanta la media era 2,3).
Dossier choc delle Nazioni Unite: serviranno a sostenere l’economia. Fino al 2050 l’Italia dovrà ospitarne 120 milioni. L’Unione Europea 700
Nel 2050 un terzo della popolazione italiana sarà composta da immigrati. Stranieri sbarcati nel Belpaese per lavorare e figli e nipoti dei migranti che in questi giorni il Mediterraneo sta rovesciando sulle nostre coste. Nello studio «Replacement Migration: is it a solution to declining and ageing populations?», redatto dal Dipartimento degli Affari sociali ed economici dell’Onu vengono analizzati i movimenti migratori a partire dal 1995 e, attraverso modelli matematici, vengono prospettati diversi scenari che disegnano per l’Italia la “necessità” di far entrare tra i 35.088.000 e i 119.684.000 di immigrati per “rimpiazzare” i lavoratori italiani. Visto che tra 36 anni gli over 65 saranno il 35% della popolazione e presupposto che il tasso di natalità per donna resti fermo a 1,2 bambini (negli Anni Cinquanta la media era 2,3).
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giovedì 30 ottobre 2014
Tunisia, i profughi della guerra libica nel campo di confine lasciati soli e pronti a partire per l'Europa
Reportage da Ras Jdir, lungo la linea che divide i due paesi dove c'è un campo per rifugiati. In pochi hanno compiuto la scelta dura di restare nella desolazione di Choucha: l'area è stata infatti abbandonata dalle Nazioni Unite e da tutte le organizzazioni internazionali intervenute nei due anni di emergenza
di MAURO MONDELLO 23 ottobre 2014
CHOUCHA (confine Tunisia- Libia) - L'auto percorre l'ultimo tratto di strada in mezzo ad una implacabile tempesta di sabbia. Da almeno 30 chilometri ormai il paesaggio intorno non regala che un'infinita distesa di terra deserta: siamo a pochi passi da Ras Jdir, la linea di frontiera che apre le porte della Libia, in un luogo perduto nel quale, ormai da 3 anni, un centinaio di uomini e donne lottano per sopravvivere. Lo chiamano Choucha, questo pezzo dimenticato di mondo nel Sud profondissimo della Tunisia, un cumulo di tende malmesse, fatte di tela e di stracci, nelle quali vivono gli ultimi profughi della guerra libica.
di MAURO MONDELLO 23 ottobre 2014
CHOUCHA (confine Tunisia- Libia) - L'auto percorre l'ultimo tratto di strada in mezzo ad una implacabile tempesta di sabbia. Da almeno 30 chilometri ormai il paesaggio intorno non regala che un'infinita distesa di terra deserta: siamo a pochi passi da Ras Jdir, la linea di frontiera che apre le porte della Libia, in un luogo perduto nel quale, ormai da 3 anni, un centinaio di uomini e donne lottano per sopravvivere. Lo chiamano Choucha, questo pezzo dimenticato di mondo nel Sud profondissimo della Tunisia, un cumulo di tende malmesse, fatte di tela e di stracci, nelle quali vivono gli ultimi profughi della guerra libica.
mercoledì 29 ottobre 2014
Maduro: gli Usa distruggono il pianeta "per la disperazione di detenere il controllo energetico"
23 ottobre 2014
Il presidente del Venezuela accusa gli Stati Uniti sul "metodo selvaggio" del fracking (per estrarre petrolio).
Il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, ha accusato gli Stati Uniti di provocare danni al pianeta attraverso l’uso della tecnologia di estrazione del petrolio, conosciuta con il nome di “'fracking”.
Maduro ha denunciato che l’estrazione mediante la frattura della roccia, è un “metodo selvaggio, e che gli Stati Uniti dovranno ritenersi responsabili della distruzione del pianeta terra, secondo quanto rende noto Telesur.
Il presidente del Venezuela accusa gli Stati Uniti sul "metodo selvaggio" del fracking (per estrarre petrolio).
Il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, ha accusato gli Stati Uniti di provocare danni al pianeta attraverso l’uso della tecnologia di estrazione del petrolio, conosciuta con il nome di “'fracking”.
Maduro ha denunciato che l’estrazione mediante la frattura della roccia, è un “metodo selvaggio, e che gli Stati Uniti dovranno ritenersi responsabili della distruzione del pianeta terra, secondo quanto rende noto Telesur.
martedì 28 ottobre 2014
L'economia statunitense è in affanno: 19 punti lo dimostrano
23/10/2014
Il blog Zero Hedge smentisce Obama e Federal Reserve: "La ripresa economica è un miraggio"Notizia presa dal sito www.Lantidiplomatico.it visita www.Lantidiplomatico.it
“Barack Obama e la Federal Reserve ci stanno mentendo. La ripresa economica è per lo più un miraggio”. Non ha dubbi il blog finanziario Zero Hedge, che dalle sue pagine espone i 19 punti “sorprendenti” attraverso i quali stabilisce che, nonostante le dichiarazioni della Casa Bianca sul recupero totale del settore finanziario statunitense, l'economia del paese è ancora in affanno, versa in uno stato "malato" e “incasinato”.
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“Barack Obama e la Federal Reserve ci stanno mentendo. La ripresa economica è per lo più un miraggio”. Non ha dubbi il blog finanziario Zero Hedge, che dalle sue pagine espone i 19 punti “sorprendenti” attraverso i quali stabilisce che, nonostante le dichiarazioni della Casa Bianca sul recupero totale del settore finanziario statunitense, l'economia del paese è ancora in affanno, versa in uno stato "malato" e “incasinato”.
lunedì 27 ottobre 2014
La Libia non è un posto per giornalisti
20 Oct2014 By Tommaso Dal Passo
Reporters sans frontières ha denunciato la pericolosità della situazione in Libia per i mass media e per la vita dei giornalisti, tra le principali vittime del disordine politico e della violenza che dilania il paese dal 2011.
Gli scontri continuano nonostante il tentativo di mediazione effettuato da parte della missione delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) nella città di Ghadames.
Reporters sans frontières, nello specifico, condanna l'assassinio di Issa Al-Tayeb, uno dei fondatori della stazione televisiva satellitare Tuareg Tumsat, nel sud ovest della Libia, il 5 ottobre e l'omicidio del presentatore radiofonico Motassem Al-Warfalli tre giorni dopo a Bengasi.
Reporters sans frontières ha denunciato la pericolosità della situazione in Libia per i mass media e per la vita dei giornalisti, tra le principali vittime del disordine politico e della violenza che dilania il paese dal 2011.
Gli scontri continuano nonostante il tentativo di mediazione effettuato da parte della missione delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) nella città di Ghadames.
Reporters sans frontières, nello specifico, condanna l'assassinio di Issa Al-Tayeb, uno dei fondatori della stazione televisiva satellitare Tuareg Tumsat, nel sud ovest della Libia, il 5 ottobre e l'omicidio del presentatore radiofonico Motassem Al-Warfalli tre giorni dopo a Bengasi.
domenica 26 ottobre 2014
Libia: Belhadj sogna la presidenza
18 Oct 2014 By Graziella Giangiulio
L'ex oppositore di Gheddafi, Abdelhakim Belhadj islamico nazionalista sta cercando di distinguersi nel caos libico e mira a diventarne il nuovo capo di stato.
Le testate africane sostengono che Abdelhakim Belhadj ha avuto diverse vite. In primo luogo l'opposizione jihadista a Gheddafi, è in prima linea durante la rivoluzione nel 2011, prima di diventare comandante militare di Tripoli. 48 anni, barba ben curata, a capo del partito politico di Al-Watan. Oggi regna nella capitale libica. A quanto riferiscono le testate locali ci sarebbe sempre lui dietro la coalizione Fajr Libia, composto da milizie islamiste di Misurata e Tripoli. E sempre secondo le testate libiche ultimamente sarebbe preso in considerazione anche dal governo autoesiliato a Tobruk.
L'ex oppositore di Gheddafi, Abdelhakim Belhadj islamico nazionalista sta cercando di distinguersi nel caos libico e mira a diventarne il nuovo capo di stato.
Le testate africane sostengono che Abdelhakim Belhadj ha avuto diverse vite. In primo luogo l'opposizione jihadista a Gheddafi, è in prima linea durante la rivoluzione nel 2011, prima di diventare comandante militare di Tripoli. 48 anni, barba ben curata, a capo del partito politico di Al-Watan. Oggi regna nella capitale libica. A quanto riferiscono le testate locali ci sarebbe sempre lui dietro la coalizione Fajr Libia, composto da milizie islamiste di Misurata e Tripoli. E sempre secondo le testate libiche ultimamente sarebbe preso in considerazione anche dal governo autoesiliato a Tobruk.
sabato 25 ottobre 2014
"Una forza mercenaria globale anti terrorismo". L'auspicio di una delle figure più potenti del Club Bilderberg
30/9/2014
Un pretesto per giustificare altri colpi di Stato: "I soldati stupidi animali da usare come pedine per la politica estera."Notizia presa dal sito www.Lantidiplomatico.it visita www.Lantidiplomatico.it
L'ex segretario di Stato degli Stati Uniti, e una delle figure più potenti nel club Bilderberg, Henry Kissinger, auspica la creazione di una forza mercenaria globale per combattere i terroristi.
La giornalista americana di Fox News, Bill O'Reilly, ha affermato, in un programma dell’ABC News, che Kissinger, famoso globalista e membro del club Bilderberg, "per anni ha appoggiato l'idea di creare una forza globale anti-terrorismo finanziata da una colazione di nazioni sotto la supervisione del Congresso".
