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mercoledì 21 dicembre 2016

Il momento più pericoloso nella storia del pianeta

Pubblicato: 08 Dicembre 2016

Qualche giorno fa Stephen Hawking ha pubblicato sul Guardian questo articolo, nel quale lancia l'allarme per le conseguenze causate nel mondo dalla crescente ineguaglianza economica e sociale.
di Stephen Hawking
Come fisico teoretico basato a Cambridge, ho vissuto la mia vita all'interno di una bolla estremamente privilegiata. Cambridge è una città particolare, incentrata su una delle grandi università del mondo. All'interno di questa città, la comunità scientifica di cui sono entrato a far parte quando avevo 20 anni è ancora più rarefatta.
All'interno di questa comunità scientifica, il piccolo gruppo internazionale di fisici teoretici con cui ho lavorato nella mia vita potrebbe esser tentato di considerare se stesso come una vetta inarrivabile. Oltre a questo, grazie alla celebrità che ho raggiunto con i miei libri e all'isolamento che mi deriva dalla mia malattia, mi sembra che la mia torre d'avorio stia diventando sempre più alta.


E quindi il recente rifiuto delle elites, sia in America che in Gran Bretagna, è sicuramente diretto a me come a chiunque altro. Qualunque cosa si possa pensare della scelta dell'elettorato britannico di rifiutare l'appartenenza all'unione europea, e del pubblico americano di scegliere Donald Trump come nuovo presidente, non c'è dubbio nella testa degli opinionisti che questo sia stato un grido di rabbia da parte della gente che si è sentita abbandonata dai propri leader.
Tutti sembrano concordare che si sia trattato di un momento nel quale gli ultimi hanno parlato, e hanno dato voce ad un rifiuto contro la leadership degli esperti e delle elites in tutto il mondo.
Io non sono una eccezione. Avevo avvisato prima del voto che la Brexit avrebbe danneggiato la ricerca scientifica in Gran Bretagna, e che il voto sarebbe stato un passo all'indietro, ma l'elettorato - o almeno buona parte di esso - non ha fatto molto caso a quello che ho detto io, o che hanno detto i leader politici, sindacali, artisti, scienziati, uomini d'affari e personaggi famosi, che hanno dato tutti lo stesso consiglio al resto del paese.
Ciò che è importante adesso, al di là delle scelte fatte da questi due elettorati, è come reagiranno le elites. Dovremmo noi semplicemente respingere questi voti come una manifestazione di populismo, senza prendere in considerazione i fatti reali, e cercheremo di aggirare le scelte che questi fatti ci impongono? Io sostengo che questo sarebbe un errore madornale.
Queste preoccupazioni, che sottolineano un voto dovuto alle conseguenze economiche della globalizzazione e all'accelerazione dei cambiamenti tecnologici, sono certamente comprensibili. L'automatizzazione delle fabbriche ha già decimato i posti di lavoro nella manifattura tradizionale, e la crescita dell'intelligenza artificiale estenderà probabilmente la distruzione dei posti di lavoro anche al cuore della classe media, lasciando sopravvivere soltanto i ruoli più importanti di creatività e di supervisione.
Questo a sua volta porterà ad un incremento della già vistosa forbice di ineguaglianza in tutto il mondo. Grazie all'Internet e alle piattaforme che esso supporta, oggi gruppi ristretti di individui sono in grado di realizzare enormi guadagni pur impiegando pochissime persone. Questo è inevitabile, fa parte del progresso, ma è anche socialmente devastante.
Dobbiamo mettere questo accanto al crash finanziario, che ha fatto comprendere alla gente come un numero ristretto di persone che lavorano nel settore finanziario possano accumulare enormi guadagni, mentre il resto di noi si ritrova a pagare le conseguenze, quando la loro avidità fa saltare il banco. Considerando tutto insieme, quindi, viviamo in un mondo nel quale l'ineguaglianza finanziaria sta aumentando, e nel quale molte persone vedono calare non solo il proprio standard di vita, ma anche la possibilità stessa di guadagnarsi da vivere. Non c'è quindi da stupirsi che costoro siano alla ricerca di una soluzione diversa, che credono di aver individuato nelle scelte di Trump e della Brexit.
