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martedì 30 luglio 2019

In Ucraina vivaio Nato di neonazisti

Il sequestro di un arsenale di armi da guerra a Torino sconfessa clamorosamente chi dubita della persistenza della rete stay behind italiana, Gladio. La rete di neonazisti che operano di concerto con l’Alleanza Atlantica contro la Russia è operativa in Ucraina.
| Roma (Italia)
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Proseguono le indagini sui moderni arsenali scoperti in Piemonte, Lombardia e Toscana, di chiara matrice neonazista come dimostrano le croci uncinate e le citazioni di Hitler trovate insieme alle armi. Resta però senza risposta la domanda: si tratta di qualche nostalgico del nazismo, collezionista di armi, oppure siamo di fronte a qualcosa di ben più pericoloso? Gli inquirenti – riferisce il Corriere della Sera – hanno indagato su «estremisti di destra vicini al battaglione Azov», ma non hanno scoperto «nulla di utile». Eppure vi sono da anni ampie e documentate prove sul ruolo di questa e altre formazioni armate ucraine, composte da neonazisti addestrati e impiegati nel putsch di piazza Maidan nel 2014 sotto regia Usa/Nato e nell’attacco ai russi di Ucraina nel Donbass.

Va chiarito anzitutto che l’Azov non è più un battaglione (come lo definisce il Corriere) di tipo paramilitare, ma è stato tasformato in reggimento, ossia in unità militare regolare di livello superiore.
Il battaglione Azov venne fondato nel maggio 2014 da Andriy Biletsky, noto come il «Führer bianco» in quanto sostenitore della «purezza razziale della nazione ucraina, impedendo che i suoi geni si mischino con quelli di razze inferiori», svolgendo così «la sua missione storica di guida della Razza Bianca globale nella sua crociata finale per la sopravvivenza».
Per il battaglione Azov Biletsky reclutò militanti neonazisti già sotto il suo comando quale capo delle operazioni speciali di Pravy Sektor. L’Azov si distinse subito per la sua ferocia negli attacchi alle popolazioni russe di Ucraina, in particolare a Mariupol. Nell’ottobre 2014 il battaglione fu inquadrato nella Guardia nazionale, dipendente dal Ministero degli interni, e Biletsky fu promosso a colonnello e insignito dell’«Ordine per il coraggio». Ritirato dal Donbass, l’Azov è stato trasformato in reggimento di forze speciali, dotato dei carrarmati e dell’artiglieria della 30a Brigata meccanizzata. Ciò che ha conservato in tale trasformazione è l’emblema, ricalcato da quello delle SS Das Reich, e la formazione ideologica delle reclute modellata su quella nazista. Quale unità della Guardia nazionale, il reggimento Azov è stato addestrato da istruttori Usa e da altri della Nato.
«Nell’ottobre 2018 – si legge in un testo ufficiale – rappresentanti dei Carabinieri italiani hanno visitato la Guardia nazionale ucraina per discutere l’espansione della cooperazione in differenti direzioni e firmare un accordo sulla cooperazioe bilaterale tra le istituzioni». Nel febbraio 2019 il reggimento Azov è stato dislocato in prima linea nel Donbass.
L’Azov è non solo una unità militare, ma un movimento ideologico e politico. Biletsky – che ha creato nell’ottobre 2016 un proprio partito, «Corpo nazionale» – resta il capo carismatico in particolare per l’organizzazione giovanile che viene educata, col suo libro «Le parole del Führer bianco», all’odio contro i russi e addestrata militarmente. Contemporaneamente, Azov, Pravy Sektor e altre organizzazioni ucraine reclutano neonazisti da tutta Europa (Italia compresa) e dagli Usa. Dopo essere stati addestrati e messi alla prova in azioni militari contro i russi del Donbass, vengono fatti rientrare nei loro paesi, mantenendo evidentemente legami con i centri di reclutamento e addestramento.
Ciò avviene in Ucraina, paese partner della Nato, di fatto già suo membro, sotto stretto comando Usa. Si capisce quindi perché l‘inchiesta sugli arsenali neonazisti in Italia non potrà andare fino in fondo. Si capisce anche perché coloro che si riempono la bocca di antifascismo restano muti di fronte al rinascente nazismo nel cuore dell’Europa.
Fonte
Il Manifesto (Italia) 

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