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sabato 31 gennaio 2015

Libia, gli orrori della sharia nel buco nero di Derna

Quel che trapela da califfato dell'Isis di fronte alla Sicilia

Rodolfo Calò 24 gennaio 2015
Un buco nero informativo come le bandiere dei jihadisti che vi spadroneggiano, ma da cui - oltre alla propaganda - trapelano racconti d'orrore fatti di teste mozzate e fustigazioni, iconoclastia assoluta, proibizioni: almeno stando a resoconti di media libici e denunce di organizzazioni umanitarie così appare Derna, la città-califfato dell'Isis nell'est del caos libico.

venerdì 30 gennaio 2015

Allarme della Libia: "Gli sbarchi dei migranti in Italia gestiti dai terroristi dell'Isis"

25 gennaio 2015

Gli sbarchi sulle nostre coste dei migranti provenienti dalla Libia sono gestiti dai terroristi dell'Isis. Lo dà per certo il presidente dell'Assemblea costituente della Libia, Ali Tarhouni. All'inviato del Corriere, Giuseppe Sarcina, spiega che lo Stato islamico di Iraq e Siria, continua a guadagnare posizioni lungo la costa del Paese. Le milizie del Califfo Abu Bakr al Baghdadi avevano già conquistato Derna, cittadina di 80 mila abitanti. Ma ora, dice Ali Tarhouni "i guerriglieri dell' Isis si sono insediati nella regione di Bengasi".

giovedì 29 gennaio 2015

ANALISI. Il processo di disintegrazione della Libia

Il rafforzamento delle compagini islamiste, l’intraprendenza egiziana ed algerina e le bandiere dello Stato Islamico che sventolavano a Derna durante l’avanzata del califfato in Iraq e Siria hanno riacceso l’interesse europeo per la questione libica. Ma non per i diritti del popolo libico

di Francesca La Bella

Roma, 21 gennaio 2015, Nena News – Ormai da molto tempo, a cadenza regolare, riaffiora nel dibattito internazionale la questione libica. Molte volte, in questi anni, gli analisti hanno dichiarato che la Libia era giunta ad un punto di svolta nel suo destino, che da quel momento in avanti tutto sarebbe stato diverso. L’intervento internazionale, la caduta di Gheddafi, il caos del dopo-Gheddafi, gli attentati contro le ambasciate e i rapimenti, le minacce di un un nuovo intervento internazionale e gli scontri tra le diverse fazioni etniche, religiose e politiche interne al Paese: tutte fasi di un processo di disintegrazione della Libia come Stato, come comunità e come soggetto internazionale.

mercoledì 28 gennaio 2015

Libia: gli americani lasciano il Paese

Dopo la rottura della tregua il Dipartimento di Stato invita i suoi concittadini ad andarsene. I ribelli rapiscono un fuzionario Opec

21 gennaio 2015
Per Lookout news


Il Dipartimento di Stato ha lanciato un nuovo allarme per tutti i cittadini americani che si trovano in Libia raccomandando loro di lasciare immediatamente il Paese. Stesso avvertimento vale per chi ha in programma viaggi verso lo Stato nordafricano. “Gruppi estremisti presenti in Libia – si legge in una nota – hanno minacciato direttamente funzionari governativi e cittadini degli Stati Uniti. Chiunque si trovi nel Paese deve essere consapevole del fatto che potrebbe essere oggetto di sequestro o attacchi”.

martedì 27 gennaio 2015

"Vieni a combattere in Libia". La nuova campagna di reclutamento di Is che spaventa l'Italia

20 gennaio 2015 di Giulia Aubry
La Siria ti sembra troppo lontana? Allora vieni a combattere in Libia! Quella che all’inizio sembrava una iniziativa nata spontaneamente tra i simpatizzanti di Isis per favorire la diffusione del Califfato anche nel NordAfrica, è stata ufficialmente sposata dallo Stato Islamico e dal suo “braccio armato” mediatico, Al Hayat Media che vi ha immediatamente apposto il suo logo.