Un pretesto per giustificare altri colpi di Stato: "I soldati stupidi animali da usare come pedine per la politica estera."Notizia presa dal sito www.Lantidiplomatico.it visita www.Lantidiplomatico.it
L'ex segretario di Stato degli Stati Uniti, e una delle figure più potenti nel club Bilderberg, Henry Kissinger, auspica la creazione di una forza mercenaria globale per combattere i terroristi.
La giornalista americana di Fox News, Bill O'Reilly, ha affermato, in un programma dell’ABC News, che Kissinger, famoso globalista e membro del club Bilderberg, "per anni ha appoggiato l'idea di creare una forza globale anti-terrorismo finanziata da una colazione di nazioni sotto la supervisione del Congresso".
venerdì 24 ottobre 2014
Il doppio gioco americano nella lotta all’Isis
Domenica, 28 Settembre 2014 15:24
I media di tutto il mondo da qualche settimana riportano costantemente e ingrandiscono smisuratamente gli sforzi multilaterali della diplomazia Usa per montare una colossale coalizione di ben 40 Paesi per battere e annientare il cosiddetto Stato Islamico (l’Isis), sempre più dipinto come uno spauracchio mondiale.
Nel frattempo, sempre secondo quanto fanno credere i media occidentali, è grazie ai caccia bombardieri dell’aviazione americana, a cui ora si sono uniti quelli francesi, che forze irachene ed anche I militanti peshmerga curdi riescono a contenere quella che viene dipinta come una possente “armata delle tenebre”. E ancora una volta si vuole far passare l’immagine di un’America super potenza che corre in soccorso delle popolazioni che rischiano di essere massacrate dal cattivo di turno, con accanto i soliti francesi che, quando c’è da buttare bombe dove c’è odore di petrolio, non restano mai indietro. E in effetti gli Usa, nell’area del Golfo, di mezzi per condurre un’offensiva aerea ne hanno in abbondanza.Tutti questi mezzi possono essere diretti sui bersagli con precisione millimetrica da aerei, droni, satelliti e centinaia di elementi delle Forze Speciali che operano sul campo come Fac (Forward Air Controller), vale a dire controllo aereo avanzato. Con questa tecnologia a disposizione, in condizione di allerta continua e costante, di giorno o di notte, in un ambiente piatto e scoperto come quello iracheno, le colonne di mezzi delllo sparuracchio mad in Usa, chiamato “califfato” sarebbero un bersaglio ideale quanto indifeso.
I media di tutto il mondo da qualche settimana riportano costantemente e ingrandiscono smisuratamente gli sforzi multilaterali della diplomazia Usa per montare una colossale coalizione di ben 40 Paesi per battere e annientare il cosiddetto Stato Islamico (l’Isis), sempre più dipinto come uno spauracchio mondiale.
Nel frattempo, sempre secondo quanto fanno credere i media occidentali, è grazie ai caccia bombardieri dell’aviazione americana, a cui ora si sono uniti quelli francesi, che forze irachene ed anche I militanti peshmerga curdi riescono a contenere quella che viene dipinta come una possente “armata delle tenebre”. E ancora una volta si vuole far passare l’immagine di un’America super potenza che corre in soccorso delle popolazioni che rischiano di essere massacrate dal cattivo di turno, con accanto i soliti francesi che, quando c’è da buttare bombe dove c’è odore di petrolio, non restano mai indietro. E in effetti gli Usa, nell’area del Golfo, di mezzi per condurre un’offensiva aerea ne hanno in abbondanza.Tutti questi mezzi possono essere diretti sui bersagli con precisione millimetrica da aerei, droni, satelliti e centinaia di elementi delle Forze Speciali che operano sul campo come Fac (Forward Air Controller), vale a dire controllo aereo avanzato. Con questa tecnologia a disposizione, in condizione di allerta continua e costante, di giorno o di notte, in un ambiente piatto e scoperto come quello iracheno, le colonne di mezzi delllo sparuracchio mad in Usa, chiamato “califfato” sarebbero un bersaglio ideale quanto indifeso.
giovedì 23 ottobre 2014
Ebola e le bugie
17 Ottobre 2014
di Gianni Fraschetti -
In questo momento il virus Ebola si sta diffondendo in modo violento in tre stati: Liberia, Guinea e Sierra Leone, dove il livello del contagio si sta moltiplicando con progressione geometrica, ma si stanno registrando casi isolati e gruppi di casi individuali in varie altre zone densamente popolate del globo.
Il tasso di mortalità dell’Ebola può raggiungere anche il 95%, ma attualmente sembra essersi attestato intorno al 50% nei principali focolai, e se vi pare poco, rammentiamo che è un dato peggiore della peste bubbonica che uccise un terzo della popolazione europea. Un terzo, non quattro gatti. I precedenti casi di focolai di Ebola si erano verificati in zone rurali isolate, esaurendosi poi da soli, perchè il virus uccise tutti e vennero a mancare nuove vittime da colpire. Questa è almeno la tesi ufficiale dei governi e della OMS, ma in molti ritengono che vennero impiegate bombe termobariche (una robina poco al di sotto del nucleare) per sterilizzare e disinfettare le aree infette. Col medesimo risultato finale: la distruzione del virus e di ogni forma di vita. Dunque la soluzione ci sarebbe pure, ma stavolta non siamo in aree rurali africane, scarsamente popolate e lontano da occhi indiscreti. Siamo in zone metropolitane alcune in Europa e negli USA, densamente popolate e ad alto tasso di mobilità, e le probabilità di un esaurimento spontaneo del contagio o dell'utilizzo di metodi "muscolari" in tali contesti sono praticamente nulle.
di Gianni Fraschetti -
In questo momento il virus Ebola si sta diffondendo in modo violento in tre stati: Liberia, Guinea e Sierra Leone, dove il livello del contagio si sta moltiplicando con progressione geometrica, ma si stanno registrando casi isolati e gruppi di casi individuali in varie altre zone densamente popolate del globo.
Il tasso di mortalità dell’Ebola può raggiungere anche il 95%, ma attualmente sembra essersi attestato intorno al 50% nei principali focolai, e se vi pare poco, rammentiamo che è un dato peggiore della peste bubbonica che uccise un terzo della popolazione europea. Un terzo, non quattro gatti. I precedenti casi di focolai di Ebola si erano verificati in zone rurali isolate, esaurendosi poi da soli, perchè il virus uccise tutti e vennero a mancare nuove vittime da colpire. Questa è almeno la tesi ufficiale dei governi e della OMS, ma in molti ritengono che vennero impiegate bombe termobariche (una robina poco al di sotto del nucleare) per sterilizzare e disinfettare le aree infette. Col medesimo risultato finale: la distruzione del virus e di ogni forma di vita. Dunque la soluzione ci sarebbe pure, ma stavolta non siamo in aree rurali africane, scarsamente popolate e lontano da occhi indiscreti. Siamo in zone metropolitane alcune in Europa e negli USA, densamente popolate e ad alto tasso di mobilità, e le probabilità di un esaurimento spontaneo del contagio o dell'utilizzo di metodi "muscolari" in tali contesti sono praticamente nulle.
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mercoledì 22 ottobre 2014
Battaglia a Benghazi
Posted: 2014-10-17
From: Mathaba
Duri scontri tra Libya Dawn e Operation Dignity
Un altra giornata di duri scontri nella seconda città della Libya tra i terroristi di Libya Dawn e i combattenti di Operation Dignity.
From: Mathaba
Duri scontri tra Libya Dawn e Operation Dignity
Un altra giornata di duri scontri nella seconda città della Libya tra i terroristi di Libya Dawn e i combattenti di Operation Dignity.
martedì 21 ottobre 2014
Cosa succede in Libia: anche l’Egitto in guerra contro gli amici del Califfo
Davide Vannucci 16 ottobre 2014
Il governo libico, il generale “ribelle” Hiftar e il governo egiziano attaccano insieme le posizioni dei jihadisti di Ansar al Sharia in Cirenaica. Una battaglia che ormai va ben oltre i confini della Libia
Vedi alla voce coincidenze: nel giorno in cui emergono nuove accuse contro il libico Abu Ahmed Khattala, ex leader del gruppo fondamentalista Ansar al Sharia, presunta mente dell’attacco al consolato americano di Bengasi di due anni fa, le brigate islamiste vengono attaccate con un assalto in grande stile proprio nella capitale della Cirenaica. I bombardamenti americani su Siria e Iraq hanno fatto dimenticare un’altra guerra, combattuta a qualche centinaio di chilometri dalle nostre coste.
Il governo libico, il generale “ribelle” Hiftar e il governo egiziano attaccano insieme le posizioni dei jihadisti di Ansar al Sharia in Cirenaica. Una battaglia che ormai va ben oltre i confini della Libia
Vedi alla voce coincidenze: nel giorno in cui emergono nuove accuse contro il libico Abu Ahmed Khattala, ex leader del gruppo fondamentalista Ansar al Sharia, presunta mente dell’attacco al consolato americano di Bengasi di due anni fa, le brigate islamiste vengono attaccate con un assalto in grande stile proprio nella capitale della Cirenaica. I bombardamenti americani su Siria e Iraq hanno fatto dimenticare un’altra guerra, combattuta a qualche centinaio di chilometri dalle nostre coste.
lunedì 20 ottobre 2014
Libia, continua la battaglia per Bengasi. Governativi: “Jihadisti fuori dalla città”
Controffensiva delle forze dell’ex generale Haftar, affiancate da quelle dell’esercito. L’Egitto nega l’uso di suoi aerei per i raid. Almeno 22 morti il bilancio delle vittime
16 ottobre 2014
Le forze dell’ex generale Khalifa Haftar, affiancate da quelle dell’Esercito e da gruppi di civili armati «hanno riconquistato gran parte di Bengasi». Lo annunciano i militari delle Forze Armate “legittime”, fedeli al Parlamento “di Tobruk”, l’assemblea eletta lo scorso giugno, costretto a riunirsi a ovest di Bengasi. Carri armati e artiglieria pesante sono entrati in azione alle 8 del mattino, con i caccia che martellavano i miliziani. I governativi, ancora saldamente in controllo dell’aeroporto Benina, hanno preso il controllo di una delle principali basi dei jihadisti. Questi sarebbero costretti alla fuga, e a nascondersi nelle abitazioni civili, raccontano alcuni testimoni.
