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mercoledì 17 luglio 2019

I Fratelli Mussulmani come ausiliari del Pentagono

Continuiamo la pubblicazione del libro di Thierry Meyssan, Sotto i nostri occhi. In questo episodio l’autore descrive come l’organizzazione terrorista dei Fratelli Mussulmani sia stata integrata nel Pentagono e inserita nella rete antisovietica, formata durante la guerra fredda con ex nazisti.
| Damasco (Siria)
 
Questo articolo è estratto dal libro Sotto i nostri occhi.
Si veda l’indice.
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Il saudita Osama bin Laden e il medico personale, l’egiziano Ayman al-Zawahiri, pubblicano nel 1998 Il Fronte Islamico mondiale contro gli ebrei e i crociati. Il testo è diffuso dal loro ufficio a “Londonistan”, l’Advice and Reformation Committee. Al-Zawahiri organizzò l’assassinio del presidente egiziano Sadat, poi lavorò per i servizi segreti sudanesi di Hasan al-Turabi e Omar al-Bashir. Ora è a capo di Al Qaeda.

GLI ISLAMISTI DIRETTI DAL PENTAGONO

Nei primi anni novanta il Pentagono decide di accorpare tra le sue “risorse” gli islamisti, che in precedenza dipendevano esclusivamente dalla CIA. È l’operazione Gladio B, in riferimento ai servizi segreti della NATO in Europa (Gladio A [1]).
Per un decennio tutti i capi islamici – tra cui Osama bin Laden e Ayman al-Zawahiri – viaggiano a bordo degli aerei dell’US Air Force. Regno Unito, Turchia e Azerbaigian partecipano all’operazione [2]: di conseguenza, gli islamisti finora combattenti nell’ombra vengono “pubblicamente” accorpati alle forze della NATO.

L’Arabia Saudita – in quanto Stato e pure proprietà privata dei Saud – diventa ufficialmente responsabile della gestione dell’islamismo globale. Nel 1992 il re promulga una legge fondamentale in virtù della quale “Lo Stato protegge la fede islamica e applica la Sharia. Impone il bene e combatte il male. Adempie ai doveri dell’Islam […] La difesa dell’islamismo, della società e della patria musulmane è dovere di ogni suddito del re”.
Nel 1993 Carlo, principe di Galles, fa transitare l’Oxford Centre for Islamic Studies sotto il suo patrocinio, mentre il capo dell’intelligence saudita – il principe Turki – ne assume la direzione.
Londra si trasforma apertamente nel centro nevralgico di Gladio B, al punto che si comincia addirittura a parlare di “Londonistan” [3]. Sotto lo scudo della Lega musulmana mondiale, i Fratelli musulmani arabi e il Jamaat-e-Islami del Pakistan danno vita a varie associazioni culturali e cultuali intorno alla moschea di Finsbury Park. Questa struttura renderà possibile il reclutamento di molti kamikaze, a partire da quelli che attaccheranno la scuola russa di Beslan fino a Richard Reid, l’uomo delle scarpe bomba. Nel Londonistan hanno sede in particolare molti media, case editrici, giornali (al-Hayat e Asharq al-Awsat, tutti diretti dai figli dell’attuale re saudita Salman) e televisioni (il gruppo MBC del principe al-Walid bin Talal, che trasmette su venti canali), non diretti alla diaspora musulmana in Gran Bretagna, bensì al mondo arabo. L’accordo tra gli islamisti e l’Arabia Saudita viene esteso al Regno Unito: libertà totale d’azione, ma divieto d’interferire nella politica interna. Il sistema si avvale di diverse migliaia di persone e rastrella enormi quantità di denaro. Rimarrà ufficialmente in vigore fino agli attentati dell’11 settembre 2001, quando per gli inglesi sarà impossibile continuare a giustificarlo.
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Abu Musab, “il Siriano”, (nella foto insieme a Osama bin Laden) ha teorizzato, trasponendola in termini islamici, la “strategia della tensione”. Ha creato alla luce del sole due agenzie, una a Madrid, l’altra a Londra, per supervisionare gli attentati in Europa.