La campagna per “spostare” i combattenti dello Stato Islamico nel paese nordafricano - devastato da una guerra interna, e a soli 355 km dalle nostre coste - è partita qualche giorno fa con l’hashtag (in arabo) #LaMigrazioneVersoloStatoIslamicoinLibia. A corredo dei tweet compaiono immagini e banner di propaganda da diffondere viralmente nel web 2.0 e, soprattutto, alcune mappe della Libia. Su queste cartine sono evidenziati tutti i punti di possibile accesso al paese attraverso quello che appare come un confine privo di qualsiasi controllo, soprattutto nella zona sud.

lunedì 26 gennaio 2015

Terrorismo: "Tutti pensano a Parigi, ma per i morti in Libia nessuno alza un dito"

Le voci raccolte in un bar alla periferia di Milano, dove cinque immigrati islamici commentano quanto è accaduto nella capitale francese, con qualche faticoso distinguo

19 gennaio 2015 Carmelo Abbate
Tarek: «I terroristi di Parigi sono degli infiltrati che hanno agito per mettere in cattiva luce la religione musulmana, guarda caso in un periodo in cui tante donne in Italia e in Europa si convertono all’Islam». Faris: «I terroristi erano francesi, come i morti ammazzati. È un problema della Francia, cosa c’entra l’Islam?» Ahmed: «Hanno ucciso dieci persone e si ferma il mondo, per tutti i morti in Libia nessuno alza un dito». Adel: «Tu hai mai sentito un musulmano offendere Gesù Cristo? Allora perché voi non fate altro che insultare il profeta Mohammed». Maghid: «Parliamoci chiaro, tu pensi davvero che dietro l’11 settembre c’è Osama Bin Laden?»

domenica 25 gennaio 2015

SARKHOLLANDE E GLI ALTRI PADRINI. 5 PUNTI DA GRIDARE DAI TETTI

13 gennaiop 2015
Riassunto dei cinque punti. 1. Nato e Golfo hanno aiutato in tutti i modi l’ascesa dei terroristi in molti paesi. 2. Nato e Golfo hanno condotto guerre di aggressione dirette o indirette definibili come terrorismo. 3. Vittime di massa del terrorismo sedicente islamico sono popolazioni musulmane, e comunque popolazioni extraoccidentali. 4. Chi combatte di più e con più sacrificio contro il terrorismo sedicente islamico sono le popolazioni musulmane e comunque extraoccidentali, molti popoli e diversi governi del Sud del mondo. 5. Media e società civile d’Occidente sono colpevoli di ignavia rispetto all’intreccio guerre di aggressione-sostegno al terrorismo.

Il 2015 si è aperto all’insegna del terrorismo. In Nigeria centinaia o forse migliaia di persone in sedici villaggi sono state massacrate dai folli di Boko Haram, rafforzatisi grazie alla guerra della Nato in Libia che ha prodotto un proliferare di spore terroriste armatissime. In Yemen decine di morti e almeno 40 feriti in un attentato kamikaze compiuto a Sana’a in un’alba di morte. Diverse autobombe in Iraq, con molte vittime; succede tutti i giorni dal 2003 (invasione Usa). A Tripoli nove morti in un attentato compiuto da una delle bande nelle quali si è sciolto il paese, come nell’acido. Anche la fine dell’anno 2014 è stata un concentrato di terrore (*).

sabato 24 gennaio 2015

Libia: le milizie islamiche non sono d’accordo neanche tra loro

18 gennaio 2015
Una spaccatura sembra essersi approfondita negli ultimi giorni all’interno di Alba della Libia (Fajir), coalizione di milizie islamiste che attualmente controlla la capitale Tripoli, sulla partecipazione del gruppo ai colloqui in corso a Ginevra sotto egida Onu. E’ quanto riferisce il sito web libico “Libya Herald“.

