Laici e liberali estromessi. I giudici dichiarano legittimo l'autoproclamato parlamento islamico. Ma le forze militari bombardano le basi delle milizie.
di Barbara Ciolli 23 Novembre 2014
In Italia hanno fatto molto notizia le bandiere dell'Isis issate in Libia, tra i reduci dall'Iraq e dell'Afghanistan di Derna. Ancora di più si è parlato della liberazione dei due ostaggi connazionali, Marco Vallisa e Gianluca Salviato.
Molta meno eco ha avuto il via libera della Corte suprema libica all'autoproclamato parlamento di Tripoli: e cioè il Consiglio nazionale generale (Cng) piazzato nella capitale dalle Brigate di Misurata, dopo la presa dell'aeroporto e in sfida al parlamento legittimamente eletto, ma esiliato nell'Est, a Tobruk, in fuga da attentati e bombe.
GOLPE DELLA FRATELLANZA. Se la magistratura libica ha annullato i risultati delle Legislative del 25 giugno 2014, sciogliendo il parlamento riconosciuto dall'Onu e dalla comunità internazionale («le sue decisioni sono nulle») dando pieno mandato all'assemblea di Tripoli («tutte le sue decisioni sono pienamente legittime»), significa che, in Libia, si è compiuto un golpe soft inverso a quello egiziano.
Dai “laici” di Tobruk, alleati con i generali, il potere è passato, senza transitare dalle urne, ai misuratini alleati con la Fratellanza musulmana e i berberi nella coalizione Alba libica.
La direzione è quella, tanto che, come primo atto, il parlamento di Tripoli ha liquidato l'ambasciatore libico all'Onu, troppo vicino al governo di Tobruk.
LIBIA CONTESA DA TRE GRUPPI. Ma in Libia la situazione è più complessa che in Egitto, dunque ancora aperta. Intanto Alba libica ha conquistato Tripoli, ma il 22 novembre le forze regolari hanno bombardato le basi delle milizie.
Poi, a Bengasi, con l'Operazione dignità il generale Kalifa Haftar (alleato con Tobruk e le brigate di Zintan) ha fatto retrocedere gli estremisti islamici di Ansar al Sharia. Al momento, la Libia è contesa da tre grandi gruppi di potere: Alba libica con base a Tripoli, gli esiliati di Haftar a Tobruk e Ansar al Sharia che resiste a Bengasi.
I primi due raggruppamenti sono sempre di più teste d'ariete di una proxy war, guerra per procura, condotta dalle potenze straniere. E il grande punto interrogativo è: per vincere gli islamisti di Alba libica possono arrivare a unirsi con gli estremisti di Ansar al Sharia? Dove andranno i jihadisti di Derna?
Egitto e sauditi contro Qatar e Turchia: la proxy war libica
La proxy war ha il volto, da un lato, dei supporter della Primavera araba, Turchia e Qatar. Dall'altro, dei governi favorevoli a una controrivoluzione “laica” in salsa egiziana: Egitto, innanzitutto, Emirati arabi e la capofila Arabia saudita.
Cacciate, il 23 agosto 2014, le brigate di Zintan dall'aeroporto di Tripoli, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan si è affrettato a spedire un suo emissario in Libia.
Il quale, dopo una tappa di rito a Tobruk, è volato prima a Misurata poi a Tripoli, per incontrare - primo rappresentante di uno Stato straniero - l'autoproclamato premier Omar al Hassi. Per Ankara, il governo e il parlamento della capitale libica hanno la legittimità internazionale che l'Onu, ancora, riconosce solo all'impotente consesso di Tobruk e al premier libico, formalmente in carica, Abdallah al Thani.
CARGO DI ARMI E MUNIZIONI. In visita di Stato, l'emissario turco ha annunciato la ripresa dei collegamenti aerei della Turkish Airlines, inclusa la tratta Istanbul-Misurata. Dove, secondo fonti d'intelligence francesi, sarebbero atterrati cargo carichi di armi e munizioni per Alba libica.
Forniture analoghe sarebbero affluite anche dal Qatar, per far arretrare le milizie del generale Haftar, forti per i rinforzi delle tribù di Zintan, Warfalla e Warsafa. Ma, soprattutto, per i raid sferrati in Libia dall'aviazione degli Emirati, con aerei decollati da basi egiziane.
