Postato il Mercoledì, 27 maggio @ 06:18:42 BST di davide
DI LUCA FAZIO
ilmanifesto.info
Facciamo una guerra. Tra un mese, in Libia. I pianificatori europei di nuove morti, gli stessi che si rimpallano poche migliaia di profughi che rischiano la vita nel Mediterraneo, dicono che il conflitto durerà un anno. Sarà impossibile chiamarla “operazione di polizia” e sarebbe scandaloso definirla “missione umanitaria”. La chiameranno missione Eunavfor Med. Dopo le rivelazioni del Guardian — peraltro smentite con imbarazzo dai ministri d’Europa — questa volta è WikiLeaks ad aver rovinato i piani del vecchio continente. L’organizzazione di Julian Assange ieri ha pubblicato in rete un documento dell’European Union-Military Committee (Eumc) — dipartimento presieduto dai Capi di stato maggiore dei paesi europei — secondo cui l’Europa sta preparando un intervento armato in Libia.
In ogni guerra, ancora prima della gente, occorre assassinare la verità. Guerra alla libia: 100000 morti, 240000 persone ancora cercate, 78000 dispersi. 10300 donne violentate, 350000 rifugiati.
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domenica 31 maggio 2015
sabato 30 maggio 2015
Libia, paura per l’avanzata di Boko Haram
È la regione a Sud del Fezzan quella più a rischio di venir travolta dalla jihad di marca subsahariana. E intanto si allontana la prospettiva di un accordo per un governo di pacificazione entro l’inizio del Ramadan
25/5/2015 guido ruotolo
Nei giorni scorsi ci sono state le prime avvisaglie. Ieri sera scontri a fuoco tra la Brigata 166 di Misurata e un gruppo di miliziani del Daesh. Sarebbe stato ucciso il fratello di un capo del Daesh. Ma sul campo vi sarebbero anche alcuni feriti gravi della Brigata di Misurata, dove ci sarebbe stata una manifestazione “pacifista”. Da Tobruk a Misurata, appunto, sono tutti consapevoli che la resa dei conti con i tagliagole dell’Isis è ineludibile. Che prima o dopo, la «battaglia finale» non si potrà rimandare. Segnali inquietanti arrivano dalle intelligence. Sul campo, sapevamo della presenza dell’Is a Derna, Sirte, Sabratha. E numerosi punti di riferimento a Tripoli, a Bengasi, nei piccoli centri. Gli analisti stimano una presenza in Libia tra i quattromila e cinquemila combattenti dell’Isis.
25/5/2015 guido ruotolo
Nei giorni scorsi ci sono state le prime avvisaglie. Ieri sera scontri a fuoco tra la Brigata 166 di Misurata e un gruppo di miliziani del Daesh. Sarebbe stato ucciso il fratello di un capo del Daesh. Ma sul campo vi sarebbero anche alcuni feriti gravi della Brigata di Misurata, dove ci sarebbe stata una manifestazione “pacifista”. Da Tobruk a Misurata, appunto, sono tutti consapevoli che la resa dei conti con i tagliagole dell’Isis è ineludibile. Che prima o dopo, la «battaglia finale» non si potrà rimandare. Segnali inquietanti arrivano dalle intelligence. Sul campo, sapevamo della presenza dell’Is a Derna, Sirte, Sabratha. E numerosi punti di riferimento a Tripoli, a Bengasi, nei piccoli centri. Gli analisti stimano una presenza in Libia tra i quattromila e cinquemila combattenti dell’Isis.
venerdì 29 maggio 2015
Profughi protestano per il Wi Fi: ecco quello che nessuno vi dice
12 maggio 2015
Profughi in rivolta per il wi-fi: quello che nessuno dice o sembra vedere…
Se il problema dell’Italia è il Wi-Fi ai profughi…
Cari amici
premetto che non sono ne un “immigrazionista”, tanto meno una “zecca”. Lo dico prima che qualcuno mi tacci di esserlo, a scopo preventivo.
Nonostante sia sempre più chiaro e lampante che l’immigrazione di massa sia un piano dell’elite (vedi “Piano Kalergi“) anche perché se l’Europa volesse, fermerebbe i viaggi della morte nel giro di poche ore, mentre invece viene consentito alle mafie di lucrare miliardi di euro sulla pelle dei migranti (anche i vituperati scafisti, non sono altro che disperati che anziché pagare migliaia di euro per fare il viaggio, li ricevono per condurre le navi: ma sempre disgraziati che rischiano la vita sono. I mandanti – e coloro che realizzano profitti miliardari – sono altri, e di certo non si sporcano le mani) mentre la politica, mediante le Cooperative, lucra sull’accoglienza e la gestione dei richiedenti asilo, la cui richiesta per l’ottenimento dello Status di rifugiato viene “casualmente” vagliata nel giro… di molti mesi, se non anni. Eppure se aumentassero il personale preposto alla verifica dei requisiti – anche spostando in tale ruolo qualche impiegato statale – sarebbero sufficienti pochi giorni, al limite poche settimane, per dare una risposta al richiedente asilo. Ma evidentemente, al di là della decantata “emergenza”, a chi sta nelle stanze dei bottoni, va bene così.
Profughi in rivolta per il wi-fi: quello che nessuno dice o sembra vedere…
Se il problema dell’Italia è il Wi-Fi ai profughi…
Cari amici
premetto che non sono ne un “immigrazionista”, tanto meno una “zecca”. Lo dico prima che qualcuno mi tacci di esserlo, a scopo preventivo.
Nonostante sia sempre più chiaro e lampante che l’immigrazione di massa sia un piano dell’elite (vedi “Piano Kalergi“) anche perché se l’Europa volesse, fermerebbe i viaggi della morte nel giro di poche ore, mentre invece viene consentito alle mafie di lucrare miliardi di euro sulla pelle dei migranti (anche i vituperati scafisti, non sono altro che disperati che anziché pagare migliaia di euro per fare il viaggio, li ricevono per condurre le navi: ma sempre disgraziati che rischiano la vita sono. I mandanti – e coloro che realizzano profitti miliardari – sono altri, e di certo non si sporcano le mani) mentre la politica, mediante le Cooperative, lucra sull’accoglienza e la gestione dei richiedenti asilo, la cui richiesta per l’ottenimento dello Status di rifugiato viene “casualmente” vagliata nel giro… di molti mesi, se non anni. Eppure se aumentassero il personale preposto alla verifica dei requisiti – anche spostando in tale ruolo qualche impiegato statale – sarebbero sufficienti pochi giorni, al limite poche settimane, per dare una risposta al richiedente asilo. Ma evidentemente, al di là della decantata “emergenza”, a chi sta nelle stanze dei bottoni, va bene così.
giovedì 28 maggio 2015
Pensiero Unico e Mondialismo – La Verità SHOCK sull’immigrazione selvaggia
12 maggio 2015 Di Veritanwo
Dietro ai flussi di immigrati che ogni giorno salpano dalle coste libiche verso l’Italia, a rischio della vita, su barconi fatiscenti e sovraccarichi, c’è un preciso disegno dei poteri forti, l’elite che dietro le quinte controlla e condiziona tutti i governi occidentali. Congreghe come il gruppo Bilderberg, la Trilaterale e altre commissioni paramassoniche che riuniscono i potenti del mondo per deciderne le sorti. Decidono chi sale al governo, decide chi deve essere travolto da scandali, decidono delle guerre, nonché della ricchezza e della povertà delle nazioni.