I consigli municipali di Janzour e Suq al Juma hanno annunciato che non parteciperanno al processo di dialogo mediato dalle Nazioni Unite perche’, sostengono, il Congresso nazionale (il parlamento di Tripoli dominato dalle forze islamiste) e’ l’unico autorizzato a occuparsi della questione.
Questo nonostante negli scorsi giorni diversi consigli municipali, tra cui Misurata e Tripoli, abbiano annunciato la propria partecipazione ai colloqui di Ginevra.

venerdì 23 gennaio 2015

Libia: i combattimenti causano nuovi flussi migratori

18/1/2015
In Libia, dall'inizio dell'anno è in atto una recrudescenza dei combattimenti in diverse città e paesi nella zona orientale, tra cui Bengasi, e ciò ha provocato un incremento delle migrazioni forzate. Molte persone sono dovute fuggire per la quarta o quinta volta, rendendo i numeri difficili da stimare. Tuttavia, nella sola Bengasi il consiglio locale riferisce che sono circa 90.000 le persone che non sono in grado di tornare a casa.
In Libia 400mila sfollati
Le migrazioni forzate si sono concentrate nelle zone di Bengasi, di Derna, e vicino al Golfo di Sirte a Ben Jawad e Ras Lanuf. Questa è solo una delle zone della Libia in cui si verificano fughe di massa. In tutto il Paese si stima che vi siano circa 400.000 persone sfollate. Inoltre, la Libia ospita circa 37.000 rifugiati e richiedenti asilo di nazionalità diverse le cui condizioni umanitarie sono sempre più precarie.

giovedì 22 gennaio 2015

Caos Libia, round finale

18 gennaio 2015 di Alessandro Farruggia

IL DESTINO della Libia è appeso a un filo che passa da Ankara e Doha. Oggi il Gnc, il vecchio parlamento libico in mano agli islamisti che si è reinsediato a Tripoli, deciderà se partecipare al secondo round negoziale in programma per la prossima settimana. E dalla risposta capiremo se la Libia è destinata a discendere sempre più nel caos o se può tentare la lenta risalita verso la stabilizzazione. Nella Libia del post Gheddafi la dialettica politica si fa in primis con le armi. E non a caso la chiusura del primo round negoziale a Ginevra – incoraggiante per molti versi – è stata salutata ieri dall’esplosione di una autobomba davanti all’ambasciata algerina a Tripoli. Rivendicato dall’Isis, l’attentato ha invece tutta l’aria di essere un avvertimento tra le fazioni filoislamiste che guidano la Tripolitania e che sono oggi spaccate sull’atteggiamento da tenere rispetto al processo di Ginevra.

mercoledì 21 gennaio 2015

Chiude il cantiere in Libia, Salviato perde il lavoro: «Che delusione»

Rapito per otto mesi. A due dal suo rilascio, il tecnico di Trebaseleghe rimane senza occupazione: «Mi aspettavo qualcosa di diverso dopo quello che mi è successo»

VENEZIA Proprio ieri, 16 gennaio, ha «festeggiato» i due mesi da uomo libero. Era infatti il 16 novembre quando Gianluca Salviato, il tecnico di Trebaseleghe rapito in Libia il 22 marzo scorso e rimasto per quasi otto mesi nelle mani dei jihadisti, tornò in Italia. In realtà però Salviato in queste settimane ha avuto ben poco da festeggiare. Dopo il suo ritorno a casa ha ben presto scoperto che l’azienda per cui lavorava, l’udinese Enrico Ravanelli, aveva deciso di abbandonare il cantiere libico, anche sulla scia della sua vicenda. E dunque lui e gli altri 14 colleghi sono sulla soglia del baratro e rischiano il licenziamento. L’azienda li ha messi tutti in cassa integrazione già nel giugno dello scorso anno, quando Salviato era ancora nelle mani dei suoi aguzzini. Inizialmente fino al 31 dicembre, poi però la situazione non si è più rimessa in sesto, la Libia resta un paese pericoloso e l’azienda ha prorogato il provvedimento fino al 31 gennaio, solo grazie a un accordo con il sindacato.

martedì 20 gennaio 2015

Libia: a Ginevra inizia male il "negoziato" tra RATTI

ecco uno dei tanti articoli apparsi in questi giorni.