Un'altra conseguenza imprevista della diffusione globale di Internet e dei social media, è che la natura brutale di questa ineguaglianza sia oggi molto più evidente per tutti di quanto lo fosse in passato. Per me, la possibilità di usare la tecnologia per comunicare è stata un'esperienza liberatoria e positiva. Senza di questa, non avrei potuto continuare a lavorare per tutti questi anni.
Ma questo significa anche che le vite dei ricchi nelle nazioni più prospere del mondo siano visibili in modo straziante per chiunque, per quanto povero, abbia l'accesso ad un telefonino. E siccome oggi ci sono più persone che hanno accesso ad un telefonino di quante abbiano accesso all'acqua nell'Africa sub-sahariana, questo significa che in tempi brevi sarà chiaro praticamente a tutti nel mondo quale sia il livello odierno dell'ineguaglianza.
Le conseguenze di tutto questo sono sotto gli occhi di tutti: i poveri confluiscono dalle zone rurali verso le città e si adattano a vivere nelle baraccopoli, attratti dalla speranza. E quando scoprono che il Nirvana di Instagram non è disponibile in quelle città, vanno a cercarselo al di là del mare, unendosi al numero sempre crescente di migranti economici che cercano una vita migliore. A loro volta questi migranti pongono ulteriori pressioni sulle infrastrutture e sulle economie dei paesi in cui approdano, alimentando l'intolleranza e il populismo politico.
Secondo me l'aspetto più preoccupante di tutto ciò è che oggi più che mai nell'arco della storia, la nostra specie umana ha bisogno di collaborare. Ci troviamo di fronte a sfide ambientali enormi: cambiamenti climatici, produzione di cibo, sovrappopolazione, decimazione delle specie animali, malattie epidemiche, acidificazione degli oceani.
Tutti insieme, questi elementi ci ricordano che siamo giunti al punto più pericoloso dell'evoluzione umana. Oggi abbiamo la tecnologia per distruggere il pianeta in cui viviamo, mentre non abbiamo ancora sviluppato una tecnologia per potercene andare da qui. Forse fra qualche centinaio di anni avremo stabilito nelle colonie umane sulle stelle, ma per ora abbiamo solo un pianeta, e dobbiamo lavorare uniti per proteggerlo.
Per riuscire a fare questo dobbiamo distruggere, e non costruire, le barriere fra una nazione e l'altra. Se abbiamo una possibilità di farcela, i leader mondiali debbono riconoscere che fino ad oggi hanno fallito nel loro compito. Con le risorse che si concentrano progressivamente nelle mani dei pochi, dovremmo imparare a condividere molto di più di quanto non facciamo oggi.
Mentre scompaiono non soltanto i posti di lavoro, ma intere sezioni dell'industria, dobbiamo aiutare la gente ad adattarsi al nuovo mondo, mentre li supportiamo finanziariamente nel farlo. Se le comunità e le economie moderne non sono in grado di assorbire gli attuali livelli di immigrazione, dobbiamo fare di più per incoraggiare uno sviluppo globale, poiché questo è l'unico modo che persuaderà i milioni di emigranti odierni a cercare un futuro in casa propria.
Questo noi lo possiamo fare. Io sono fortemente ottimista rispetto alla specie umana. Ma per riuscirci, è necessario che le elites, da Londra ad Harvard, da Cambridge a Hollywood, imparino la lezione dall'anno che è appena trascorso. Debbono imparare prima di tutto che cosa sia l'umiltà.
Fonte The Guardian
Traduzione di Massimo Mazzucco per luogocomune.net

Preso da: http://www.luogocomune.net/LC/index.php/28-opinione/4549-il-momento-piu-pericoloso-nella-storia-del-pianeta

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