Dietro ai flussi di immigrati che ogni giorno salpano dalle coste libiche verso l’Italia, a rischio della vita, su barconi fatiscenti e sovraccarichi, c’è un preciso disegno dei poteri forti, l’elite che dietro le quinte controlla e condiziona tutti i governi occidentali. Congreghe come il gruppo Bilderberg, la Trilaterale e altre commissioni paramassoniche che riuniscono i potenti del mondo per deciderne le sorti. Decidono chi sale al governo, decide chi deve essere travolto da scandali, decidono delle guerre, nonché della ricchezza e della povertà delle nazioni.
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mercoledì 27 maggio 2015
La jip, la Libia, il barcone: viaggio in Italia dal corno d' Africa
La fuga dei migranti da Eritrea, Etiopia e Somalia verso l’Europa segue un itinerario preciso, dettato da agenzie sudanesi specializzate in traffico di esseri umani. Il ruolo della diaspora e le aperture di Bruxelles al regime di Asmara.
di Cecilia Tosi
arriva di notte e ci si infila dentro in 200. Quando è pronta la barca, si esce e si va sulla spiaggia, dove i motoscafi ritirano i migranti dieci a dieci per caricarli sulla barca. Ovviamente gli scafisti vogliono stipare il mezzo sopra ogni possibilità e alcuni si rifiutano di salire. Ma a quel punto i libici telefonano ai loro referenti eritrei, somali, etiopi e chiedono l’autorizzazione a sparare sui dissenzienti – autorizzazione che viene data prontamente”.
Caricati a forza sui barconi o presi in ostaggio dai beduini in Sudan, gli eritrei sono forse i migranti più disgraziati, perché non hanno scampo, in qualsiasi luogo della terra o del mare. Amnesty International stima che ogni mese 3 mila eritrei tentino di scappare dal proprio paese e sostiene che il regime di Asmara sia uno dei più dittatoriali e isolati del mondo. Non c’è libertà di espressione né di religione, gli arresti sono arbitrari e le torture “molto comuni”.
di Cecilia Tosi
arriva di notte e ci si infila dentro in 200. Quando è pronta la barca, si esce e si va sulla spiaggia, dove i motoscafi ritirano i migranti dieci a dieci per caricarli sulla barca. Ovviamente gli scafisti vogliono stipare il mezzo sopra ogni possibilità e alcuni si rifiutano di salire. Ma a quel punto i libici telefonano ai loro referenti eritrei, somali, etiopi e chiedono l’autorizzazione a sparare sui dissenzienti – autorizzazione che viene data prontamente”.
Caricati a forza sui barconi o presi in ostaggio dai beduini in Sudan, gli eritrei sono forse i migranti più disgraziati, perché non hanno scampo, in qualsiasi luogo della terra o del mare. Amnesty International stima che ogni mese 3 mila eritrei tentino di scappare dal proprio paese e sostiene che il regime di Asmara sia uno dei più dittatoriali e isolati del mondo. Non c’è libertà di espressione né di religione, gli arresti sono arbitrari e le torture “molto comuni”.
martedì 26 maggio 2015
Libia, dalle e-mail della Clinton preoccupazione e informazioni
giovedì 21 maggio 2015 - 18:54
NEW YORK (askanews) - L'ambasciatore Christopher Stevens, un anno e mezzo prima di essere ucciso nell'attacco al consolato statunitense di Bengasi, in Libia, manifestò la sua preoccupazione per il peggioramento delle condizioni di sicurezza in un'e-mail all'allora segretario di Stato, Hillary Clinton, ipotizzando anche di lasciare, per questo, la città. E' una delle informazioni «sensibili» contenute nella prima parte delle circa 55.000 pagine di e-mail scambiate da Hillary Clinton con assistenti e funzionari statunitensi sul suo account privato, quando era segretario di Stato, e consegnate alle autorità dal suo staff, che saranno pubblicate nei prossimi giorni dal dipartimento di Stato americano.
NEW YORK (askanews) - L'ambasciatore Christopher Stevens, un anno e mezzo prima di essere ucciso nell'attacco al consolato statunitense di Bengasi, in Libia, manifestò la sua preoccupazione per il peggioramento delle condizioni di sicurezza in un'e-mail all'allora segretario di Stato, Hillary Clinton, ipotizzando anche di lasciare, per questo, la città. E' una delle informazioni «sensibili» contenute nella prima parte delle circa 55.000 pagine di e-mail scambiate da Hillary Clinton con assistenti e funzionari statunitensi sul suo account privato, quando era segretario di Stato, e consegnate alle autorità dal suo staff, che saranno pubblicate nei prossimi giorni dal dipartimento di Stato americano.
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lunedì 25 maggio 2015
Hilary Clinton rivela l’agenda occulta del Nuovo Ordine Mondiale
15 maggio 2015
di José Javier Esparza –
Uno scomodo velo di silenzio è stato calato sulle sorprendenti parole pronunciate di recente da Hilary Clinton. Forse la signora ha parlato più di quanto fosse conveniente.
“I codici culturali profondamente radicati, le credenze religiose e le fobie strutturali devono essere modificate. I governi devono utilizzare i loro strumenti e le risorse coercitive per ridefinire i dogmi religiosi tradizionali”.
Queste parole Hilary Clinton le ha pronunciate pubblicamente e senza sotterfugi, nel corso di un convegno pro abortista ed hanno lasciato più di una persona con la bocca aperta.
di José Javier Esparza –
Uno scomodo velo di silenzio è stato calato sulle sorprendenti parole pronunciate di recente da Hilary Clinton. Forse la signora ha parlato più di quanto fosse conveniente.
“I codici culturali profondamente radicati, le credenze religiose e le fobie strutturali devono essere modificate. I governi devono utilizzare i loro strumenti e le risorse coercitive per ridefinire i dogmi religiosi tradizionali”.
Queste parole Hilary Clinton le ha pronunciate pubblicamente e senza sotterfugi, nel corso di un convegno pro abortista ed hanno lasciato più di una persona con la bocca aperta.
domenica 24 maggio 2015
Libia, l'odissea di un fotografo italiano: "5 giorni in cella a Bengasi, senza acqua né cibo"
Pubblicato: 17/05/2015 17:53 CEST Di Giulia Belardelli
Cinque giorni rinchiuso in una cella a Bengasi, per oltre 48 ore senza cibo né acqua, né tanto meno la possibilità di andare in bagno. Cinque giorni di minacce e urla disumane che arrivavano dalle stanze accanto, echi di torture sulla pelle di altri prigionieri. È l’incubo vissuto da Lorenzo Meloni, fotografo italiano dell'agenzia fotografica Contrasto, che fino a pochi giorni fa si trovava in Libia per documentare cosa accade nel Paese di cui tutti parlano, ma che in pochi capiscono davvero. Assieme a un cameraman della Bbc, Lorenzo voleva entrare a Bengasi per seguire gli scontri tra l’esercito regolare di Tobruch, guidato dal generale Khalifa Haftar, e i gruppi islamisti presenti sul territorio, tra cui Daesh (acronimo di Isis, ndr), Ansar al-Sharia, 17th February Martyrs Brigade e Libya Shield 1. La strada per entrare non può che essere una: affidarsi ai parlamentari di Tobruch e all’esercito per avere tutti i permessi necessari, accettando di farsi organizzare il viaggio e poi farsi seguire passo passo dai militari. Qualcosa, però, è andato storto lo stesso.
