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venerdì 7 ottobre 2016

Il rapimento in Libia: analisi di un delitto

Combattimenti in Libia. REUTERS/Goran Tomasevic
Combattimenti in Libia. REUTERS/Goran Tomasevic
Nei giorni scorsi in Libia sono stati rapiti un canadese e due tecnici italiani dipendenti di una società italiana che gestisce i lavori di manutenzione all'aeroporto di Ghat.

Gli eventi

Il 19 settembre 2016 nei pressi della città di Ghat, situata nella regione libica del Fezzan in prossimità del confine libico-algerino, sono stati rapiti due cittadini italiani e un cittadino canadese. Si tratta di Bruno Cacace, 56 anni e residente a Borgo San Dalmazzo (Cuneo), Danilo Calonego, 66 anni di Sedico (Belluno) e un cittadino canadese che si trovava con loro, Frank Boccia. I due tecnici italiani sono dipendenti della ditta Con.I.Cos (Contratti Internazionali Costruzioni) di Mondovì e si trovavano in Libia per effettuare dei lavori di manutenzione nella struttura aeroportuale di Ghat.

Le modalità del rapimento riferite da un testimone oculare fissano l’evento nella mattinata di lunedì. I tre si trovavano a bordo di un autoveicolo condotto da un autista locale e stavano percorrendo la strada che collega Ubari a Ghat, in pieno deserto. Secondo quando riferito dall’autista, a un certo punto, all’altezza della cava di el-Gnoun, l’auto sulla quale viaggiavano è stata bloccata da almeno altre due jeep 4x4, dalle quali sarebbero partiti alcuni colpi di armi da fuoco che avrebbero costretto l’autista a fermarsi. A questo punto i sequestratori sono scesi dai mezzi a volto coperto, hanno immobilizzato e legato l’autista, hanno obbligato i tre tecnici a salire sui loro mezzi e si sono rapidamente dileguati. Immediatamente, il sindaco della municipalità di Ghat Komani Mohamed Saleh ha reso pubblica la notizia del rapimento e, altrettanto rapidamente, un team composto da elementi di contatto della Farnesina e da operatori dell’AISE, guidati da un vicedirettore agli ordini del Direttore Alberto Manenti, sono partiti alla volta della Libia.

