Secondo un rapporto diffuso il 30 ottobre da Amnesty International, le milizie e i gruppi armati che si stanno scontrando da metà luglio nella Libia occidentale stanno commettendo veri e propri crimini di guerra: esecuzioni sommarie, torture, attacchi con razzi grad e artiglieria contro i centri abitati e rappresaglie contro la popolazione civile sulla base dell’origine e della presunta affiliazione politica.
Le immagini satellitari che accompagnano l’uscita del rapporto mettono in evidenza il profondo disprezzo per le vite dei civili da parte di tutte le fazioni coinvolte negli scontri, con razzi indiscriminati e colpi di artiglieria diretti contro aree abitate che hanno danneggiato case, edifici civili, strutture mediche e impianti industriali.
La foto di apertura mostra il terminal petrolifero di Brega, a Tripoli, ripreso il 29 luglio, il 24 agosto e il 5 settembre. Altre immagini confermano danni ingenti a proprietà civili nella regione di Warshafana, compreso l’ospedale di Al-Zahra. L’unità di terapia intensiva dell’ospedale di Zawiya è stata centrata da un razzo che ha causato il ferimento di 10 persone tra medici, infermieri, pazienti e visitatori.
Decine e decine di civili sono stati rapiti dai gruppi armati a Tripoli, Zawiya, Warshafana e nei centri dei monti Nafusa e tenuti in ostaggio anche per due mesi in un’ondata di azioni di rappresaglia basate sulla residenza o sulla presunta affiliazione politica delle vittime e, in alcuni casi, per effettuare scambi di prigionieri.
Abitanti di Tripoli originari della zona di Zintan hanno riferito ad Amnesty International che i miliziani di Alba libica hanno effettuato cacce all’uomo, porta a porta, sequestrando persone sulla base della loro appartenenza tribale o presunta affiliazione politica. La stessa milizia ha compiuto raid, distruzioni, saccheggi e incendi di case e altre proprietà civili come le fattorie nella zona di Warshafana.
Molte persone sequestrate hanno detto ad Amnesty International di essere state sottoposte a maltrattamenti e torture con tubi di plastica, bastoni, sbarre o cavi di metallo, scariche elettriche, così come di essere state forzate a stare per ore in posizioni dolorose, bendate e incatenate per giorni, private di cibo e acqua e costrette a sopportare misere condizioni sanitarie.
Un autista di camion rapito da un gruppo armato di Warshafana perché proveniente dalla città di Zawiya ha raccontato di essere stato picchiato con una sbarra di metallo e sottoposto a scariche elettriche. Poi i rapitori hanno versato benzina sul suo corpo minacciando di appiccare il fuoco.
Ahmad Juweida, un miliziano di Warshafana, è stato rapito da una milizia di Nalut mentre si stava recando in Tunisia per ricevere cure mediche. È stato ucciso in modo sommario, a quanto pare con un colpo alla nuca.
La comunità internazionale ha ampiamente chiuso gli occhi di fronte a tre anni di caos seguiti alla fine del regime di Muhammar Gheddafi: tre anni di assenza di legge, di giustizia fai da te e d’impunità garantita alle milizie, che ormai sono convinte di essere al di sopra di ogni controllo. Il risultato è drammaticamente evidente.
Secondo l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, solo da luglio almeno 287.000 persone hanno lasciato le loro case a seguito degli attacchi indiscriminati o per il timore di essere presi di mira a causa della loro origine etnica o presunta affiliazione politica. Altre 100.000 persone hanno lasciato la Libia temendo per la loro vita.
Decine di giornalisti, attivisti della società civile e difensori dei diritti umani hanno dovuto nascondersi o sono a loro volta fuggiti dal paese a seguito dell’aumento degli attacchi e delle minacce da parte delle milizie.
I componenti del Consiglio nazionale per le libertà civili e i diritti umani, l’istituzione nazionale libica per i diritti umani, sono stati minacciati e intimiditi da miliziani affiliati alla coalizione Alba libica.
Amnesty International ha intervistato 10 operatori dell’informazione che hanno lasciato la capitale Tripoli o, in alcuni casi, il paese temendo di essere uccisi. Sono stati presi di mira anche gli uffici e i giornalisti di Al-Assema Tv e Libya International Tv.
Secondo Reporter senza frontiere, nei primi nove mesi del 2014 sono stati presi di mira almeno 93 giornalisti.
Stessa sorte per gli sfollati tawargha, a lungo sospettati da molti libici di aver sostenuto l’ex leader Gheddafi, vittime di rapimenti a partire da agosto e di attacchi per rappresaglia contro uno dei loro campi profughi.
Che qualcuno dica ai sapientoni di Amnesty che chi commette questi crimini sono bande di RATTI, venuti dall' estero. Qualcuno dica che il Sudan ha inviato vere e proprie squadre di mercenari, a Tripoli, al comando del criminale Belhaji. Ah gia... dimenticavo, la verità NON può essere detta.
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