Cinque giorni rinchiuso in una cella a Bengasi, per oltre 48 ore senza cibo né acqua, né tanto meno la possibilità di andare in bagno. Cinque giorni di minacce e urla disumane che arrivavano dalle stanze accanto, echi di torture sulla pelle di altri prigionieri. È l’incubo vissuto da Lorenzo Meloni, fotografo italiano dell'agenzia fotografica Contrasto, che fino a pochi giorni fa si trovava in Libia per documentare cosa accade nel Paese di cui tutti parlano, ma che in pochi capiscono davvero. Assieme a un cameraman della Bbc, Lorenzo voleva entrare a Bengasi per seguire gli scontri tra l’esercito regolare di Tobruch, guidato dal generale Khalifa Haftar, e i gruppi islamisti presenti sul territorio, tra cui Daesh (acronimo di Isis, ndr), Ansar al-Sharia, 17th February Martyrs Brigade e Libya Shield 1. La strada per entrare non può che essere una: affidarsi ai parlamentari di Tobruch e all’esercito per avere tutti i permessi necessari, accettando di farsi organizzare il viaggio e poi farsi seguire passo passo dai militari. Qualcosa, però, è andato storto lo stesso.
sabato 23 maggio 2015
L’offensiva della Nato globale
By Manlio Dinucci
Global Research, May 05, 2015
ilmanifesto.info
L’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico non ha più confini. In Europa – dopo essersi estesa a sette paesi dell’ex Patto di Varsavia, tre dell’ex Urss e due della ex Jugoslavia (demolita con la guerra nel 1999) – sta incorporando l’Ucraina.
Le forze armate di Kiev, che da anni partecipano alle operazioni Nato in diverse aree (Balcani, Afghanistan, Iraq, Mediterraneo, Oceano Indiano), vengono sempre più integrate in quelle dell’Alleanza sotto comando Usa. Il 24 aprile è stato firmato un accordo che le inquadra di fatto nella rete di comando, controllo e comunicazione Nato.
Global Research, May 05, 2015
ilmanifesto.info
L’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico non ha più confini. In Europa – dopo essersi estesa a sette paesi dell’ex Patto di Varsavia, tre dell’ex Urss e due della ex Jugoslavia (demolita con la guerra nel 1999) – sta incorporando l’Ucraina.
Le forze armate di Kiev, che da anni partecipano alle operazioni Nato in diverse aree (Balcani, Afghanistan, Iraq, Mediterraneo, Oceano Indiano), vengono sempre più integrate in quelle dell’Alleanza sotto comando Usa. Il 24 aprile è stato firmato un accordo che le inquadra di fatto nella rete di comando, controllo e comunicazione Nato.
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venerdì 22 maggio 2015
I droni dei serial killer
L’arte della guerra
By Manlio Dinucci
Global Research, April 30, 2015
ilmanifesto.info
A Washington ormai è un «macabro rituale»: una volta al mese membri del Congresso, facenti parte delle commissioni sull’intelligence, vanno al quartier generale della Cia a «visionare i filmati di persone che saltano in aria, colpite dagli attacchi dei droni in Pakistan e altri paesi». Lo riporta «The New York Times» (25 aprile), sottolineando che questa «parvenza di supervisione» serve a far apparire «un rigoroso controllo, da parte del Congresso, sul programma di uccisioni mirate». Programma che «la Casa Bianca continua a sostenere», promovendo ai più alti ranghi i funzionari della Cia che lo hanno costruito dieci anni fa, «alcuni dei quali sono stati anche alla guida dei programmi sull’uso della tortura nelle prigioni segrete».
By Manlio Dinucci
Global Research, April 30, 2015
ilmanifesto.info
A Washington ormai è un «macabro rituale»: una volta al mese membri del Congresso, facenti parte delle commissioni sull’intelligence, vanno al quartier generale della Cia a «visionare i filmati di persone che saltano in aria, colpite dagli attacchi dei droni in Pakistan e altri paesi». Lo riporta «The New York Times» (25 aprile), sottolineando che questa «parvenza di supervisione» serve a far apparire «un rigoroso controllo, da parte del Congresso, sul programma di uccisioni mirate». Programma che «la Casa Bianca continua a sostenere», promovendo ai più alti ranghi i funzionari della Cia che lo hanno costruito dieci anni fa, «alcuni dei quali sono stati anche alla guida dei programmi sull’uso della tortura nelle prigioni segrete».
giovedì 21 maggio 2015
Missione impossibile per la Ue, non per la Nato
By Manlio Dinucci
Global Research, April 24, 2015
ilmanifesto.info
«Identificazione, cattura e distruzione sistematica delle imbarcazioni utilizzate dai trafficanti di esseri umani, smantellamento della loro rete, sequestro dei loro beni»: questo è il compito della missione Pesd (Politica europea di sicurezza e difesa) che l’Alto rappresentante Ue Federica Mogherini è incaricata di approntare. Compito molto chiaro, resta solo da vedere come realizzarlo. Il paragone con altre missioni, tipo quella Atalanta formalmente diretta contro la pirateria nell’area del Corno d’Africa, cui partecipa la marina militare italiana, è inconsistente: nell’Oceano Indiano si tratta di impedire che agili imbarcazioni, con sopra pochi armati, abbordino le navi mercantili; nel Mediterraneo si tratta di individuare e distruggere nei porti libici le imbarcazioni prima che siano utilizzate dai trafficanti, o di catturarle se hanno già preso il mare.
Global Research, April 24, 2015
ilmanifesto.info
«Identificazione, cattura e distruzione sistematica delle imbarcazioni utilizzate dai trafficanti di esseri umani, smantellamento della loro rete, sequestro dei loro beni»: questo è il compito della missione Pesd (Politica europea di sicurezza e difesa) che l’Alto rappresentante Ue Federica Mogherini è incaricata di approntare. Compito molto chiaro, resta solo da vedere come realizzarlo. Il paragone con altre missioni, tipo quella Atalanta formalmente diretta contro la pirateria nell’area del Corno d’Africa, cui partecipa la marina militare italiana, è inconsistente: nell’Oceano Indiano si tratta di impedire che agili imbarcazioni, con sopra pochi armati, abbordino le navi mercantili; nel Mediterraneo si tratta di individuare e distruggere nei porti libici le imbarcazioni prima che siano utilizzate dai trafficanti, o di catturarle se hanno già preso il mare.
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mercoledì 20 maggio 2015
NIGEL FARAGE: LA CRISI MIGRATORIA LIBICA E’ STATA DIRETTAMENTE CAUSATA DA DAVID CAMERON
Postato il Lunedì, 20 aprile @ 07:36:47 BST di davide
DI MATTHEW HOLEHOUSE
telegraph.co.uk
Il leader dell'UKIP ha affermato che la Gran Bretagna dovrebbe offrire rifugio ai cristiani provenienti dalla Libia, dopo che 700 persone sono morte conseguenza dell'ultimo disastro in mare
Nigel Farage ha accusato il "fanatismo" di David Cameron e di Nicolas Sarkozy per le centinaia di migranti morti affogati al largo dell'Italia, sostenendo che questo esodo è stato "causato direttamente" dall’intervento occidentale nella guerra civile in Libia.
