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domenica 24 marzo 2013

Da BHL ad Al Qaradawi: la resa dei conti è vicina?

Pubblicato il: 8 marzo, 2013

Da BHL ad Al Qaradawi: la resa dei conti è vicina?

di Ali Reza Jalali

Gli amici di IRIB ITALIA, in un recente articolo hanno messo in luce l’atteggiamento di alcuni media italiani, nel dare voce a personaggi come Bernard Henri Levy, noto affarista francese, personaggio di spicco della lobby sionista transalpina, e sostenitore delle primavere arabe; famosi i suoi interventi in Libia dopo la caduta del colonnello Muammar Gheddafi, per non dire della sua campagna contro la Siria di Bashar Assad.

In questo articolo del lobbista francese, pubblicato dal Corriere della Sera, Levy di fatto invoca una sorta di “primavera persiana” per un cambio di regime in Iran. Insomma, dopo il fallimento del 2009, egli cerca di rinvigorire un morto che cammina, ovvero la cosiddetta “onda verde”. Nel suo articolo Levy richiama fantomatici personaggi dell’opposizione al “regime iraniano”, come un tale Jahanchahi, già noto per la sua fallimentare campagna di mobilitazione anti-iraniana qualche anno fa. L’asse Levy-Jahanchahi, fu già sbeffeggiato dai servizi segreti iraniani qualche anno fa, quando un membro della Guardia Rivoluzionaria iraniana, infiltrandosi nelle file dell’opposizione persiana all’estero, si fece passare per un rinnegato del “regime”, ed essendo un ex militare, veniva chiamato dallo stesso Jahanchahi e dai suoi collaboratori, come il “Generale” (in persiano Sardar).
La vicenda della Guardia Rivoluzionaria “pentita”, fu presa molto sul serio dai politici e anche dai media, ed il membro dei Pasdaran ebbe colloqui anche con diplomatici di spicco occidentali. Finì anche in prima serata sul famoso “Canale 10” della TV israeliana. Una mattina però l’asse Levy-Jahanchahi si svegliò, e si ritrovò il “Generale pentito”, a Tehran, seduto accanto al ministro dei servizi segreti della Repubblica Islamica dell’Iran, a raccontare la sua epopea da “infiltrato” del “regime iraniano”, nelle file dell’opposizione all’estero. Davvero una gran bella figura! Un duro colpo questo, per gente come BHL, che pensa di essere invincibile.
A questa gente, ai BHL della situazione, in molti contesti è andata bene, ma il loro problema è che in Iran e in Siria hanno trovato pane per i loro denti. Se qualche mese fa un esperto inglese disse “Assad ha fermato il progetto americano della primavera araba”, non dobbiamo però illuderci che l’imperialismo, preso atto della sconfitta, tolga il disturbo così facilmente. In Iran c’è un detto che dice: “Se il diavolo esce dalla porta, rientrerà dalla finestra”. La comunità internazionale, ovvero, come ha scritto bene Enrico Galoppini in un articolo sul sito “European Phoenix”, l’America e i suoi lavapiatti, cercheranno in tutti i modi di ricomporre le fila e cercare di destabilizzare la regione mediorientale. D’altronde, per mettere le mani sull’Iran, bisogna, a parte l’illusione della “primavera persiana”, cercare di isolare la Repubblica Islamica a livello regionale, quindi bisognerà fare intorno a Tehran terra bruciata.
I principali alleati dell’Iran, oltre alla Siria, si trovano a Gaza, in Libano e in Iraq. Proprio questo ultimo paese rappresenta un crocevia importante per i progetti americani; il governo di Noori Maliki, a prescindere dal giudizio che si vuole dare sul suo operato per quello che riguarda la politica interna irachena, rimane in ogni caso un amico dell’Iran, oltre ad essere stato uno dei pochi leader arabi a dichiarare la propria solidarietà nei confronti del martoriato popolo siriano ed a esprimersi contro i terroristi che operano contro il legittimo governo damasceno. Non è un caso quindi, che un famoso telepredicatore, nonché uno dei principali intellettuali e sapienti religiosi sunniti, Al Qaradawi, abbia emesso un decreto nel quale dichiara lecita l’uccisione di Maliki, sulla falsariga dei suoi editti e sentenze di morte contro Gheddafi e contro Assad.