Abu Musab “Il Siriano”, superstite del colpo di Stato fallito ad Hama e contatto tra bin Laden e il Gruppo islamico armato (GIA) algerino, teorizza il “jihad decentrato”. Nel suo Appello alla resistenza islamica mondiale traduce in termini islamici la ben nota dottrina della “strategia della tensione”, con lo scopo di provocare le autorità e portarle a imporre una terribile repressione che costringerebbe il popolo a rivoltarsi. Tale teoria è già stata applicata dalle reti Gladio di CIA/NATO attraverso la manipolazione dell’estrema sinistra europea negli anni settanta e ottanta (Banda Baader-Meinhof, Brigate Rosse, Action directe). Naturalmente non è possibile che questa strategia abbia successo e CIA/NATO sanno benissimo che non può funzionare, visto che non è mai riuscita da nessuna parte; ma intendono comunque sfruttare la reazione repressiva dello Stato per insediare al potere i loro uomini. “Il Siriano” indica l’Europa e, soprattutto, gli Stati Uniti come prossimi campi di battaglia degli islamisti. Fugge dalla Francia dopo gli attentati del 1995 e, due anni dopo, crea a Madrid e nel Londonistan l’Islamic Conflict Studies Bureau, sul modello dell’Aginter Press che la CIA ha istituito a Lisbona negli anni sessanta/settanta. Le due grandi organizzazioni vantano un’eccelsa capacità nel preparare attentati sotto falsa bandiera (come quello di Piazza Fontana, attribuito all’estrema sinistra nel 1969 e quelli ai musulmani a Londra nel 2005).
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Il consulente in comunicazione dei Fratelli Mussulmani, Mahmud Gibril al-Warfally, addestra i dittatori mussulmani a parlare un linguaggio democratico. Gibril riorganizza Al-Jazeera, indi diviene responsabile dell’insediamento di società USA in Libia, durante il regime Gheddafi, infine dirige il rovesciamento di Gheddafi.
Nello stesso periodo il libico Mahmud Gibril, professore all’Università di Pittsburgh, comincia a insegnare una lingua “politicamente corretta”. Vengono così addestrati emiri e generali di Arabia Saudita, Bahrein, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Kuwait, Marocco e Tunisia (ma anche di Singapore). Combinando i princìpi delle relazioni pubbliche con lo studio dei rapporti della Banca mondiale, i peggiori dittatori diventano capaci di disquisire con naturalezza dei loro ideali democratici e del loro profondo rispetto per i diritti umani.
La guerra contro l’Algeria sconfina in Francia. Jacques Chirac e il suo ministro degli Interni Charles Pasqua interrompono il sostegno ai Fratelli musulmani da parte di Parigi e vietano persino la diffusione dei libri di Yusuf al-Qaradawi (il predicatore della Fratellanza). È assolutamente necessario mantenere la presenza francese nel Maghreb, che gli inglesi intendono estirpare. Il Gruppo islamico armato (GIA) prende in ostaggio i passeggeri del volo Air France Algeri-Parigi (1994), fa esplodere bombe nella RER e in diverse zone della capitale francese (1995) e pianifica un gigantesco attentato – poi sventato – durante la Coppa del mondo di calcio (1998) tramite lo schianto di un aereo su una centrale nucleare. Ogni volta i sospettati riescono a fuggire trovando asilo nel Londonistan.
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Sfilata della “Legione Araba” di Osama bin Laden per il presidente Alija Izetbegovic, in Bosnia-Erzegovina.
La guerra in Bosnia-Erzegovina scoppia nel 1992 [4]. Su precise istruzioni da parte di Washington, i servizi segreti pakistani (ISI) – sempre finanziati dall’Arabia Saudita – inviano 90 mila uomini a combattere contro i serbi, sostenuti da Mosca. Osama bin Laden ottiene un passaporto diplomatico bosniaco e diventa consigliere militare del presidente Alija Izetbegovic´ (che può contare sullo statunitense Richard Perle come consigliere diplomatico e sul francese Bernard-Henri Lévy come consigliere per i media). Forma la Legione araba con alcuni veterani dell’Afghanistan e ordina il finanziamento della Lega musulmana mondiale. Per riflesso comunitario o per competizione con l’Arabia Saudita, anche la Repubblica islamica dell’Iran si reca in soccorso ai musulmani in Bosnia. Di concerto con il Pentagono, invia diverse centinaia di Guardie della Rivoluzione e un’unità di Hezbollah libanese. Ma, soprattutto, consegna gran parte delle armi che saranno impiegate dall’esercito bosniaco. I servizi segreti russi, infiltrandosi nel campo di bin Laden, scoprono che l’intera burocrazia della Legione araba è redatta in lingua inglese e che gli ordini arrivano direttamente dalla NATO. Dopo la guerra verrà istituito un tribunale speciale internazionale, che perseguirà molti combattenti per crimini di guerra: ma nessun membro della Legione araba.