DI MATTHEW HOLEHOUSE
telegraph.co.uk
Il leader dell'UKIP ha affermato che la Gran Bretagna dovrebbe offrire rifugio ai cristiani provenienti dalla Libia, dopo che 700 persone sono morte conseguenza dell'ultimo disastro in mare
Nigel Farage ha accusato il "fanatismo" di David Cameron e di Nicolas Sarkozy per le centinaia di migranti morti affogati al largo dell'Italia, sostenendo che questo esodo è stato "causato direttamente" dall’intervento occidentale nella guerra civile in Libia.
martedì 19 maggio 2015
Libia. Allarme Onu per traffico armi leggere, affari per miliardi di dollari
Pubblicato il 14 maggio 2015 12:48
USA, NEW YORK – La Libia è oggi il Paese non produttore di armi leggere e di piccolo calibro con la maggiore concentrazioni di queste armi e alimenta un traffico che sta procurando effetti socioeconomici e di sicurezza nell’intero continente africano.
La denuncia e’ venuta in Consiglio di Sicurezza dal numero due della rappresentanza permanente italiana all’Onu Inigo Lambertini.
“L’Africa è particolarmente colpita dalla violenza armata alimentata dal traffico illecito di queste armi provenienti dagli arsenali del vecchio regime libico, ( bravo, bisogna parlare male di Gheddafi, altrimenti non puoi parlare no?), e che hanno contribuito alla destabilizzazione dell’intera regione”, ha detto Lambertini durante un dibattito sulla diffusione delle armi leggere e di piccolo calibro aperto dal Segretario generale Ban Ki moon.( Quando tutti sanno che le armi arrivano da Qatar e Turchia).
USA, NEW YORK – La Libia è oggi il Paese non produttore di armi leggere e di piccolo calibro con la maggiore concentrazioni di queste armi e alimenta un traffico che sta procurando effetti socioeconomici e di sicurezza nell’intero continente africano.
La denuncia e’ venuta in Consiglio di Sicurezza dal numero due della rappresentanza permanente italiana all’Onu Inigo Lambertini.
“L’Africa è particolarmente colpita dalla violenza armata alimentata dal traffico illecito di queste armi provenienti dagli arsenali del vecchio regime libico, ( bravo, bisogna parlare male di Gheddafi, altrimenti non puoi parlare no?), e che hanno contribuito alla destabilizzazione dell’intera regione”, ha detto Lambertini durante un dibattito sulla diffusione delle armi leggere e di piccolo calibro aperto dal Segretario generale Ban Ki moon.( Quando tutti sanno che le armi arrivano da Qatar e Turchia).
lunedì 18 maggio 2015
La reinvasione della Libia è pronta, ( ma non fatelo sapere in giro).
Uno dei tanti articoli trovati in rete, mezze parole, smentite, dico e non dico, ma il risultato è chiaro.
Ecco cosa si farà (forse) in Libia
14 - 05 - 2015 Stefano Cingolani
Prima le navi e i droni, poi i sub in mare e gli incursori contro i vascelli fantasma, infine i “nostri ragazzi” metteranno gli anfibi sulla sabbia. E’ la logica, necessaria conseguenza del piano in discussione tra Bruxelles e il Palazzo di Vetro per fermare il flusso di disperati che partono dalla Libia.
In apparenza sembra il contrario, tutto resterà tra cielo e mare, niente terra, lo ha dichiarato Federica Mogherini smentendo un articolo del Guardian. Ma forse lo dice perché questa è la premessa per ottenere un mandato dell’Onu per quanto limitato, senza rischiare il veto di Russia e Cina. La rappresentante della politica estera e di sicurezza europea sa bene che siamo solo alla prima fase di quella che molto probabilmente sarà una reazione a catena.
Ecco cosa si farà (forse) in Libia
14 - 05 - 2015 Stefano Cingolani
Prima le navi e i droni, poi i sub in mare e gli incursori contro i vascelli fantasma, infine i “nostri ragazzi” metteranno gli anfibi sulla sabbia. E’ la logica, necessaria conseguenza del piano in discussione tra Bruxelles e il Palazzo di Vetro per fermare il flusso di disperati che partono dalla Libia.
In apparenza sembra il contrario, tutto resterà tra cielo e mare, niente terra, lo ha dichiarato Federica Mogherini smentendo un articolo del Guardian. Ma forse lo dice perché questa è la premessa per ottenere un mandato dell’Onu per quanto limitato, senza rischiare il veto di Russia e Cina. La rappresentante della politica estera e di sicurezza europea sa bene che siamo solo alla prima fase di quella che molto probabilmente sarà una reazione a catena.
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domenica 17 maggio 2015
Libia: attaccato un mercantile turco diretto ai califfo-RATTI
11 maggio 2015
Doppio attacco ad un mercantile turco in Libia
L'esercito libico aveva avvertito l'equipaggio di non avvicinarsi alla costa, morto un ufficiale a bordo del cargo
Ovviamente la stampa italiana da una sua versione filo Turca. Ecco uno dei tantiarticoli.
L'accaduto - Un doppio attacco è stato perpetrato ai danni di una nave mercantile battente bandiera turca, la 'Tuna -1". È successo mentre la stessa stava avvicinandosi al porto di Tobruk, in Libia. Da prima è stata bombardata da terra e dopo da un jet dell'aeronautica militare libica mentre cercava di allontanarsi dalla costa. In conseguenza dell'attacco un ufficiale è morto e diversi membri dell'equipaggio sarebbero rimasti feriti.( altre fonti parlano di 3 morti e 2 feiti). L'attacco è stato rivendicato dall'esercito libico guidato dal generale Khalifa Haftnar, fedele al governo di Tobruk contrapposto a quello filo-jihadista di Tripoli.
Doppio attacco ad un mercantile turco in Libia
L'esercito libico aveva avvertito l'equipaggio di non avvicinarsi alla costa, morto un ufficiale a bordo del cargo
Ovviamente la stampa italiana da una sua versione filo Turca. Ecco uno dei tantiarticoli.
L'accaduto - Un doppio attacco è stato perpetrato ai danni di una nave mercantile battente bandiera turca, la 'Tuna -1". È successo mentre la stessa stava avvicinandosi al porto di Tobruk, in Libia. Da prima è stata bombardata da terra e dopo da un jet dell'aeronautica militare libica mentre cercava di allontanarsi dalla costa. In conseguenza dell'attacco un ufficiale è morto e diversi membri dell'equipaggio sarebbero rimasti feriti.( altre fonti parlano di 3 morti e 2 feiti). L'attacco è stato rivendicato dall'esercito libico guidato dal generale Khalifa Haftnar, fedele al governo di Tobruk contrapposto a quello filo-jihadista di Tripoli.
sabato 16 maggio 2015
La Libia, un inferno per migranti e rifugiati. “Non c’è altra scelta che prendere il mare”
11 MAGGIO 2015 | di Riccardo Noury
Un nuovo rapporto diffuso oggi da Amnesty International denuncia che in Libia i migranti e i rifugiati vanno incontro a stupri, torture e sequestri a scopo di riscatto da parte dei trafficanti, allo sfruttamento sistematico ad opera dei datori di lavoro, alla persecuzione religiosa e ad altri abusi da parte di gruppi armati e bande criminali.
