Translate

lunedì 31 dicembre 2018

Se il sistema non trova le soluzioni, bisogna cambiare il sistema

Ci voleva una ragazzina di 15 anni per rimettere le cose a posto e dire quello che è sotto gli occhi di chiunque, per affermare cose ovvie ma fondamentali inchiodando tutti alle proprie responsabilità.

Se il sistema non trova le soluzioni, bisogna cambiare il sistema Greta Thunberg,
 15 anni, di origini svedesi, già nota per il sit in davanti al parlamento del suo paese per chiedere misure contro i cambiamenti climatici, ha parlato ai microfoni della COP24, la conferenza delle parti sul clima, che si è tenuta in Polonia e si è chiusa con decisioni deludenti.
Greta ha parlato senza fronzoli, senza ipocrisie, senza bizantinismi, calcoli e tatticismi, senza vuoto e falso politichese. Ha illustrato semplicemente la realtà per quella che è, indicando le soluzioni per risolvere i problemi, così come dovrebbe essere sempre ma come non è praticamente mai.
Viviamo infatti in un mondo dove non ci si concentra su ciò che serve fare ma su quanto politicamente possibile fare, che però si rivela del tutto insufficiente visto l’aggravarsi costante della situazione. Come è risaputo, la politica è ostaggio e serva degli stessi ricchi di cui parla Greta e per il profitto dei quali si sta distruggendo l’intero pianeta. Come associazione Paea diciamo le cose di Greta da tanti anni ma la forza dirompente di questa fantastica ragazzina è uno squarcio nel velo dell’ipocrisia imperante. Il suo messaggio rivolgendosi ai delegati dell’ennesima inutile conferenza sul clima in Polonia è netto: ci avete ignorato in passato e continuerete a ignorarci, voi avete finito le scuse e noi abbiamo finito il tempo.
E Greta azzecca un passaggio fondamentale: il potere, che ha determinato questa situazione con la complicità del consumismo e dei suoi tanti attori, non tiene conto del cambiamento che è già in atto. Persone che hanno capito che dalla politica non arriveranno i reali, profondi e necessari cambiamenti, stanno cambiando loro direttamente. E sulla spinta di quello che Greta chiama popolo, anche la politica per buona ultima sarà costretta a cambiare. Quel popolo, che per il momento è ancora molto occupato a fare shopping ma dalla cui moltitudine si stanno staccando pezzi sempre più numerosi e stanno organizzando un sistema che non ha niente a che vedere con quello fallimentare e senza futuro che impera attualmente. E quando il sistema non trova la soluzioni, bisogna cambiare il sistema.
Non è certo un caso che questo messaggio venga da una bambina, quindi giovane e donna, laddove soprattutto gli adulti e maschi danno e storicamente hanno dato prova di stupidità, ferocia e follia senza limiti. Greta fa venire prima l’azione della speranza, infatti in un suo intervento dice: “Una cosa di cui abbiamo bisogno più della speranza è l’azione. Una volta che iniziamo ad agire la speranza è ovunque. Invece di cercare la speranza, cercate l’azione e solo allora arriverà la speranza”.
Grazie Greta, sei una bellissima luce in una notte che sta diventando sempre più fonda.

Preso da: http://www.ilcambiamento.it/articoli/se-il-sistema-non-trova-le-soluzioni-bisogna-cambiare-il-sistema

domenica 30 dicembre 2018

Dopo le Europee il nulla

14 dicembre 2018,
di STEFANO D’ANDREA
Dunque, immaginiamo che i sovranari italiani, i liberal-etnicisti ungheresi, Alleanza confindustriale per la Germania, i comunisti e i socialisti portoghesi, Alba Dorata in Grecia, i nazionalisti svedesi e danesi, l’alleanza di sinistra e il Front National in Francia, i liberali non cosmopoliti austriaci, gli opportunisti (sedicenti sovranisti) reazionari polacchi, e alcuni altri gruppi politici variamente critici nei confronti dell’Unione Europea, ottengano il 35% dei seggi nel Parlamento europeo. Poniamo pure che ottengano il 45% e persino il 50 o il 55%.