16 ottobre 2014
Le forze dell’ex generale Khalifa Haftar, affiancate da quelle dell’Esercito e da gruppi di civili armati «hanno riconquistato gran parte di Bengasi». Lo annunciano i militari delle Forze Armate “legittime”, fedeli al Parlamento “di Tobruk”, l’assemblea eletta lo scorso giugno, costretto a riunirsi a ovest di Bengasi. Carri armati e artiglieria pesante sono entrati in azione alle 8 del mattino, con i caccia che martellavano i miliziani. I governativi, ancora saldamente in controllo dell’aeroporto Benina, hanno preso il controllo di una delle principali basi dei jihadisti. Questi sarebbero costretti alla fuga, e a nascondersi nelle abitazioni civili, raccontano alcuni testimoni.
domenica 19 ottobre 2014
C’è l’ombra del Fascismo sull’entusiasmo interventista dell’Italia?
7 ottobre 2014 di mcc43
- Monarchia e colonialismo nel passato
– Repubblica e sudditanza nel presente
– Lotta al terrorismo e minacce alla libertà
Con l’Italia coinvolta nell’ennesima missione militare, sebbene dichiarata contro l’Isis, corpo estraneo dentro altri paesi, tornano attuali le riflessioni sull’attivismo bellico variamente configurato del nostro paese.
Nel 2011 Marc Almond, docente di Storia Moderna all’ Oriel College di Oxford, attivista per i diritti umani, Presidente del British Helsinki Human Rights Group , in occasione della partecipazione italiana all’intervento in Libia scriveva in Libya – 100 Years of Bombing, or Is Fascism the Forgotten Root of Humanitarian Intervention?
- Monarchia e colonialismo nel passato
– Repubblica e sudditanza nel presente
– Lotta al terrorismo e minacce alla libertà
Con l’Italia coinvolta nell’ennesima missione militare, sebbene dichiarata contro l’Isis, corpo estraneo dentro altri paesi, tornano attuali le riflessioni sull’attivismo bellico variamente configurato del nostro paese.
Nel 2011 Marc Almond, docente di Storia Moderna all’ Oriel College di Oxford, attivista per i diritti umani, Presidente del British Helsinki Human Rights Group , in occasione della partecipazione italiana all’intervento in Libia scriveva in Libya – 100 Years of Bombing, or Is Fascism the Forgotten Root of Humanitarian Intervention?
sabato 18 ottobre 2014
Libia, due parlamenti e due governi: è il caos totale e c'è emergenza per gli sfollati interni
Da luglio si combatte una guerra civile che ha fatto emergere i problemi irrisolti dopo la cacciata di Ghedaffi del 2011. Per l'Unhcr è emergenza sfollati interni: solo nella città di Warshefana, alla periferia di Tripoli, sono 100mila nelle ultime tre settimane (287mila in tutto il paese). Don Mussie Zerai lancia l'allarme per i migranti subsahariani usati come schiavi dalle milizie in lotta e poi rinchiusi in centri di detenzione per estorcere un riscatto ai parenti all'estero. L'unica realtà che prospera è quella dei trafficanti di esseri umani
di STEFANO PASTA 13 ottobre 2014
Due parlamenti e due governi, troppe armi in circolazione, tante fazioni che si combattono con alleanze in continuo mutamento, nazioni estere che sostengono fronti opposti, il primo Stato petrolifero a rischio fallimento economico. "Dire che la Libia in questo momento sia governata da qualcuno è una barzelletta", ha recentemente sintetizzato Ali Zeidan, primo ministro fino al marzo scorso. A tre anni dalla cacciata di Ghedaffi, infatti, la Libia è nel pieno della guerra civile, i combattimenti proseguono senza tregua da quattro mesi.
di STEFANO PASTA 13 ottobre 2014
Due parlamenti e due governi, troppe armi in circolazione, tante fazioni che si combattono con alleanze in continuo mutamento, nazioni estere che sostengono fronti opposti, il primo Stato petrolifero a rischio fallimento economico. "Dire che la Libia in questo momento sia governata da qualcuno è una barzelletta", ha recentemente sintetizzato Ali Zeidan, primo ministro fino al marzo scorso. A tre anni dalla cacciata di Ghedaffi, infatti, la Libia è nel pieno della guerra civile, i combattimenti proseguono senza tregua da quattro mesi.
venerdì 17 ottobre 2014
La protervia di Obama ed Erdogan
08/10/2014 - di Massimo Zamarion -
Se non fosse per i barconi carichi di disgraziati che s’inabissano senza soluzione di continuità nel Mediterraneo, dello scatolone di sabbia, cioè della Libia, non si parlerebbe quasi più: per vergogna. Nel paese delle piramidi, intanto, il “laico” Al-Sisi, che già scruta con voluttà il caos libico nella speranza di fare dell’ex “regno” di Gheddafi un protettorato egiziano, si rivela un autocrate molto più ruvido e megalomane del “laico” Mubarak: ma nessuno lo chiama “dittatore”. Mentre in Siria la guerra civile che si è voluto con incredibile leggerezza far scoppiare a tutti i costi ha fatto 200.000 morti e siamo ormai ridotti al punto di dover quasi “tifare” per Assad. Ecco dove ci ha condotto la politica estera di un Occidente fatuo e furbacchione.
Se non fosse per i barconi carichi di disgraziati che s’inabissano senza soluzione di continuità nel Mediterraneo, dello scatolone di sabbia, cioè della Libia, non si parlerebbe quasi più: per vergogna. Nel paese delle piramidi, intanto, il “laico” Al-Sisi, che già scruta con voluttà il caos libico nella speranza di fare dell’ex “regno” di Gheddafi un protettorato egiziano, si rivela un autocrate molto più ruvido e megalomane del “laico” Mubarak: ma nessuno lo chiama “dittatore”. Mentre in Siria la guerra civile che si è voluto con incredibile leggerezza far scoppiare a tutti i costi ha fatto 200.000 morti e siamo ormai ridotti al punto di dover quasi “tifare” per Assad. Ecco dove ci ha condotto la politica estera di un Occidente fatuo e furbacchione.
giovedì 16 ottobre 2014
Le menzogne della propaganda di guerra USA sui media americani
L’opinione pubblica degli Stati Uniti viene già condizionata da una propaganda da clima di guerra che stanno incessantemente conducendo i grandi media USA per convincere della necessità di un nuovo intervento militare americano in Medio Oriente.
Significativa la propaganda di guerra del Wall Street Journal : un cumulo di menzogne diffuse dai soliti media (quelli che lavorano per le industrie belliche americane); interessanti le dichiarazioni dei senatori John McCain e Lindsey Graham.
Barack Obama (il ” premio Nobel” per la Pace, che ha al suo attivo il maggior numero di guerre rispetto a qualsiasi precedente presidente americano ), a quanto pare ha iniziato una guerra contro il gruppo terrorista Daesh-ISIL (ISIS), ma in realtà l’obiettivo primario di questa operazione militare è di rovesciare il presidente siriano Bashar Assad, mentre l’obiettivo finale è quello di sconfiggere l’Iran e la Russia.
Significativa la propaganda di guerra del Wall Street Journal : un cumulo di menzogne diffuse dai soliti media (quelli che lavorano per le industrie belliche americane); interessanti le dichiarazioni dei senatori John McCain e Lindsey Graham.
Barack Obama (il ” premio Nobel” per la Pace, che ha al suo attivo il maggior numero di guerre rispetto a qualsiasi precedente presidente americano ), a quanto pare ha iniziato una guerra contro il gruppo terrorista Daesh-ISIL (ISIS), ma in realtà l’obiettivo primario di questa operazione militare è di rovesciare il presidente siriano Bashar Assad, mentre l’obiettivo finale è quello di sconfiggere l’Iran e la Russia.
mercoledì 15 ottobre 2014
Gli USA hanno creato il virus Ebola come arma biologica
Il post che vi proponiamo è la traduzione di un articolo comparso sulla Pravda (giornale russo) l'11 agosto 2014. L'autore insinua un terribile dubbio nella nostra mente: il virus Ebola è stato deliberatamente creato in qualche laboratorio statunitense come arma biologica? È un'ipotesi fondata, oppure si tratta dell'ennesimo colpo mediatico nella polemica tra Russia e Stati Uniti?
11 agosto 2014
[Articolo originale comparso sulla Pravda – 11 agosto 2014] L’epidemia del mortale virus Ebola, che nasce nel profondo della giungla, ultimamente si è diffusa in tutto il mondo con una velocità senza precedenti.
Il numero delle vittime, secondo i dati ufficiali, ha già superato il migliaio di persone. Il numero di persone infette sfiora i duemila. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato la malattia come minaccia di rilevanza mondiale. Ci sono modi per combattere la febbre?
11 agosto 2014
[Articolo originale comparso sulla Pravda – 11 agosto 2014] L’epidemia del mortale virus Ebola, che nasce nel profondo della giungla, ultimamente si è diffusa in tutto il mondo con una velocità senza precedenti.