Le indicibili condizioni in cui si trovano i migranti e i rifugiati, insieme alla crescente assenza di legalità e ai conflitti armati in corso nel paese, rendono evidente quanto sia pericoloso oggi vivere in Libia. Senza percorsi legali per fuggire e cercare salvezza, queste persone sono costrette a mettersi nelle mani dei trafficanti, che le sottopongono a estorsioni, attacchi e altri abusi.
Da anni, la Libia è un paese sia di arrivo che di transito per migranti e rifugiati in fuga dalla povertà, dai conflitti e dalla persecuzione nell’Africa sub sahariana e in Medio Oriente. Ma il caos nel quale il paese è finito dopo l’intervento militare della Nato del 2011, con la comunità internazionale spettatrice del predominio di milizie e gruppi armati in lotta tra loro, ha spinto un numero sempre maggiore di persone – comprese comunità di migranti che vivevano e lavoravano in Libia da molto tempo – a cercare la fuga via terra verso l’Egitto e la Tunisia. Quando questi paesi hanno inasprito i controlli alle frontiere, non è rimasta che una via di fuga: il mare.
Un nuovo rapporto diffuso oggi da Amnesty International denuncia che in Libia i migranti e i rifugiati vanno incontro a stupri, torture e sequestri a scopo di riscatto da parte dei trafficanti, allo sfruttamento sistematico ad opera dei datori di lavoro, alla persecuzione religiosa e ad altri abusi da parte di gruppi armati e bande criminali.
Le indicibili condizioni in cui si trovano i migranti e i rifugiati, insieme alla crescente assenza di legalità e ai conflitti armati in corso nel paese, rendono evidente quanto sia pericoloso oggi vivere in Libia. Senza percorsi legali per fuggire e cercare salvezza, queste persone sono costrette a mettersi nelle mani dei trafficanti, che le sottopongono a estorsioni, attacchi e altri abusi.
Da anni, la Libia è un paese sia di arrivo che di transito per migranti e rifugiati in fuga dalla povertà, dai conflitti e dalla persecuzione nell’Africa sub sahariana e in Medio Oriente. Ma il caos nel quale il paese è finito dopo l’intervento militare della Nato del 2011, con la comunità internazionale spettatrice del predominio di milizie e gruppi armati in lotta tra loro, ha spinto un numero sempre maggiore di persone – comprese comunità di migranti che vivevano e lavoravano in Libia da molto tempo – a cercare la fuga via terra verso l’Egitto e la Tunisia. Quando questi paesi hanno inasprito i controlli alle frontiere, non è rimasta che una via di fuga: il mare.
venerdì 15 maggio 2015
Ma gli Stati Uniti stanno facendo le guerre per Israele?
AUTORE: Linda S.Heard
Tradotto da Tradotto da Mauro Manno
Molti nel mondo musulmano e altrove si stanno facendo questa domanda: Quali sono le vere ragioni che hanno spinto gli Stati Uniti ad invadere l’Iraq e li spingono oggi a volere il rovesciamento dei governi di Siria e Iran? Malgrado tutte le loro pose grandiose, in verità, l’Iraq, la Siria e l’Iran non hanno mai rappresentato una minaccia diretta agli Stati Uniti. In termini molto semplici, sono troppo lontani dal nostro paese. E allora perché gli Stati Uniti sono così desiderosi di sacrificare tante vite umane e tanti denari per cambiare i regimi di quei paesi solo perché non gli piacciono?
Le teorie abbondano. In testa alla lista c’è la ricerca degli USA del petrolio, una risorsa non rinnovabile, in via di diminuzione.
Tradotto da Tradotto da Mauro Manno
Molti nel mondo musulmano e altrove si stanno facendo questa domanda: Quali sono le vere ragioni che hanno spinto gli Stati Uniti ad invadere l’Iraq e li spingono oggi a volere il rovesciamento dei governi di Siria e Iran? Malgrado tutte le loro pose grandiose, in verità, l’Iraq, la Siria e l’Iran non hanno mai rappresentato una minaccia diretta agli Stati Uniti. In termini molto semplici, sono troppo lontani dal nostro paese. E allora perché gli Stati Uniti sono così desiderosi di sacrificare tante vite umane e tanti denari per cambiare i regimi di quei paesi solo perché non gli piacciono?
Le teorie abbondano. In testa alla lista c’è la ricerca degli USA del petrolio, una risorsa non rinnovabile, in via di diminuzione.
giovedì 14 maggio 2015
Ritorno di fiamma libico-tunisino
By Manlio Dinucci
Global Research, March 24, 2015
ilmanifesto.info
L’attacco terroristico in Tunisia, che ha mietuto anche vittime italiane, è strettamente collegato alla caotica situazione della Libia, sottolineano ambienti governativi e media. Mercoledì sera perfino Obama ha riconosciuto, giustamente, che la responsabilità della nascita dell’Is è degli Usa per la guerra all’Iraq — presidente era George W. Bush. Dimenticando però che anche il caos in Libia, e sotto la sua presidenza, è stato provocato dalla guerra della Nato che, esattamente quattro anni fa, ha demolito lo Stato libico.
Global Research, March 24, 2015
ilmanifesto.info
L’attacco terroristico in Tunisia, che ha mietuto anche vittime italiane, è strettamente collegato alla caotica situazione della Libia, sottolineano ambienti governativi e media. Mercoledì sera perfino Obama ha riconosciuto, giustamente, che la responsabilità della nascita dell’Is è degli Usa per la guerra all’Iraq — presidente era George W. Bush. Dimenticando però che anche il caos in Libia, e sotto la sua presidenza, è stato provocato dalla guerra della Nato che, esattamente quattro anni fa, ha demolito lo Stato libico.
mercoledì 13 maggio 2015
Immigrati: ambasciatore Libia presso S.Sede, ripartire da accordo Gheddafi
Articolo pubblicato il: 07/05/2015
Per fermare le stragi di migranti nel Mediterraneo occorre "ripartire dall'accordo tra il governo italiano e il regime di Gheddafi". Lo sostiene l'ambasciatore libico presso la Santa Sede, Mustafa Ali Rugibani, in un'intervista ad Aki Adnkronos International.
"Noi accettiamo l'accordo raggiunto con Gheddafi e lo vogliamo rispettare. Cominciano da questa base e poi pensiamo a come eventualmente migliorare l'intesa", afferma Rugibani, secondo cui "non ha senso iniziare un'altra storia", dato che nell'accordo del 2008 tra Italia e Libia "sono già decisi nel dettaglio i modi di intervento" per fermare l'immigrazione clandestina.
Per fermare le stragi di migranti nel Mediterraneo occorre "ripartire dall'accordo tra il governo italiano e il regime di Gheddafi". Lo sostiene l'ambasciatore libico presso la Santa Sede, Mustafa Ali Rugibani, in un'intervista ad Aki Adnkronos International.
"Noi accettiamo l'accordo raggiunto con Gheddafi e lo vogliamo rispettare. Cominciano da questa base e poi pensiamo a come eventualmente migliorare l'intesa", afferma Rugibani, secondo cui "non ha senso iniziare un'altra storia", dato che nell'accordo del 2008 tra Italia e Libia "sono già decisi nel dettaglio i modi di intervento" per fermare l'immigrazione clandestina.