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L’egiziano Muhamad al-Zawahiri partecipò a fianco del fratello Ayman (attuale capo di Al Qaeda) all’assassinio del presidente Sadat. Partecipò anche, a fianco della NATO, alle guerre di Bosnia-Erzegovina e del Kosovo. Comandò pure un’unità dell’UCK (Esercito di Liberazione del Kosovo).
Dopo tre anni di relativa calma, la guerra tra musulmani e ortodossi nella ex Jugoslavia riprende, questa volta in Kosovo. Viene costituito l’Esercito di liberazione del Kosovo (KLA, acronimo inglese di Kosovo Liberation Army), a partire da gruppi mafiosi addestrati dalle forze speciali tedesche (KSK) nella base turca di Incirlik. I musulmani albanesi e jugoslavi sono di cultura Naqshbandıˉ; Hakan Fidan, futuro direttore dei servizi segreti turchi, è ufficiale di collegamento tra NATO e Turchia. I veterani della Legione araba entrano nel KLA, tra cui una brigata comandata da uno dei fratelli di Ayman al-Zawahiri, e distruggono sistematicamente chiese e monasteri ortodossi, cacciando i cristiani.
Nel 1995, facendo rivivere la tradizione degli assassini politici, Osama bin Laden cerca di eliminare il presidente egiziano Hosni Mubarak, mentre l’anno successivo ci riprova con il leader libico Muammar Gheddafi. Questo secondo attentato è finanziato con 100 mila sterline dai servizi segreti inglesi, che vogliono punire il sostegno libico alla resistenza irlandese [5]. Ma l’operazione fallisce. Vari ufficiali libici fuggono nel Regno Unito, compreso Ramadan Abedi, il cui figlio, anni dopo, sarà accusato – sempre dai servizi britannici – di essere l’autore di un attentato a Manchester. La Libia inoltra le prove all’Interpol e spicca il primo mandato di cattura internazionale contro Osama bin Laden, che ancora dispone di un ufficio di pubbliche relazioni nel Londonistan.
Nel 1998 viene fondata a Parigi la Commissione araba per i diritti umani, finanziata dal NED. Il presidente è il tunisino Moncef Marzouki, portavoce il siriano Haytham Manna. Obiettivo è la difesa dei Fratelli musulmani arrestati in diversi paesi arabi a causa delle loro attività terroristiche. Marzouki è un medico di sinistra che collabora con loro da tempo, Manna uno scrittore che ha gestito gli investimenti di Hassan al-Turabi e della Fratellanza sudanese in Europa. Quando Manna va in pensione, è la sua compagna ad assumere la direzione dell’associazione. Viene sostituito dall’algerino Rachid Mesli, avvocato e in particolare difensore di Abbassi Madani e dei Fratelli algerini.
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Figlio spirituale dell’islamista turco Necmettin Erbakan (al centro), Recep Tayyip Erdogan (a destra) ne diresse il gruppo di azione segreta, la Millî Görüs. Organizzò l’invio di armi in Cecenia e ospitò a Istanbul i principali emiri antirussi.