Il numero delle vittime, secondo i dati ufficiali, ha già superato il migliaio di persone. Il numero di persone infette sfiora i duemila. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato la malattia come minaccia di rilevanza mondiale. Ci sono modi per combattere la febbre?
martedì 14 ottobre 2014
Crollano le forniture di gas dalla Libia
di Sissi Bellomo 8 ottobre 2014
Gli esperti ce l'hanno ripetuto spesso: l'Italia può fare a meno del gas russo, sia pure non all'infinito, purché non si interrompano altri canali di rifornimento. È per questo motivo che gli operatori guardano con trepidazione ai flussi di gas dal Nord Africa, che da qualche giorno non appaiono rassicuranti. A preoccupare è soprattutto la Libia, che da venerdì ci ha inviato pochissimo gas, addirittura nulla sabato: a fronte di richieste di importazione tra 15 e 23 milioni di metri cubi, i dati Snam Rete Gas mostrano che ne sono arrivati solo 2,7 milioni venerdì, zero sabato e 4 domenica.
Gli esperti ce l'hanno ripetuto spesso: l'Italia può fare a meno del gas russo, sia pure non all'infinito, purché non si interrompano altri canali di rifornimento. È per questo motivo che gli operatori guardano con trepidazione ai flussi di gas dal Nord Africa, che da qualche giorno non appaiono rassicuranti. A preoccupare è soprattutto la Libia, che da venerdì ci ha inviato pochissimo gas, addirittura nulla sabato: a fronte di richieste di importazione tra 15 e 23 milioni di metri cubi, i dati Snam Rete Gas mostrano che ne sono arrivati solo 2,7 milioni venerdì, zero sabato e 4 domenica.
lunedì 13 ottobre 2014
Libia, “miliziani ex Isis tornano da Siria e Iraq per combattere nella guerra civile”
Nel Paese dilaniato dalla guerra civile (contesto in cui il Califfato trova terreno fertile), a poca distanza dalle coste italiane, compaiono le prime bandiere nere dello Stato Islamico. "Il peso del jihad è forte, soprattutto in Cirenaica - spiega a IlFattoQuotidiano.it Arturo Varvelli, analista dell'Ispi - hanno accumulato un'expertise militare diretta e ora sono pronti a creare nuovi nuclei combattenti"
di Giusy Baioni | 8 ottobre 2014
“La Libia per l’Italia è la prima priorità”. Lo sosteneva solo pochi giorni fa a Catania Federica Mogherini, alto rappresentante Ue agli Affari esteri, durante il seminario dell’Assemblea Parlamentare della Nato. E a conferma delle preoccupazioni crescenti di questi ultimi mesi dovute alla guerra civile degenerata nel caos, si aggiunge la notizia diffusa ieri dalla tv araba Al Arabiya, che pubblica un video girato nella città di Derna in cui i miliziani di Ansar al Sharia sventolano le bandiere nere di Isis in territorio libico. “C’è un forte flusso di combattenti libici che rientrano in patria da Siria e Iraq”, spiega a IlFattoQuotidiano.it Arturo Varvelli, esperto di Libia dell’Istituto per gli studi di politica internazionale.
di Giusy Baioni | 8 ottobre 2014
“La Libia per l’Italia è la prima priorità”. Lo sosteneva solo pochi giorni fa a Catania Federica Mogherini, alto rappresentante Ue agli Affari esteri, durante il seminario dell’Assemblea Parlamentare della Nato. E a conferma delle preoccupazioni crescenti di questi ultimi mesi dovute alla guerra civile degenerata nel caos, si aggiunge la notizia diffusa ieri dalla tv araba Al Arabiya, che pubblica un video girato nella città di Derna in cui i miliziani di Ansar al Sharia sventolano le bandiere nere di Isis in territorio libico. “C’è un forte flusso di combattenti libici che rientrano in patria da Siria e Iraq”, spiega a IlFattoQuotidiano.it Arturo Varvelli, esperto di Libia dell’Istituto per gli studi di politica internazionale.
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domenica 12 ottobre 2014
CACCIATA DALLA FED PERCHE’ INDAGA GOLDMAN SACHS- MA HA REGISTRATO TUTTO E I NASTRI SONO LA PROVA DELLA SUDDITANZA DEI CONTROLLORI VERSO I BANCHIERI
Pubblicato su 3 Ottobre 2014 da frontediliberazionedaibanchieri
LA PIOVRA DI WALL STREET – UNA FUNZIONARIA DELLA FED INDAGA SU GOLDMAN SACHS E VIENE SILURATA DAI SUOI CAPI. MA HA REGISTRATO TUTTO E I NASTRI SONO LA PROVA DELLA SUDDITANZA DEI CONTROLLORI VERSO I BANCHIERI
Carmen Segarra viene cacciata dopo sette mesi di lavoro sul dossier Goldman. Ma ha portato con sé 46 ore di riunioni registrate in gran segreto, dove i suoi ex capi lamentano le pratiche dubbie e pericolose di Goldman Sachs. Poi insabbiano tutto – Il potere tentacolare della banca che assume politici e regolatori per tenerseli buoni…
LA PIOVRA DI WALL STREET – UNA FUNZIONARIA DELLA FED INDAGA SU GOLDMAN SACHS E VIENE SILURATA DAI SUOI CAPI. MA HA REGISTRATO TUTTO E I NASTRI SONO LA PROVA DELLA SUDDITANZA DEI CONTROLLORI VERSO I BANCHIERI
Carmen Segarra viene cacciata dopo sette mesi di lavoro sul dossier Goldman. Ma ha portato con sé 46 ore di riunioni registrate in gran segreto, dove i suoi ex capi lamentano le pratiche dubbie e pericolose di Goldman Sachs. Poi insabbiano tutto – Il potere tentacolare della banca che assume politici e regolatori per tenerseli buoni…
sabato 11 ottobre 2014
Dalla Libia alla Tunisia, l’ombra del Califfato incombe sul Mediterraneo
di Angela Manganaro con un articolo di Alberto Negri 6 ottobre 2014
Quartier generale in Siria ed in Iraq, già ispiratore di un gruppo algerino che si è voluto accreditare decapitando il viaggiatore francese Hervé Gourdel, lo Stato Islamico (in sigla Isis, Isil, poi semplicemente IS e in arabo Daesh) cioè il gruppo fondamentalista d’origine sunnita, potrebbe adesso materializzarsi sulle coste del Mar Mediterraneo. Il gruppo che ha tagliato le teste di due giornalisti americani, James Foley e Steven Sotloff, due operatori umanitari britannici, David Haines e Alan Henning, e minaccia di uccidere un altro giovane ostaggio americano, ha tifosi e aspiranti affiliati in Libia e in Tunisia. Contribuisce alla sensazione di assedio la bandiera nera che in queste ore sventola sulla città siriana di Kobane, confine con la Turchia.
Quartier generale in Siria ed in Iraq, già ispiratore di un gruppo algerino che si è voluto accreditare decapitando il viaggiatore francese Hervé Gourdel, lo Stato Islamico (in sigla Isis, Isil, poi semplicemente IS e in arabo Daesh) cioè il gruppo fondamentalista d’origine sunnita, potrebbe adesso materializzarsi sulle coste del Mar Mediterraneo. Il gruppo che ha tagliato le teste di due giornalisti americani, James Foley e Steven Sotloff, due operatori umanitari britannici, David Haines e Alan Henning, e minaccia di uccidere un altro giovane ostaggio americano, ha tifosi e aspiranti affiliati in Libia e in Tunisia. Contribuisce alla sensazione di assedio la bandiera nera che in queste ore sventola sulla città siriana di Kobane, confine con la Turchia.
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venerdì 10 ottobre 2014
Perché le milizie in Libia avranno un effetto contagio
02 - 10 - 2014Michele Pierri
La guerra tra milizie in Libia non è solo un problema del Paese nordafricano. Secondo molti analisti, per diverse ragioni le dinamiche alla base dell’instabilità del Paese dovrebbero interessare tutta la regione (e non solo).
LE MILIZIE IN CAMPO
Da maggio nel Paese – spiega con dovizia di particolari l’analista Mattia Toaldo in un articolo su Limes – si confrontano due coalizioni armate, “Dignità” e “Alba”. “Dignità raggruppa pezzi del vecchio esercito che abbandonarono Gheddafi ( n.d.a. pochi traditori), nel 2011, i “federalisti” della Cirenaica e le milizie di Zintan che controllavano Tripoli fino a qualche settimana fa. Alba è centrata sulle milizie di Misurata che ora controllano la capitale ma include anche milizie islamiste. Ha una convergenza di interessi con Ansar al Sharia, il gruppo accusato di aver ucciso l’ambasciatore americano Christopher Stevens nel 2012 e che ora controlla vaste zone della seconda città del Paese, Bengasi“.
La guerra tra milizie in Libia non è solo un problema del Paese nordafricano. Secondo molti analisti, per diverse ragioni le dinamiche alla base dell’instabilità del Paese dovrebbero interessare tutta la regione (e non solo).
