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martedì 31 maggio 2016

Quelli che: "in Libia non manderemo uomini". Soldati italiani sono gia in Libia

Libia: soldati italiani in missione con il generale Haftar

Libia: soldati italiani in missione con il generale Haftar

Una quarantina di uomini affiancano i servizi. Ok di Renzi

(Il Ghirlandaio) Roma, 24 mag. - Militari dell'Esercito e della Marina, in tutto una quarantina di uomini, lavorano assieme a funzionari dei servizi segreti in Libia, anche nelle basi del generale Khalifa Haftar, l'ex ufficiale gheddafiano che nei giorni scorsi ha rifiutato di riconoscere il governo di Tripoli di Fayez al Sarraj e di collaborare con l'inviato dell'Onu Martin Kobler. Lo riferisce oggi il quotidiano la Repubblica, spiegando che la prima grande missione congiunta tra servizi di sicurezza italiani e ministero della Difesa è in corso ormai da settimane.

lunedì 30 maggio 2016

In Libia Washington continua a dare ordini a Roma

Marine Corps General Dunford testifies during the Senate Armed Services committee nomination hearing on Capitol Hill in Washington
di Gianandrea Gaiani
22 maggio 2016
L’Italia è pronta a guidare una missione militare internazionale in Libia. Parola del capo degli stati maggiori riuniti statunitensi, il generale Joseph F. Dunford.
Benché al vertice di Vienna di lunedì scorso tutti abbiano escluso l’invio truppe occidentali in Libia limitandosi a valutare forniture di armi al governo di salvezza nazionale di Fayez al-Sarraj (nella foto sotto), il generale Dunford ha detto al Washington Post che “In Libia ci sarà una missione a lungo termine” e potrebbe essere ancora guidata dall’Italia anche se, ammette il giornale, negli ultimi tempi il premier italiano Renzi sembra aver frenato sull’ipotesi di mandare truppe. Truppe che peraltro nessuna fazione libica e neppure il governo di al-Sarraj hanno finora chiesto.

domenica 29 maggio 2016

I 10 motivi per cui l’occidente ha ucciso la Guida libica Muammar Gheddafi

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L’ex-leader libico Muammar Gheddafi fu ucciso “perché pensava che l’Africa era matura per sfuggire alla povertà coi propri mezzi, svolgendo il proprio ruolo nella governance globale“, aveva detto il presidente del Ciad Idris Deby, in un’intervista. Secondo il Capo di Stato ciadiano, era essenziale “farlo tacere”, aggiungendo che “la storia registrerà che gli africani non hanno fatto molto. Ci hanno ignorato e non fummo consultati. Gheddafi era sconvolto e imbarazzato“. “Fu lo stesso con Patrice Lumumba, in Congo. Perché l’uccisero? Perché Gheddafi fu ucciso? (…) Siamo fornitori di materie prime. Ma guardate dove siamo? Siamo molto arretrati“, ha detto il leader del Ciad da Abeche, la seconda città del Ciad.

sabato 28 maggio 2016

i ratti, la cassaforte e gli scassinatori

Uno dei due "governi"  della Libia ha assunto degli scassinatori


Il loro compito è forzare una cassaforte di cui solo l'altro governo, riconosciuto dalla comunità internazionale, ha la combinazione: è una storia esemplare delle nuove divisioni e confusioni

22 maggio 2016
L banca centrale fa capo al "governo" di Tobruk, uno dei due che si dividono il controllo della Libia, ha assunto due scassinatori professionisti per aprire una cassaforte che contiene più di 150 milioni di euro in monete d’oro e argento. Soltanto i funzionari della banca centrale fedeli al governo rivale, quello di Tripoli appoggiato dalla comunità internazionale, conoscono la combinazione di cinque numeri che apre la cassaforte: e ovviamente non hanno nessuna intenzione di consegnarla ai loro nemici.
gheddaficoinIl Wall Street Journal è riuscito a intervistare i due scassinatori, conosciuti soltanto come “Khaled”, un ingegnere, e “al Fitouri”, un fabbro. I due progettano di aprire un buco nella parete di cemento del caveau e quindi di mettersi al lavoro sulla cassaforte utilizzando alcune tecniche che preferiscono non divulgare. Il Wall Street Journal ha intervistato i due lo scorso 13 maggio e non è chiaro se nell’ultima settimana siano riusciti a portare a termine il loro piano. Le monete custodite nella cassaforte hanno l’effigedel Leader Muammar Gheddafi, e probabilmente per utilizzarle sarebbe necessario coniarle una seconda volta.

