L'Huffington Post | Di Giulia Belardelli 11/12/2014
Si avvicina la resa dei conti tra il governo ufficiale della Libia, sostenuto dalle forze armate fedeli all’ex generale Khalifa Haftar,( in realtà sono le tribù onorevoli, quelle che non hanno tradito il loro paesea combattere) !! e la galassia di milizie islamiste che si fa chiamare “Alba della Libia”. Il premier libico Abdullah al-Thinni ha annunciato alla tv al Arabiya che “le truppe ufficiali stanno avanzando verso Tripoli per liberarla”. Le forze governative, ha spiegato il primo ministro, si muovono verso la capitale da ovest e non si fermeranno “finché non avranno successo”.
L’obiettivo è la riconquista di Tripoli, la capitale caduta in mano alla coalizione islamista nell’agosto 2014 e divenuta ormai il centro di un governo “parallelo” gestito da Alba della Libia. Le truppe governative mirano anche a riprendere il controllo del principale valico di frontiera con la Tunisia, in mano agli islamisti.
Prevedere gli esiti dell’operazione è estremamente difficile. Perché la Libia ormai è un Paese in preda al caos, spaccato non solo in due – il governo ufficiale da un lato e gli islamisti di Alba dall’altro – ma in molti altri pezzetti, con una miriade di milizie armate e l’insediamento di Daesh (Isis) a Derna, nella parte nord-orientale del Paese. Negli ultimi mesi le istituzioni internazionalmente riconosciute sono state spostate nella città portuale di Tobruk, a est, assieme alla sede del governo guidato da al-Thinni, votato lo scorso giugno solo dal 18 per cento degli aventi diritto.
A Tripoli da agosto si sono insediate le milizie di Fajr Libya (Alba), che hanno creato un loro governo e un loro parlamento. Il tutto mentre il parlamento “legittimo” di Tobruk veniva sciolto da una clamorosa sentenza della Corte Suprema. Nel mese di ottobre il governo ufficiale ha ordinato operazioni militari per la riconquista di Bengasi e di Tripoli, avvalendosi della discesa in campo dell’ex generale golpista Khalifa Haftar, a capo della missione "Karama" (Dignità). Recentemente l’aeronautica militare libica ha bombardato un’area a sud di Tripoli, nei pressi dell’aeroporto, per colpire le basi dei ribelli. Era solo l’inizio: da giorni le truppe sono pronte per l’intervento via terra, che potrebbe iniziare già nelle prossime ore.
"Dopo averci aiutato a rovesciare il regime di Muammar Gheddafi, la comunità internazionale, soprattutto i paesi maggiori, ha lasciato la Libia da sola" e ora "è responsabile di quanto accade" nel Paese, ha detto il premier al-Thinni nell’intervista, spiegando che "le armi dovevano essere distrutte per ricostruire lo Stato". Le sanzioni dell'Onu che impediscono le importazioni di armi in Libia "rendono uguali vittime e carnefici. Questa è una delle ironie dell'Onu", ha denunciato il primo ministro libico. "Vogliono che combattiamo il terrorismo, i gruppi dell'Isis e di Ansar al Sharia, ma senza il sostegno di alcuni (Paesi) fratelli, non avremmo resistito così a lungo", ha proseguito il premier del governo transitorio che nella lunga intervista ha ringraziato gli Emirati arabi, l'Arabia Saudita e l'Egitto.
Secondo al-Thinni, infine, la missione Onu in Libia "usa un doppio standard: quando le milizie di Fajr Libya hanno colpito Tripoli e ucciso dei civili, ha taciuto. Quando i raid dell'aviazione hanno colpito i depositi di armi delle milizie, l'inviato Bernardino Leon ha detto che era inaccettabile". "Noi abbiamo il dovere di distruggere le basi e i depositi" delle milizie filo-islamiche, ha concluso.
L’escalation è un pugno allo stomaco per l’inviato Onu come per il governo italiano, che proprio in queste ore è in Turchia per l’incontro con il primo ministro turco Ahmet Davutoglu. "In Libia bisogna agevolare ogni sforzo perché si torni al dialogo, perché si sconfigga il terrorismo e le varie realtà in campo si aprano a un dialogo costruttivo", ha detto il premier al termine dell’incontro.
Il dialogo, però, appare sempre più difficile, e la posizione dell’Italia sempre più complicata. Il nostro Paese, infatti, si trova nel bel mezzo di un “dilemma diplomatico”, come l’ha definito Karim Mezran del centro studi sul Medio Oriente dell’Atlantic Council. Dilemma che è ben sintetizzato da questo articolo del Post:
Appoggiare il governo ufficiale della Libia […] significherebbe rompere i rapporti con gli islamisti dell’ovest. Cioè significherebbe danneggiare gli interessi dell’ENI, e creare grossi problemi di sicurezza all’ambasciata italiana a Tripoli, l’unica che è rimasta aperta senza interruzioni dalla caduta di Mu’ammar Gheddafi. Appoggiare i ribelli islamisti in Tripolitania significherebbe prendere una posizione che oggi sembra ingiustificabile, visto che l’unico governo con una legittimità popolare è quello di Tobruk.
Ad aggravare la situazione c’è l’infiltrazione di Daesh nel territorio libico, con l’apertura di alcuni campi di addestramento nella parte orientale del Paese. L’allarme è stato rilanciato oggi dall’Onu. “La degradazione della sicurezza in Libia minaccia di destabilizzare i paesi del Sahel”, ha affermato l'inviato speciale dell'Onu nella regione, Hiroute Guebre Sellassie, in un'audizione al Consiglio di sicurezza.
"Se la situazione in Libia non verrà rapidamente messa sotto controllo, numerosi paesi della regione potrebbero venire destabilizzati in un futuro prossimo: le voci riguardanti dei presunti campi di addestramento dello Stato islamico in Libia sono particolarmente preoccupanti", ha spiegato Sellassie. Attraverso il Sahel passano infatti 20mila armi da fuoco provenienti dalla Libia, mentre "la maggior parte" delle 18 tonnellate di cocaina (per un valore di 1,25 mld di dollari) che giungono in Africa occidentale transitano per la regione. La sicurezza nel Sahel è inoltre minacciata dalle violenze del gruppo terroristico di Boko Haram nel nord della Nigeria e dalle crisi nel Mali settentrionale e nella Repubblica Centrafricana.
Stamani riunioni su Stabilità, poste, decreti. Poi partenza per Ankara e Istanbul. Priorità a nostre aziende e situazione Libia #buongiorno
— Matteo Renzi (@matteorenzi) 11 Dicembre 2014
originale da: http://www.huffingtonpost.it/2014/12/11/libia-resa-dei-conti_n_6309560.html?utm_hp_ref=italy
Nessun commento:
Posta un commento