sabato 29 dicembre 2018

UE e sovranità monetaria secondo Mario Draghi

19 dicembre 2018.
DI FABIO CONDITI
comedonchisciotte.org
comedonchisciotte controinformazione alternativa draghi e sovranità
Nel corso del discorso tenuto sabato 15 dicembre 2018 a Pisa, in occasione del conferimento della Laurea honoris causa in Economia da parte della Scuola Superiore Sant’Anna, Mario Draghi ha finalmente ammesso che qualcosa deve essere cambiato nel funzionamento dell’Unione Europea ed ha anche espressamente parlato della sovranità monetaria.
Qui trovate l’intervento integrale https://www.startmag.it/primo-piano/perche-lue-deve-dare-agli-stati-piu-poteri-anti-ciclici-in-politica-economica-parola-di-mario-draghi-bce/.
Questo atteggiamento più “critico” è probabilmente dovuto al tentativo di arginare i movimenti sovranisti e populisti, che hanno dato origine nel Regno Unito alla Brexit, in Italia al Governo M5S e Lega e in Francia alle manifestazioni di piazza dei gilets gialli. Movimenti che pur nelle loro diversità, manifestano un malcontento molto evidente nei confronti delle politiche economiche neoliberiste degli ultimi anni.

venerdì 28 dicembre 2018

Gli Stati Uniti preparano una guerra tra latino-americani

Mossa dopo mossa i fautori della dottrina Cebrowski mandano avanti le loro pedine. Costretti a smettere di istigare guerre nel Medio Oriente Allargato, si volgono al Bacino dei Caraibi. Innanzitutto il Pentagono pianifica l’assassinio di un capo di Stato democraticamente eletto, nonché la rovina del suo Paese, poi scalza l’unità dell’America Latina.
| Damasco (Siria)
 English  français  Português  română  русский  Türkçe  ελληνικά  Español  Deutsch

JPEG - 26.4 Kb
In un discorso alla comunità anti-castrista al Miami Dade College, John Bolton così si è espresso: «Questa troika della tirannia, che si estende dall’Avana a Caracas, passando per Managua, è causa d’immense sofferenze umane, fomento di una gigantesca instabilità regionale, nonché genesi nell’emisfero occidentale d’una sordida culla del comunismo».
John Bolton, nuovo consigliere per la Sicurezza Nazionale statunitense, ha rilanciato il progetto del Pentagono di distruzione delle strutture statali del Bacino dei Caraibi.

giovedì 27 dicembre 2018

Perché gli Stati Uniti all’improvviso sloggiano dalla Siria?

In caso di scontro con le forze armate siriane – che ora dispongono della strumentazione antiaerea russa, la migliore al mondo – l’US Air Force è condannata alla sconfitta. Gli Stati Uniti non hanno scelta: possono solo andarsene prima di essere umiliati.
La storia si ripete. In Iraq, prima di lasciarli massacrare da Saddam Hussein, gli Stati Uniti si servirono di combattenti kurdi, promettendogli che avrebbero avuto un proprio Stato. Oggi, lasciano soli a fronteggiare la Turchia altri kurdi, cui ancora una volta hanno promesso uno Stato. Dopo otto anni di battaglie e il sacrificio di decine di migliaia di mercenari islamici, il sogno della NATO di distruggere le strutture statali siriane va in fumo.
| Bucarest (Romania)
 
JPEG - 43.4 Kb
Una settimana fa sono state dispiegate a Deir Ez-zor, nella Siria orientale, due batterie di missili S-300. Subito dopo, nel nord-est della Siria l’intensità dei voli della Coalizione guidata dagli Stati Uniti è diminuita dell’80%. Dal 18 settembre nello spazio aereo siriano non ci sono stati raid dell’aeronautica militare israeliana.

mercoledì 26 dicembre 2018

Libia. Carichi di armi ed esplosivi, la Turchia sta per rivelare la sua vera faccia in Libia

di Vanessa Tomassini –
Dopo la sua uscita anticipata dalla Conferenza di Palermo, la Turchia sembra stia preparando qualcosa di molto grosso in Libia. Due giorni fa le autorità del porto di al-Khamis, ad est della capitale Tripoli, hanno fermato una nave battente bandiera di Antigua e Barbuda che dichiarava di trasportare materiale da costruzione in 40 container, ma che in realtà nascondevano diverse tonnellate di armi. La nave sarebbe salpata il 25 novembre scorso dal porto di Mersin, nel sud della Turchia, e avrebbe fatto scalo in diversi porti turchi fino a quando non ha raggiunto il porto di Ambarli, nella regione occidentale di Istanbul. Gli ufficiali libici, secondo il quotidiano “L’Osservatorio”, avrebbero rinvenuto più di due milioni di shot gun 9 mm, circa tremila pistole 9 mm e 120 Beretta, quattrocento fucili da caccia e quasi 5 milioni tra proiettili e munizioni.