Libia: colloqui Ginevra iniziano male, arriva solo delegazione Tobruk
18:03 14 GEN 2015


(AGI) - Ginevra (Svizzera), 14 gen. - Sono partiti male i colloqui di Ginevra organizzati dall'Onu per formare un unico governo di unita' nazionale. Sul lago Lemano sono arrivati solo i rappresentanti del governo riconosciuto internazionalmente del premier Abdullah al Thani. E' stato confermato che gli islamisti della coalizione dell'Alba Libica (Fajir) e delle brigate di Misurate, che controllano la Tripolitania e avanzano in Cirenaica, non sono a Ginevra.

lunedì 19 gennaio 2015

Libia, un Paese sull’orlo del disfacimento

Di Emanuele Vena | 15.01.2015 09:07 CET

A meno di quattro anni dall'intervento NATO, che ha portato alla rimozione del leader Muammar Gheddafi, la situazione della Libia non sembra mostrare segnali di miglioramento. Al contrario, l'inasprimento delle tensioni interne nonché dell'emergenza umanitaria, in aggiunta alla profonda crisi economica, sta spingendo il Paese sempre più sull'orlo del baratro.


La situazione interna, innanzitutto. Con la fine dell'era Gheddafi, la Libia è diventata preda di amministrazioni rivali, in continua lotta per il controllo del potere dell'intero Paese. Lo scontro tra il fronte islamista e il governo ufficialmente riconosciuto dall'Occidente ha prodotto la movimentazione forzata di quasi mezzo milione di cittadini libici, con ben centomila persone in fuga nei Paesi limitrofi, secondo le stime ONU

domenica 18 gennaio 2015

Libia, sui social media immagini della polizia religiosa in azione a Tripoli

Articolo pubblicato il: 12/01/2015

Eliminare "l'indecenza" dalle strade di Tripoli. E' questo l'obiettivo della hisba, la polizia religiosa che, stando ad alcuni account riconducibili allo Stato islamico (Is) su vari social media, sarebbe al lavoro nella capitale libica per ripulire le vie commerciali da ogni "turpitudine".

sabato 17 gennaio 2015

Gli Stati non possono creare moneta. Le banche sì

5 gennaio 2015, di Michele Rallo

Strana società, quella dei nostri giorni. E per “società” intendo quel complesso di regole che scandisce la vita dei popoli e delle nazioni. Strana società – dicevo – è la nostra, che vede gli Stati, ricchi e poveri, incapaci di provvedere con mezzi propri anche alle più elementari esigenze dei propri cittadini. Ogni cosa (dall’alimentazione alla sicurezza, dalla sanità all’edilizia pubblica, dai trasporti all’istruzione, dalla tutela ambientale alla difesa militare) ha i relativi costi; e questi costi possono essere affrontati, oltre che con l’imposizione fiscale, solamente con denaro che gli Stati non possono creare, ma che devono necessariamente farsi prestare dalle banche private. Tutti gli Stati, sostanzialmente, anche quelli che hanno l’illusione di avere ancora una propria “sovranità monetaria”. Prendete gli Stati Uniti d’America – per esempio – il cui governo ha, proprio in queste settimane, immesso sul mercato interno una gran quantità di danaro “fresco”. Ebbene, quel denaro non lo ha stampato il governo degli Stati Uniti, ma la FED, la Federal Reserve, cioè la banca “centrale” che lo ha poi prestato al governo. Malgrado la ambigua denominazione di “centrale”, infatti, la Federal Reserve è una banca privata, posseduta da un azionariato composto da banche private americane e straniere. Per l’esattezza (dati del 1992): le americane Goldman Sachs, Kuhn & Loeb, Lehman Broters, Chase Manhattam, l’inglese Rotschild, la tedesca Warburg, la francese Lazard, ed una misteriosa – per me – Banca Israel Moses Seif con sede a Roma.(1)

venerdì 16 gennaio 2015

Charlie Hebdo e gli Spudorati

Dopo la strage. Non è importante che tutti credano alle bugie del Potere. L'importante è che si faccia finta di crederci e che specialmente lo facciano i media. [Piotr]

9 gennaio 2015, di Piotr.



Se mai ci fossero stati dei dubbi, il "ritrovamento" del documento nell'auto usata dai killer del Charlie Hebdo è la conferma che la strage è stata organizzata e diretta dai Servizi, forse direttamente eseguita da loro.
Tuttavia spingersi fino all'ipotesi di quali Servizi siano non è più un esercizio politico ma investigativo. Un esercizio arduo - e noi italiani abituati alle "stragi di stato" dovremmo ben saperlo - specialmente nell'epoca del caos sistemico.


