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martedì 17 settembre 2013

Casa Bianca: bugie di guerra #Libia #Siria

7 settembre 2013
di Stefania Elena Carnemolla

La BBC non è più quella di una volta, ormai perde colpi come un velivolo di guerra bucherellato dalle raffiche della contraerea. Dicevano di al Jazeera, l’emittente televisiva del Qatar, megafono delle rivolte del mondo arabo, ma la BBC l’ha superata, quanto a bugie. Da quando l’opinione pubblica occidentale s’è invaghita delle fallimentari primavere arabe, non c’è bugia di guerra, bufala, in gergo, che non faccia breccia, toccando il cuore di chi sospira fra un Tweet e un video di YouTube, prendendo come oro colato tutto ciò che arriva da quelle parti.

Le bugie di guerra, si sa, servono ai parlamenti e ai governi per imbarcarsi in guerre ambiziose camuffate d’altro e predisporre in questo senso l’opinione pubblica.



Poco prima che la Libia fosse attaccata dalla Francia di Sarkozy e, a ruota, da tutti gli altri, Ignazio La Russa, ministro della Difesa del governo italiano, così commentò dopo aver visto le immagini delle “fosse comuni” con le “diecimila vittime” dei massacri di Gheddafi, il “tiranno” di Tripoli, quel “tiranno” accolto tempo prima con onori al Quirinale: “Mi agitano molto. Sono immagini che ricordano i momenti più bui della storia dei popoli. Pochi giorni fa abbiamo ricordato le foibe ed è orribile che ancora oggi si verifichino episodi del genere”.



Roberta Pinotti, allora senatrice del Partito Democratico e oggisottosegretario alla Difesa del governo Letta, non fu da meno. Intervenendo il 23 marzo 2011 al Senato per poco non svenne al ricordo di quelle “fosse comuni”: “[...] la missione in Libia è stata decisa tardi ed è cominciata male, ma è interesse di tutto il paese che riesca. Venerdì scorso le commissioni congiunte esteri e difesa di Camera e Senato hanno visto il gruppo del Partito Democratico votare il via libera perché venisse data attuazione alla risoluzione n. 1973 dell’Onu. La risoluzione dice che è necessario fare tutto il possibile per fermare i massacri dei civili [...] Ricordiamo le immagini delle fosse comuni sulle spiagge”.

E ancora, presa da fervore patriottico: “Oggi il Partito Democratico conferma con serietà, senso di responsabilità e senza furbizia e ambiguità la posizione di voto che ha espresso in commissione, che riconosceva nella risoluzione Onu quello che oggi deve fare la comunità internazionale, nello stesso spirito di quella mirabile sintesi che il presidente Napolitano ha fatto dicendo che cosa è necessario fare. Egli ha ricordato che un paese come il nostro e un continente come l’Europa non possano essere sordi alle richieste di democrazia e libertà che salgono dai popoli del risorgimento arabo”.

Per poi incitare alla guerra con linguaggio alla Filippo Tommaso Marinetti: “Fa male a tutti noi sentire rombare i motori dei caccia, vedere il fumo delle bombe sganciate. Quindi, c’è della sofferenza nell’assumere queste decisioni, e sarebbe sbagliato non sottolinearlo. Ma è un assenso che comunque diamo con determinazione, senza tentennamenti”.



Fosse comuni, quand’erano semplici fosse rivestite di cemento e per singolo cadavere di un cimitero libico sulla spiaggia davanti al mare di Tripoli. Un cimitero che si trovava là da tempo, ultima dimora in particolare di migranti annegati e lì sepolti. Un video con immagini risalenti a chissà quando, con gente del luogo che armeggiava rilassata fra pale e sacchi di cemento, che scavava qualche fossa, là, davanti al mare di Libia,niente cadaveri in giro, ecco la prova dello sterminio, fu invece detto. Tutti caddero nella trappola, giornali, telegiornali, talk show. Sulla bufala delle fosse comuni fu imbastito un attacco contro un paese sovrano. E c’è ancora da chiedersi come si possa scambiare una piccola fossa singola e ben curata di un tranquillo cimitero con una fossa comune allestita in fretta e furia per coprire i miasmi ed evitare le pestilenze. E i cadaveri? E le scene di disperazione? Dov’erano? Tutto fa brodo quando la guerra chiama.

Nelle cucine della BBC il brodo fu messo a bollire nel 2012 allorquando un attivista siriano accusò il presidente siriano Bashar al Assad del massacro di civili a Houla. Ecco la foto. Però, niente male come scoop. Tanti cadaveri dentro sacchi bianchi, tutti in fila, allineati, con un bambino che corre saltellando sui morti tipo corsa a ostacoli.



La BBC la pubblicò, fino a quando non si scoprì che la fotografia era del 2003 e che risaliva ai tempi della guerra in Iraq. L’aveva scattata il 27 marzo di quell’anno il fotoreporter italiano Marco Di Lauro per il suo reportage Iraq, the aftermath of Saddam. I corpi, stesi sul grande pavimento di una scuola, erano stati ritrovati dentro una grande fossa comune alla periferia di Al Musayyib, quaranta chilometri a sud di Baghdad. Gente, fra cui bambini, scomparsa nel 1991 durante la prima guerra del Golfo quando Saddam aveva soffocato una rivolta sciita. Ma per la BBC quella era la prova dei crimini di Bashar al Assad.