martedì 25 dicembre 2018

La missione dei bombardieri strategici russi Tu-160 in Venezuela

Tu-160Ven_Aurorasito (003)
Come anticipato sul nostro canale Telegram, lo scorso 10 dicembre due bombardieri strategici Tupolev Tu-160 (matricole RF-94108 intitolato a «Vladimir Sudets» e RF-94100 intitolato a «Nikolaj Kuznetsov») preceduti da un aereo da trasporto militare pesante An-124 e un aereo a lungo raggio Ilyushin Il-62, hanno effettuato un volo dalla Russia fino alla base di Maiquetià nella Repubblica Bolivariana del Venezuela.
Tu-160_Aurorasito (002)
Ad accogliere lo staff militare russo il Ministro della Difesa del Venezuela il generale Vladimir Padrino Lopez, rappresentanti dell’ambasciata russa in Venezuela e plotoni di vari corpi militari del paese latinoamericano.

lunedì 24 dicembre 2018

“I confini esistono”. La ribellione dell’alunna al tema immigrazionista della prof

Roma, 14 dic Elena Sempione

  – In una scuola media di Roma è andato in scena l’ennesimo sopruso ideologico a danno degli studenti. Una professoressa di italiano immigrazionista, infatti, ha dato per tema il seguente titolo: «Siamo tutti stranieri». Così, senza punto interrogativo. Lo svolgimento, pertanto, era già incanalato: siamo tutti migranti, e buonanotte alle identità nazionali. Senonché, un’alunna coraggiosa si è ribellata. Ha disegnato un tricolore sul foglio e ha risposto per le rime all’insegnante: «Sinceramente non sono d’accordo con questa affermazione, poiché i confini esistono, le bandiere esistono, l’amore per la patria esiste», ha scritto la ragazzina. Una foto del tema è stata diffusa da Giorgia Meloni su twitter, per essere poi ripresa anche dal Giornale.

domenica 23 dicembre 2018

Yemen, una guerra senza tregua. Catastrofe umanitaria

28/11/2018

Nello Yemen dopo 3 anni di guerra si contano oltre 15000 morti e quasi venti milioni di persone sono in condizioni tali da richiedere aiuti e assistenza. «E l'Italia continua a fornire armi a chi alimenta il conflitto» denuncia Amnesty International.

Yemen, una guerra senza tregua. Catastrofe umanitaria
Amnesty International raccoglie le adesioni a un appello che indirizza al ministro per gli Affari Esteri Enzo Moavero Milanesi, chiedendo che faccia pressione perchè l'Italia smetta subito di vendere armi all'Arabia Saudita, a capo di una coalizione che alimenta il conflitto nello Yemen.
Guerra senza tregua
«Dal 25 marzo 2015 una coalizione internazionale guidata dall’Arabia Saudita e sostenuta da Stati Uniti e Regno Unito, ha lanciato attacchi aerei contro il gruppo armato huthi in Yemen - spiega Amnesty International - I civili stanno sopportando il peso di questo sanguinoso conflitto. Intrappolati nei combattimenti a terra tra gli huthi e le forze filogovernative, e sotto il fuoco dei bombardamenti da parte delle forze della coalizione guidata dall’Arabia Saudita, uomini, donne e bambini sono stati sottoposti a orribili violazioni dei diritti umani, nonché a crimini di guerra, da tutte le parti coinvolte nel conflitto».

sabato 22 dicembre 2018

Gli Usa si preparano allo scontro con Russia e Cina

L'arte della guerra

venerdì 21 dicembre 2018

Verso chi è debitore Emmanuel Macron?