Fatto sta che tutti gli esperti francesi in questioni militari e di sicurezza hanno subito messo in evidenza la professionalità degli assassini di Parigi. Lo hanno capito da come tenevano le armi. Lo hanno capito da come si muovevano. Lo hanno capito da come procedevano. Persone addestrate ad uccidere. Qualcuno ipotizzava in Siria, qualcuno in Iraq e qualcuno non escludeva la Francia. Incidentalmente noi facciamo un passo in più e ci chiediamo chi addestra ad uccidere in Siria e in Iraq. Non sono gli stessi squadroni della morte atlantici che abbiamo visto all'opera in Libia, in Iraq, in Siria e, con variazioni sul tema, in tutte le "rivoluzioni colorate"?

giovedì 15 gennaio 2015

MI5, MI6 e la morte di al-Liby negli USA: UK, al-Qaida, al-Shabab e Lee Rigby

Murad Makhmudov e Lee Jay, Modern Tokyo Times, 5 gennaio 2015

MI5 e MI6 inglesi saranno profondamente sollevati dalla fortunosa morte di Anas al-Liby negli USA. La sua morte sarà stata accolta con un sospiro di sollievo sul processo che stava per avere luogo a New York. Dopo tutto, MI5 e MI6 avevano profondi legami con Anas al-Liby e altri terroristi internazionali. Naturalmente, il Regno Unito non è unico in ciò. Tuttavia, la brutale morte di Lee Rigby e la realtà degli innumerevoli terroristi di tale nazione spediti in Siria è un’ulteriore prova che c’è del marcio nel cuore della comunità d’intelligence. Pertanto, l’annuncio della morte di Anas al-Liby occulterà le molte ratlines terroristiche nel cuore della dirigenza inglese.

mercoledì 14 gennaio 2015

Libia, guerra ‘civile’ petrolifera

9 gennaio 2015
L’inviato speciale del Presidente turco Recep Tayyip Erdogan, Emrullah Isler, incontrava il 25 ottobre il presidente del Parlamento Ayla Salah Isa, a Tobruq, ma poi si recava a Misurata, sede della fazione islamista Fajr al-Libya(Alba Libica) e a Tripoli ad incontrare il primo ministro islamista Umar al-Hasi. Emrullah Isler era il primo rappresentante di un Stato estero ad incontrare ufficialmente il capo del governo islamista libico, opposto al governo ufficiale di Abdallah al-Thani. Nel corso della visita Isler annunciava il ristabilimento dei collegamenti aerei regolari tra Istanbul e Misurata. Nel frattempo, 2 aerei da trasporto turchi erano atterrati a Misurata, il 24 e 25 ottobre, carichi di armi e munizioni per le milizie islamiste in lotta contro le forze del governo di Tobruq. Il 13 novembre 2014 venivano fatte esplodere due autobombe davanti le ambasciate di Egitto e EAU a Tripoli. In Libia, da metà giugno 2014, si sono avuti oltre 500 omicidi, tra cui quello del colonnello Aqila Ibrahim, capo dei servizi segreti, nominato nel marzo 2012 dal Consiglio nazionale di transizione.

martedì 13 gennaio 2015

Contrordine di Hollande: Parigi non interverrà in Libia

6 gennaio 2015
A dispetto delle dichiarazioni rilasciate a Capodanno dal ministro della Difesa, Jean Yves Le Drian, la Francia non interverrà in Libia. Lo ha detto oggi il presidente francese Francois Hollande in un’intervista alla radio France Inter, sottolineando i già molteplici impegni militari della Francia.

“La Francia non interverrà in Libia, spetta alla comunità internazionale farlo” ha detto il presidente ricalcando di fatto la posizione del governo italiano. Quanto all’ipotesi che la Francia partecipi a un’operazione sotto l’egida Onu, il capo dell’Eliseo ha sollecitato “un mandato chiaro”, “un’organizzazione chiara” e le “condizioni politiche” perché questa si realizzi”.

lunedì 12 gennaio 2015

Immigrati: dopo i barconi è l’ora dei mercantili fantasma

4 gennaio 2015

Usano navi dismesse da 2-3 anni e finite, non si sa come, nella mani dell’organizzazione che gestisce l’immigrazione clandestina in Italia ed una volta impostata la rotta – o comunque dopo avere dato i rudimenti di navigazione a qualcuno dei migranti a bordo – abbandonano la nave. E’ il nuovo sistema usato dagli scafisti per trasportare nel nostro Paese i migranti, soprattutto provenienti dalla Siria. Un sistema usato la notte scorsa anche con il cargo Ezadeen che la Marina ha diretto al porto di Corigliano Calabro.