LE MILIZIE IN CAMPO
Da maggio nel Paese – spiega con dovizia di particolari l’analista Mattia Toaldo in un articolo su Limes – si confrontano due coalizioni armate, “Dignità” e “Alba”. “Dignità raggruppa pezzi del vecchio esercito che abbandonarono Gheddafi ( n.d.a. pochi traditori), nel 2011, i “federalisti” della Cirenaica e le milizie di Zintan che controllavano Tripoli fino a qualche settimana fa. Alba è centrata sulle milizie di Misurata che ora controllano la capitale ma include anche milizie islamiste. Ha una convergenza di interessi con Ansar al Sharia, il gruppo accusato di aver ucciso l’ambasciatore americano Christopher Stevens nel 2012 e che ora controlla vaste zone della seconda città del Paese, Bengasi“.
giovedì 9 ottobre 2014
Nuovo naufragio al largo della Libia. Si temono 100 morti
Dispersi decine di migranti africani che tentavano la traversata. Un anno fa la tragedia in cui morirono oltre 350 persone. Il Papa: «L’Europa apra le porte»
2/10/2014 TRIPOLI
Altre decine di vite, si teme oltre 100, sono state spezzate dall’ennesimo naufragio a poche miglia dalle coste libiche. A bordo dell’imbarcazione, hanno raccontato un’ottantina di sopravvissuti, erano in oltre 180, in gran parte di origine africana.
2/10/2014 TRIPOLI
Altre decine di vite, si teme oltre 100, sono state spezzate dall’ennesimo naufragio a poche miglia dalle coste libiche. A bordo dell’imbarcazione, hanno raccontato un’ottantina di sopravvissuti, erano in oltre 180, in gran parte di origine africana.
mercoledì 8 ottobre 2014
Libia: assaltato l'aeroporto di Bengasi
Scritto da: Andrea Spinelli Barrile - giovedì 2 ottobre 2014
La Libia è sull'orlo della guerra civile:( ormai lo ripetono da anni) mai pacificatasi nella lunga fase post-Gheddafi, oggi il paese nordafricano è preda di quella che ad occhi distratti potrebbe essere una "guerra tra bande" (una definizione utilizzata più volte, ieri, durante un dibattito parlamentare alla Camera) ma che in verità è un vero e proprio scontro per il potere politico in Libia.
I jihadisti di Ansar al-Sharia (gruppo armato di milizie salafite) hanno ripreso l'assalto armato all'aeroporto Benina a Bengasi: l’assalto è iniziato nel pomeriggio di oggi con un doppio attacco kamikaze, al quale ne è seguito un terzo poco dopo. Sarebbero già ben 11 i morti e 55 i feriti tra i soldati filo-governativi messi a protezione dell'aeroporto dalle autorità di Tripoli.
La Libia è sull'orlo della guerra civile:( ormai lo ripetono da anni) mai pacificatasi nella lunga fase post-Gheddafi, oggi il paese nordafricano è preda di quella che ad occhi distratti potrebbe essere una "guerra tra bande" (una definizione utilizzata più volte, ieri, durante un dibattito parlamentare alla Camera) ma che in verità è un vero e proprio scontro per il potere politico in Libia.
I jihadisti di Ansar al-Sharia (gruppo armato di milizie salafite) hanno ripreso l'assalto armato all'aeroporto Benina a Bengasi: l’assalto è iniziato nel pomeriggio di oggi con un doppio attacco kamikaze, al quale ne è seguito un terzo poco dopo. Sarebbero già ben 11 i morti e 55 i feriti tra i soldati filo-governativi messi a protezione dell'aeroporto dalle autorità di Tripoli.
martedì 7 ottobre 2014
I PIANI SEGRETI DI WASHINGTON
Postato il Lunedì, 29 settembre @ 23:10:00 BST di ernesto
DI PAUL CRAIG ROBERTS
informationclearinghouse.info
Si potrebbe pensare che ormai anche gli americani stiano cominciando a rendersi conto di quel flusso di falsi allarmi che Washington lancia costantemente per ingannare la gente ed per indurla ad appoggiare l'agenda segreta americana. Infatti le Agende segrete hanno avuto un ruolo tanto determinante per così tanto tempo che gli americani stessi ora ci si sono abituati e come dice il proverbio, "il pesce puzza sempre dalla testa", infatti la puzza di Washington ormai si sente in tutto il paese.
Gli Americani si erano bevuti le bugie sui talebani afghani, quando raccontavano che erano dei terroristi alleati di al Qaeda e per questo motivo gli americani hanno combattuto una guerra di 13 anni e, dopo aver arricchito le ditte di Dick Cheney, di Halliburton e di tanti altri, sono finiti in un altro fallimento di Washington.
DI PAUL CRAIG ROBERTS
informationclearinghouse.info
Si potrebbe pensare che ormai anche gli americani stiano cominciando a rendersi conto di quel flusso di falsi allarmi che Washington lancia costantemente per ingannare la gente ed per indurla ad appoggiare l'agenda segreta americana. Infatti le Agende segrete hanno avuto un ruolo tanto determinante per così tanto tempo che gli americani stessi ora ci si sono abituati e come dice il proverbio, "il pesce puzza sempre dalla testa", infatti la puzza di Washington ormai si sente in tutto il paese.
Gli Americani si erano bevuti le bugie sui talebani afghani, quando raccontavano che erano dei terroristi alleati di al Qaeda e per questo motivo gli americani hanno combattuto una guerra di 13 anni e, dopo aver arricchito le ditte di Dick Cheney, di Halliburton e di tanti altri, sono finiti in un altro fallimento di Washington.
lunedì 6 ottobre 2014
Attacchi con gas effettuati dal governo libico ( marionetta della NATO) contro insorti e civili nel sud della Libia.
Questo articolo è uscito il 28 gennaio 2024, ma leggendolo sembra che sia di oggi, gli attacchi contro i civili continuano, gli assassini e gli invasori sono sempre gli stessi, ( hanno solo cambiato nome).
Si diffonde l’insurrezione in Libia contro il governo fantoccio della NATO.
Secondo i media occidentali: si tratterebbe di “scontri tribali”.
(Traduzione di Luciano Lago)
Fonti della resistenza libica, affermano che “si è sviluppata l’insurrezione per il recupero dell’onore, della dignità e dell’indipendenza del popolo libico e questa è stata attaccata dalle forze degli invasori e colonialisti della NATO e degli USA ”, informano circa la avvenuta restaurazione della sicurezza in generale nelle zone di Sabha ,Shati, Ubari, Murzuq e Gath.
Inoltre le stesse fonti della resistenza informano che la NATO sta pagando 12.000 dinari a mercenari e traditori, attraverso il loro governo di fatto instaurato in Libia, per combattere contro la resistenza.
Si diffonde l’insurrezione in Libia contro il governo fantoccio della NATO.
Secondo i media occidentali: si tratterebbe di “scontri tribali”.
(Traduzione di Luciano Lago)
Fonti della resistenza libica, affermano che “si è sviluppata l’insurrezione per il recupero dell’onore, della dignità e dell’indipendenza del popolo libico e questa è stata attaccata dalle forze degli invasori e colonialisti della NATO e degli USA ”, informano circa la avvenuta restaurazione della sicurezza in generale nelle zone di Sabha ,Shati, Ubari, Murzuq e Gath.
Inoltre le stesse fonti della resistenza informano che la NATO sta pagando 12.000 dinari a mercenari e traditori, attraverso il loro governo di fatto instaurato in Libia, per combattere contro la resistenza.
domenica 5 ottobre 2014
LIBIA. i RATTI piangono: Issa all’Onu, ‘non lasciateci soli’
28 settembre 2014
All’Assemblea generale delle Nazioni Unite la Libia è stata rappresentata non dal premier Abdullah al-Thani, ma dal presidente della Camera “di Tobruk”, Aguila Saleh Issa.
Specificare “di Tobruk” è d’obbligo, in quanto nel caos libico, dove milizie islamiste combattono contro milizie nazionaliste, dove soffiano venti di secessione delle macro-regioni, dove i criminali e i trafficanti fanno da padroni, i parlamenti sono due, uno eletto democraticamente, ( cioè tramite un' elezione farsa , a cui hanno partecipato appena il 5% degli aventi diritto), a giugno, che si è rifugiato, appunto, a Tobruk, ed uno che ha sede a Tripoli, città che le milizie islamiste di Ansar al-Sharia e di Misurata hanno conquistato, dove hanno riesumato l’Assemblea costituente trasformandola in parlamento. Entrambe le assemblee si sconfessano a vicenda. Oggi Abdullah al-Thani ed i suoi 13 ministri hanno giurato e assunto pienezza di poteri a Tobruk,
All’Assemblea generale delle Nazioni Unite la Libia è stata rappresentata non dal premier Abdullah al-Thani, ma dal presidente della Camera “di Tobruk”, Aguila Saleh Issa.