venerdì 27 maggio 2016

Fare dell’Algeria un’altra Libia. Lo comanda il philosophe

venerdì, maggio 20, 2016

Nel febbraio 1982,  la rivista del sionismo mondiale, Kivunim (Direttive, in ebraico) pubblicava un  approfondito  studio dal titolo “Una strategia per Israele negli anni ‘80”.  Firmato dall’agente israeliano Oded Yinon, l’articolo notava come tutti i paesi islamici potenziali nemici di Israele fossero, al loro interno, minati da divisioni religiose ed etiche; e proponeva di istigare le discordie e le fratture, onde destabilizzare i paesi e spezzarli in piccoli stati settari, in lotta perpetua tra loro. Anzitutto, il piano Yinon citava l’Irak di Saddam: “l’Iraq, ricco di petrolio e lacerato internamente, è sicuramente un candidato degli obiettivi  d’Israele. La sua dissoluzione è ancora più importante per noi di quella della Siria. L’Iraq è più forte della Siria. (…)  l’obiettivo più importante, spezzare l’Iraq in domini come Siria e Libano. In Iraq, la divisione in province lungo linee etno-religiose, come in Siria durante il periodo ottomano, è possibile. Così esisteranno almeno tre Stati attorno alle tre principali città: Bassora, Baghdad e Mosul, e le aree sciite del sud si separeranno dal nord sunnita e curdo”.  Ma anche Siria, Libano, Egitto, ed altri stati erano passati in rassegna come candidati alla destabilizzazione e frammentazione.

giovedì 26 maggio 2016

Se questa diverrà Presidente USA ci divertiremo. Forte

9 ottobre 2015

"We came, we saw, he died". Hillary Clinton, aspirante Presidente USA, starnazza felice..."siamo venuti, abbiamo visto, lui è morto". Lui è Gheddafi e la sciagurata forse pensa di passare alla storia come una eroina.  
(Giampaolo Rossi) - C’è un pezzo della storia dei nostri giorni che mostra, simbolicamente, l’arroganza impietosa ed il cinismo con cui l’Occidente ha generato l’attuale disastro Mediorientale; è un video (in fondo alla pagina) di cui riportiamo solo la parte finale.
È il 20 ottobre del 2011 e Hillary Clinton, allora Segretario di Stato, sta per iniziare un’intervista televisiva quando viene raggiunta dalla notizia della morte del leader libico Muammar Gheddafi.
La reazione della signora è l’emblema dell’irresponsabilità di una classe politica che sta facendo dei danni irreparabili. La Clinton, nel fuori-onda, esulta, non riesce a trattenere la sua contentezza; poi, davanti alla giornalista che sta per intervistarla, con l’entusiasmo di chi sa che ha vinto la sua guerra personale, esclama, parafrasando nientemeno che Giulio Cesare: “we came, we saw, he died” (siamo venuti, abbiamo visto e lui è morto), convinta che la storia avrebbe appuntato a lei e al suo Governo l’ennesima medaglia da “liberatori”.
In quel momento, secondo la retorica dei politici umanitari, un bieco dittatore era stato eliminato e i musicanti delle orchestrine occidentaliste suonavano le loro serenate sulla nuova Libia che sarebbe nata democratica e libera.

mercoledì 25 maggio 2016

Un imbroglio non poi così complicato


(Gabriele Adinolfi) - Libia: il nostro governo tergiversa e forse nasconde qualche non piacevole fatto compiuto.
Cosa è avvenuto e che sta accadendo nel Paese che fu di Balbo?
Semplicemente che nel 2011, a cento anni esatti dalla nostra vittoriosa impresa coloniale, Napolitano e la sua cerchia hanno rovesciato gli equilibri consolidati e consegnato quelle terre a chi prima di noi su di esse esercitava le mire.
La Libia è stata dapprima destabilizzata, tanto dal produrre almeno due governi ufficiali. Già, destabilizzata e incontrollabile. Quanto? 
Le milizie armate si computano intorno al migliaio, tutte armate fino ai denti, e sono espressioni di clan e fazioni: quindi ci sembra che domini il caos. Peccato però che i fondi con cui sono stipendiati i miliziani vengano tutti erogati dalla Banca Centrale che è quindi in condizione di paralizzarle ma non lo fa.
C'è di più: l'equivalente locale dell'Isis (ovvero dei contractors che controllano i pozzi e liberano così il mercato del petrolio senza che si passi necessariamente per lo Stato) si chiama PFG ed è stipendiato sia dalla Banca Centrale che dai petrolieri.
Questo “caos” profitta dunque agli speculatori privati, lì, e a quelli di carne umana, qui, perché ha contribuito a far cadere il blocco dell'emigrazione accelerandone anzi il processo per via del terrore e dell'instabilità.

martedì 24 maggio 2016

Golpe 2011: una minestra riscaldata, servita quando fa comodo (Parte II)