Il presidente Macron viene spesso presentato come un Rothschild Boy. È giusto, ma è una prerogativa secondaria. Thierry Meyssan dimostra come Macron sia debitore per la sua campagna elettorale soprattutto a Henry Kravis, proprietario di una delle più grandi società finanziarie globali, e alla NATO; un pesante fardello che ora condiziona la risoluzione della crisi dei Gilet Gialli.
| Damasco (Siria)
JPEG - 28.3 Kb
Emmanuel Macron non era orientato verso la politica: giovane uomo, si augurava di diventare prima filosofo, poi alto funzionario, infine banchiere d’affari. Per raggiungere i suoi scopi, ha frequentato i numi tutelari dello Zio Sam: la French-American Foundation e il German Marshall Fund of the United States.

giovedì 20 dicembre 2018

i "successi" dei RATTI: Come risultato del deterioramento della situazione dopo la caduta del regime .. La diffusione di accattonaggio e tentativi di combatterlo a Tripoli

14 dicembre 2018

A causa delle cattive condizioni di vita vissute dai cittadini dopo la caduta del sistema delle  masse, ( Jamahiriya) nel 2011 si è diffuso il fenomeno dell'accattonaggio nella capitale Tripoli, dove giovedì il Comune di Tripoli ha lanciato una campagna per combattere il fenomeno dell'accattonaggio, che ha preso di mira le strade principali all'interno del comune.

mercoledì 19 dicembre 2018

Yemen, leader Houthi chiede di mettere fine a operazioni militari

Un esponente di primo piano dei rivoluzionari yemeniti Houthi ha chiesto alla propria leadership di sospendere le operazioni militari e di cessare il lancio di razzi contro l'Arabia Saudita dopo che l'inviato speciale Onu, Martin Griffiths, ha annunciato una sua visita a San'a questa settimana in vista dei colloqui di pace in Svezia.
Mohammed Ali al-Houthi, leader dell'Alto comitato rivoluzionario e influente capo politico, ha scritto su Twitter di volere che il proprio gruppo annunci "di essere pronto a sospendere e cessare tutte le operazioni militari", invitando "tutti i funzionari Houthi a emettere direttive per mettere fine al lancio di missili e droni contro i Paesi attaccanti ... così da togliere loro ogni motivo per portare avanti la loro aggressione e il loro assedio". I Un esponente di primo piano dei rivoluzionari yemeniti Houthi ha chiesto alla propria leadership di sospendere le operazioni militari e di cessare il lancio di razzi contro l'Arabia Saudita dopo che l'inviato speciale Onu, Martin Griffiths, ha annunciato una sua visita a San'a questa settimana in vista dei colloqui di pace in Svezia.

martedì 18 dicembre 2018

Da Gheddafi ad Haftar: la questione libica e il ruolo dell'Italia.

 
14 novembre 2018.
Dopo la recente Conferenza sulla Libia a Palermo occorre fare il punto della situazione e le relative riflessioni, o almeno provarci. Il primo punto da prendere in considerazione è il ritratto che il giornalismo italiano ha fatto del summit di Palermo: traspare un quadro parzialmente negativo, sia per la comune avversione dei maggiori quotidiani verso l'attuale governo italiano sia per l'incognita del futuro della Libia e del ruolo che l'Italia giocherà dopo la Conferenza. ''Repubblica'' titola ''Libia, Haftar diserta il summit di Palermo e la Turchia va via''[1], anche dopo le foto che inquadrano lo stesso Haftar insieme a Conte e Serraj, il presidente libico rivale. Non ha partecipato alla Conferenza , ma ''disertando'' il summit Haftar ha comunque incontrato il ministro degli Esteri francese Le Drian, il primo ministro russo Medvedev e il presidente egiziano al-Sisi, escludendo il delegato turco che è stato l'unico a Palermo ad aver veramente disertato il summit. La domanda sorge spontanea quando si parla della questione libica: quando la Coalizione Internazionale, compresa l'Italia, attaccava la Libia guidata da Muammar Gheddafi, i giornali fecero un quadro negativo dell'accaduto? Criticarono il governo Berlusconi per essersi allineato con la Coalizione contro la Libia? La triste risposta la sappiamo tutti.

lunedì 17 dicembre 2018

Vi spiego la relazione tra le economie illegali della Ue e quelle criminali della Libia

