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mercoledì 8 luglio 2015

Ferro dalla Libia al Palas di Rimini : in 7 a giudizio

Finiscono a processo i responsabili della costruzione dell’opera con le accuse di frode nelle pubbliche forniture e truffa

3 luglio 2015
RIMINI - Tutte rinviate a giudizio le sette persone finite al centro dell’inchiesta sul Palacongressi di Rimini. Così, per Stefano Verna, Giuseppe Verna, Pasquale D’Angelo, Gianfranco Venditti, Sergio Sgambati, Antonio Migliacci e Guglielmo Zaffagnini, ex dirigente dell’ufficio Urbanistica del Comune di Riccione, il prossimo 29 ottobre si aprirà il processo che li vede imputati a vario titolo di frode nelle pubbliche forniture, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici e truffa ai danni di ente pubblico.


Sono passati cinque anni da quando la segnalazione di un cittadino fece scoppiare l’affaire Palacongressi, fiore all’occhiello della città da oltre cento milioni di euro. La magistratura indagò su due piani, quello inerente la composizione dei pilastri e quello sulla conformità dei materiali in acciaio utilizzati per la realizzazione di alcune strutture portanti.


I consulenti incaricati dalla Procura, dopo le perizie del caso, formularono un parere negativo sulle opere eseguite, in particolare rispetto alle normative di natura sismica. Stando all’accusa, l’azienda vincitrice dell’appalto usò partite d’acciaio provenienti dalla Libia senza la certificazione prevista dalla legge e costruì pilastri in cemento armato non conformi agli standard di sicurezza minimi.


La legge, invece, impone che i pilastri, oltre ad avere un’armatura verticale, debbano averne una anche orizzontale, le cosiddette staffe, che sempre per ragioni di sicurezza andrebbero posizionate ad una distanza di 25 centimetri l’una dall’altra. Secondo le perizie eseguite al Palas, le staffe esistenti in alcuni casi non rispettavano le distanze previste.


Con queste ipotesi di reato la Procura aveva chiesto il rinvio a giudizio per sette persone, tra cui i responsabili dell’impresa di costruzione, quelli del consorzio appaltatore dei lavori, il direttore delle opere strutturali, il responsabile unico del procedimento scelto dallo stesso Palacongressi e il tecnico collaudatore, mentre la società Palazzo dei Congressi spa (controllata da Rimini Fiera), assistita dall’avvocato Sergio De Sio, si era costituita parte civile nei confronti di tutti gli indagati.


Secondo l’accusa, il Palazzo dei congressi, a fronte di un appalto da circa 65 milioni di euro, avrebbe quindi ricevuto un’opera di minore valore “sia in relazione alla difformità rispetto al progetto - scrive la Procura - sia per la presenza di acciai non certificati, per il minor grado di sicurezza, e infine perché oggetto di lavori ulteriori”. Gli interventi furono appunto necessari proprio per rendere la struttura conforme ai requisiti minimi di sicurezza, i tempi si allungarono e il Palas fu consegnato con un ritardo consistente rispetto al termine previsto inizialmente.

Preso da: http://www.romagnanoi.it/news/rimini/1219661/Ferro-dalla-Libia-al-Palas-.html

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