Specificare “di Tobruk” è d’obbligo, in quanto nel caos libico, dove milizie islamiste combattono contro milizie nazionaliste, dove soffiano venti di secessione delle macro-regioni, dove i criminali e i trafficanti fanno da padroni, i parlamenti sono due, uno eletto democraticamente, ( cioè tramite un' elezione farsa , a cui hanno partecipato appena il 5% degli aventi diritto), a giugno, che si è rifugiato, appunto, a Tobruk, ed uno che ha sede a Tripoli, città che le milizie islamiste di Ansar al-Sharia e di Misurata hanno conquistato, dove hanno riesumato l’Assemblea costituente trasformandola in parlamento. Entrambe le assemblee si sconfessano a vicenda. Oggi Abdullah al-Thani ed i suoi 13 ministri hanno giurato e assunto pienezza di poteri a Tobruk,
sabato 4 ottobre 2014
Libia: rischio catastrofe umanitaria per scontri tra islamisti
25/9/2014
Forze contrapposte che quotidianamente lottano per conquistare il potere. È emergenza in Libia per l'avanzata delle milizie islamiche provenienti da Misurata. Dopo il controllo di Tripoli, sono riuscite ad occupare anche l’area di Warshfana a Sud Ovest della capitale. Per la zona, il parlamento libico - eletto nel giugno scorso e costretto a riunirsi a Tobruk perché contestato dai gruppi jihadisti - ha evocato il rischio di catastrofe umanitaria per i sanguinosi combattimenti tra fazioni armate rivali. Intanto a Bengasi, i caccia fedeli al generale Khalifa Haftar, ora fedele al parlamento e protagonista di un'offensiva anti-jihadista, hanno bombardato il lato non petrolifero del porto, per fermare alcune navi dei miliziani islamici. Proprio a Bengasi, inoltre, sono stati rapiti nelle ultime ore un medico anestesista ucraino e la moglie. Sulle forze rivali che si affrontano in questo momento, Giada Aquilino ha intervistato Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università di Firenze:
Forze contrapposte che quotidianamente lottano per conquistare il potere. È emergenza in Libia per l'avanzata delle milizie islamiche provenienti da Misurata. Dopo il controllo di Tripoli, sono riuscite ad occupare anche l’area di Warshfana a Sud Ovest della capitale. Per la zona, il parlamento libico - eletto nel giugno scorso e costretto a riunirsi a Tobruk perché contestato dai gruppi jihadisti - ha evocato il rischio di catastrofe umanitaria per i sanguinosi combattimenti tra fazioni armate rivali. Intanto a Bengasi, i caccia fedeli al generale Khalifa Haftar, ora fedele al parlamento e protagonista di un'offensiva anti-jihadista, hanno bombardato il lato non petrolifero del porto, per fermare alcune navi dei miliziani islamici. Proprio a Bengasi, inoltre, sono stati rapiti nelle ultime ore un medico anestesista ucraino e la moglie. Sulle forze rivali che si affrontano in questo momento, Giada Aquilino ha intervistato Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università di Firenze:
venerdì 3 ottobre 2014
Obama nell'Assemblea Generale dell'ONU: il discorso di uno psicopatico fuori della realtà o di un cinico pericoloso
pubblicato il 26 Settembre 2014 da stella112
Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, è intervenuto davanti al plenum della 69 a Assemblea Generale dell'ONU sorprendendo tutti con un discorso intriso di ipocrisia, di cinismo e di menzogne:
1. "Questo è il miglior momento della Storia mondiale", ha detto. Il mondo si trova in un momento complicato, mentre la minaccia degli jaddisti dello Stato Islamico sta crescendo di giorno in giorno, l'epidemia dell'Ebola potrebbe contagiare quasi un milione e mezzo di persone in Gennaio, l'Ucraina, la Siria e Gaza continuano ad essere straziate da conflitti armati, tuttavia per il leader statunitense è questo il "miglior momento della Storia mondiale". "Spesso dico ai giovani degli Stati Uniti che, nonostante i titoli, questo è il miglior momento nella Storia umana per nascere", ha assicurato Obama.
Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, è intervenuto davanti al plenum della 69 a Assemblea Generale dell'ONU sorprendendo tutti con un discorso intriso di ipocrisia, di cinismo e di menzogne:
1. "Questo è il miglior momento della Storia mondiale", ha detto. Il mondo si trova in un momento complicato, mentre la minaccia degli jaddisti dello Stato Islamico sta crescendo di giorno in giorno, l'epidemia dell'Ebola potrebbe contagiare quasi un milione e mezzo di persone in Gennaio, l'Ucraina, la Siria e Gaza continuano ad essere straziate da conflitti armati, tuttavia per il leader statunitense è questo il "miglior momento della Storia mondiale". "Spesso dico ai giovani degli Stati Uniti che, nonostante i titoli, questo è il miglior momento nella Storia umana per nascere", ha assicurato Obama.
giovedì 2 ottobre 2014
La Libia sempre più nel caos e preda del fondamentalismo islamico... grazie alla NATO
giovedì 25 settembre 2014 Di Salvatore Santoru
Come riporta l'ANSA del 24 settembre, la Libia "rischia la catastrofe umanitaria" e il premier Abdullah Al Thani ha "ordinato "la mobilitazione generale delle forze armate, su richiesta della popolazione di Tripoli, per liberare la capitale dalle milizie filo islamiche".
Oramai la Libia è sempre più in preda al caos e sottoposta a una permanente guerra civile tra milizie armate, sia islamiste che di altro tipo.
Tale situazione si protrae dal 2011, ovvero dalla fine della guerra che la NATO aveva scatenato per spodestare il governo di Mu'ammar Gheddafi,L'intervento NATO era stato presentato, come al solito, come un'azione di "liberazione", quando nei fatti si è rivelato ovviamente come la solita guerra "umanitaria", ben proficua per i soliti gruppi di potere economici ( a partire dalle banche e dalle compagnie petrolifere ), e distruttiva per il paese colpito e la sua popolazione.
Questo scenario si è evitato di un soffio per la Siria, grazie al veto all'ONU con cui Russia e Cina hanno bloccato l'intervento militare statunitense, che avrebbe trasformato il paese in una colonia del terrorismo islamista ( ISIS in testa ), come è diventata la Libia.
Mentre i media raccontavano la favola della "liberazione" che avrebbe portato la NATO in Libia, nell'informazione alternativa si parlava molto delle conseguenze di tale intervento, che vediamo oggi.
Come riporta l'ANSA del 24 settembre, la Libia "rischia la catastrofe umanitaria" e il premier Abdullah Al Thani ha "ordinato "la mobilitazione generale delle forze armate, su richiesta della popolazione di Tripoli, per liberare la capitale dalle milizie filo islamiche".
Oramai la Libia è sempre più in preda al caos e sottoposta a una permanente guerra civile tra milizie armate, sia islamiste che di altro tipo.
Tale situazione si protrae dal 2011, ovvero dalla fine della guerra che la NATO aveva scatenato per spodestare il governo di Mu'ammar Gheddafi,L'intervento NATO era stato presentato, come al solito, come un'azione di "liberazione", quando nei fatti si è rivelato ovviamente come la solita guerra "umanitaria", ben proficua per i soliti gruppi di potere economici ( a partire dalle banche e dalle compagnie petrolifere ), e distruttiva per il paese colpito e la sua popolazione.
Questo scenario si è evitato di un soffio per la Siria, grazie al veto all'ONU con cui Russia e Cina hanno bloccato l'intervento militare statunitense, che avrebbe trasformato il paese in una colonia del terrorismo islamista ( ISIS in testa ), come è diventata la Libia.
Mentre i media raccontavano la favola della "liberazione" che avrebbe portato la NATO in Libia, nell'informazione alternativa si parlava molto delle conseguenze di tale intervento, che vediamo oggi.
mercoledì 1 ottobre 2014
Mentecatti europei, pagati per portarvi in guerra
26 settembre 2014
Pagliacci pericolosi, pagati per mentire. Dal portoghese José Manuel Barroso, presidente della Commissione Europea prima del degno sostituto Juncker, fino al danese Anders Fogh Rasmussen, segretario generale della Nato. Obbediscono agli ordini di chi li ha piazzati al vertice: gli Stati Uniti. E l’ordine è semplice: raccontare il contrario della verità, in modo da “orientare” l’opinione pubblica grazie ai media mainstream, anch’essi “zerbini” del super-potere come i loro editori, per nulla indipendenti. E’ la dura accusa lanciata sul blog “Counterpunch” da Paul Craig Roberts, già editor e viceministro di Reagan, indignato per la criminale manipolazione delle notizie sul fronte ucraino, orchestrata dallo staff di Obama. E perché gli europei non si ribellano, visto che hanno tutto da perdere in caso di un’escalation con la Russia? Perché noi americani li paghiamo, scrive Roberts: tutti i leader europei sono stati elevati a ruoli di comando dallo Zio Sam. Grazie agli Usa hanno fatto carriera e ricevuto denaro a palate. Per questo, sono pronti a dire (e fare) qualsiasi cosa. Anche la guerra, persino contro una superpotenza nucleare.
Pagliacci pericolosi, pagati per mentire. Dal portoghese José Manuel Barroso, presidente della Commissione Europea prima del degno sostituto Juncker, fino al danese Anders Fogh Rasmussen, segretario generale della Nato. Obbediscono agli ordini di chi li ha piazzati al vertice: gli Stati Uniti. E l’ordine è semplice: raccontare il contrario della verità, in modo da “orientare” l’opinione pubblica grazie ai media mainstream, anch’essi “zerbini” del super-potere come i loro editori, per nulla indipendenti. E’ la dura accusa lanciata sul blog “Counterpunch” da Paul Craig Roberts, già editor e viceministro di Reagan, indignato per la criminale manipolazione delle notizie sul fronte ucraino, orchestrata dallo staff di Obama. E perché gli europei non si ribellano, visto che hanno tutto da perdere in caso di un’escalation con la Russia? Perché noi americani li paghiamo, scrive Roberts: tutti i leader europei sono stati elevati a ruoli di comando dallo Zio Sam. Grazie agli Usa hanno fatto carriera e ricevuto denaro a palate. Per questo, sono pronti a dire (e fare) qualsiasi cosa. Anche la guerra, persino contro una superpotenza nucleare.
martedì 30 settembre 2014
Mosca: gli Stati Uniti e la NATO sono da incolpare per i disordini in Libia
RT, 25 Agosto. L’attuale crisi in Libia è una diretta conseguenza dell’ingerenza degli Stati Uniti e dei suoi alleati della NATO, ha detto il Ministero degli Esteri russo. “Possiamo dire che il processo politico per creare uno stato moderno in Libia, sulle rovine del regime di Muammar Gheddafi deposto nel 2011, è alla fine arrivato ad un punto morto”, ha detto il ministero. I libici stanno ora pagando per il coinvolgimento occidentale con “la vita di migliaia di civili e per le infrastrutture economiche e sociali dello stato perse durante una sanguinosa guerra civile”, ha aggiunto. Durante il fine settimana, gli islamisti hanno sequestrato l’aeroporto della capitale libica, Tripoli, e hanno proclamato il loro governo.