Vi spiego la relazione tra le economie illegali della Ue e quelle criminali della Libia
Se prima i traffici illeciti venivano smistati in Europa da grandi navi, spesso di proprietà siriana, ora ci si trova di fronte a piccoli carichi che vengono trasferiti dalle coste libiche a quelle europee tramite vascelli da pesca italiani o maltesi, che poi lasciano le loro royalties nelle banche de La Valletta
Fin dall’inizio delle ostilità contro Gheddafi, da Malta sono partite operazioni soprattutto dei servizi francesi per inviare armi, informazioni, istruttori diretti verso le forze “ribelli” della Cirenaica che combattevano il Rais. I francesi sono arrivati davanti alle coste di Bengasi con due sottomarini nucleari e la Brigade Action dei servizi, mentre i legami erano già stati stabiliti all’estero, e talvolta poco fuori Roma. Anche con l’aiuto degli Usa. Chi vi scrive ha visto anche i primi documentari interni delle forze ribelli anti-gheddafiane, addestrate con materiali e mezzi che, di solito, erano a disposizione dei migliori gruppi di fuoco dei servizi occidentali. Ed era incredibile come fossero così capaci, i “ribelli” libici, di manovrare armi delicatissime e molto raffinate. Gli agenti francesi usavano anche dei voli “coperti” per monitorare gli arrivi e le distribuzioni degli armamenti, per evitare soprattutto che arrivassero alle persone sbagliate.

domenica 16 dicembre 2018

La secessione dell’Unione Europea

Secondo Thierry Meyssan, il modo in cui Germania e Francia negano al Regno Unito il diritto di uscire dall’Unione Europea dimostra che quest’ultima non è soltanto una camicia di forza. Dimostra altresì che gli europei insistono a preoccuparsi poco dei propri vicini, come accadde per le due guerre mondiali. Evidentemente hanno dimenticato che governare non vuole dire semplicemente difendere gli interessi immediati del proprio Paese, significa avere un orizzonte di ampio respiro e scongiurare conflitti con chi ci sta accanto.
| Damasco (Siria)
 
JPEG - 63.7 Kb
Le popolazioni dell’Unione Europea non sembrano essere consapevoli delle nuvole che si stanno addensando sopra le loro teste. Hanno individuato i gravi problemi della UE, ma li affrontano con disinvoltura e non capiscono cosa c’è in gioco con la secessione britannica, la Brexit. Si stanno inoltrando lentamente in una crisi che potrebbe risolversi solo con la violenza.

sabato 15 dicembre 2018

Così l’Occidente divora i propri figli

Secondo Thierry Meyssan, scendendo in piazza i francesi sono stati il primo popolo occidentale disposto a correre rischi personali per opporsi alla globalizzazione finanziaria. Benché non ne siano consapevoli e ancora pensino che i loro problemi siano prettamente nazionali, il loro nemico è lo stesso che ha annientato la regione africana dei Grandi Laghi e parte del Medio Oriente Allargato. Solamente i popoli che capiranno la logica che li sta distruggendo e la respingeranno potranno sopravvivere alla crisi esistenziale dell’Occidente.
| Damasco (Siria)
JPEG - 55.6 Kb
Rivolta a Parigi (1° dicembre 2018)

La causa della recessione occidentale

Le relazioni internazionali hanno subito un profondo mutamento con la paralisi dell’Unione Sovietica del 1986, quando lo Stato non riuscì a controllare l’incidente nucleare civile di Tchernobyl [1]; poi con la ritrattazione del Patto di Varsavia del 1989, quando il Partito Comunista della Germania dell’Est [2] distrusse il Muro di Berlino; infine con il crollo dell’URSS del 1991.

venerdì 14 dicembre 2018

Censis: ecco cosa pensa la maggioranza degli italiani sull’immigrazione

censis
Censis: sei italiani su dieci non vogliono l’immigrazione di Adolfo Spezzaferro – da Il Primato Naionzle
Sei italiani su dieci non vogliono immigrati extracomunitari, il 45% non ne vuole proprio. E’ la fotografia scattata dal Censis nel suo Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese.
Il 63% degli italiani vede in modo negativo l’immigrazione da Paesi non comunitari (contro una media Ue del 52%) e il 45% anche da quelli comunitari (rispetto al 29% nel resto dell’Ue).
A preoccuparsi di più sono le categorie deboli: il 71% di chi ha più di 55 anni e il 78% dei disoccupati teme l’immigrazione. Mentre il dato scende al 23% tra gli imprenditori.

giovedì 13 dicembre 2018

Domani si rischia il colpo di Stato, 007: ‘Vogliono uccidere i parlamentari’

colpo di stato
Gilet gialli pronti all’assedio di Parigi. L’Eliseo teme il colpo di Stato – di Gabriele Costa – Parigi, 7 dic – La tensione è salita alle stelle.
In vista di domani, infatti, i gilet gialli hanno chiamato la quarta mobilitazione. Che viene presentata e percepita da molti come l’«assalto finale» per ottenere le dimissioni di Marcon.

