Translate

domenica 15 gennaio 2017

Libia, continua il gran pasticcio

Cominciato nel 2011 con il proditorio e assurdo attacco a Gheddafi di Usa, Francia e Uk

Libia, continua il gran pasticcio

Si potrebbe ripartire col blocco navale italo-europeo
 di Domenico Cacopardo 

Una guerra in piena regola, quella scatenata nel 2011 da Obama e Sarkozy contro la Libia, per abbatterne il Leader Gheddafi. Un conflitto alle porte di casa nostra, del quale siamo stati avvertiti a cose fatte, quando l'offensiva era in corso.

È vero che Silvio Berlusconi, premier italiano, non godeva di considerazione sul piano internazionale. Ma quando si muovono gli Stati sono gli Stati che devono informare gli altri Stati, concordare iniziative e strategie. Non c'è, quindi, giustificazione per l'atteggiamento dei cosiddetti alleati.
Di essi uno solo, la Francia, aveva un argomento forte: si chiama petrolio. Per esso, ma soprattutto per sostituire l'Italia nei rapporti privilegiati con la nostra ex colonia e con i suoi governanti, il presidente della Repubblica transalpina mosse la sua flotta aerea, i suoi «carrier», le sue forze speciali. In altri tempi, sarebbe bastato molto meno per rompere le relazioni diplomatiche con Francia e Usa e per schierare le nostre forze armate (deboli in verità) in difesa dell'assetto allora in essere nella Quarta sponda, come si chiamò, sul finire degli anni '30, la Libia.

E massimo ludibrio, l'Italia (e Berlusconi, l'uomo che aveva baciato la mano di Gheddafi) fu costretta a dare ordine ai Tornado di partecipare ai bombardamenti, in una specie di vergognosa ripetizione dell'attacco del '40 alla Francia, o di rimessa in scena del tristo episodio di Maramaldo: «Ora uccido un uomo morto!».
Almeno, le potenze interessate (cui s'era aggiunto il Regno Unito) avessero avuto una minima idea dell'assetto che, finita la guerra, assassinato Gheddafi, avrebbe assunto l'immenso territorio compreso tra l'Egitto, il Sudan, la Tunisia, l'Algeria, il Niger e il Ciad. Invece, com'era già accaduto anche ai tempi di George Bush, nessuna strategia, tranne quella di farsi amica qualche tribù, armandola e finanziandola in attesa di ipotetici benefici.
Così è nato il caos che ha regnato in quell'immenso e ricco territorio. In esso, la difesa dei pozzi e dei terminali è stata operata dai «contractors» (i mercenari) assunti dalle varie aziende, con l'aiuto di piccoli gruppi di truppe speciali e dei servizi e, infine, con l'argomento più efficace che si conosca in tutto il mondo conosciuto: i soldi. Milioni di dollari finiti nelle tasche dei vari capetti sorti in ogni dove, soprattutto in prossimità dei centri petroliferi più vitali. Un caos durato sino agli inizi del 2016, quando il capo del governo sostenuto dalle Nazioni Unite (e dagli italiani) Al-Sarraj e alcuni ministri sono sbarcati a Tripoli. Un governo fragile e incapace di crearsi una solida base nell'opinione pubblica e destinato a una vita effimera. Talché ai nostri giorni, il vero personaggio forte (ma non accettato che da una minoranza) è il generale Haftar (sostenuto da Egitto e Regno Unito).
Insomma, a novembre 2016, siamo all'«Ecce Homo», almeno finché l'idea in itinere di praticare il blocco navale (italo-europeo) della Libia per impedire il traffico di poveri essere umani non sarà attuata. Solo allora, bisognerà unire le forze per avere un forte e unitario partner governativo al potere a Tripoli e nel resto del paese.
www.cacopardo.it

Preso da: http://www.italiaoggi.it/giornali/dettaglio_giornali.asp?preview=false&accessMode=FA&id=2131162&codiciTestate=1&sez=notfoundG&testo=libia&titolo=Libia,%20continua%20il%20gran%20pasticcio

Nessun commento:

Posta un commento