Nella prima parte dell’analisi ci siamo concentrati sulle dinamiche e sulle responsabilità del golpe che nel novembre del 2011 portò alla caduta di Silvio Berlusconi. Sia Mario Monti che il suo successore, Enrico Letta, appartengono all’establishment finanziario “liberal”, di cui le riunioni del gruppo Bilderberg sono forse l’appuntamento più famoso. Nel frattempo gli stessi ambienti necon e del Likud israeliano che già sostenevano Silvio Berlusconi, scaldano il loro nuovo uomo: è Matteo Renzi, che nel dicembre 2013 conquista la segreteria del PD. Per convincere un riluttante Giorgio Napolitano alla seconda forzatura della prassi costituzionale in poco più di due anni, è rivangato una prima volta il golpe del 2011: il Presidente della Repubblica cede dopo pochi giorni. Infine, altre verità su quel colpo di Palazzo riaffiorano oggi, grazie a Wikileaks, quando Matteo Renzi è allo stremo e si respira aria dell’ennesimo cambio di regime: perché? E chi si cela dietro il sito di Julian Assange?

lunedì 23 maggio 2016

Golpe 2011: una minestra riscaldata, servita quando fa comodo (Parte I)

domenica 22 maggio 2016

Adesso ti spiegano che "non manderemo uomini in Libia, solo addestratori".

Armi alla Libia contro l'Isis: "L'Italia addestrerà le truppe, ma nessuna missione"

Armi alla Libia contro l'Isis: "L'Italia addestrerà le truppe, ma nessuna missione"


La situazione è ancora molto complicata e la partita è tutta da giocare, ma dal vertice di Vienna emerge l'accordo sulla parziale revoca dell'embargo Onu sulle armi. E' totalmente esclusa, invece, l'ipotesi di una missione militare sul terreno in Libia
Armi alla Libia contro l'Isis: "L'Italia addestrerà le truppe, ma nessuna missione"
Armi alla Libia contro l'Isis: "L'Italia addestrerà le truppe, ma nessuna missione"
L'accordo c'è, ed è pressoché totale. Pieno sostegno al governo di unità nazionale; possibile revoca parziale dell'embargo Onu sulle armi; necessità di includere il generale Haftar nel processo di stabilizzazione della Libia. E, soprattutto, nessun militare straniero sul terreno.
Tanta carne al fuoco, posizioni con sfumature diverse, ma accordo unanime. Almeno sulla carta. Strada lunga e tortuosa, certo. E neppure troppe illusioni sul fatto che i buoni propositi espressi ieri attorno al tavolo dei negoziati sulla Libia, a Vienna, trovino conferma in azioni concrete.

sabato 21 maggio 2016

Obama peggio di Bush: tutte le guerre del Nobel per la Pace


obama-jokerRoma, 13 mag – Manca ormai solo qualche mese all’uscita di scena di Obama, la figura centrale di questi anni tormentati, caratterizzati da crisi economica e tensioni internazionali. Un presidente inevitabilmente “buono” per via del suo colore della pelle, come vuole il pensiero debole dei nostri tempi. Un idolo dei media e delle sinistre radical occidentali, di cui è stato simbolo incontrastato, tanto da meritare un Nobel per la Pace prima ancora di fare un passo in politica estera. Ma basta analizzare le sue mosse nel corso degli anni per capire come Obama abbia in realtà agito in continuità con l’istinto imperiale americano, riuscendo dove altri non erano arrivati grazie anche al pregiudizio favorevole che ha caratterizzato la sua amministrazione. I conflitti durante la sua presidenza si sono susseguiti senza sosta, mentre l’utilizzo dei droni, i sistemi a pilotaggio remoto con cui condurre attacchi aerei, si è addirittura sestuplicato rispetto al periodo Bush. Gli interventi di cui parliamo sono ben diversi dalle “guerre classiche”. Si tratta di azioni di destabilizzazione, manipolazione dell’opinione pubblica, finanziamento di gruppi eversivi e invio massiccio di contractors, cioè mercenari, attraverso le quali tentare di favorire il regime-change nei paesi di interesse geopolitico. Sul tema gli States hanno una lunga tradizione, di cui le “rivoluzioni colorate” sono la parte più nota.

venerdì 20 maggio 2016

ATTENZIONE: il regime getta merda contro il popolo libico per giustificare la prossima guerra

Ultimamente è ritornato di moda parlare male della "Libia di Gheddafi", proprio quando fervono i preparativi per una nuova guerra, i passi vengono compiuti uno alla volta: il RATTO Serraji ha costituito la fantomatica "guardia presidenziale" , ha chiesto aiuto ai suoi padroni per combattere l' " immigrazione e l' ISIS" . Tutto è pronto per una nuova guerra, ma bisogna preparare l' opinione pubblica, ed ecco le scuse belle e pronte:

L’ultimo segreto di Aldo Moro: «La Libia dietro Ustica e Bologna»

giovedì 19 maggio 2016

Libia: ospedali chiusi o con poche risorse

Libia: ospedali chiusi o con poche risorse 
 
Intervista al Dott. Mego Terzian, presidente di MSF in Francia, di ritorno da una visita in Libia.
 