Una metodica già nota alla Guardia Costiera calabrese che si è trovata ad affrontare casi analoghi volte nel recente passato. “Adesso – spiegano alla Guardia costiera – è cambiata la tipologia degli sbarchi. Prima avvenivano prevalentemente nel periodo estivo e con vecchie carrette del mare. Adesso utilizzano grandi navi, anche di 100 metri, che consentono di affrontare il mare grosso invernale.

domenica 11 gennaio 2015

Ultimo giorno del 2014 storico. Neve anche in Libia!

Massimo Aceti 5/1/2015

E' stata davvero straordinaria, e per certe zone eccezionale, l'ondata di freddo che ha colpito la parte di Mediterraneo posta tra il Canale di Sicilia e il Golfo della Sirte l'ultimo giorno del 2014.

Non fossero bastate le nevicate delle coste meridionali della Sicilia, anche in posti dove non si verificavano da oltre un secolo, non fossero bastate le nevicate di Malta (l'ultima precedente nel 1962!) e quelle della Tunisia (qui invero più frequenti), ecco che dai media libici e da alcuni video presenti su youtube apprendiamo anche delle nevicate in Libia fin nei pressi della costa!

sabato 10 gennaio 2015

Raid aereo delle forze libiche su petroliera greca, due morti

Una delle vittime è un giovane marinaio greco di 29 anni, dell'altra non si sa nulla. Di 21 membri dell'equipaggio due sono rimasti feriti, non si sa se in modo grave. La nave, che trasportava 13 mila tonnellate di greggio, ha subito danni, ma non rischia di affondare
Derna (Libia)

05 gennaio 2015Due marinai uccisi, di cui uno greco, e altri due feriti: è il bilancio di un raid aereo effettuato da jet delle forze libiche del generale Khalifa Haftar, fedeli al governo internazionalmente riconosciuto di Tobruk. Obiettivo del bombardamento, una petroliera greca ormegiata al porto di Derna, controllato dagli islamisti, in Libia.

venerdì 9 gennaio 2015

Il pregiudizio sulle popolazioni della Libia in epoca coloniale. 2

«Meglio non fidarsi»
La falsità era vista come costitutiva dell'intima essenza degli Arabi e l'insidia della bugia avrebbe senz'altro colto alla sprovvista il malcapitato italiano in Colonia:

«Con il cristiano [...] mancano facilmente di parola e non si fanno scrupolo di mentire, [ed anche gli Ebrei libici], abbastanza solidali fra correligionari, non si fanno scrupolo d'ingannare l'europeo»59.

Con dovizia di esempi storici, si faceva risaltare l'accondiscendenza di facciata degli indigeni, velo di una perenne rivolta covante di nascosto60, perciò alle popolazioni dell'interno, "arretrate" ogni oltre tollerabilità e destinate al non invidiabile ruolo di oggetto di studio delle numerose "spedizioni scientifiche", spettava il "titolo" di "infide e sospettose", magari quando emissari dell'Ufficio Fondiario facevano visita alle loro proprietà con l'improbabile intenzione di ampliarle...61.
Del resto, l'azione prefascista in Colonia, sia per non aver tenuto conto dei dati essenziali della "psicologia indigena" che per averne incoraggiato vari "difetti", si sarebbe rivelata totalmente negativa, suscitando un atteggiamento ostile da parte delle popolazioni locali, determinato dalla "diffidenza propria della razza"62.

giovedì 8 gennaio 2015

Il pregiudizio sulle popolazioni della Libia in epoca coloniale.