FRATELLANZA DICHIARATA TERRORISTA. Il presidente e generale egiziano Abdel Fatah al Sisi ha dichiarato la Fratellanza musulmana organizzazione terroristica. E il suo massimo obiettivo è contrastare il flusso armi e combattenti islamici che, dalla Libia, attraverso il Sinai arriva tra i palestinesi di Gaza e oltre, verso la Siria e l'Iraq.
Dalla caduta di Gheddafi, nel 2011, la piaga del contrabbando di armamenti si è espansa, anziché rimarginarsi. Al confine libico al Sisi ha schierato blindati e oltre 2 mila soldati e, via mare, inviato un carico di armi a Tobruk.
Forze speciali degli Emirati, inoltre, avrebbero di recente condotto, sul suolo libico, la bonifica di un campo d'addestramento di jihadisti, vicino a Derna
Misurata contro Zintan: la guerra dopo la caduta di Gheddafi
La Libia vive molto più di un conflitto tra «islamisti e laici», com'è ormai etichettato, anche in Italia, nell'indifferenza di parecchi addetti ai lavori.
Accomunare Alba libica con i jihadisti, e l'Isis, è un errore.
Per interesse i mercanti di Misurata - culturalmente più laici dei musulmani di Tobruk - si sono alleati con la Fratellanza musulmana, nell'obiettivo di imporre il progetto di islam politico moderato, vincitore, in Tunisia e in Egitto, delle prime elezioni libere della Primavera araba.
Tanto Ennahda quanto la Fratellanza di Mohammed Morsi sono poi uscite sconfitte dalla prova di governo: in Egitto, Morsi è stato addirittura estromesso dalla presidenza con un golpe. In Libia, al contrario, dall'uccisione di Muammar Gheddafi è finita la guerra della Nato, ma non si è mai concluso il conflitto tra tribù.
SAIF CUSTODISCE MOLTI SEGRETI. Capofila delle rivolte, Misurata si contende il futuro (e i soldi) della Libia con l'altra brigata militarmente forte contro il raìs: Zintan che poi non ha mai voluto restituire Saif al Islam, l'erede di Gheddafi, ai giudici di Tripoli.
Saif custodisce molti segreti. E paradossalmente, per conquistare la Libia, i ribelli di Zintan hanno finito col saldarsi, oltre che con gli insorti liberali della Cirenaica, con l'esercito mai dissolto di ex gheddafiani riciclati come Haftar.
I misuratini, viceversa, si sono ricompattati nella coalizione di Alba libica con i berberi e con la Fratellanza musulmana che, nella sua ala radicale, raccoglie anche sostegno da gruppi come la milizia Libyan Shield (nel Consiglio rivoluzionario della Shura a Bengasi con Ansar al Sharia) e la Libya Revolutionaries Operations Room, responsabile del sequestro dell'ex premier Ali Zeidan.
SEQUESTRI E INDIMIDAZIONI. Incapace di vincere alle disertate urne sotto coprifuoco (solo il 18% degli aventi diritto ha votato alle ultime elezioni), Alba libica ha preso il controllo del vecchio parlamento con sequestri, intimidazioni e assalti a raffica ai palazzi delle istituzioni.
Ma Tripoli non è diventata, come paventato, un emirato islamico. Al Hassi non è, come si è scritto, un islamista. Gli abitanti della capitale hanno apprezzato un ritorno, parziale, all'ordine. E anche l'Italia - che con Misurata e Tripoli ha molti business sospesi - ha invitato le Zintan e Misurata a «trovarsi d'accordo»
Finora Alba libica si è tenuta a debita distanza da Ansar al Sharia, come Ansar al Sharia si è tenuta a distanza dall'Isis di Derna. Anche a Bengasi, i Fratelli musulmani schivano i jihadisti di Ansar al Sharia che hanno in mano la città. Haftar, però, è un nemico comune.
Preso da:
http://www.lettera43.it/politica/libia-il-golpe-soft-della-fratellanza-musulmana_43675148350.htm
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