Nel 1999 – ossia dopo la guerra del Kosovo e la conquista del potere da parte degli islamisti a Groznyj – Zbigniew Brzezinski crea, con una coorte di neoconservatori, l’American Committee for Peace in Chechnya (Comitato americano per la pace in Cecenia). Se la prima guerra cecena è stata una questione interna russa in cui alcuni islamisti hanno interferito, la seconda è volta all’istituzione dell’Emirato islamico di Ichkeria. Brzezinski, che sta preparando l’operazione già da diversi anni, cerca di riprodurre l’esperimento dell’Afghanistan. I jihadisti ceceni – come Šamil Basaev – non sono stati addestrati in Sudan da bin Laden, ma in Afghanistan dai talebani. Per tutta la guerra ricevono supporto “umanitario” dal Millî Görüs turco di Necmettin Erbakan e Recep Tayyip Erdoğan, e dall’IHH, associazione turca creata in Germania sotto il nome di Internationale Humanitäre Hilfe. In seguito, i jihadisti organizzeranno diverse operazioni importanti, nello specifico contro il teatro di Mosca (2002: 170 morti, 700 feriti), contro una scuola di Beslan (2004: 385 morti, 783 feriti) e contro la città di Naltchik (2005: 128 morti e 115 feriti). Dopo il massacro di Beslan e la morte del leader jihadista Šamil Basaev, il Millî Görüs¸ e l’IHH organizzano – nella moschea Fatih d’Istanbul – un grande funerale, senza il suo corpo ma con decine di migliaia di militanti.
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Presentata come attentato “antiamericano”, la distruzione, il 7 agosto 1998, dell’ambasciata degli Stati Uniti a Dar es Salaam (Tanzania) ha causato 85 feriti e 11 morti… ma nessuna vittima statunitense.
In questo periodo, ad Al Qaida sono attribuiti tre grandi attentati. Tuttavia, per quanto importanti siano queste operazioni, indicano il declino degli islamisti integrati nella NATO e al contempo sminuiti al livello di terroristi antiamericani. – Nel 1996 un camion bomba esplode contro un palazzo di otto piani ad Al Khobar, in Arabia Saudita, uccidendo 19 soldati statunitensi. Prima attribuita ad Al Qaida, la responsabilità dell’attentato ricade sull’Iran e, alla fine, su nessuno. – Nel 1998 due bombe esplodono davanti alle ambasciate statunitensi di Nairobi (Kenya) e di Dar es Salaam (Tanzania), uccidendo 298 africani ma nessun americano, e ferendone più di 4.500. Gli attentati sono rivendicati da un misterioso Esercito islamico di liberazione dei luoghi santi. Secondo le autorità statunitensi, presumibilmente sono stati commessi da membri della Jihad islamica egiziana per ritorsione all’estradizione di quattro loro membri. Eppure le stesse autorità accusano Osama bin Laden di esserne il mandante e l’FBI, alla fine, emette un mandato di cattura internazionale contro di lui. – Nel 2000 un’imbarcazione kamikaze esplode contro lo scafo del cacciatorpediniere USS Cole nel porto di Aden (Yemen). L’attacco viene rivendicato da Al Qaida nella penisola arabica (AQPA), ma un tribunale statunitense ritiene responsabile il Sudan.
Gli attacchi hanno luogo mentre prosegue la collaborazione tra Washington e gli islamisti, ed è così che Osama bin Laden conserva il suo ufficio nel Londonistan fino al 1999. Situato nel quartiere di Wembley, l’Advice and Reformation Committee (ARC) ha il compito di diffondere le dichiarazioni di bin Laden e, al tempo stesso, coprire le attività logistiche di Al Qaida, tra cui reclutamento, pagamento e acquisizione di materiali. Tra i suoi collaboratori a Londra ricordiamo il saudita Khalid al-Fawwaz e gli egiziani Adel Abdel Bari e Ibrahim Eidarous, tre figure soggette a mandati di cattura internazionale ma che comunque ricevono asilo politico nel Regno Unito. È nell’assoluta legalità che, a Londra, l’ufficio di bin Laden pubblicherà, nel febbraio 1998, il famoso appello al Jihad contro gli ebrei e i crociati. Gravemente malato di reni, bin Laden viene ricoverato nell’agosto 2001 presso l’ospedale americano di Dubai. Un capo di Stato del Golfo mi ha confermato di essere andato a trovarlo nella sua stanza, protetta dalla CIA.

LA FUSIONE DELLE DUE “GLADIO” E LA PREPARAZIONE DELL’ISIS

Nella stessa logica, l’amministrazione Bush accusa gli islamisti dei giganteschi attentati dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti. Si impone la versione ufficiale, benché presenti numerose incongruenze. Il ministro della Giustizia assicura che gli aerei sono stati dirottati dagli islamisti, anche se – secondo le compagnie aeree – nessuno dei sospetti si trovava a bordo. Il dipartimento della Difesa pubblicherà un video in cui bin Laden rivendica gli attentati, benché li abbia rigettati pubblicamente e gli esperti del riconoscimento facciale e vocale affermino che l’uomo nel video non è bin Laden. Comunque sia, questi eventi servono da pretesto a Washington e Londra per lanciare la “guerra senza fine” e attaccare i loro ex alleati, i talebani in Afghanistan e l’Iraq di Saddam Hussein.