Uno strumento al servizio della «missione di civiltà»
di Enrico Galoppini




Introduzione
La lettura di pubblicazioni risalenti agli anni della presenza italiana in Libia, trasmettendoci in parte --meglio di quanto possa fare la posteriore storiografia specialistica-- il "sentire" di chi quelle pagine scrisse, ci ha indotto a riflettere sul ruolo del pregiudizio nel mondo occidentale moderno, in particolare di quello sugli Arabi ed i Musulmani.
Non del tutto a prescindere dalle differenti fasi in cui si articolò quella presenza, il trentennio 1911-1943 vide una crescente proliferazione di una "letteratura coloniale" tra i cui compiti vi era quello dichiarato di diffondere una sempre latitante "coscienza", appunto, coloniale. Per chiunque avesse voluto saperne di più sulla Libia e le sue popolazioni, essa costituiva una base di sicure conoscenze, un sapere diffuso il quale forniva gli "occhiali" che il lettore avrebbe potuto "inforcare" al momento di partire per la "quarta sponda» in veste di funzionario coloniale (il tipico autore di questo genere di letteratura) o di semplice turista. Il più delle volte (non a caso) si trattava di opere celebrative dell'azione svolta dai nostri connazionali in Colonia (con gli "indigeni" a far da sfondo), ragion per cui le informazioni contenutevi --non di rado preziose-- vanno prese con la debita cautela, soprattutto per quanto concerne l'aspetto storico-politico. Per altri versi esse mettono invece in risalto una mentalità comune, un vero e proprio credo con i suoi dogmi essenziali ed accessori, che negli scritti d'argomento coloniale trovava infinite occasioni d'essere professato e che gli esperti di materie coloniali, cantori della vera "civiltà" da contrapporre alla "barbarie" (di volta in volta asiatica, orientale eccetera), abbracciavano entusiasticamente.
Era, per dirla in breve, sia che si scrivesse nell'"Italietta" giolittiana o negli anni del «rinnovato Impero di Roma», la già stagionata credenza nel "Progresso" --quello con la "P" maiuscola-- che viveva in Colonia e nelle pagine ad essa dedicate una seconda ed insperata giovinezza. Messa in soffitta in patria dall'impeto polemico fascista, ma forse semplicemente dissimulata, nelle terre "d'Oltremare" tornava prepotentemente come irrinunciabile corredo ideologico di quella che --al di là degli accorgimenti lessicali1-- da secoli rappresenta pressappoco l'unica modalità che l'Occidente ritiene di adottare nel confronto con le altre culture: la «missione di civiltà».

mercoledì 7 gennaio 2015

Libia a ferro e fuoco

30 Dec2014 By Graziella Giangiulio
Dieci persone sono state uccise e altre 15 sono state ferite giovedì notte in un'esplosione in un deposito di munizioni appartenenti all'esercito nella zona Barak, che si trova nell'estremo sud della Libia. Fonte: il governatore militare delle regioni meridionali della Libia.

Il governatore militare, Mohammed Zahabi, ha detto che nelle regioni meridionali della Libia (Fezzan) «almeno dieci persone sono state uccise e altre 15 ferite in seguito a un'esplosione in un deposito di munizioni e armi nella zona di Barak», che si trova a circa 60 km a nord della città di Sabha. Ha spiegato che un «gruppo sconosciuto ha tentato uno sconfinamento nel magazzino che ha provocato questo sfortunato incidente». Altri incidenti sono successi la scorsa settimana provocati da uomini armati non identificati, sui tre depositi di armi e munizioni da basi e accampamenti disseminati nella zona e hanno saccheggiato molte munizioni e di armi e sono fuggiti, secondo la stessa fonte.

martedì 6 gennaio 2015

Moussa ibrahim interverrà al parlamento inglese, in un incontro sulla Libia organizzato dalla tricontinental

12 gennaio 2015 alle ore 18:30 ( ita+eng).
Libia e NATO: una storia non raccontata.

interverranno:
dr Mabruk derbash
Professore presso l' università di Tripoli, il dottor Derbash è anche un commentatore politico il cui lavoro è stato pubblicato su Al Jazeera, BBC, Calgary Herald, così come Middle east online o di Al Quds el Arabi.

Sukant Chandan
Coordinatore alla Tricontinentale, che è stato in Libia tre volte durante l'aggressione della Nato nel 2011.

lunedì 5 gennaio 2015

La “Libia libera” è un’appendice dell’ISIS?

novembre 26, 2014 di Enrico Galoppini
C’è chi giura che finalmente la Libia è “libera”. Libera dalla “tirannia” e dal “dispotismo” di un solo uomo.

