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sabato 20 luglio 2013

LA NAZIONE.

La nazione (ummah) per l’individuo è un riparo politico nazionale, più distante
da quello sociale che la tribù fornisce ai suoi membri. Lo spirito tribale
(qabaliyyah) è la rovina della coscienza nazionale (qawmiyyah), poiché la
fedeltà (walà’) tribale indebolisce e danneggia quella nazionale, così come la
fedeltà familiare danneggia e indebolisce quella tribale. Il particolarismo
(ta’assub) nazionale, nella stessa misura in cui è necessario alla nazione, è
minaccevole per l’umanità. La nazione nella società umana è come la famiglia
nella tribù. Ogni qualvolta le famiglie di una stessa tribù si azzuffano
sostenendo ciascuna la propria causa, la tribù viene ovviamente minacciata.
Così quando i membri di una stessa famiglia si trovano in conflitto fra loro ed
ognuno parteggia a proprio vantaggio, la famiglia viene minacciata. E se le
tribù di una nazione si combattono fra loro sostenendo ciascuna i propri
interessi, quella nazione viene minacciata. Allo stesso modo sono male e
detrimento all’umanità il particolarismo nazionale e l’uso della forza nazionale
contro le nazioni deboli; oppure il progresso nazionale conseguito
appropriandosi di ciò che appartiene ad altra nazione. Però l’individuo forte,
rispettoso di se stesso, consapevole delle sue responsabilità personali è
importante ed utile alla famiglia; la famiglia rispettosa, forte, consapevole
della sua importanza è socialmente e materialmente utile alla tribù; la nazione
progredita, produttiva e civilizzata è utile al mondo intero.
 Per contro, la
struttura (binà’) politica e quella nazionale si corrompono se scendono a
livello sociale, cioè familiare e tribale, interferendo con esso e assumendone i
punti di vista. La nazione equivale a una grande famiglia passata attraverso lo
stadio della tribù ed il moltiplicarsi delle tribù ramificatesi da un’unica stirpe,
comprese quelle che vi appartengono per affiliazione in un destino comune. La
famiglia non diviene nazione se non dopo il passaggio per gli stadi della tribù e
della sua ramificazione, indi per lo stadio d’affiliazione a seguito del diverso
mescolarsi. Sotto l’aspetto sociale ciò si realizza dopo un certo tempo, che non
può non essere lungo: anche se un lungo tempo, come genera nazioni nuove,
così concorre a disgregare quelle antiche. La stirpe unica e l’affiliazione in un
destino comune sono i due fondamenti storici di ogni nazione: prima la stirpe
e poi l’affiliazione. La nazione però non è solo una stirpe, anche se questa ne è
stata la base e l’origine. La nazione, oltre ciò, è costituita da accumulazioni
(taràkumàt) storico - umane le quali fanno sì che un complesso di gente viva
su una stessa parte di territorio, costruisca una stessa storia, si formi per essa
un unico retaggio e finisca per affrontare un unico destino.
Così la nazione, a prescindere dal vincolo di sangue, in definitiva è
un’affiliazione e un destino comune ( intimà’ wa masìr). Ma perché la faccia
(kharìtah: la carta) della terra ha visto il formarsi di grandi stati che sono poi
scomparsi, mentre al loro posto ne sono apparsi altri, e viceversa? Forse che la
causa è politica , e non vi è rapporto con la "Base Sociale della Terza Teoria
Universale", oppure è sociale e riguarda in particolare questa parte de " Il
Libro Verde"? Vediamo: nessuna obiezione al fatto che la famiglia è una
formazione (takwìn) sociale, e non politica; così pure la tribù perché è una
famiglia che si è riprodotta, moltiplicata ed è diventata un ingente numero di
famiglie. E la nazione è la tribù che si è ingrandita dopo che i suoi sottogruppi
(afkhàdhuhà wa butùnuhà) si sono accresciuti e trasformati prima in clan
(‘ashà’ir) e poi in tribù (qabà’il). Anche la nazione è una formazione (takwìn)
sociale, il cui vincolo è la coscienza nazionale (qawmiyyah); la tribù è una
formazione sociale, il cui vincolo è la coscienza tribale (qabaliyyah); la famiglia
è una formazione sociale il cui vincolo è la coscienza familiare (usriyyah); le
nazioni del mondo sono una formazione sociale il cui vincolo è la coscienza di
appartenere all’umanità (insàniyyah). Queste sono ovvie verità. Esiste poi una
formazione politica che è lo stato (dawlah), che dà forma all’assetto (kharìtah:
carta) politico del mondo. Ma perché tale assetto (lett.: carta) cambia da
un’epoca all’altra? La causa è che la formazione politica talora può coincidere
con quella sociale, e talora no. Quando essa coincide con una sola nazione
dura e non muta, e se muta in conseguenza di un colonialismo straniero o di