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L’11 settembre 2001 Osama bin Laden non era in grado di compiere alcun attentato: si trovava all’ospedale militare di Rawalpindi (Pakistan), sottoposto a dialisi e morente.
Benché soffra da tempo di insufficienza renale cronica, Osama bin Laden muore il 15 dicembre 2001 a causa della sindrome di Marfan. Un agente dell’MI6 assiste al suo funerale in Afghanistan. In seguito, diversi sosia più o meno realistici tengono in vita la sua storia, tra cui un uomo che verrà poi ucciso da Omar Sheikh nel 2005, secondo la prima ministra pakistana Benazir Bhutto.
Nell’agosto 2002 l’MI6 organizza a Londra una conferenza dei Fratelli musulmani sul tema “La Siria per tutti”. I relatori presentano l’idea che la Siria sia oppressa dalla setta alawita e che solo i Fratelli musulmani siano in grado di offrire la vera libertà.
Dopo Sayyid Qutb e Abu Musab “Il Siriano”, gli islamisti optano per un nuovo stratega, Abu Bakr Naji. Nel 2004 questo personaggio – che oltretutto pare non essere mai esistito – pubblica online un libro, Management of Savagery [La gestione della barbarie] [6], una vera e propria teoria del caos. Anche se alcuni credono di leggervi lo stile di uno scrittore egiziano, sembra che il libro sia stato scritto in inglese per poi essere arricchito da citazioni coraniche superflue e tradotto in arabo. La “barbarie” del titolo non si riferisce al terrorismo, ma al ritorno allo stato di natura prima che la civiltà creasse lo Stato. Si deve riportare l’umanità all’“homo homini lupus”. La strategia del caos prevede tre fasi:
– Primo, demoralizzare ed esaurire lo Stato attaccandolo nei punti meno protetti. Si sceglieranno quindi obiettivi secondari, spesso privi d’interesse ma sparsi e facili da distruggere. Ciò può dare l’impressione di una rivolta generalizzata, di una rivoluzione. – Secondo, quando lo Stato si sarà ritirato dalle periferie e dalle campagne, conquistare determinate zone e controllarle, imponendo la Sharia per segnare il passaggio a una nuova forma di Stato. In questo periodo si stringeranno alleanze con tutti coloro che si oppongono al potere senza lasciarli sprovvisti di armi, per avviare così una guerra di posizione. – Terzo, proclamare lo Stato islamico.
Tale trattato nasce dalla scienza militare contemporanea e attribuisce grande importanza alle operazioni psicologiche, come l’uso spettacolare della violenza. In pratica, la strategia non ha nulla a che fare con la rivoluzione, ma con la conquista di un paese da parte di potenze estere, presupponendovi un investimento enorme. Come sempre nella letteratura sovversiva, le cose più interessanti si trovano in ciò che non viene detto o che viene semplicemente citato di sfuggita: – preparare le popolazioni ad accogliere i jihadisti richiede preliminarmente la realizzazione di una rete di moschee e opere sociali, com’è avvenuto in Algeria prima della guerra “civile”; – per avviare le operazioni militari è necessario importare prima le armi, soprattutto perché, successivamente, i jihadisti non avranno modo di riceverle, e ancor meno le munizioni. Dovranno essere appoggiati dall’estero; – il controllo delle aree occupate presuppone una precedente formazione di alti funzionari, come quelli degli eserciti regolari responsabili della “ricostruzione degli Stati”; – infine, la guerra di posizione presuppone la costruzione di vaste infrastrutture che richiedono materiali, ingegneri e architetti.
Di fatto, richiamarsi a tale opera conferma che gli islamisti intendono continuare a svolgere un ruolo militare per conto di potenze straniere, ma, questa volta, su larga scala.