Ma a giudicare dal fatto che ancora moltissimi sono gli armati praticamente fuori controllo perché inquadrati in “milizie”, non si può dire che i cittadini di quella che fu la Jamahiriyya possano stare molto tranquilli e felici.

Il simulacro di Stato che ha sostituito la creazione sorta dal genio di Gheddafi assomiglia più che altro ad una specie di “guerra per bande” permanente, dove ciascuna fazione e tribù è riemersa col suo inconcludente settarismo politico e religioso.

domenica 4 gennaio 2015

Libia, spaccata in due e alla deriva

Alberto Negri 27 dicembre 2014
MIX ESPLOSIVO La guerra tra le fazioni è per il controllo delle risorse energetiche
L’Occidente non ha ancora capito come muoversi
Davanti alla Libia è come se ci fosse da oltre tre anni uno schermo fatto di ipocrisia, indifferenza e proclami velleitari che la rende invisibile alla comunità internazionale. Se dalla sponda Sud nelle ultime 24 ore non fossero arrivati sulle nostre coste oltre 1.200 profughi, salvati dalla Marina Militare, forse si sarebbe persino perduta all’orizzonte la collocazione geografica dell’ex colonia che sta affondando nella guerra civile. C’è da chiedersi se la Libia stessa valga ancora qualche cosa, visto il crollo delle quotazioni del petrolio sui sui mercati. Non è da escludere neppure questo cinico e miope calcolo di costi e benefici per giustificare un’apparente mancanza di iniziative e di strategia.

sabato 3 gennaio 2015

Libia di nuovo nel caos. Ma il petrolio non risale

di Sissi Bellomo 28 dicembre 2014
Il ritorno delle forniture dalla Libia aveva avuto un peso non indifferente nell’innescare nei mesi scorsi la discesa di prezzo del petrolio. Ora il paese nordafricano è ripiombato nel caos e la sua produzione di greggio si è ridotta a 352mila barili al giorno dai circa 900mila di ottobre (prima del 2011 erano 1,6 milioni). Ma quello che poteva essere un buon freno al crollo delle quotazioni del barile è stato guardato con freddezza dai mercati, ormai evidentemente dominati da forze ribassiste.
Santo Stefano - e per di più di venerdì - con molti operatori occidentali ancora in vacanza, la seduta è stata caratterizzata da alta volatilità e volumi di scambio più che dimezzati rispetto al solito. Ma i movimenti di prezzo non sono stati poi così vistosi: il Brent, che si era spinto in rialzo di circa l’1%, a sfiorare 61 $/bbl, ha poi chiuso in leggera flessione, sotto 60 $. Stesso copione per il Wti, salito dapprima a 56,59 $, per poi ripiegare poco sopra 55 $.

venerdì 2 gennaio 2015

Libia, razzi degli islamisti: 3 serbatoi di petrolio in fiamme a Sidra

26 dicembre 2014
In Libia si sono estese ad altri due serbatoi di petrolio le fiamme partire ieri da un’altra maxi-cisterna centrata da un razzo lanciato dagli islamisti della coalizione dell’alba (Fajir) contro ill piu’ grande deposito petrolifero libico, quello di Sidra, vicino al terminal di Ras Lanuf. Lo riferisce il portavoce della sicurezza locale, nella turbolenta regione orientale della Cirenaiza, Ali al-Hassi, sottolineando il rischio che l’incendio possa propagarsi ad altri serbatoi.

giovedì 1 gennaio 2015

Famiglia cristiana egiziana massacrata in Libia

26 dicembre 2014
Cristiani nel mirino in Libia. Uccisi senza pietà a Sirte il 23 dicembre una coppia di medici copti egiziani e la loro figlioletta di 13 anni, portata via da un commando armato, trovata morta l'indomani. Risparmiate altre due sorelline che si trovavano in casa al momento dell'irruzione. Il movente religioso dell'attacco è confermato dal fatto che gli assassini non hanno portato via il denaro, nè i gioielli. La coppia viveva a Jaref, 60 km da Sirte, ed era in Libia da 15 anni.