Qual è la situazione in Libia oggi, che alcuni descrivono come caotica?
 
La percezione di sicurezza in Libia è molto scarsa tra gli altri attori umanitari e la presenza di gruppi jihadisti contribuisce a questa percezione. Tuttavia, sulla base delle osservazioni delle nostre équipe, i combattimenti sono localizzati in poche zone. In altre aree, come Misurata e Tripoli, vi sono elevate tensioni politiche e militari. I gruppi radicali si sono stabiliti a Derna, Sirte, e in alcuni quartieri di Bengasi, dove i combattimenti sono all’ordine del giorno. I bombardamenti indiscriminati a Bengasi sono il rischio più grande per le nostre équipe. Ciò detto, il Paese non è in mezzo a un bagno di sangue. È lo scontro politico il problema più complesso. Due governi, uno a Tobruch nella parte est, e l'altro a Tripoli a ovest, sono in conflitto e le Nazioni Unite ne hanno appena istituito un terzo. Tuttavia quest’ultimo non ha potere sulle parti in conflitto, e non è ancora stato riconosciuto dal parlamento di Tobruch.

mercoledì 18 maggio 2016

Le rivoluzioni colorate sono un’aggressione estera con mezzi non militari

Rivoluzione colorata

martedì 17 maggio 2016

Libia, il vero scopo di Haftar non è sconfiggere l'Isis

Il generale con le sue truppe assedia Sirte. Non per debellare lo Stato Islamico. Ma per ottenere da Serraj la guida dell'esercito. Sullo sfondo, il ruolo di al Sisi.

11 Maggio 2016
Il generale libico Khalifa Haftar.
(© Getty Images) Il generale libico KhalifaHaftar.

Il generale Khalifa Haftar non sta affatto assediando Sirte per sconfiggere l’Isis, come proclama, ma con tutt’altro fine: contrattare con Fayez al Serraj il proprio ruolo preminente nella formazione del nuovo esercito libico.
Ennesimo episodio della totale irresponsabilità dei leader libici nei confronti del Paese e della lotta al terrorismo, l’assedio alla città controllata dall’Isis, condotto dalle forze di Haftar, ha un solo scopo: mettere al Serraj di fronte al fatto compiuto, evidenziare la totale inaffidabilità delle milizie di Misurata (spina dorsale della sua forza militare) sul campo in un confronto militare serio e chiudere una trattativa in cui gli venga riconosciuto o il comando del nuovo esercito libico agli ordini del governo di Tripoli o, in subordine, che esso venga affidato a un generale di fiducia.

lunedì 16 maggio 2016

Juncker ai governi Ue: "Non ascoltate gli elettori"

Parlando a Roma il presidente della Commissione Europea ha esortato i primi ministri degli Stati Ue a "non perdere di vista il sentimento comune europeo": "Ascoltate troppo l'opinione pubblica interna"

 
I capi di governo degli Stati dell'Unione Europea non dovrebbero "ascoltare così tanto gli elettori".
Parola di Jean-Claude Juncker.
Le improvvide dichiarazioni del presidente della Commissione Europea sono arrivate ieri da Roma, dove il numero uno dell'esecutivo dell'Unione si è recato per presenziare al conferimento del Premio Carlomagno a Papa Francesco.
Nella splendida cornice dei Musei Capitolini Juncker ha voluto strigliare quei politici definiti "europei a tempo determinato", pronti a rivolgersi a Bruxelles solo nel momento di incassare, e mai quando è l'ora di dare. Troppo spesso i governanti del Vecchio Continente, ha spiegato l'ex primo ministro del Lussemburgo, guardano solamente ai sondaggi e promuovono misure destinate perlopiù a soddisfare le richieste immediate dell'opinione pubblica interna.