Viste le violenze che si sono susseguite nei giorni scorsi, il governo ha predisposto lo spiegamento di circa 89mila poliziotti, 8mila nella sola Parigi.

mercoledì 12 dicembre 2018

La sconfitta dei buonisti

- Sab, 08/12/2018 - 08:57

Msf è un fiume in piena. Dopo aver realizzato che nessun nazione, manco la neutrale Svizzera, concede più il diritto di issare la propria bandiera sull'Aquarius spara a zero contro l'Italia, l'Europa e il mondo.
Ma le sue invettive sono un classico caso di delirio generato dalla fine dell'onnipotenza. L'organizzazione si era convinta di esser al di sopra delle leggi e del diritto internazionale. Sputava in faccia a Marco Minniti che pretendeva di far salire le forze dell'ordine sulle sue imbarcazioni portandosi dietro l'arma di ordinanza. Accusava Matteo Salvini, colpevole di averla bandita dai porti italiani, di volere lo «smantellamento del sistema di ricerca e soccorso». Sbraitava contro i pm colpevoli di indagare sull'abitudine di smaltire come banale spazzatura i rifiuti sanitari infetti. Un'abitudine che porterebbe direttamente in galera qualsiasi operatore privato della sanità.

martedì 11 dicembre 2018

Perché la Libia non sta né con Serraj né con Haftar



di Barbara Ciolli
Libia guerra dopo Gheddafi Derna Haftar Bengasi
Libia guerra dopo Gheddafi Derna
 Il premier della Fayyez al Serraj e il generale Haftar si contendono il Paese alla vigilia del voto.
  Il premier della Fayyez al Serraj e il generale Haftar si contendono il Paese 
 
È diventata una consuetudine che quando il premier Fayyez al Serraj, riconosciuto dalla comunità internazionale come primo interlocutore politico della Libia, va all'estero si tentano assalti ai palazzi delle istituzioni di Tripoli. Ogni occasione è buona per rovesciare l'assetto di comando, vista la fragilità dell'esecutivo che di fatto governa – e detta legge attraverso le sue milizie di un cartello ormai criminale – solo la capitale: le brigate escluse dalla torta non aspettano altro ed è forte ormai, per le ristrettezze vissute ormai da anni da una parte crescente della popolazione, anche il malcontento popolare. L'ultima sommossa è stata più civile, perché a rompere il cordone di sicurezza e a entrare nel palazzo del Consiglio presidenziale di al Serraj non sono stati gruppi armati con mitragliatori e bombe, ma centinaia di manifestanti, cittadini arrabbiati che hanno vandalizzato il palazzo del governo.

lunedì 10 dicembre 2018

Esclusiva. A Sirte i Gheddafi rifiutano la riconciliazione, “ridateci il corpo di Muammar”

Di Vanessa Tomassini. 
Venerdì 30 novembre la tribù Gheddafi a Sirte ha espulso una delegazione di dignitari provenienti dalla regione orientale della Libia per cercare di raggiungere una riconciliazione. “La delegazione – afferma un giovane appartenente alla famiglia Gheddafi – comprendeva rappresentanti delle tribù che hanno partecipato a rovesciare il colonnello Muammar Gheddafi nel 2011. Sono venuti qui a Sirte, nell’area di Abu Hadi dove nacque Muammar, nella Valle di Garif, ma i giovani Qadhafeh hanno rifiutato la pace e li hanno rispediti a casa”.

domenica 9 dicembre 2018

Quando si vogliono sanzionare Stati, li si definisce “terroristi”

Le nuove sanzioni unilaterali degli Stati Uniti contro Iran, Russia e Siria si sommano alle precedenti. L’insieme di queste misure costituisce l’embargo più duro della storia. Per di più, la maniera in cui sono state strutturate vìola la Carta delle Nazioni Unite: sono armi da guerra concepite per uccidere.
| Damasco (Siria)
  Deutsch  ελληνικά  English  Español  français  Português  română  Türkçe  русский 

