11 MAGGIO 2015 | di Riccardo Noury
Un nuovo rapporto diffuso oggi da Amnesty International denuncia che in Libia i migranti e i rifugiati vanno incontro a stupri, torture e sequestri a scopo di riscatto da parte dei trafficanti, allo sfruttamento sistematico ad opera dei datori di lavoro, alla persecuzione religiosa e ad altri abusi da parte di gruppi armati e bande criminali.
Le indicibili condizioni in cui si trovano i migranti e i rifugiati, insieme alla crescente assenza di legalità e ai conflitti armati in corso nel paese, rendono evidente quanto sia pericoloso oggi vivere in Libia. Senza percorsi legali per fuggire e cercare salvezza, queste persone sono costrette a mettersi nelle mani dei trafficanti, che le sottopongono a estorsioni, attacchi e altri abusi.
Da anni, la Libia è un paese sia di arrivo che di transito per migranti e rifugiati in fuga dalla povertà, dai conflitti e dalla persecuzione nell’Africa sub sahariana e in Medio Oriente. Ma il caos nel quale il paese è finito dopo l’intervento militare della Nato del 2011, con la comunità internazionale spettatrice del predominio di milizie e gruppi armati in lotta tra loro, ha spinto un numero sempre maggiore di persone – comprese comunità di migranti che vivevano e lavoravano in Libia da molto tempo – a cercare la fuga via terra verso l’Egitto e la Tunisia. Quando questi paesi hanno inasprito i controlli alle frontiere, non è rimasta che una via di fuga: il mare.
Un’altra ragione per così tante partenze è costituita dagli abusi subiti all’interno dei centri di detenzione, dove migliaia di migranti e rifugiati – bambini compresi – sono trattenuti a tempo indeterminato e in condizioni deplorevoli, a rischio costante di tortura. La maggior parte di loro viene arrestata per ingresso irregolare nel paese o reati simili. In questi centri si trovano anche coloro che vengono catturati a bordo delle imbarcazioni intercettate dalla guardia costiera locale.
Le donne detenute nei centri per migranti hanno denunciato molestie e violenza sessuale. Una testimone ha raccontato ad Amnesty International che i responsabili di uno di questi centri hanno picchiato a morte una donna incinta.
“Ci picchiavano coi tubi di gomma dietro le cosce, non risparmiavano neanche le donne incinte. Di notte entravano nelle nostre stanze e cercavano di dormire con noi. Alcune di noi sono state stuprate e una è rimasta incinta. Ecco perché ho deciso di partire per l’Europa: ho sofferto troppo in prigione” – ha raccontato un’altra testimone.
Il rapporto di Amnesty International sottolinea quanto i migranti e i rifugiati di religione cristiana siano particolarmente in pericolo di subire violenze da parte di quei gruppi armati che intendono applicare la loro interpretazione della legge islamica. Cristiani provenienti da Nigeria, Eritrea, Etiopia ed Egitto sono stati rapiti, torturati, uccisi e perseguitati a causa della loro religione. Ultimamente almeno 49 cristiani, per lo più provenienti dall’Egitto e dall’Etiopia, sono stati decapitati o fucilati in tre esecuzioni sommarie di massa rivendicate dal gruppo Stato islamico.
I migranti e i rifugiati vanno incontro agli abusi lungo tutto il viaggio organizzato dai trafficanti, ancor prima di entrare in Libia.
Lungo il viaggio, i migranti e i rifugiati provenienti da Africa occidentale e orientale, compresi i minori non accompagnati, vengono rapiti a scopo di estorsione. Durante la prigionia, vengono torturati per costringere loro o le loro famiglie a pagare un riscatto. Coloro che non sono in grado di pagare vengono sfruttati e spesso ridotti in schiavitù: obbligati a lavorare senza compenso, aggrediti e derubati.
Una volta entrati in Libia, talvolta i trafficanti cedono i migranti e i rifugiati a bande criminali che operano nel deserto o nei principali centri di transito come Sabha, nella Libia sudoccidentale, o Ajdabya, nella Libia orientale.
Migranti e rifugiati intervistati da Amnesty International hanno riferito di essere stati trattati come “schiavi” e “animali” dai trafficanti. Uno ha raccontato di essere stato tenuto, insieme a molti altri, in una stanza sporca e sovraffollata, senza servizi igienici, coperte e materassi, con pezzi di pane secco come unico cibo a disposizione.
Le donne, soprattutto quelle che viaggiano sole o senza parenti maschi, rischiano più di ogni altra persona di essere stuprate dai trafficanti o dalle bande criminali. Le donne rapite durante il viaggio e non in grado di pagare il riscatto vengono obbligare a fare sesso in cambio del rilascio o del permesso di proseguire.
“Il trafficante aveva tre donne eritree. Le ha violentate, loro piangevano. È successo almeno due volte” – ha raccontato una testimone oculare.
Un’altra donna, proveniente dalla Nigeria, ha raccontato di essere stata vittima di uno stupro di massa da parte di 11 uomini appartenenti a un gruppo armato appena arrivata nella città di Sabha:
“Ci hanno portato fuori città, nel deserto. Hanno legato mio marito a un palo per le mani e le caviglie e mi hanno stuprato davanti ai suoi occhi. Erano in tutto 11”.
Al vertice speciale tenutosi a Bruxelles il mese scorso, il Consiglio europeo ha annunciato l’intenzione di aumentare le risorse per le operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo.
Tuttavia, sottolinea un appello di Amnesty International, sempre più persone continueranno a morire in mare se i mezzi navali non saranno disponibili immediatamente, non opereranno nelle acque dove è maggiormente necessario, ovvero da cui partono più spesso le richieste di soccorso e non resteranno in quelle zone fino a quando proseguiranno così tante partenze di migranti e rifugiati dalla Libia.
Il Consiglio europeo ha inoltre annunciato ulteriori azioni per identificare, prendere e distruggere le imbarcazioni prima che vengano usate dai trafficanti. Ma è impensabile che intraprendere queste azioni senza predisporre rotte alternative sicure per le persone disperate in fuga dal conflitto libico possa porre fine alla sofferenza dei migranti e dei rifugiati.
Fonte: http://lepersoneeladignita.corriere.it/2015/05/11/la-libia-un-inferno-per-migranti-e-rifugiati-non-ce-altra-scelta-che-prendere-il-mare/
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