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lunedì 12 dicembre 2016

Sirte "liberata" dall' ISIS per finire nelle mani dell' LIFG


La fine della battaglia di Sirte, la vittoria nell’offensiva contro lo Stato Islamico in Libia era già stata annunciata altre volte. Ma nelle ultime ore i soldati di Tripoli e Misurata hanno conquistato l’ultimo quartiere in cui si nascondevano i jihadisti del califfato. Dice una fonte italiana che “possono esserci rimasti ancora 30 o 40 militanti del Daesh, ma di fatto Sirte è sotto il controllo del governo riconosciuto dall’Onu”. Gli annunci dei portavoce dell’operazione “Bunian al Marsus” (edificio solido) sono stati rafforzati dalle feste, dai caroselli che i combattenti hanno messo in scena proprio a Sirte. Per esempio alla rotonda di Zaffran (zafferano) dove i terroristi dell’Isis impiccavano e decapitavano le loro vittime, lasciando i corpi esposti al pubblico per giorni e giorni.

L’ultimo distretto ad essere stato conquistato è quello di Ghiza Bahriya, una zona in cui si è combattuto ferocemente per settimane, in cui alcune decine di donne e bambini erano rimasti prigionieri per settimane durante i combattimenti. Il 12 maggio, quando lanciarono l’attacco, i portavoce di Misurata annunciarono che la battaglia sarebbe stata vinta in poche settimane. Nei mesi di luglio e agosto, quando arrivò il sostegno dell’aeronautica americana deciso dal presidente Obama, la battaglia divenne davvero massiccia. Ma i terroristi sono riusciti a resistere per settimane,( non vi pare strano?)  ricorrendo a tutte le tecniche possibili della guerriglia urbana: innanzitutto i kamikaze, poi cecchini e mine disseminate ovunque per rallentare l’avanzata degli attaccanti.


Un bilancio pesante: 700 morti, 3200 feriti - Durissima la battaglia dei soldati di Misurata . La situazione medica era diventata così pesante che le operazioni militari erano strettamente legate alle condizioni degli ospedali: quando i letti negli ospedali di Misurata si riempivano, gli attacchi si fermavamo perché gli attaccanti non potevano permettersi altri feriti. Anche per questo l’ospedale da campo schierato dal governo italiano a Misurata è stato un aiuto diretto importante alla battaglia contro l’Isis. In pratica siamo andati a curare dei MERCENARI, chiamati soldati, che sono al libro paga del RATgoverno imposto dall' ONU, e che prima facevano parte dell' LIFG. E nei prossimi giorni il Ministero degli Esteri e quello della Difesa dovranno decidere come impiegare questa struttura nelle prossime settimane, per continuare ad offrire un aiuto alla stabilizzazione della Libia, magari utilizzando la struttura anche per “servire” zone come Tripoli e altri centri della Tripolitania.

Fra il maggio del 2015 e il maggio del 2016 il Daesh si era progressivamente impadronito di Sirte, trasformandola nella sua base più importante fuori da Iraq e Siria, arrivando a controllare una fascia di litorale di quasi 200 chilometri, possibilità di ricevere rifornimenti nei porti piccoli e grandi della regione, a cominciare da quello di Sirte.


La Libia dopo Sirte - La sconfitta dell’Isis a Sirte non significa che il jihadismo del Califfo sia scomparso dalla Libia. Da mesi i capi dell’organizzazione terroristica erano fuggiti dalla città, disperdendosi innanzitutto verso il Sud, dove possono essersi nascosti negli spazi non controllati del Fezzan. Tutti prevedono che non appena avranno la possibilità di riorganizzarsi, i capi dell’Isis ordineranno attentati contro le città libiche, innanzitutto Misurata e poi anche Tripoli.

Ma la fine della battaglia di Sirte apre altri scenari: innanzitutto quello del confronto fra le milizie di Misurata, quelle di Tripoli e il fronte che all’Est sostiene la milizia del generale ex gheddafiano Haftar. Bisognerà capire chi controllerà Sirte e come verrà controllata. Dopo la rivoluzione i soldati di Misurata misero in atto una sorta di pulizia etnica contro i cittadini di Sirte, gli ultimi gheddafiani ad arrendersi, un comportamento che creò le condizioni perché a Sirte l’Isis venisse accolto come una forza capace di proteggere e gestire la città nel post-rivoluzione. Adesso nuove tensioni con le popolazioni della zona potrebbero giocare a favore del grande rivale dei misuratini, il generale Haftar.

Adesso Misurata contro Haftar?- In prospettiva infatti c’è proprio il confronto che Misurata e le milizie che sono sue alleate a Tripoli (non tutte, come vedremo) dovrà ingaggiare con Haftar. Da settimane va avanti un negoziato politico sotterraneo, ma il confronto militare non può essere escluso. Il generale appoggiato dall’Egitto proprio in estate, mentre Misurata combatteva a Sirte, ha conquistato i terminal petroliferi della Cirenaica strappandoli al capo milizia Ibrahim Jadran, alleato di Misurata. Adesso i pozzi petroliferi sono sotto il controllo di Haftar, che permette alla Noc di gestirli e destina i proventi del petrolio alla banca centrale di Libia. Haftar, con l’appoggio dell’Egitto e in assenza di un freno di una amministrazione americana come quella di Obama, è deciso di spingersi verso Ovest; i suoi ufficiali dichiarano di voler liberare anche Tripoli dalla presenza di milizie islamiste alleate o espressione dei Fratelli Musulmani temuti dall’Egitto.

A Tripoli nel frattempo il governo riconosciuto dall’Onu di Fajez Serraj continua a incontrare mille difficoltà, non ultima quella degli scontri armati assai pesanti fra le milizie che lo sostengono e alcuni gruppi islamici legati innanzitutto al Gran Muftì che sono schierati con l’ex primo ministro Khalifa Ghwell.

A favore di Serraj da settimane lavora l’inviato Onu Martin Kobler, che ieri a New York ha dichiarato che "in Libia i giorni dello Stato islamico sono finiti", ma l'embargo sulle armi (che il generale Khalifa Haftar pretende sia revocato) resterà in vigore finché la Libia non si doterà di un apparato di sicurezza affidabile. Kobler spinge perché Serraj dia forza alla Guardia Presidenziale che ha creato e che ancora non è operativa, il primo nucleo di un esercito nazionale che non sia ricorrere a una milizia come hanno fatto fino ad oggi i vari governi libici.
 


Con informazioni da Facebook, Twitter, La repubblica

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