domenica 15 maggio 2016

I conti in tasca ai trafficanti arricchiti dalla Ue

di Gianandrea Gaiani 7 maggio 2016

Un’Europa sempre più succube e “disarmata” di fronte ai traffici di immigrati clandestini: questa in concreto la fotografia che emerge dal rapporto dell’Europol in cui il territorio del Vecchio Continente rappresenta una sorta di “terra di nessuno” priva di leggi in cui chiunque può sbarcare e pretendere asilo e assistenza.
“Il 90% dei migranti ha dichiarato di aver utilizzato servizi illegali che hanno facilitato il loro viaggio verso l’Unione europea” ha spiegato il direttore di Europol, Rob Wainwright, al Comitato Schengen.
Frase che tradotta dal linguaggio burocratico significa che la quasi totalità degli stranieri giunti in Europa lo ha fatto non solo illegalmente ma pagando profumatamente organizzazioni criminali che, sostiene sempre Wainwright, “abbiamo calcolato abbiano registrato, solo l’anno scorso un fatturato compreso tra i 3 e i 6 miliardi di euro”
“Abbiamo identificato  40mila trafficanti di uomini e individuato più di 100 imbarcazioni sospette:: si tratta di gruppi multinazionali composti da persone originarie dei Paesi di provenienza dei migranti, come la Siria, o di transito, come la Turchia, ma anche da molti Paesi europei”.
Questa industria criminale prevede molti attori ovvero “trafficanti, reclutatori, riciclatori di denaro” e coinvolge i migranti in una serie di attività ‘illecite come “prostituzione e spaccio di droga”.

sabato 14 maggio 2016

Libia, le Guardie petrolifere accusano: "Haftar punta a controllare tutti i giacimenti"

Le milizie responsabili della sicurezza della "mezzaluna petrolifera" libica, a lungo neutrali nella disputa tra Tripoli e Tobruk, avvertono del rischio di "una guerra civile" e accusano il generale libico.

Tripoli, 8 maggio 2016 - Khalifa Haftar punta ai campi petroliferi del paese. Le Guardie petrolifere guidate da Ibrahim Jadran accusano il generale dell'esercito libico di aver orchestrato un piano per controllare i terminal e i campi di estrazione in Libia.

venerdì 13 maggio 2016

Strage di Ustica: “sono stati i libici”. Un’altra bufala de "La Stampa" per affrettare la guerra

5/5/2016 Francesco Santoianni

“Toglieremo il Segreto di Stato sulle stragi”. Forse il primo a profferire questa buffonata è stato Oliviero Diliberto, nel 1999 ministro della Giustizia, a proposito – udite! udite! – della strage di Portella delle Ginestre, avvenuta nel 1947. Ovviamente, anche per quella strage non si sono trovati i famosi documenti da desecretare. Ora ci riprova Renzi, dando la stura a La Stampa e al suo incredibile articolo: “La Libia dietro Ustica e Bologna”

“Tutto nasce da una direttiva di Matteo Renzi, che ha fatto togliere il segreto a decine di migliaia di documenti sulle stragi italiane. Nel mucchio, i consulenti della commissione d’inchiesta sul caso Moro hanno trovato una pepita d’oro: un cablo del Sismi, da Beirut. (...) Ebbene, partendo da quel cablo cifrato, alcuni parlamentari della commissione Moro hanno continuato a scavare. Loro e soltanto loro, che hanno i poteri dell’autorità giudiziaria, hanno potuto visionare l’intero carteggio di Beirut relativamente agli anni ’79 e ’80, ancora coperto dal
timbro «segreto» o «segretissimo».

giovedì 12 maggio 2016

Clima: l’esistenza umana dell’Africa è a grave rischio

Baher Kamal
23 aprile 2016

“L’esistenza umana e lo sviluppo dell’Africa sono minacciate da impatti avversi di cambiamento del clima – la sua popolazione, i suoi ecosistemi e la sua biodiversità
unica saranno tutte vittime rilevanti del cambiamento globale del clima.”
Così chiaramente si esprime l’ufficio africano dell’UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) di base a Nairobi, quando si tratta di valutare l’impatto negativo del cambiamento del clima su questo continente di 54 nazioni con una popolazione totale di 1 miliardo e 200 milioni di abitanti. “Nessun continente sarà colpito così gravemente dagli impatti del cambiamento del clima, quanto l’Africa.”
Altre organizzazioni nazionali sono ugualmente esplicite. Per esempio, la Banca Mondiale, basandosi sui rapporti del Comitato sul Cambiamento del Clima (IPCC), conferma che l’Africa sta diventando la regione più esposta del mondo agli impatti del cambiamento del clima.

mercoledì 11 maggio 2016

I sauditi minacciano gli USA se diranno la verità sull'11 settembre

20 aprile 2016

Ryad si sta rivelando un elemento destabilizzante per tutto il medioriente. Gli USA, preoccupati per la crescente egemonia saudita, provano a ridimensionare la ormai scomoda alleanza con una lenta apertura a Teheran. Ma questo processo potrebbe essere accellerato: il Congresso pare voglia desecretare i documenti che provano responsabilità saudite con gli attentati dell'11 settembre. 