JPEG - 36.9 Kb
Il segretario della Difesa, James Mattis, applaudito dal segretario del Tesoro, Steven Mnuchin.
La missione a Mosca dell’8 novembre dell’ambasciatore James Jeffrey era spiegare la preoccupazione degli Stati Uniti per il progressivo espandersi dell’influenza persiana nel mondo arabo (Arabia Saudita, Bahrein, Iraq, Libano, Siria, Yemen). Ora, proprio mentre Teheran sta organizzando la propria difesa attorno ad avamposti sciiti arabi, Washington pone il problema in termini geostrategici, invece che religiosi (sciiti/sunniti).

sabato 8 dicembre 2018

TSIPRAS: COMPAGNO UN CAZ. di Ugo Boghetta

[ 2 dicembre 2018 ]

Un corollario del pentitismo è quello di indurre altri al pentimento.


Al pentito risulta infatti insopportabile un non pentito: gli ricorda quello che avrebbe dovuto fare e non ha avuto il coraggio di fare. E così Tsipras chiede al governo gialloverde di pentirsi e di farlo subito. La cosa si commenta da sè e non aggiungo altro.

Temo tuttavia che il veleno che sparge Tsipras non si fermerà qui.
Con chi si candiderà Syriza alle prossime europee?

venerdì 7 dicembre 2018

Libia, in centinaia assaltano Consiglio presidenziale a Tripoli

02 dicembre 2018 
 
Centinaia di persone hanno assalto oggi a Tripoli la sede del Consiglio presidenziale, il governo presieduto da Fayez Al Serraj e sostenuto dall'Onu. I manifestanti, che sono riusciti a rompere il cordone di sicurezza, sono penetrati nel palazzo e vi sono rimasti per alcune ore compiendo atti di vandalismo che hanno causato vari danni. Motivo della protesta, la mancata assistenza medica ai feriti di guerra e il ritardo nel pagamento di salari e sussidi. Alcuni dimostranti, tra i quali veterani di "Fajr Libya", una delle milizie che appoggiarono il governo filo islamista sconfitto alle elezioni nel 2014, hanno affermato di non aver ricevuto da allora la loro paga. Tra i manifestanti, anche familiari di vittime del conflitto, che ricevono un contributo di mille dinari al mese, circa 200 euro.

giovedì 6 dicembre 2018

L’impero colonialista francese in Africa

Quante volte abbiamo sentito dire, da parte dei politici occidentali riguardo al problema dell’immigrazione, che si devono aiutare i paesi africani al fine di poter gestire in loco una proficua crescita sociale, culturale ed economica di quei popoli?

banconotafrica
Da anni sentiamo i politici esternare questa lodevole idea, e in questo periodo sembra sia l’unica alternativa per riuscire ad arginare il problema migratorio che sta raggiungendo numeri da esodo biblico. Non tutti sanno però che ancora oggi molti paesi africani sono soggetti a leggi e tassazioni imposte da parte dei colonialisti di un tempo, come Francia e Gran Bretagna, ma anche Germania, Portogallo, Italia, Belgio, Olanda e Spagna, seppur in misura minore. Molti di questi paesi occidentali, come è capitato all’Italia per crimini di guerra con l’Etiopia e la Libia, sono stati condannati da tribunali internazionali a pagare i danni causati alle popolazioni.
Di contro, altri paesi, come la Francia o la Gran Bretagna, godono tuttora dei proventi di quei colonialismi.

mercoledì 5 dicembre 2018

La Libia, dall’era Gheddafi ai giorni nostri

Nel 1967 il colonnello Gheddafi ereditò una delle Nazioni più povere in Africa ma, al momento in cui il leader libico fu assassinato, aveva trasformato la Libia in una nazione fra le più ricche.

La Libia aveva il più alto PIL pro capite e la speranza di vita nel paese era in costante crescita, nel contempo pochissime persone vivevano sotto la soglia di povertà rispetto ad altri paesi africani. In oltre quaranta anni Gheddafi aveva promosso la democrazia economica utilizzando la ricchezza del petrolio per sostenere programmi di assistenza sociale per tutti i libici. Sotto il governo di Gheddafi i libici godevano di assistenza sanitaria e istruzione gratuita, ma anche l’energia elettrica era a zero costo e i prestiti bancari alle famiglie, per mutui o spese per le normali attività domestiche, venivano erogati senza applicare alcun interesse.

lunedì 3 dicembre 2018

Libia, il ritorno del figlio di Gheddafi «Solo io posso portare la pace»