Nel 2006 gli inglesi chiedono all’emiro del Qatar, Hamad, di porre la sua rete TV panaraba Al Jazeera al servizio dei Fratelli musulmani [7]. Il libico Mahmud Gibril – che ha insegnato alla famiglia reale a parlare il linguaggio democratico – è responsabile dell’introduzione graduale dei Fratelli nella rete e della creazione di canali in lingua estera (inglese e poi bosniaca e turca) e di un canale per i bambini. Il predicatore Yusuf al-Qaradawi diventa “consulente religioso” di Al Jazeera. Naturalmente, il canale trasmetterà e convaliderà le registrazioni audio e video di “Osama bin Laden”.
Nello stesso periodo, le truppe statunitensi in Iraq devono affrontare una rivolta generalizzata. Dopo essere stati massacrati dalla repentina e brutale invasione (tecnica shock and awe, “colpisci e terrorizza”), gli iracheni organizzano la resistenza. L’ambasciatore statunitense a Baghdad, John Negroponte – futuro direttore della National Intelligence – propone di sconfiggerli dividendoli e facendo in modo di scatenare la rabbia contro loro stessi, trasformando quindi la resistenza all’occupazione in guerra civile. Negroponte è un esperto di operazioni segrete: ha partecipato al Phoenix Program in Vietnam, organizzato la guerra civile in El Salvador e l’operazione Iran-Contras in Nicaragua e ha fatto fallire la ribellione del Chiapas in Messico. L’ambasciatore convoca uno degli uomini che lo ha fiancheggiato a El Salvador, il colonnello James Steele, e gli affida la creazione delle milizie irachene sciite contro i sunniti e di quelle sunnite contro gli sciiti. Per quanto riguarda le milizie sunnite, Steele ricorre agli islamisti: a partire da Al Qaida in Iraq crea un esercito da una coalizione tribale, l’Emirato islamico in Iraq (futuro ISIS), sotto la copertura della polizia speciale (“Brigata dei Lupi”). Per terrorizzare le vittime e le rispettive famiglie, addestra l’Emirato alle torture con i metodi della Scuola delle Americhe e del Fu Hsing Kang College di Taiwan, dove ha insegnato. Nel giro di pochi mesi, un nuovo orrore si abbatte sugli iracheni dividendoli per appartenenza religiosa. In seguito, quando il generale David Petraeus prenderà il comando delle truppe USA nel paese, nominerà il colonnello James H. Coffman per lavorare con Steele e stilargli i rapporti sull’operazione, mentre Brett H. McGurk riferirà direttamente al presidente. I principali capi dell’Emirato islamico sono reclutati a Camp Bucca e soggetti ad addestramento nella prigione di Abu Ghraib secondo i metodi del “lavaggio del cervello” ideati dai professori Albert D. Biderman e Martin Seligman [8]. Il tutto è supervisionato da Washington da parte del segretario della Difesa, Donald Rumsfeld, dal quale dipende direttamente Steele.
Nel 2007 Washington comunica alla Fratellanza la necessità di rovesciare i regimi laici del Grande Medio Oriente – anche degli Stati alleati – e quindi di prepararsi a prendere il potere. La CIA disegna le alleanze tra i Fratelli e alcune personalità o partiti laici in tutti gli Stati della regione. Allo stesso tempo, collega i due rami della “Gladio” stabilendo legami tra gruppi nazisti occidentali e gruppi islamisti orientali.
Queste alleanze sono talvolta instabili. Per esempio, alla “Conferenza nazionale dell’opposizione libica” a Londra, i Fratelli riescono a riunire attorno a loro soltanto il Gruppo combattente islamico libico (Al Qaida in Libia) e la Fratellanza wahhabita senussita. La piattaforma programmatica prevede la restaurazione della monarchia e l’Islam come religione di Stato. Più convincente è la costituzione del Fronte di salvezza nazionale, a Berlino, che sancisce l’unione tra i Fratelli e l’ex vicepresidente siriano Abdel Halim Khaddam.
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Dmytro Yarosh durante il congresso del Fronte antimperialista di Ternopil’ (2007). Realizzerà la congiunzione tra i nazisti di Gladio A e gli islamisti di Gladio B; in seguito diventerà vicesegretario del Consiglio di Sicurezza Nazionale dell’Ucraina, dopo la “rivoluzione colorata” dell’EuroMaidan (2014).