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martedì 12 maggio 2015
Libia. Islamisti introducono nelle scuole di Tripoli corsi di jihad e caccia agli infedeli
maggio 8, 2015 Leone Grotti
I “ribelli” di Alba libica fanno «propaganda e indottrinamento islamico». Uomini e donne possono andare al parco solo in giorni diversi
Come farà l’inviato dell’Onu Bernardino Léon a mettere d’accordo in Libia il governo laico di Tobruk con gli islamisti di Tripoli per formare un esecutivo di unità nazionale? La sfida sembra sempre più ardua, soprattutto se si guarda a quello che Alba libica sta facendo a Tripoli.
Gli studi islamici sono sempre stati una parte importante dei programmi scolastici in Libia. Ma da una settimana agli studenti a partire dalle medie verrà anche insegnato il valore del jihad, così come l’importanza di punire coloro che scelgono di non seguire l’islam.
I “ribelli” di Alba libica fanno «propaganda e indottrinamento islamico». Uomini e donne possono andare al parco solo in giorni diversi
Come farà l’inviato dell’Onu Bernardino Léon a mettere d’accordo in Libia il governo laico di Tobruk con gli islamisti di Tripoli per formare un esecutivo di unità nazionale? La sfida sembra sempre più ardua, soprattutto se si guarda a quello che Alba libica sta facendo a Tripoli.
Gli studi islamici sono sempre stati una parte importante dei programmi scolastici in Libia. Ma da una settimana agli studenti a partire dalle medie verrà anche insegnato il valore del jihad, così come l’importanza di punire coloro che scelgono di non seguire l’islam.
lunedì 11 maggio 2015
La balcanizzazione del Sudan: il ridisegno del Medio Oriente e Africa del Nord
Piccola nota: avete notato che dopo l' agressione alla Libia, dove il Sudan ha partecipato con i suoi soldati regolari, a fianco dei RATTI/ribelli,( ed anche questo lo sanno in pochissimi) non si parla più dei fantomatici "crimini" del governo Sudanese? ma vediamo cosa è previsto per il Sudan in questo interessante articolo.
By Mahdi Darius Nazemroaya
Global Research, January 25, 2011
Il Sudan è una nazione diversa e un paese che rappresenta la pluralità dell’Africa delle varie tribù, clan, etnie, gruppi religiosi. Tuttavia l’unità del Sudan è in questione, mentre si parla di nazioni unificanti e del giorno della creazione degli Stati Uniti d’Africa attraverso l’Unione africana.
La ribalta è per il referendum del gennaio 2011 in Sud Sudan. L’amministrazione Obama ha annunciato ufficialmente che sostiene la separazione del Sudan meridionale dal resto del Sudan.
La balcanizzazione del Sudan è quello che è veramente in gioco. Per anni i dirigenti ed i funzionari del Sud Sudan sono stati sostenuti dagli USA e dall’Unione europea.
By Mahdi Darius Nazemroaya
Global Research, January 25, 2011
Il Sudan è una nazione diversa e un paese che rappresenta la pluralità dell’Africa delle varie tribù, clan, etnie, gruppi religiosi. Tuttavia l’unità del Sudan è in questione, mentre si parla di nazioni unificanti e del giorno della creazione degli Stati Uniti d’Africa attraverso l’Unione africana.
La ribalta è per il referendum del gennaio 2011 in Sud Sudan. L’amministrazione Obama ha annunciato ufficialmente che sostiene la separazione del Sudan meridionale dal resto del Sudan.
La balcanizzazione del Sudan è quello che è veramente in gioco. Per anni i dirigenti ed i funzionari del Sud Sudan sono stati sostenuti dagli USA e dall’Unione europea.
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domenica 10 maggio 2015
"Legalizzare l'immigrazione", ordina Rothschild...
Maurizio Blondet
effedieffe.com
"Legalizzare l'immigrazione", lo ordinano i Rothschild...
Quello qui sopra è il titolo che è apparso su Libération, ed è la soluzione che il giornale francese – posseduto dalla famiglia Rothschild – propone traendo spunto dalla nota «tragedia del Mediterraneo». Interessante coincidenza, anche il New York Times si china, dall’altra parte dell’oceano, sul destino dei poveri morti negri. Sparge e una lacrima, e poi si domanda: Who is to blame?, di chi è la colpa? E si risponde: «I politici europei puntano il dito sui trafficanti e pongono l’accento sulla soluzione militare; ma ciò che spinge gli immigranti nelle braccia dei criminali son proprio le politiche dell’Unione Europea, che tratta l’immigrazione non come una necessità umana ma come una questione penale da reprimere... da 30 anni stanno costruendo la fortezza europea».
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"Legalizzare l'immigrazione", lo ordinano i Rothschild...
Quello qui sopra è il titolo che è apparso su Libération, ed è la soluzione che il giornale francese – posseduto dalla famiglia Rothschild – propone traendo spunto dalla nota «tragedia del Mediterraneo». Interessante coincidenza, anche il New York Times si china, dall’altra parte dell’oceano, sul destino dei poveri morti negri. Sparge e una lacrima, e poi si domanda: Who is to blame?, di chi è la colpa? E si risponde: «I politici europei puntano il dito sui trafficanti e pongono l’accento sulla soluzione militare; ma ciò che spinge gli immigranti nelle braccia dei criminali son proprio le politiche dell’Unione Europea, che tratta l’immigrazione non come una necessità umana ma come una questione penale da reprimere... da 30 anni stanno costruendo la fortezza europea».
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sabato 9 maggio 2015
Immigrazione, cadaveri al largo della Libia. A bordo del pattugliatore Bettica è nata una bambina
4 maggio 2015
Sono 16 i barconi che hanno lanciato l'allarme, 4 già soccorsi
Sono oltre 2.000 i migranti soccorsi dalle navi della Marina Militare nel lungo fine settimana del Primo Maggio nelle acque dello Stretto di Sicilia, tra Lampedusa e la Libia, secondo il bilancio della Marina Militare. E a bordo del pattugliatore Bettica, mentre stava portando a riva 654 migranti recuperati in 4 interventi di soccorso, nella notte è nata una bambina. La piccola e la madre, imbarcata a travaglio iniziato, stanno bene. A bordo di un rimorchiatore che aveva soccorso alcuni migranti alla deriva in varie imbarcazioni, sono invece decedute due persone.
Sono 16 i barconi che hanno lanciato l'allarme, 4 già soccorsi
Sono oltre 2.000 i migranti soccorsi dalle navi della Marina Militare nel lungo fine settimana del Primo Maggio nelle acque dello Stretto di Sicilia, tra Lampedusa e la Libia, secondo il bilancio della Marina Militare. E a bordo del pattugliatore Bettica, mentre stava portando a riva 654 migranti recuperati in 4 interventi di soccorso, nella notte è nata una bambina. La piccola e la madre, imbarcata a travaglio iniziato, stanno bene. A bordo di un rimorchiatore che aveva soccorso alcuni migranti alla deriva in varie imbarcazioni, sono invece decedute due persone.