Prevedere il futuro della regione mediorientale è difficile, in quanto il destino lo conosce solo Dio, ma a questo punto, ci sembra evidente che la guerra sta assumendo una pericolosa connotazione su scala regionale; ormai non possiamo più leggere in modo autonomo quello che avviene in Siria, da quello che è avvenuto in altri paesi. Vi è un chiaro obiettivo di coinvolgere tutti gli attori regionali in un conflitto logorante, per facilitare i piani dei colonialisti; la guerra in Siria, le dispute in Libano, il caos in Libia, Tunisia, Egitto, la destabilizzazione infinita dell’Iraq, le rivolte censurate della Penisola araba, e la speranza di BHL per la “primavera persiana”, fanno parte di un unico progetto, che già diversi anni fa gli americani hanno definito come “quarta guerra mondiale”.
Così come la prima e la seconda guerra mondiale, sono state finalizzate nella conquista dell’Europa occidentale, nella terza guerra mondiale (guerra fredda), gli americani si sono impegnati nella conquista del levante europeo. Con la quarta guerra mondiale, Washington e suoi vassalli regionali, sono impegnati nella conquista del Medio Oriente. Ma il punto è che la storia non finirebbe qui; per gli americani, l’obiettivo finale rimane la conquista di tutto il continente eurasiatico, ed è per questo che Obama, nei primi anni del suo mandato, disse che bisognava sbrigarsi per risolvere la crisi mediorientale, ovvero nel vincere la quarta guerra mondiale, per impegnarsi sul fronte asiatico propriamente detto, ovvero l’incursione in Asia centrale e ai confini di Russia e Cina, scacchiere nel quale si giocherà la quinta guerra mondiale. Ma per arrivare a quel punto, bisognerà in tutti i modi vincere l’attuale guerra, che in codice è stata denominata da Bush come “guerra al terrorismo”, e da Obama come “primavera araba”.
Le prime due guerre mondiali vedevano come avversario del progetto di conquista nordamericano dell’Europa occidentale, la Germania, in quanto questo paese rappresentava, la principale potenza europea continentale; nella guerra fredda poi, l’avversario era l’URSS, in quanto potenza egemone nell’Europa orientale. La guerra per la conquista del Medio Oriente, in questo evidente moto da occidente a oriente, verso il tanto ambito Heartland, per mettere definitivamente fuorigioco Russia e Cina, vede gli americani impegnati principalmente contro l’Iran e l’asse della resistenza, agglomerato regionale che unisce il Mediterraneo orientale all’Oceano Indiano settentrionale, principale ostacolo per l’infiltrazione atlantista dal Vicino Oriente verso l’Asia Centrale.
Alcuni amici mi chiedono: quando ci sarà la “grande guerra” tra USA e Iran? La risposta è semplice, la guerra c’è già, e si sviluppa non in modo dissimile dalla guerra fredda, ovvero con conflitti per interposta persona (come ad esempio sta avvenendo in Siria), e anche attraverso atti di sabotaggio dall’interno, sperando che arrivi il Gorbaciov dell’Iran, a far crollare il tutto dall’interno; gli americani però dimenticano una cosa, in Iran Gorbaciov c’è già stato, si chiamava Khatami, ma essi, con le elezioni del 2013, puntando su alcuni mal di pancia interni all’Iran, sperano nell’elezione di un candidato simile al riformista, per agevolare il cambio di regime dall’interno delle istituzioni iraniane, esattamente come fecero per l’URSS. Se ciò non fosse possibile, allora verrà riproposta le teoria dei brogli, per far piombare il paese nel caos, come avvenne per qualche mese nel 2009.
Ed è anche per questo che BHL e i BHL della situazione, stanno cercando di preparare qualcosa per le elezioni del prossimo giugno in Iran; un altro Ahmadinejad in Iran non c’è, ma non è detto che non vi siano dei “piccoli” Ahmadinejad, pronti a proseguire la sua linea politica, soprattutto nelle questioni internazionali.

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