lunedì 29 settembre 2014
GIORDANIA, IL REGNO DELLE OMBRE E DELLA SOTTOMISSIONE
Postato il Mercoledì, 17 settembre @ 00:00:00 BST di davide
DI ANDRE VITCHEK
greanvillepost.com
“Un posto perfetto per lo shopping”, un Europeo, un esperto ONU che vive ad Amman, mi dice: “Qui ho tutto quel che voglio. La vita è bella…”
“Non abbiamo acqua”, si lamenta un rifugiato Beduino, abbracciando I figli alla periferia di uno dei campi per rifugiati più grandi e più disumani al mondo – Zaatari - a pochi chilometri dalla frontiera siriana. “Dentro Zaatari, dobbiamo pagare per tutto, ora.I Siriani che controllano il campo fanno pagare a tutti noi, che siamo poveri e disperati, per ogni cosa … Si approfittano di noi. Non hanno pietà… Perciò viviamo in questa tenda, fuori dal campo. Solo i nostri bambini lavorano, perché sia i Siriani ‘rifugiati’ sia i Giordani li retribuiscono poco o niente…”
DI ANDRE VITCHEK
greanvillepost.com
“Un posto perfetto per lo shopping”, un Europeo, un esperto ONU che vive ad Amman, mi dice: “Qui ho tutto quel che voglio. La vita è bella…”
“Non abbiamo acqua”, si lamenta un rifugiato Beduino, abbracciando I figli alla periferia di uno dei campi per rifugiati più grandi e più disumani al mondo – Zaatari - a pochi chilometri dalla frontiera siriana. “Dentro Zaatari, dobbiamo pagare per tutto, ora.I Siriani che controllano il campo fanno pagare a tutti noi, che siamo poveri e disperati, per ogni cosa … Si approfittano di noi. Non hanno pietà… Perciò viviamo in questa tenda, fuori dal campo. Solo i nostri bambini lavorano, perché sia i Siriani ‘rifugiati’ sia i Giordani li retribuiscono poco o niente…”
domenica 28 settembre 2014
AVVERTIMENTO AL MONDO. LA FOLLIA DEGLI USA E DELLA NATO
Postato il Mercoledì, 10 settembre @ 05:50:00 BST di davide
DI PAUL CRAIG ROBERTS
counterpunch.org
Herbert E. Meyer, un pazzo che per un periodo aveva occupato il ruolo di assistente speciale del direttore della CIA durante l’amministrazione Reagan, ha scritto un articolo invitando all’assassinio del presidente russo Vladimir Putin. Se dobbiamo “farlo uscire dal Cremlino con i piedi in avanti e un foro di proiettile nella nuca, non avremmo problemi”.
Come il folle Meyer spiega, il delirio che Washington ha diffuso nel mondo non ha limiti. Jose' Manuel Barroso, messo alla presidenza della Commissione Europea come burattino degli USA, ha dissimulato la sua recente telefonata confidenziale con il presidente Putin dicendo ai media che Putin aveva lanciato la sua minaccia: “Se volessi, potrei prendermi Kiev in due settimane”.
DI PAUL CRAIG ROBERTS
counterpunch.org
Herbert E. Meyer, un pazzo che per un periodo aveva occupato il ruolo di assistente speciale del direttore della CIA durante l’amministrazione Reagan, ha scritto un articolo invitando all’assassinio del presidente russo Vladimir Putin. Se dobbiamo “farlo uscire dal Cremlino con i piedi in avanti e un foro di proiettile nella nuca, non avremmo problemi”.
Come il folle Meyer spiega, il delirio che Washington ha diffuso nel mondo non ha limiti. Jose' Manuel Barroso, messo alla presidenza della Commissione Europea come burattino degli USA, ha dissimulato la sua recente telefonata confidenziale con il presidente Putin dicendo ai media che Putin aveva lanciato la sua minaccia: “Se volessi, potrei prendermi Kiev in due settimane”.
sabato 27 settembre 2014
Ai Rockefeller non piace più il petrolio. Il loro Fund investe in energie rinnovabili
22 settembre 2014
Il petrolio è stata la materia prima sula quale John D. Rockfeller costruì la sua immensa fortuna con la Standard Oil, ma ora i suoi eredi stanno abbandonando i combustibili fossili per passare ad investimenti più puliti. abbandonando i combustibili fossili.
Infatti, come annuncia il New York Times, oggi il Rockefeller Brothers Fund, l’organizzazione filantropica degli eredi Rockefeller che ha un portafoglio da 860 milioni di dollari, si unirà al movimento che disinveste dalle fonti fossili, che prese il via un paio di anni fa e lo farà anche per dare un segnale al summit sui cambiamenti climatici che riunisce all’Onu leader politici e del business.
Il petrolio è stata la materia prima sula quale John D. Rockfeller costruì la sua immensa fortuna con la Standard Oil, ma ora i suoi eredi stanno abbandonando i combustibili fossili per passare ad investimenti più puliti. abbandonando i combustibili fossili.
Infatti, come annuncia il New York Times, oggi il Rockefeller Brothers Fund, l’organizzazione filantropica degli eredi Rockefeller che ha un portafoglio da 860 milioni di dollari, si unirà al movimento che disinveste dalle fonti fossili, che prese il via un paio di anni fa e lo farà anche per dare un segnale al summit sui cambiamenti climatici che riunisce all’Onu leader politici e del business.
venerdì 26 settembre 2014
Torri gemelle abbattute da Bush: prove schiaccianti secondo i grandi media americani!
un delicatissimo coinvolgimento che includeva sostegni dall’estero da parte delle agenzie di intelligence, quella israeliana del Mossad in prima linea
Attacco alle torri ordito dalla setta satanica Skull & Bones, George W. Bush e dalla sionista AIPAC.
La setta satanica setta Skull & Bones, George W. Bush ed i sionisti dell’AIPAC hanno ordito l’attacco 9/11, ecco le prove schiaccianti Qualcosa deve davvero essere cambiato, perché noi lo sappiamo, lo scriviamo e lo diciamo da sempre, ma ci impressiona vedere che ora anche il New York Post, il Veterans Today e in particolare Gordon Duff, di Press TV, scrivono che l’attentato dell’11 Settembre 2001 non sarebbe stato ideato, condotto e concluso da autonome “cellule terroristiche islamiche”, come ci viene tautologicamente ripetuto da tredici anni a questa parte. L’accusa piombata pochi giorni prima della fine dell’anno sulla testa del massone satanico George Bush, affiliato alla nota setta satanica Skull&Bones (teschi ed ossa), nonché nipote di Prescott Bush, arcinoto finanziatore di Adolf Hitler, è di aver “insabbiato materiale utile alla vera ricostruzione dei drammatici fatti accaduti l’11 Settembre 2001, di aver protetto i veri responsabili dell’orrida azione, di aver mentito al popolo americano (cosa grave negli USA, ndr.), e di aver sospinto l’America in due guerre (Afghanistan ed Iraq) in cui hanno perduto la vita migliaia e migliaia di giovani”. Uomini e donne in salute e con tutta la vita davanti, e dunque essersi anche reso responsabile della marea umana di ex soldati e soldatesse oggi invalidi (mutilati, ciecati, paraplegici…) a cui ha rovinato l’esistenza per sempre.
Attacco alle torri ordito dalla setta satanica Skull & Bones, George W. Bush e dalla sionista AIPAC.
La setta satanica setta Skull & Bones, George W. Bush ed i sionisti dell’AIPAC hanno ordito l’attacco 9/11, ecco le prove schiaccianti Qualcosa deve davvero essere cambiato, perché noi lo sappiamo, lo scriviamo e lo diciamo da sempre, ma ci impressiona vedere che ora anche il New York Post, il Veterans Today e in particolare Gordon Duff, di Press TV, scrivono che l’attentato dell’11 Settembre 2001 non sarebbe stato ideato, condotto e concluso da autonome “cellule terroristiche islamiche”, come ci viene tautologicamente ripetuto da tredici anni a questa parte. L’accusa piombata pochi giorni prima della fine dell’anno sulla testa del massone satanico George Bush, affiliato alla nota setta satanica Skull&Bones (teschi ed ossa), nonché nipote di Prescott Bush, arcinoto finanziatore di Adolf Hitler, è di aver “insabbiato materiale utile alla vera ricostruzione dei drammatici fatti accaduti l’11 Settembre 2001, di aver protetto i veri responsabili dell’orrida azione, di aver mentito al popolo americano (cosa grave negli USA, ndr.), e di aver sospinto l’America in due guerre (Afghanistan ed Iraq) in cui hanno perduto la vita migliaia e migliaia di giovani”. Uomini e donne in salute e con tutta la vita davanti, e dunque essersi anche reso responsabile della marea umana di ex soldati e soldatesse oggi invalidi (mutilati, ciecati, paraplegici…) a cui ha rovinato l’esistenza per sempre.
giovedì 25 settembre 2014
i migranti pagavano gli scafisti con gli organi
di Antonio Palma18 settembre 2014 11:46
È quanto emerge da un'inchiesta sugli sbarchi a Lampedusa che ha portato a scoprire cassieri dell'organizzazione ramificati in tutta Italia.