di Patrizio Ricci
Il New York Times rivela che al Congresso USA è in iter di approvazione una Legge che rimuoverebbe certe immunità ''contenute in una legge del 1976 che dà alle nazioni straniere una certa immunità da azioni legali nei tribunali americani''.
Se il provvedimento legislativo passasse, consentirebbe di rendere pubblici i risultati di un'inchiesta del Congresso del 2002 sugli attacchi terroristici dell'11 settembre contenute nelle 28 pagine del rapporto.
Cosa vuol dire? Vuol dire che ci sono prove ''che funzionari sauditi che vivevano al momento negli Stati Uniti hanno avuto un ruolo nella trama terroristica''.

martedì 10 maggio 2016

Guerra in Libia, scatta l'ora dei "blogger trendy" (come mosche prima della pioggia)

Francesco Santoianni, 3/5/2016

Come mosche prima della pioggia, ritornano i blogger trendy (liberismo, “diritti umani”, “migranti”, “rivoluzioni colorate”...) a promuovere la nuova guerra contro la Libia. Ricordate Gabriele Del Grande? Cinque anni fa era su tutte le TV a segnalare l’assoluta necessità di defenestrare Gheddafi e a inneggiare alle “migliaia di ragazzi in armi, per loro fortuna salvati dai bombardamenti della Francia, che hanno scelto le armi in nome della libertà”. Ci ha guadagnato una serie radiofonica - “Radio 3 soldi - Syria Calling, voci dalla guerra” -  dove, nell’ultima puntata - 31 maggio 2013 - così si parlava di Al Nusra, “sono il numero 1 dell’onestà, non hanno mai rubato nulla. Apprezzo il loro modo di trattare i civili”.

lunedì 9 maggio 2016

Libia. Per piegare l'opinione pubblica alla guerra manca solo una strage in Italia?

28/4/2016 francesco Santoianni

Una strage in Italia per fare accettare ad una riluttante opinione pubblica una ennesima guerra in Libia? Anche perché - state pur certi - poche ore l’attentato, già “filtrerebbero” sui mass media “notizie” sulla identità degli attentatori e, sopratutto, delle loro postazioni in Libia. Subito dopo, il decollo dei cacciabombardieri. Nessuna “guerra” per carità: solo una “operazione chirurgica” contro i covi degli assassini. Poi, da cosa nasce cosa. Altri bombardamenti di qua e di là. E per “bonificare” il terreno dai terroristi ancora in circolazione, un numeroso contingente militare italiano in Libia. Roba da manuale di guerra psicologica, altro che “Tripoli, bel suol d’amore” o l’omicidio di qualche nostro connazionale (magari, in un davvero strano assalto) o un davvero improbabile assalto alla nostra Guardia Costiera.

domenica 8 maggio 2016

Vi spiego il giochetto segreto della Francia in Libia

1 maggio 2016

L'analisi di Carlo Jean
Il controllo del petrolio è la principale posta in gioco fra le fazioni che si confrontano in Libia. Da esso dipendono i futuri assetti istituzionali del paese: Stato unitario o federale o due Stati. Costituisce anche l’obiettivo delle numerose potenze esterne, che si confrontano in Libia e si combattono per procura, sostenendo le fazioni a ciascuna favorevoli.
IL GIOCO PERICOLOSO DELLA FRANCIA
Appoggiando il generale Haftar, ma dicendo di sostenere Serraj, la Francia sta facendo un “gioco” alquanto ambiguo. Forse non è la sola. Taluni puntano sulla possibilità che Haftar occupi il ricco bacino petrolifero della Sirte e, con i rifornimenti militari ricevuti, elimini l’Isis dalla costa e da Sirte. Non ha la forza necessaria per conquistare anche la Tripolitania. Il suo successo comporterebbe la divisione della Libia. Sarebbe il “Piano B” da sostenere qualora Serraj non riuscisse a consolidarsi e a prendere il controllo delle milizie di Tripoli, oltre a quelle di Misurata e, con l’aiuto internazionale, non riuscisse a mantenere l’unità del paese, magari con un ordinamento federale. L’accettazione del fatto compiuto di un successo di Haftar toglierebbe così la “castagna dal fuoco”, che oggi paralizza l’Occidente: quella di dover combattere l’ISIS in Libia.