L’8 maggio 2007, a Ternopil’ (nell’Ucraina occidentale), gruppi nazisti e islamisti creano un fronte antimperialista per combattere contro la Russia. Vi partecipano alcune organizzazioni di Lituania, Polonia, Ucraina e Russia, tra cui i separatisti islamici di Crimea, Adighezia, Daghestan, Inguscezia, Cabardino-Balcaria, Karacˇaj-Circassia, Ossezia e Cecenia. Non potendo assistervi a causa delle sanzioni internazionali, Doku Umarov – che ha abolito la Repubblica cecena e proclamato l’Emirato islamico di Ichkeria – fa leggere il suo intervento. Il Fronte è diretto dal nazista Dmytro Yarosh che più tardi, col colpo di Stato a Kiev del febbraio 2014, diventerà vicesegretario del Consiglio per la sicurezza nazionale dell’Ucraina.
In Libano, nel maggio-giugno 2007, l’esercito nazionale assedia il campo palestinese di Nahr al-Bared, dopo che i membri di Fatah al-Islam vi si sono asserragliati. I combattimenti durano 32 giorni e costano la vita a 76 soldati, tra i quali una trentina vengono decapitati.
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Il turco-irlandese El Medhi El Hamid El Hamdi, detto “Mahdi Al-Harati”, agente CIA presente nella Flottiglia della Libertà, bacia il presidente Erdogan che gli rende visita in ospedale. Mahdi Al-Harati diventerà in seguito il numero 2 dell’Esercito Siriano Libero.
Nel 2010 la Confraternita organizza la Freedom Flotilla tramite l’IHH. Ufficialmente si tratta di sfidare l’embargo israeliano e fornire assistenza umanitaria agli abitanti di Gaza [9], mentre in realtà la nave ammiraglia cambia bandiera durante la navigazione passando ai colori turchi. Molte spie si mischiano tra gli attivisti non violenti che partecipano alla spedizione, tra cui un agente della CIA, l’irlandese Mahdi al-Harati. Cadendo nella trappola tesagli dagli Stati Uniti, il primo ministro d’Israele Benjamin Netanyahu ordina l’assalto alle imbarcazioni in acque internazionali, provocando 10 morti e 54 feriti. Tutto il mondo condanna l’atto di pirateria, sotto lo sguardo beffardo della Casa Bianca. Israele, che rifornisce di armi i jihadisti in Afghanistan e ha sostenuto la creazione di Hamas contro l’OLP di Yasser Arafat, si è opposto agli islamisti nel 2008 e li ha bombardati a Gaza insieme agli abitanti. Netanyahu in questo modo paga l’operazione “Piombo fuso” che ha condotto insieme all’Arabia Saudita contro il parere della Casa Bianca. Mentre i passeggeri della flottiglia vengono rilasciati da Israele, la stampa turca mostra il primo ministro Recep Tayyip Erdoğan che rende visita a Mahdi al-Harati in ospedale.
(segue…)
[1] NATO’s secret armies: operation Gladio and terrorism in Western Europe, Daniele Ganser, Foreword by Dr. John Prados, Frank Cass/Routledge (2005).
[2] Classified Woman: The Sibel Edmonds Story : A Memoir, Sibel Edmonds (2012).
[3] Londonistan, Melanie Phillips, Encounter Books (2006).
[4] Wie der Dschihad nach Europa kam, Jürgen Elsässer, NP Verlag (2005); Intelligence and the war in Bosnia 1992-1995: The role of the intelligence and security services, Nederlands Instituut voor Oologsdocumentatie (2010). Al-Qaida’s Jihad in Europe: The Afghan-Bosnian Network, Evan Kohlmann, Berg (2011).
[5] « David Shayler : « J’ai quitté les services secrets britanniques lorsque le MI6 a décidé de financer des associés d’Oussama Ben Laden » », Réseau Voltaire, 18 novembre 2005.
[6] The Management of Savagery: The Most Critical Stage Through Which the Umma Will Pass, Abu Bakr Naji, Harvard University (2006).
[7] “Wadah Khanfar, al-Jazeera e il trionfo della propaganda televisiva”, di Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 24 settembre 2011.
[8] “Il segreto di Guantanamo”, di Thierry Meyssan, Оdnako (Russia) , Rete Voltaire, 28 ottobre 2009.
[9] “Flottiglia della Libertà: il dettaglio che Netanyahu ignorava”, di Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 27 giugno 2010.
 
 

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