di Angela Manganaro con un articolo di Alberto Negri 6 ottobre 2014
Quartier generale in Siria ed in Iraq, già ispiratore di un gruppo algerino che si è voluto accreditare decapitando il viaggiatore francese Hervé Gourdel, lo Stato Islamico (in sigla Isis, Isil, poi semplicemente IS e in arabo Daesh) cioè il gruppo fondamentalista d’origine sunnita, potrebbe adesso materializzarsi sulle coste del Mar Mediterraneo. Il gruppo che ha tagliato le teste di due giornalisti americani, James Foley e Steven Sotloff, due operatori umanitari britannici, David Haines e Alan Henning, e minaccia di uccidere un altro giovane ostaggio americano, ha tifosi e aspiranti affiliati in Libia e in Tunisia. Contribuisce alla sensazione di assedio la bandiera nera che in queste ore sventola sulla città siriana di Kobane, confine con la Turchia.
La primavera araba è lontana, l’Europa è vicina non solo sul volto dei combattenti che nati o cresciuti in Gran Bretagna e in Francia - ma vi sono casi anche da Italia e Germania - si arruolano fra le fila del Califfo al Baghdadi per combattere il presidente Assad in Siria, il governo sciita in Iraq, l’Occidente ovunque
In Libia il Consiglio dei giovani islamici (Majlis Shabab al Islam), fazione islamista, si dice pronto a proclamare il Califfato islamico a Derna, nell'est del Paese. Secondo il quotidiano Al Wasat, il Consiglio ha organizzato un seminario domenica a Derna cui hanno preso parte imam stranieri che hanno invitato tutti i partecipanti ad aderire al nuovo Califfato islamico. I membri del Consiglio hanno invitato tutti i cittadini libici ad allontanarsi dai «principi blasfemi» dello Stato. Due giorni fa il Consiglio dei giovani islamici aveva organizzato una parata militare chiamata «Brigata del Califfato islamico»: poco prima i suoi membri e quelli di altre fazioni islamiste in Libia, come Ansar al Sharia, hanno annunciato l'intenzione di allearsi con lo Stato Islamico di Iraq e Siria.
In Tunisia. Abou Iyadh, leader del gruppo jihadista locale Ansar al Sharia, è latitante dall’autunno 2012, si pensa vi sia lui dietro l’attacco all’ambasciata americana a Tunisi. Si era fatto vivo nel gennaio scorso con un video su Youtube, già si sapeva che era in Libia, ora si teme che sia lì per addestrare unità capaci di attaccare in Tunisia e Algeria: l'obiettivo è creare, nella regione, un Califfato su modello Isis.
Al confine con la Turchia. Su Kobane, città siriana al confine con la Turchia, sventola oggi la bandiera dell’Isis, ieri una donna curda si è fatta esplodere per non cadere nelle mani dell’IS, la città resiste ad un feroce assedio che continua dal 16 settembre. A Varsavia il nuovo segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, dice che l’Allenanza Atalantica è pronta a sostenere la Turchia nel caso si concretizzi una minaccia dello Stato Islamico. «La Turchia è un alleato della Nato e la nostra prima responsabilità è proteggere l'integrità e le frontiere della Turchia. È la ragione per la quale abbiamo dispiegato missili Patriot: per migliorare e rafforzare la sua difesa aerea» dice il neosegretario in carica dal 1° ottobre. I curdi resistono a Kobane e perdono altri miliziani ad Al Hassaka, nel nord della Siria: trenta miliziani delle forze di autodifesa e poliziotti curdi sono morti in un doppio attentato suicida con un’autobomba, dice all'Afp il direttore dell'ong Osservatorio per i diritti umani (Ondus), Rami Abdel Rahman.
Risveglio violento in Cecenia. E come in una riedizione di un domino, sembra aggiungersi un’altra tessera neanche troppo lontano dall’Europa. Con un attentato suicida e uno scontro armato con nove morti nel giro di ventiquattro ore in Cecenia e Dagestan, si riaffaccia la rabbia islamista nel Caucaso. Una doppia strage che confermerebbe l’intensificarsi delle attività nel sud della Russia, da tempo bacino di reclute Isis per i combattimenti in Siria. Neanche il presidente Putin può stare tranquillo.
Ieri, mentre la capitale Grozny era in festa, un giovane di 19 anni ha fatto detonare una bomba che trasportava in una borsa, uccidendo cinque agenti di polizia e ferendo 12 persone all'ingresso di una sala concerti. Oggi sette islamisti e due poliziotti sono morti in scontri armati nella repubblica del Dagestan, che è da anni, assieme all'Inguscezia, epicentro delle violenze dopo la «normalizzazione» della Cecenia ottenuta con l'alleanza fra il Cremlino e il presidente ceceno Ramzan Kadyrov che ora rassicura: la situazione è sotto controllo. Non tutti ci credono: all'inizio di settembre, in un video diffuso su Youtube, i ribelli dell'Isis minacciavano una nuova «guerra» in Cecenia e nel Caucaso per «liberarsi» dal dominio russo.
Preso da: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-10-06/libia-islamisti-pronti-proclamare-califfato-133150.shtml?uuid=AB17AU0B
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