sabato 7 maggio 2016

Noi, “verità per Regeni”. Mentre Hollande fa’ grandi affari

Maurizio Blondet, 28 aprile 2016

Dunque, siamo ai ferri corti con l’Austria. La Boldrini ha tuonato, atteggiando la nobile boccuccia a furioso patrittismo anti-imperiale.  Forse manderemo truppe al Brennero (un déjà vu): i telegiornali soffiano sul fuoco, gli ascoltatori  Rai sono infiammati di odio per gli egoisti viennesi, fascisti, che non obbediscono a papa Francé.   Con l’Egitto siamo già praticamente in guerra – “Verità per Regeni”, lo chiede  la mamma del medesimo con tutti i media – anche se proprio adesso che (su ordine Usa) andiamo in guerra in Libia, ci sarebbe utile essere amici di Al Sisi. Il quale ha appena mandato al generale Haftar – suo protetto in Libia, anche se gli Usa lo hanno messo sotto embargo –   1050 veicoli militari, per la maggior parte furgoncini Toyota di  quelli che fanno meraviglie con una mitragliatrice pesante binata piazzata sul cassone, ma anche  mezzi blindati, già verniciati con colori mimetici.  Sembra che Haftar con questi mezzi attaccherà i terroristi islamici di Derna, Bengasi, a dell’ISIS nella Sirte.  Sarebbe opportuno sapere prima   del nostro intervento  se Haftar è nostro amico o nostro nemico, se in Libia ce lo troviamo contro o al nostro fianco, se gli americani ci sbattono contro i terroristi che armano loro, con cui colludono dai tempi della Clinton al Dipartimento di Stato.

venerdì 6 maggio 2016

11 Settembre: l’uomo di Washington accusa Israele

Maurizio Blondet, 29 aprile 2016

Accusa   i neocon con nomi e  cognomi:  Paul Wolfowitz allora  viceministro al Pentagono, l’israelo-americano Michael Chertoff, il rabbino Dov Zakheim (numero 3 al Pentagono) di essersi infiltrati nel governo Bsh jr. e di aver organizzato, su istigazione di Israele,  il mega attentato dell’11 Settembre 2001.
E non è un complottista marginale: è stato  un alto funzionario del Dipartimento di Stato da Nixon a Carter a Bush-padre, esperto in guerra psicologica,  attore in operazioni coperte (come l’uccisione di Moro) per conto degli Stati Uniti. Membro fino al 2012 del Council on Foreign Relations, quindi dell’élite dell’Establisment.  Né lo si può accusare di avere come motivazione l’antisemitismo: i suoi genitori erano ebrei russo-polacchi fuggiti alla Shoah, lui ha scritto persino una biografia di sua “mamma yiddish”, Teodora.  E’ Steve Pieczenik.
Una vecchia conoscenza  anche per l’Italia, come vedremo.
Steve Pieczenik ha detto tutto il 21 aprile 2016, intervistato da Alex Jones, creatore del sito InfoWars: il video-intervista, di 47 minuti, è stato diffuso, probabilmente non a caso,  nel pieno  della campagna  americana  per incolpare la monarchia saudita del mega-attentato dell’11 Settembre, con la minaccia di pubblicare le 28 pagine del  rapporto della Commissione Senatoriale  sul 9/11, segretate da Bush jr. proprio perché mostrerebbero il coinvolgimento dei sauditi ai più alti livelli.
Steve Pieczenik corregge: sì, c’è stato la cooperazione di “agenti sauditi”, ma il mandante principale è Israele,  insiste nell’intervista.  Egli si dichiara disposto a testimoniare sotto giuramento davanti a un tribunale federale e rivelare lì le sue fonti, fra cui (dice) “un generale”.
Preferisce vecchie foto...
Preferisce  sue vecchie foto…

giovedì 5 maggio 2016

Marò uccisi in agguato in Libia? Roma smentisce. Tutto previsto.

Maurizio Blondet, 30 aprile 2016

Convoglio militare italo-britannico cade in agguato in Libia

Lo ha affermato il sito ebraico DEBKA, notoriamente vicino al Mossad.
Rapida traduzione:
“Il convoglio di Marines italiani,  con le forze speciali britanniche e le truppe libiche era in viaggio dalla città nord-occidentale di Misurata verso la roccaforte ISIS di Sirte, che si trova 273 chilometri a sud-est, quando è caduto in un’imboscata e duramente colpito dalle forze ISIS.
Ci sono stati uccisi e feriti fra le  truppe italiane, mentre  mancano informazioni se ci sono state vittime inglesi. Alcuni rapporti dicono che membri delle forze occidentali sono stati fatti prigionieri da ISIS, ma devono ancora essere identificati.
E ‘possibile che eventuali ostaggi  siano in mano alle  “Forze Armate libiche”, una milizia comandata dal generale Khalifa Belqasim Haftar, un libico che ha la cittadinanza americana”.
 [vero che Haftar è americano.  La frase di DEBKA è ambigua, vuole incolparlo.  Può avere i suoi motivi. Nota di Blondet]

mercoledì 4 maggio 2016

Libia, i potenti alle grandi manovre

26 aprile 2016 di Michele Paris
Il vertice di lunedì a Hannover tra il presidente americano Obama e i leader di Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia, ha contribuito a fare maggiore luce sui progetti occidentali per un nuovo intervento militare in Libia a cinque anni dalla campagna di bombardamenti risoltasi con la devastazione dell’economia e della società del paese nord-africano. Le preoccupazioni dei governi che stanno predisponendo i piani di intervento questa volta riguarderebbero principalmente il flusso di migranti provenienti dal territorio libico e diretti verso l’Europa.