L’analisi

La situazione generale che caratterizza questo particolare evento impone, certamente, un elevato grado di riserbo che copra tutta la vicenda e, inoltre, un comportamento comprensivo da parte di tutta l’opinione pubblica italiana e internazionale. Queste necessarie premesse devono contribuire a creare quella vitale “cornice operativa” entro la quale le autorità si possano muovere, al fine di riportare a casa sani e salvi i tre ostaggi attualmente nelle mani dei rapitori.
Fatta questa necessaria premessa, passiamo ad analizzare gli eventi e formulare alcune relative ipotesi. Vi sono degli elementi essenziali non trascurabili che caratterizzano questo evento criminoso, sui quali occorre riflettere attentamente.
Primo elemento: sino a due giorni prima del rapimento, i tecnici prestavano la loro opera muniti di una scorta; quest’ultima era appena stata rimossa dopo che alcuni bollettini situazionali avevano declassificato il grado di pericolosità dell’area. Questo particolare non può non far pensare che, evidentemente, qualcuno possa essere stato informato della scelta in questione. Inoltre, è altrettanto chiaro che nessun gruppo armato può pianificare ed effettuare un rapimento di tre cittadini stranieri in soli due giorni: quindi, viene spontaneo pensare che i tecnici fossero nel mirino già da molto tempo.
Secondo elemento: il sindaco di Ghat, informato dell’avvenuto rapimento, decide di rendere immediatamente pubblica la notizia. Questa condotta esclude de facto la possibilità che l’evento sia mantenuto segreto. Inoltre, sfumata la possibilità di un “sequestro-lampo”, la società per la quale i tecnici lavorano o le autorità locali stesse non sono più nelle condizioni di condurre trattative private, segrete e dirette con i rapitori stessi. Pertanto, si rende necessario l’intervento della Farnesina e di tutte le autorità nazionali e internazionali delegate a gestire la situazione. Komani Mohamed Saleh è un personaggio dotato di un grande carisma e molto influente sulle tribù Tuareg locali, tanto è vero che alcune fonti locali indicano come si sia messo subito all’opera per coordinare il lavoro delle milizie delle tribù della zona, nel tentativo di attuare un vero e proprio contenimento dell’intera area che non consenta ai rapitori di allontanarsi. Una delle cose da evitare assolutamente in questo tipo di situazioni è proprio quella di lasciare che i rapitori siano nelle condizioni di poter vendere o scambiare i propri ostaggi con un altro gruppo, magari terroristico, che possa mettere in serio pericolo la loro stessa incolumità. Saleh ha dichiarato di conoscere i probabili autori del gesto: sarebbero criminali comuni, già resisi responsabili in passato di numerose rapine e assalti ai veicoli in transito nella zona.
Terzo elemento: Danilo Calonego è mussulmano. Si è convertito all’Islam molti anni fa ed ha anche sposato una donna mussulmana, fatto che gli aveva già permesso di sfuggire ad un altro rapimento analogo nel deserto libico nel 2014. Inoltre, l’autista dell’auto sulla quale i tre tecnici viaggiavano è stato lasciato in vita. La pista che porta ad una responsabilità terroristica nell’evento, quindi, si allontana sensibilmente.
Quarto elemento: la collocazione geografica del luogo dove è avvenuto il rapimento. Ghat rimane comunque una città importantissima a livello strategico: è dotata di aeroporto, si trova sul confine libico-algerino e, soprattutto, è situata a circa 250 chilometri dal confine libico con il Niger. La zona si colloca tra i più importanti crocevia dal quale transitano i contrabbandieri di armi, di droga ed di esseri umani provenienti dall’Africa Sub-Sahariana e diretti in Europa. Questi canali potrebbero indubbiamente facilitare la cessione degli ostaggi a terze persone. Per questo motivo, le autorità italiane hanno chiesto alla Francia un intervento di sorveglianza del confine tra Niger e Libia attraverso i militari francesi presenti nell’area: la base aerea francese di Madama situata nel nord del Niger è dotata di 4 droni da ricognizione.
Quinto elemento: non è un’azione politicamente anti-italiana. L’assenza di rivendicazioni politiche del gesto e il coinvolgimento di un cittadino canadese nel rapimento evidenziano l’assenza di una volontà specifica di colpire singolarmente gli interessi economico-politici italiani nell’area.

Conclusioni

L’analisi dei dati a nostra disposizione porta a credere che il rapimento sia in realtà un evento dalle connotazioni e dalle caratteristiche puramente economiche, perpetrato da gruppi miliziani locali che conoscevano bene luoghi e modalità di pianificazione. Il fatto che l’Italia anteponga storicamente la salvaguardia e la sicurezza dei propri connazionali all’estero, rispetto alla propria azione politica internazionale, costituisce uno strumento molto importante attraverso il quale leggere tutta questa serie correlata di eventi.
L’attività di sicurezza e intelligence svolta dalle autorità italiane in loco è sicuramente eccellente e volta ad una risoluzione positiva della vicenda; però, occorre tener presente che l’attuale contesto geopolitico e geostrategico, nel quale si svolgono i questi fatti, risulta molto complesso e frastagliato.
Il generale Haftar e i suoi preziosi alleati (Francia ed Egitto) non vedono certamente di buon occhio la presenza italiana nella zona, dato il manifesto appoggio che Roma offre all’assai debole governo di Tripoli. Questo fatto potrebbe costituire un grave elemento di disturbo alla conduzione delle operazioni italo-tripolitane nel Fezzan. Viceversa, se l’azione diplomatica italiana fornirà il necessario supporto alle azioni di intelligence in terra libica, è probabile che l’intera vicenda si possa concludere con l’auspicabile positivo epilogo.


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