Per gli immigrati clandestini che non potevano permettersi il costo necessario a farsi portare dalla Libia in Italia gli scafisti erano pronti ad accettare in cambio anche un espianto dei loro organi poi da rivendere. È l’agghiacciante notizia che viene fuori dalle carte dell’inchiesta su una organizzazione criminale di scafisti specializzata soprattutto nel trasbordo di eritrei dalla Libia a Lampedusa a bordo di barconi di fortuna. Il modus operandi dell’industria degli sbarchi clandestini è “compatibile con lo stato di schiavitù” si legge infatti nell’ordinanza dei giudici che ha portato all’arresto di cinque persone ritenute responsabili dei collegamenti dell’organizzazione criminale in Italia. Le organizzazioni collaborano fra loro “con consegne e scambi di migranti” che possono essere utilizzati anche “come forza lavoro, oppure come donatori di organi a seconda di come intendano saldare il debito con l’organizzazione” sottolineano sempre i pm, rivelando la spietatezza delle organizzazioni di scafisti.
È quanto emerge da un'inchiesta sugli sbarchi a Lampedusa che ha portato a scoprire cassieri dell'organizzazione ramificati in tutta Italia.
Per gli immigrati clandestini che non potevano permettersi il costo necessario a farsi portare dalla Libia in Italia gli scafisti erano pronti ad accettare in cambio anche un espianto dei loro organi poi da rivendere. È l’agghiacciante notizia che viene fuori dalle carte dell’inchiesta su una organizzazione criminale di scafisti specializzata soprattutto nel trasbordo di eritrei dalla Libia a Lampedusa a bordo di barconi di fortuna. Il modus operandi dell’industria degli sbarchi clandestini è “compatibile con lo stato di schiavitù” si legge infatti nell’ordinanza dei giudici che ha portato all’arresto di cinque persone ritenute responsabili dei collegamenti dell’organizzazione criminale in Italia. Le organizzazioni collaborano fra loro “con consegne e scambi di migranti” che possono essere utilizzati anche “come forza lavoro, oppure come donatori di organi a seconda di come intendano saldare il debito con l’organizzazione” sottolineano sempre i pm, rivelando la spietatezza delle organizzazioni di scafisti.
mercoledì 24 settembre 2014
Libia: i RATTI si appellano ai loro padroni per non fallire (ma sono gia falliti).
ecco l' articolo apparso in questi giorni: Appello della Libia all'Italia, "Aiutateci a non fallire"
(AGI) - Roma, 18 set. - "Mi appello ai nostri amici e vicini affinche' aiutino la Libia". Lo ha dichiarato il ministro della Giustizia libico, Salah Bashir Marghani, sottolineando che "il paese sta di nuovo sprofondando nella violenza", rischiando di diventare uno "stato fallito". L'Italia puo', secondo Marghani, giocare un "ruolo importante" per sostenere il paese nordafricano, anche perche' "uno 'stato fallito' in Libia" causerebbe molti problemi, tra cui un'intensificazione dei fenomeni migratori dall'Africa verso le coste italiane. Il ministro, oggi in Italia, ha condannato i "terribili crimini" commessi da coloro che sfruttano i migranti, auspicando che Roma e la comunita' internazionale intervengano alla fonte, aiutando cioe' a migliorare le condizioni di vita nei paesi da cui partono i flussi migratori. Il ministro ha poi ammesso: "Finora, abbiamo deluso le aspettative del popolo libico", dal momento che "non vediamo ancora il tipo di stato" nel quale i libici avevano riposto le proprie speranze durante la rivoluzione che rovescio' il regime di Gheddafi.( povero idiota, i libici avevano uno stato efficiente prima della ...... non chiamatela rivoluzione ma guerra coloniale, certo che un RATTO non lo sa ).
(AGI) - Roma, 18 set. - "Mi appello ai nostri amici e vicini affinche' aiutino la Libia". Lo ha dichiarato il ministro della Giustizia libico, Salah Bashir Marghani, sottolineando che "il paese sta di nuovo sprofondando nella violenza", rischiando di diventare uno "stato fallito". L'Italia puo', secondo Marghani, giocare un "ruolo importante" per sostenere il paese nordafricano, anche perche' "uno 'stato fallito' in Libia" causerebbe molti problemi, tra cui un'intensificazione dei fenomeni migratori dall'Africa verso le coste italiane. Il ministro, oggi in Italia, ha condannato i "terribili crimini" commessi da coloro che sfruttano i migranti, auspicando che Roma e la comunita' internazionale intervengano alla fonte, aiutando cioe' a migliorare le condizioni di vita nei paesi da cui partono i flussi migratori. Il ministro ha poi ammesso: "Finora, abbiamo deluso le aspettative del popolo libico", dal momento che "non vediamo ancora il tipo di stato" nel quale i libici avevano riposto le proprie speranze durante la rivoluzione che rovescio' il regime di Gheddafi.( povero idiota, i libici avevano uno stato efficiente prima della ...... non chiamatela rivoluzione ma guerra coloniale, certo che un RATTO non lo sa ).
martedì 23 settembre 2014
Il Qatar arma le milizie islamiche in Libia? Se Doha conta più di Roma
16 settembre 2014
di
Umberto Mazzantini
Mentre i migranti cercano di abbandonare con ogni mezzo la Libia in fiamme e annegano – o vengono fatti annegare a centinaia dai trafficanti di carne che li sfruttano con il beneplacito delle bande armate – il primo ministro libico Abdallah al-Thinni ha accusato un fedele amico dell’Occidente, il Qatar che si prepara a ospitare i campionati mondiali di calcio, di fornire grosse quantità di armi agli islamisti. A quanto scrive il giornale russo Kommersant, che riprende fonti libiche, secondo le autorità locali gli islamisti libici avrebbero recentemente ricevuto da Doha tre aerei carichi di armi.
di
Umberto Mazzantini
Mentre i migranti cercano di abbandonare con ogni mezzo la Libia in fiamme e annegano – o vengono fatti annegare a centinaia dai trafficanti di carne che li sfruttano con il beneplacito delle bande armate – il primo ministro libico Abdallah al-Thinni ha accusato un fedele amico dell’Occidente, il Qatar che si prepara a ospitare i campionati mondiali di calcio, di fornire grosse quantità di armi agli islamisti. A quanto scrive il giornale russo Kommersant, che riprende fonti libiche, secondo le autorità locali gli islamisti libici avrebbero recentemente ricevuto da Doha tre aerei carichi di armi.
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lunedì 22 settembre 2014
DIECI TEORIE COSPIRATIVE DIVENUTE REALTÀ
Postato il Sabato, 13 settembre @ 23:10:00 BST di Truman
DI PAUL JOSEPH WATSON E ALEX JONES
Infowars
Anche se il termine “teoria del complotto” è diventato un dispregiativo usato contro chiunque metta in discussione la versione ufficiale degli eventi, ci sono innumerevoli esempi in tutta la storia delle cospirazioni che si sono poi dimostrati veri. Diamo uno sguardo a dieci casi.
1) Operazione AJAX e operazioni False Flag
L'idea che i governi e le agenzie di intelligence svolgano atti di terrorismo sotto false flag è stata a lungo derisa dai media del sistema come una teoria della cospirazione, nonostante ci sia una pletora di casi storicamente documentati.
DI PAUL JOSEPH WATSON E ALEX JONES
Infowars
Anche se il termine “teoria del complotto” è diventato un dispregiativo usato contro chiunque metta in discussione la versione ufficiale degli eventi, ci sono innumerevoli esempi in tutta la storia delle cospirazioni che si sono poi dimostrati veri. Diamo uno sguardo a dieci casi.
1) Operazione AJAX e operazioni False Flag
L'idea che i governi e le agenzie di intelligence svolgano atti di terrorismo sotto false flag è stata a lungo derisa dai media del sistema come una teoria della cospirazione, nonostante ci sia una pletora di casi storicamente documentati.
domenica 21 settembre 2014
ECCO CHI TIRA I FILI DEL TERRORE PER SOVVERTIRE L'ORDINE MONDIALE
Postato il Giovedì, 11 settembre @ 20:59:06 BST di davide
DI ANDREA INDINI
ilgiornale.it
Intevista a Daniel Estulin. "Il Bilderberg non è più così importante, la vera politica si svolge a un livello sovranazionale, al di sopra dei governi". E fa i nomi di chi governa il mondo da dietro le quinte. "Tutti gli eventi sono tra loro interconnessi. A leggere i giornali sembra che gli scontri in Ucraina siano un problema a sé, completamente slegati dagli scontri razziali di Ferguson o dalle persecuzioni razziali e religiose in Iraq e Siria".
Prima di entrare nel merito delle tensioni tra la Russia e la Nato, Daniel Estulin (controverso autore del libro La vera storia del club Bilderberg) ci tiene a spiegare che "la Terra è un pianeta piccolo" e che, per andare fino in fondo, è fondamentale capire chi tira le fila. Perché "noi siamo solo burattini".
DI ANDREA INDINI
ilgiornale.it
Intevista a Daniel Estulin. "Il Bilderberg non è più così importante, la vera politica si svolge a un livello sovranazionale, al di sopra dei governi". E fa i nomi di chi governa il mondo da dietro le quinte. "Tutti gli eventi sono tra loro interconnessi. A leggere i giornali sembra che gli scontri in Ucraina siano un problema a sé, completamente slegati dagli scontri razziali di Ferguson o dalle persecuzioni razziali e religiose in Iraq e Siria".
Prima di entrare nel merito delle tensioni tra la Russia e la Nato, Daniel Estulin (controverso autore del libro La vera storia del club Bilderberg) ci tiene a spiegare che "la Terra è un pianeta piccolo" e che, per andare fino in fondo, è fondamentale capire chi tira le fila. Perché "noi siamo solo burattini".
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