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venerdì 8 maggio 2015
Il piano sionista per il Medio Oriente
Tradotto e curato da
Israel Shahak
L'Israele di Theodore Herzl (1904) e di Rabbi Fischmann (1947)
Nei suoi diari complete, vol. II. p. 711, Theodore Herzl, fondatore del sionismo, dice che l'area dello Stato ebraico si estende: ". Dal torrente d'Egitto al fiume Eufrate"
Rabbi Fischmann, membro dell'Agenzia Ebraica per la Palestina, ha dichiarato nella sua testimonianza al comitato speciale delle Nazioni Unite su richiesta del 9 luglio 1947 "La Terra Promessa si estende dal fiume d'Egitto fino all'Eufrate, include parti di Siria e Libano. "
da
Oded Yinon di
"Una strategia per Israele negli anni Ottanta"
Pubblicato dalla
Associazione di arabo-americano Laureati, Inc.
Belmont, Massachusetts, 1982
Speciale Documento n ° 1 (ISBN 0-937694-56-8)
Israel Shahak
L'Israele di Theodore Herzl (1904) e di Rabbi Fischmann (1947)
Nei suoi diari complete, vol. II. p. 711, Theodore Herzl, fondatore del sionismo, dice che l'area dello Stato ebraico si estende: ". Dal torrente d'Egitto al fiume Eufrate"
Rabbi Fischmann, membro dell'Agenzia Ebraica per la Palestina, ha dichiarato nella sua testimonianza al comitato speciale delle Nazioni Unite su richiesta del 9 luglio 1947 "La Terra Promessa si estende dal fiume d'Egitto fino all'Eufrate, include parti di Siria e Libano. "
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Oded Yinon di
"Una strategia per Israele negli anni Ottanta"
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giovedì 7 maggio 2015
"Grande Israele": Il piano sionista per il Medio Oriente Il famigerato "Piano di Oded Yinon".
Torna ad essere di interesse generale conoscere la storia del medio oriente, per tutte le guerre che ivi sono combattute sia per interessi economici (petrolio e gas) ma in particolare per le diatribe tra le regioni ed etnie e religioni.
Proponiamo una lettura de "Il piano sionista per il Medio Oriente" curato dallo studioso Israel Shahak e tradotto con l'ausilio di google
Sa Defenza
Storia Ebraica e Giudaismo: il peso di tre millenni
"Shahak è il più recente, se non l’ultimo, dei grandi profeti"
Proponiamo una lettura de "Il piano sionista per il Medio Oriente" curato dallo studioso Israel Shahak e tradotto con l'ausilio di google
Sa Defenza
Storia Ebraica e Giudaismo: il peso di tre millenni
"Shahak è il più recente, se non l’ultimo, dei grandi profeti"
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mercoledì 6 maggio 2015
La vendetta del piano Yinon? Panorama di caos nel mondo arabo
30/6/2014
Global Research.
Il Medio Oriente e il Nordafrica sono stati trasformati in un arco d’instabilità, che parte dall’Iraq e dal Golfo Persico, e arriva fino alla Libia e la Tunisia. In quasi ogni angolo del mondo arabo e del Medio Oriente sembrano esserci caos e violenza, e il massacro non sembra aver fine.
C’è un Paese, nella regione, che però brilla di soddisfazione. Tel Aviv ha ottenuto carta bianca dall’instabilità di cui, insieme a Washington, è l’artefice. Il caos tutt’intorno ha permesso a Israele di procedere con ulteriori annessioni di territorio palestinese in Cisgiordania, mentre pretende di discutere di pace con l’Autorità palestinese dell’irrilevante Mahmoud Abbas. Ciò che gli serve, ora, è una guerra degli Stati Uniti contro l’Iran e i suoi alleati.
Global Research.
Il Medio Oriente e il Nordafrica sono stati trasformati in un arco d’instabilità, che parte dall’Iraq e dal Golfo Persico, e arriva fino alla Libia e la Tunisia. In quasi ogni angolo del mondo arabo e del Medio Oriente sembrano esserci caos e violenza, e il massacro non sembra aver fine.
C’è un Paese, nella regione, che però brilla di soddisfazione. Tel Aviv ha ottenuto carta bianca dall’instabilità di cui, insieme a Washington, è l’artefice. Il caos tutt’intorno ha permesso a Israele di procedere con ulteriori annessioni di territorio palestinese in Cisgiordania, mentre pretende di discutere di pace con l’Autorità palestinese dell’irrilevante Mahmoud Abbas. Ciò che gli serve, ora, è una guerra degli Stati Uniti contro l’Iran e i suoi alleati.
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martedì 5 maggio 2015
Il piano di “balcanizzazione” del Medio Oriente conforme al progetto della “Grande Israele”
2 novembre 2014
Dal piano Yinon allo schema Yaalon: balcanizzazione della Libia, dell’Iraq, della Siria, secondo Israele
di Alfredo Jalife-Rahme
Nel corso del suo viaggio di cinque giorni negli Stati Uniti, il ministro della Difesa israeliano, Moshe Yaalon, ha dichiarato, in una intervista con Steve Inskeep, nella edizione del mattino, del canale NPR , che “le frontiere del Medio Oriente sono instradate verso un cambiamento definitivo” (sic). Yaalon segue alla lettera il piano di balcanizzazione del Medio Oriente elaborato nel 1982 nel “Plan Yinon” (il piano conosciuto come quello della “grande Israele”).Vedi: Greater Israel”: The Zionist Plan for the Middle East
Dal piano Yinon allo schema Yaalon: balcanizzazione della Libia, dell’Iraq, della Siria, secondo Israele
di Alfredo Jalife-Rahme
Nel corso del suo viaggio di cinque giorni negli Stati Uniti, il ministro della Difesa israeliano, Moshe Yaalon, ha dichiarato, in una intervista con Steve Inskeep, nella edizione del mattino, del canale NPR , che “le frontiere del Medio Oriente sono instradate verso un cambiamento definitivo” (sic). Yaalon segue alla lettera il piano di balcanizzazione del Medio Oriente elaborato nel 1982 nel “Plan Yinon” (il piano conosciuto come quello della “grande Israele”).Vedi: Greater Israel”: The Zionist Plan for the Middle East
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lunedì 4 maggio 2015
Libia: dieci cose su Gheddafi che non vogliono farti sapere
21 novembre 2014
Siovhan Cleo Crombie per urbantimes
Che cosa pensi quando senti il nome del Colonnello Gheddafi? Un tiranno? Un dittatore? Un terrorista? Beh, un cittadino della Libia potrebbe anche non essere d’accordo, ma vogliamo che sia tu a decidere.
Per 41 anni, fino alla sua "morte" , nell’Ottobre del 2011, Muammar Gheddafi ha fatto delle cose davvero sorprendenti per il suo Paese e ha cercato ripetutamente di unire e rendere più forte il continente africano.
Così, nonostante ciò che puoi aver sentito per radio o visto attraverso i media o la televisione, Gheddafi ha fatto cose rilevanti, che poco si addicono all’immagine di quel “feroce dittatore” dipinto dai media occidentali.
Siovhan Cleo Crombie per urbantimes
Che cosa pensi quando senti il nome del Colonnello Gheddafi? Un tiranno? Un dittatore? Un terrorista? Beh, un cittadino della Libia potrebbe anche non essere d’accordo, ma vogliamo che sia tu a decidere.
Per 41 anni, fino alla sua "morte" , nell’Ottobre del 2011, Muammar Gheddafi ha fatto delle cose davvero sorprendenti per il suo Paese e ha cercato ripetutamente di unire e rendere più forte il continente africano.
Così, nonostante ciò che puoi aver sentito per radio o visto attraverso i media o la televisione, Gheddafi ha fatto cose rilevanti, che poco si addicono all’immagine di quel “feroce dittatore” dipinto dai media occidentali.