un suo declino, essa riappare poi sotto l’insegna della lotta nazionale, del
risveglio nazionale e dell’unità nazionale. Invece se la formazione politica
comprende più di una nazione il suo assetto ("carta") si smembra in seguito
all’indipendenza di ogni nazione sotto l’insegna della propria coscienza
nazionale. In tal modo si è smembrato l’assetto ("carta") degli imperi
(imbaràtùriyyàt) comparsi al mondo, poiché erano raggruppamenti di
parecchie nazioni, che non tardarono a sostenere ciascuna la propria identità
nazionale e ad esigere l’indipendenza. L’impero politico quindi si smembra
perché le sue componenti tornino alle loro origini sociali. La prova è del tutto
evidente nella storia del mondo, se la riesaminiamo in ogni sua epoca. Ma
perché quegli imperi furono formati da nazioni diverse? La risposta è che la
formazione dello stato non è solo di tipo sociale, come la famiglia, la tribù e la
nazione. Lo stato è un’entità (kiyàn) politica creata da parecchi fattori, il più
semplice e il primo dei quali è la coscienza nazionale.
Lo stato nazionale (dawlah qawmiyyah) è l’unica forma politica in armonia con
la formazione sociale naturale e la cui esistenza dura finché non è soggetta alla
tirannia di un’altra nazionalità più forte; oppure finché la sua formazione
politica di stato non viene influenzata dalla sua formazione sociale di tribù,
clan e famiglie. Infatti se la formazione politica soggiace a quella sociale,
tribale, familiare o confessionalistica (ta’ifi) e ne assume i punti di vista, si
corrompe. Gli altri fattori della formazione dello stato che non sia quello
semplice (dawlah basìtah), cioè lo stato nazionale, sono di ordine religioso,
economico e militare. Un’unica religione talora può formare uno stato da
parecchie nazionalità (qawmiyyàt), e così anche la necessità economica e pure
le conquiste militari. In tal modo in una determinata epoca il mondo vede cosa
è uno stato o un impero, e poi un’altra li vede scomparire. Quando lo spirito
nazionale (rùh qawmiyyah) si manifesta più forte dello spirito religioso (rùh
dìniyyah) e si inasprisce la lotta tra le diverse nazionalità tenute unite da
un’unica religione, allora ogni nazione (ummah) diviene indipendente,
tornando alla sua formazione sociale d’origine, e quell’impero scompare. Poi
ritorna la fase religiosa, quando lo spirito religioso si manifesta più forte di
quello nazionale, e le diverse nazionalità si uniscono sotto l’emblema di
un’unica religione. Finché torna un’altra volta la fase nazionale, e così via.
Tutti gli stati composti da nazionalità diverse per cause religiose, economiche,
militari o ideologico - positive (‘aqa’idì wad’ì) saranno dilaniati dalla lotta
nazionale, finché ogni nazionalità diverrà indipendente, ossia finché il fattore
sociale vinca fatalmente su quello politico. Così, malgrado le necessità
politiche impongano che vi sia lo stato, la base della vita degli individui è la
famiglia, poi la tribù e quindi la nazione sino all’umanità. Il fattore di base è
quello sociale, che è fisso, cioè la coscienza nazionale (qawmiyyah). Occorre
fare perno sulla realtà sociale e curare la famiglia, affinché l’uomo appaia
normale ed educato; poi la tribù come riparo sociale e scuola sociale naturale
che educa l’essere umano in ciò che trascende la famiglia; infine la nazione. La
persona conosce il pregio dei valori sociali solo dalla famiglia e dalla tribù, che
sono la formazione sociale naturale che nessuno interviene a costruire. Si deve
aver cura della famiglia nell’interesse dell’individuo, e cura nella tribù
nell’interesse della famiglia, dell’individuo e della nazione, cioè della coscienza
nazionale. Il fattore sociale (ossia il fattore nazionale) è motore reale e
permanente della storia. Ignorare il vincolo nazionale dei gruppi umani, e
costruire un ordinamento politico in antitesi alla situazione sociale, significa
realizzare una struttura transitoria, che sarà distrutta dalla dinamica del
fattore sociale di quei gruppi, ossia dal movimento nazionale di ogni nazione.
Queste sono tutte verità già in principio scontate nella vita dell’essere umano,
e non elucubrazioni elaborate. Dovere di ogni individuo al mondo esserne
cosciente ed agire comprendendole, affinché la sua opera risulti retta. Occorre
dunque conoscere queste verità fisse, perché non si verifichino deviazione,
disordine e rovina nella vita dei gruppi umani, in conseguenza
d’incomprensione e di mancato rispetto di tali principi della vita umana.
DA: Il libro verde di Muammar Gheddafi.

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