Ricercato dall’Aia, libero a casa. I suoi emissari a Roma: «Aiutateci»
 Libia, il ritorno del figlio di Gheddafi «Solo io posso portare la pace»
«Saif al Islam intende partecipare al Forum nazionale libico che l’inviato dell’Onu Ghassam Salame intende organizzare già per gennaio prossimo. Una grande assemblea di riconciliazione mirata a preparare le elezioni politiche, che dovrebbero aver luogo entro la primavera del 2019. È un cittadino libico, dal 2011 non ha mai abbandonato il nostro Paese. Ha ogni diritto di concorrere per forgiarne il futuro». Il messaggio del principale erede politico di Muammar Gheddafi arriva forte e chiaro. «Non sono morto, come falsamente asserisce qualcuno. E neppure mi ritiro nella clandestinità e la fuga. Tutt’altro. Noi Gheddafi siamo stati estromessi ingiustamente dall’intervento militare della Nato e da forze illegali, che se non fosse stato per i raid stranieri avremmo facilmente battuto.

domenica 2 dicembre 2018

Gilet gialli in Italia: “Oggi Champs Elysee, la prossima a Roma”

Intanto in Francia il Re è nudo 25/11/2018
Gilet gialli in Italia: “Oggi Champs Elysee, la prossima a Roma”
I gilet gialli non si fermano. Per il 1° dicembre il movimento di protesta che sta infiammando la Francia, ha indetto un’altra manifestazione. Intanto, le istanze dei francesi sono state raccolte anche in Italia dove è nato il ‘Coordinamento italiano Gilet gialli Italia’. “Oltre al carburante noi in Italia abbiamo anche i pedaggi autostradali più cari d’Europa – si legge in un post sulla pagina Facebook – e in più Autostrade SPA fa scarsissima manutenzione e poi succedono le disgrazie come quelle di Genova. Facciamo partire la prima protesta dei Gilet gialli in Italia. Non paghiamo più le autostrade se i pedaggi non scendono di prezzo e se a gestirle rimane Autostrade Spa”. Difficile dire al momento che seguito avranno i gilet gialli italiani, di certo dalla Francia è partito un segnale che i politici europei non possono ignorare.

sabato 1 dicembre 2018

Qatar, che fine ha fatto la lista di terroristi stilata da Haftar?

Nel 2017 Tobruk ha fornito i nomi di 75 persone e 9 organizzazioni di Doha con presunti legami ad al Qaeda
26/11/2018 10:57 AM
 Qatar, che fine ha fatto la lista di terroristi stilata da Haftar?
Nei difficili rapporti tra il nostro Paese e il governo libico di Tobruk (non riconosciuto dalla comunità internazionale) potrebbe inserirsi un variabile non del tutto indifferente. In particolare, una lista di soggetti legati al terrorismo islamista contenente 75 nominativi è stata presentata nel giugno 2017 proprio da Tobruk ai quattro Paesi arabi firmatari dell’embargo contro il Qatar, per l’inserimento nel più copioso elenco delle entità connesse con il finanziamento e l’appoggio alle organizzazioni dei network jihadisti.

Nuova rivoluzione francese: 40 patrioti assaltano la casa di una deputata di Macron. Tentato assalto all’Eliseo


In Francia sta esplodendo una nuova rivoluzione francese. La protesta è per l’aumento delle tasse sui carburanti, ma questa è solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il malessere in Francia parte da lontano: immigrazione di massa, islamizzazione, crimini e stupri degli immigrati, Quartieri diventati dei califfati islamici, non da meno l’insofferenza verso una dittatura eurocomunista di Bruxelles. L’auspicio è che polizia e l’esercito facciamo la scelta giusta, stare col popolo o con l’establishment. È questo il momento giusto per un colpo di Stato.
Esplode la guerriglia nel cuore della Capitale, dove i gilet gialli continuano la loro mobilitazione per protestare contro l’aumento delle tasse sui carburanti. I manifestanti hanno dato fuoco a cassonetti e veicoli di cantiere e alla contestazione gli agenti hanno risposto lanciando lacrimogeni. Alcuni gilet gialli sono riusciti a penetrare in rue de Faubourg, dove sorge il palazzo dell’Eliseo, nonostante la strada fosse stata blindata dalla polizia. I manifestanti chiedono di vedere il presidente Macron.