martedì 3 maggio 2016

Libia – Lunga vita al Re: perché la restaurazione della monarchia in Libia si adatta ai bisogni dell’Occidente

26 marzo 2016

Sputnik News, 25 marzo 2016
L’analista politico statunitense Phil Butler racconta nel suo articolo per il New Eastern Outlook che il principe Mohammed el-Senussi è uno dei figli di Sayyid Hasan ar-Rida al-Mahdi el-Senussi, principe ereditario del Regno di Libia dall’ottobre 1956 al settembre 1969, quando la monarchia fu abolita.
Il 1° settembre 1969 un gruppo di ufficiali dell’esercito libico, tra cui il colonnello Muammar Gheddafi, rovesciò re Idris di Libia e pose fine al governo de facto del principe ereditario.
È interessante notare che è stato l’erede “legittimo” al trono, il principe Mohammed, a richiedere aiuto, nella sua intervista ad Al-Jazeera English il 24 febbraio 2011, alla comunità internazionale per rimuovere dal potere il leader libico Muammar Gheddafi.

lunedì 2 maggio 2016

Il sostegno occidentale ai ribelli in Libia è stato un appoggio diretto e deliberato ad al Qaeda

10 marzo 2016

Si parla molto della Libia in questi giorni ma ancora oggi non vengono chiarite le motivazioni che nel 2011 hanno condotto all’intervento Nato in Libia. Cosa è accaduto, perché ci troviamo oggi in questa situazione di caos nel paese nord-africano?… Balbettando i leader occidentali dicono che bisogna completare la democrazia in Libia , che l’intervento armato dell’occidente fu ‘un errore’, ma non un errore in sè: fu un errore ‘non aver accompagnato i libici nel ‘periodo di transizione’, di averli lasciati soli’.
Vedremo di seguito che questo non sarebbe stato comunque possibile, giacchè il consiglio Nazionale di Transizione libico era formato da membri di al Qaeda ed affiliati e l’occidente ne era perfettamente a conoscenza perchè li aveva scelti.
Già da all’ora lo dicevamo a seguito di numerose eclatanti evidenze che venivano colpevolmente sottaciute dai media mainstream di intattenimento.
Già da allora lo diceva uno studio condotto di J.FELTER e B. Fishman,  due analisti dell’Accademia Militare di West Point. Lo studio si chiama Al Aa’ida Foreign Fighter in Iraq. A first Look at the Sinjar Record (Harmony Project, Combating Terrorism Center, Department of Social Science, US Academy, West Point, NY, December 2007)
Ve ne proponiamo alcuni contenuti da una sintesi scritta sempre nel 2011 dal giornalista investigativo G.Tarpley che riprendende lo studio di West Point.
Vietato Parlare – Patrizio Ricci

domenica 1 maggio 2016

Libia. Vera storia della jihadista Hillary Clinton, mezzana del caos.

9 marzo 2016

Da qualche settimana il Washington Post e il New York Times stanno conducendo con grandi mezzi una sottile operazione: scagionare Hillary Clinton, allora segretaria di Stato, di quel che ha fatto in Libia. Hillary è la candidata preferita dell’Establishment, specie ora che si deve assolutamente evitare che alla Casa Bianca vada Trump.   Se le cose sono andate così male e la Libia è oggi uno stato fallito, è colpa di una serie di fortuite e sfortunate circostanze; lei, la Cltinon, ha deciso l’intervento per proteggere i civili libici dalla strage che stava compiendo il loro dittatore.
Per fortuna s’è formata in Usa un gruppo civico di base, la Citizen Commission on Benghazi (CCB). Lo scopo di questi cittadini: stabilire la verità su quanto accadde a Bengasi l’11 settembre 2012, quando fu attaccata la sede distaccata dell’ambasciata americana e i terroristi massacrarono l’ambasciatore Chris Stevens e tre difensori, Marines. La loro indagine (cito) “ha dimostrato che Gheddafi era un nostro alleato di fatto nella guerra al terrorismo islamico…e come l’amministrazione Obama e Hillary Clinton decisero di sostenere  ribelli legati ad Al Qaeda, invece che tenere negoziati di tregua con Gheddafi,  ciò che avrebbe portato alla sua abdicazione e alla transizione pacifica del potere”.
Sotto, i morti di Bengasi
Sotto, i morti di Bengasi