Il 27 maggio fu pubblicato su BBC News l’articolo Syria massacre in Houla condemned as outrage grows con l’immagine dei cadaveri stesi sul pavimento pescata su Twitter e, dopo un controllo all’acqua di rose, giudicata veritiera. Quel giorno il Telegraph pubblicò un articolo di Hannah Furness dal titolo BBC News uses “Iraq photo to illustrate Syrian massacre”, raccontando come il fotografo Marco Di Lauro nel vedere quell’immagine “per poco non fosse caduto dalla sedia”.

Il 29 maggio la BBC ritirò con tanto di scuse l’immagine, dicendo che“per fortuna errori così capitano raramente”. E poco importa se a Downing Street il premier britannico Cameron non vedeva l’ora di far polpette di Bashar al Assad. Così il 9 giugno Marco Di Lauro scriverà nel suo blog: “Qualcuno sta usando le mie immagini come propaganda contro il governo siriano e come prova di quel massacro”.

Dopo il discorso di John Forbes Kerry del 30 agosto scorso sulle armi chimiche di Bashar al Assad e la necessità di un attacco contro la Siria, il fantasma dell’immagine del 2003 è tornato sulla scena. Nel suo discorso, con cui il segretario di Stato di Obama ha chiesto al mondo un atto di fede per il lavoro di intelligence così “scrupoloso”, Kerry ha detto un giorno mostreremo tutto ai cittadini americani, ma molte cose in nostro possesso sono per ora riservate. Un atteggiamento che ha irritato la Russia e non solo.



Insomma, ha fatto capire Kerry, se noi attaccheremo Bashar al Assad è perché sappiamo molte cose e molte cose le abbiamo viste con i nostri occhi. Fra cui, e qua la cosa diventa interessante, una non meglio precisata scena con file e file di bambini gasati da Bashar al Assad avvolti nel sudario e “circondati dai loro nonni e genitori cui è toccata la stessa sorte”. Morti pure loro? O vivi? E se vivi, li circondavano senza nessuna protezione a costo di essere contaminati? Però, i medici e gli infermieri che avevano tentato di soccorrerli, si fa scappare Kerry, per un po’ non morivano soffocati.E se nonni e genitori erano vivi e se anche a loro era toccata la stessa sorte, come mai solo i bambini sarebbero morti e non gli adulti? Perché nella propaganda di guerra l’immagine del bambino morto per mano del tiranno tocca i cuori, risuscitando in molti il ricordo di Erode il cattivo, preparando, così, i cuori alla guerra.

E quante sarebbero state le presunte vittime dell’ultimo attacco chimico di Bashar al Assad? Dice Kerry, 1429, fra cui almeno 426 bambini. E dov’erano questi 426 cadaveri che solo Kerry ha visto? I bambini, così Kerry, erano sul pavimento di un ospedale, file e file di bambini avvolti nel sudario e senza il conforto del loro letto. Di certo non erano i bambini delle immagini, ampiamente smascherate, che hanno fatto il giro del mondo e dove molti di loro sono vestiti e senza sudario, riversi in maniera disordinata in piccole stanze (interessante, ad esempio, il caso di una bambina rinvenuta in tre fotogrammi diversi, in tre luoghi diversi e ogni volta con abiti diversi).

Dice quindi Kerry, noi sappiamo una cosa che né i medici né gli infermieri ci hanno detto e cioè che questi bambini non avevano nessuna ferita, nessun taglio, nessun graffio, nessun segno di arma da fuoco, il loro sudario non aveva una goccia di sangue. Come dire, i medici e infermieri non capiscono nulla e solo noi sappiamo che questi bambini sono morti per gas. O, peggio ancora, il loro sudario non aveva una goccia di sangue perché sono stati puliti e lavati prima di essere avvolti nel sudario, come da tradizione. E senza che nessuno si sia contaminato? E degli altri cadaveri, degli adulti, che si sa? Dove li hanno accatastati? Chi li ha visti? Dove li hanno sepolti? Niente sudario per loro?



L’impressione è che la scena dei bambini evocata da Kerry sia il risultato della sovrapposizione di più immagini, quella del 2003 di Marco Di Lauro, già sfuggita nel 2012 per accusare Bashar al Assad del massacro di civili siriani a Houla, e quelle con gli adulti ritratti accanto a bambini riversi sul pavimento in piccole stanze di certo non adatte ad accogliere file e file di cadaveri.

Abbiamo chiesto a Marco Di Lauro un commento. La risposta ci è arrivata il 4 settembre inviata dal suo account di posta ufficiale e in inglese:

“It has come to my attention, that my image, taken in Iraq in 2003, has been inadvertently misused by news organisations around the world, reportedly including Secretary of State, John Kerry, as being in relation to the uprising in Syria – I wish to assure you that this is not the case. As a photojournalist it is my duty to document events as and how they unfold, reflecting neither political disposition nor judgment. This is a responsibility I hold to the highest importance and I am concerned to learn my work has been misrepresented in this way without the proper due diligence. To clarify, I took the image in 2003, when working on a story titled Iraq, the aftermath of Saddam , which can be viewed on my website“.

Perché l’amministrazione Obama non mostra al mondo queste file e file di bambini avvolti nel sudario? Una cosa così dovrebbe poter fare il giro del mondo e invece viene nascosta. L’arte tutta americana delle bugie di guerra, purché guerra sia.

Preso da: http://ictumzone.altervista.org/?p=14758

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