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domenica 3 maggio 2015
La grande ipocrisia
22 aprile 2015 di Alain Goussot*
L’ipocrisia del cosiddetto mondo civilizzato è assoluta, le ‘buone coscienze’ si dicono dispiaciute oppure propongono soluzioni – vedi sparare sui barconi, combattere gli scafisti (come?) – che sono peggiori del dramma in atto. Quello che viene nascosto e non viene detto all’opinione pubblica europea e italiana è quali sono le cause di questa fuga dall’Africa e dal Medio-Oriente.
Basta vedere da dove provengono i profughi che tentano di arrivare sulle coste italiane e greche: Corno dell’Africa (Somalia, Eritrea e Etiopia), Sudan, Nigeria, Mali , Iraq, Siria, Palestina. Stupisce il fatto che nessuno giornalista italiano si ponga la domanda: ma in Somalia, Eritrea e Etiopia non ci siamo stati noi per quasi un secolo? E poi con il dittatore Siad Barre e i militari Etiopi non abbiamo fatto affari, e quali risultati ha avuto l’intervento militare americano in Somalia bel 1991/1992? Gli shabaab somali sono nati in quel caos provocato dall’intervento italo-americano! In Nigeria sappiamo che la questione della guerra civile e interetnica e di Boko Haram nasce anche dalla presenza del petrolio nel più grande paese dell’Africa nera, petrolio sfruttato dalle multinazionali euro-americane, eppure la popolazione vive in una povertà assoluta. In Mali c’è una guerra civile e la rivolta armata dei tuareg e dei gruppi islamisti provengono dalla Libia dopo la distruzione dello Stato libico in seguito ai bombardamenti francesi, inglesi e statunitensi. L’Iraq è stato distrutto dalle guerre Usa, la Siria è al collasso con milioni di profughi perché gli Stai uniti con i loro alleati sauditi hanno armato e finanziato i gruppi di opposizione armata, compreso l’Isis; per abbattere Assad e accerchiare ai suoi confini il ‘nemico’ russo.
L’ipocrisia del cosiddetto mondo civilizzato è assoluta, le ‘buone coscienze’ si dicono dispiaciute oppure propongono soluzioni – vedi sparare sui barconi, combattere gli scafisti (come?) – che sono peggiori del dramma in atto. Quello che viene nascosto e non viene detto all’opinione pubblica europea e italiana è quali sono le cause di questa fuga dall’Africa e dal Medio-Oriente.
Basta vedere da dove provengono i profughi che tentano di arrivare sulle coste italiane e greche: Corno dell’Africa (Somalia, Eritrea e Etiopia), Sudan, Nigeria, Mali , Iraq, Siria, Palestina. Stupisce il fatto che nessuno giornalista italiano si ponga la domanda: ma in Somalia, Eritrea e Etiopia non ci siamo stati noi per quasi un secolo? E poi con il dittatore Siad Barre e i militari Etiopi non abbiamo fatto affari, e quali risultati ha avuto l’intervento militare americano in Somalia bel 1991/1992? Gli shabaab somali sono nati in quel caos provocato dall’intervento italo-americano! In Nigeria sappiamo che la questione della guerra civile e interetnica e di Boko Haram nasce anche dalla presenza del petrolio nel più grande paese dell’Africa nera, petrolio sfruttato dalle multinazionali euro-americane, eppure la popolazione vive in una povertà assoluta. In Mali c’è una guerra civile e la rivolta armata dei tuareg e dei gruppi islamisti provengono dalla Libia dopo la distruzione dello Stato libico in seguito ai bombardamenti francesi, inglesi e statunitensi. L’Iraq è stato distrutto dalle guerre Usa, la Siria è al collasso con milioni di profughi perché gli Stai uniti con i loro alleati sauditi hanno armato e finanziato i gruppi di opposizione armata, compreso l’Isis; per abbattere Assad e accerchiare ai suoi confini il ‘nemico’ russo.
sabato 2 maggio 2015
LIBIA. Le 1.700 milizie che Occidente e Golfo hanno fatto proliferrare
Un’Europa colpevole cerca a Tripoli la causa dell’emergenza rifugiati. Dietro, l’intervento militare in Libia, e l’armamento di centinaia di fazioni che puntano al potere. L’Onu annuncia il dialogo tra i parlamenti rivali, ma sul terreno è guerra civile.
21 aprile 2015
della redazione
Roma, 21 aprile 2015, Nena News – La Libia torna sulla bocca di tutti insieme alla guerra civile che sta insanguinando il post-Gheddafi. Le autorità europee e i ministri degli Stati membri fanno a gara in questi giorni nell’indicare in Tripoli la causa delle stragi in mare, dopo il massacro di 900 migranti di domenica scorsa. Intervenire in Libia è il mantra, se non si risolve il conflitto interno a Tripoli l’emergenza rifugiati non cesserà.
21 aprile 2015
della redazione
Roma, 21 aprile 2015, Nena News – La Libia torna sulla bocca di tutti insieme alla guerra civile che sta insanguinando il post-Gheddafi. Le autorità europee e i ministri degli Stati membri fanno a gara in questi giorni nell’indicare in Tripoli la causa delle stragi in mare, dopo il massacro di 900 migranti di domenica scorsa. Intervenire in Libia è il mantra, se non si risolve il conflitto interno a Tripoli l’emergenza rifugiati non cesserà.
venerdì 1 maggio 2015
Yossef 22 anni, eritreo: "Io prigioniero in Libia, senza speranze, pronto a partire a ogni costo"
Il dialogo raccolto e diffuso da Save The Children in Libia. A parlare è uno dei prigionieri dei trafficanti che aspetta da mesi di potersi imbarcare verso l'Europa. "Non vediamo la luce... violenze su uomini e donne, poco cibo, solo maccheroni"
23 aprile 2015
ROMA - Yosef ha 22 anni, è originario dell'Eritrea. È stato in Libia per sette mesi ed è uno degli 86 migranti chiusi all'interno di una casa in un luogo imprecisato della Libia. Nel gruppo ci sono 37 tra donne e bambini, otto dei quali sono piccolissimi o neonati. Ci sono vari adolescenti non accompagnati. Yosef racconta che durante tutto questo tempo nella casa, quattro donne in stato di gravidanza hanno dato alla luce i propri bambini senza alcun tipo di assistenza o di supporto medico.La casa è gestita da trafficanti che chiedono un affitto a coloro che ne sono ospiti. Quelli che non sono in grado di pagare sono obbligati ad andarsene e di loro non si hanno più notizie.
23 aprile 2015
ROMA - Yosef ha 22 anni, è originario dell'Eritrea. È stato in Libia per sette mesi ed è uno degli 86 migranti chiusi all'interno di una casa in un luogo imprecisato della Libia. Nel gruppo ci sono 37 tra donne e bambini, otto dei quali sono piccolissimi o neonati. Ci sono vari adolescenti non accompagnati. Yosef racconta che durante tutto questo tempo nella casa, quattro donne in stato di gravidanza hanno dato alla luce i propri bambini senza alcun tipo di assistenza o di supporto medico.La casa è gestita da trafficanti che chiedono un affitto a coloro che ne sono ospiti. Quelli che non sono in grado di pagare sono obbligati ad andarsene e di loro non si hanno più notizie.
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