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domenica 13 ottobre 2019

Il padrone americano vuole sganciare l’Italia dalla Cina

4/10/19 Di
Mentre arrivava il via libera ai dazi di Trump contro l’Europa che colpiscono duramente anche il Made in Italy, il Segretario di Stato americano in visita a Roma ha colto l’occasione per imporre l’agenda politica al ministro Di Maio. Le intese fra Roma e Pechino irritano non poco gli americani, che in Italia vorrebbero dettare le regole.
Bandiera della Cina
“L’Italia stia attenta, la Cina è una minaccia”, il segretario di Stato americano Mike Pompeo avvisa l’Italia sui pericoli che rappresenterebbe la Cina ed in particolare il progetto 5G. A dirlo sono gli Stati Uniti che hanno lanciato la guerra dei dazi contro l’Unione Europea e l’Italia.
Al di là delle interferenze americane nella politica di Roma, qual è l’importanza della Cina per l’Italia da un punto di vista geopolitico? Sputnik Italia ha raggiunto per un’intervista Alberto Bradanini, presidente del Centro Studi sulla Cina Contemporanea, ex Ambasciatore d’Italia in Cina dal 2013 al 2015.

– Pompeo, in visita in Italia, ha definito la politica cinese una minaccia informatica per il Belpaese, asserendo che la Cina ha un approccio predatorio negli investimenti. Come crede che si comporterà Roma, continuerà a collaborare con la Cina nonostante la pressione statunitense?
– In Italia viviamo in un regime capitalista, quindi il governo può fare ben poco. I cinesi, gli americani, tedeschi e francesi vengono in Italia e comprano quello che vogliono, non c'è bisogno di avere l'autorizzazione del governo a meno che quella determinata società non appartenga al governo stesso. La Cina ha comprato in Italia quello che doveva comprare e non credo che abbia interesse a comprare altri asset importanti del Paese. Le accuse da parte di Pompeo dovrebbero essere estese semmai ad un atteggiamento predatorio da parte di questo capitalismo sregolato che domina la scena mondiale.
– Le parole di Pompeo hanno provocato la reazione immediata dell'ambasciata cinese in Italia che ha definito inaccettabili tutte le accuse americane. Lei come valuta le pressioni di Washington in questi giorni in cui vengono imposti i dazi americani all'Italia?
– Ormai c'è una rivalità strategica tra la Cina e gli Stati Uniti senza esclusione di colpi e questo non è che l'inizio di un atteggiamento di contrapposizione dura che si svilupperà di certo anche nei prossimi anni. Per quanto riguarda i dazi bisogna dire che gli Stati Uniti hanno un deficit nei confronti della Cina di circa 380 miliardi di dollari, quindi dal punto di vista degli interessi americani ha senso aprire un dossier con la Cina affinché il commercio sia più equilibrato.
Bisogna poi dire che gli americani hanno un deficit nei confronti dell'Europa di circa 150 miliardi di euro e anche lì, al di là dei modi, hanno ragione a chiedere un riequilibrio che dovrebbe essere bilanciato da tutti i Paesi membri dell'Unione Europea. Chi comanda in Europa sono i due paesi regnanti: Germani e Francia, dopo l'uscita del Regno Unito. La mia osservazione però riguarda i deficit che l'Europa ha nei confronti della Cina, che è di circa 185 miliardi di euro e che significa oltre 200 miliardi di dollari.
Come mai l'Europa non apre nessun dossier nei confronti della Cina? La risposta è molto semplice, perché tutti paesi soffrono, a parte Irlanda e la Finlandia che sono irrilevanti, tutti hanno un deficit nei confronti della Cina. L'Italia soprattutto, circa 20 miliardi di euro ogni anno, tranne la Germania che invece ha un avanzo di oltre 18 miliardi di euro. La Germania domina in Europa ed è a servizio dei propri interessi e della propria elite sovranista, è la Germania che impone una politica troppo accomodante nei confronti della Cina che invece dovrebbe accertare un graduale rientro di questo forte avanzo commerciale nei confronti dell'Europa che fa soffrire in modo particolare il nostro Paese, l'Italia.
– Dal punto di vista politico lei come vede queste interferenze degli Stati Uniti nei confronti delle scelte del governo italiano?
– È molto semplice e non c'è bisogno che io richiami la storia recente, sono 74 anni che l'Italia è un Paese asservito agli Stati Uniti, che hanno in Italia circa 110 siti militari. L'Italia è un Paese occupato, come la Germania, dagli Stati Uniti. Facendo parte della NATO è anche occupato attraverso questo strumento solo in apparenza multilaterale poiché la NATO, come sappiamo, è controllata dal punto di vista tecnologico e delle risorse da Washington. In queste condizioni, l'Italia non ha margini per sganciarsi da una politica americana che tiene conto essenzialmente dei propri interessi, quelli economici e quelli strategici.
– Lei prima parlava anche degli altri paesi europei, come costruiscono i rapporti con la Cina la Germania e la Francia? Ovvero paesi che non hanno firmato il famoso memorandum, ma che hanno moltissimi affari con la Cina...
– Per fare affari con la Cina non c'è bisogno di firmare un memorandum di intesa. Il memorandum che ha firmato l'Italia è una carta priva di impegni precisi, è soltanto un elenco di buone intenzioni, eppure ha suscitato ugualmente tanto rumore sia da parte americana, per il significato politico essendo l'Italia l'unico paese membro del gruppo G7 ad aver firmato un tale documento, sia da parte dei paesi dominanti in Europa. Questi paesi attraverso la commissione hanno espresso il loro malumore per due ragioni: la prima è perché temono la concorrenza che l'Italia può fare ai loro interessi e la seconda ragione è che in quel momento in Italia c'era un governo il quale aveva delle riserve nei confronti dell'oligarchia e della tecnocrazia europea.
Gli altri paesi, tra cui la Germania che ha un quadro di investimenti reciproci con la Cina molto più poderoso, fanno affari in ogni possibile modo. Kuka è una grande azienda che produce robot, molto avanzata tecnologicamente, ed è stata venduta ai cinesi; l'aeroporto più grande della Germania, a Francoforte, appartiene ai cinesi. Duisburg, il punto di arrivo della via della seta ferroviaria dei treni che arrivano dalla Cina, appartiene ai cinesi e così tante altre piccole e medie aziende cinesi. Per quanto riguarda la Francia è un discorso analogo anche se di dimensioni minori, ma la Francia ha una tradizionale collaborazione nel settore dell'energia nucleare, quindi settori molto più importanti rispetto al piccolo cabotaggio che fa l'Italia.
– Che ne pensa del tanto discusso dossier 5G?
– Questo riguarda tutta l'Europa e le tecnologie di punta, quelle del nostro futuro. Ebbene, dovrebbero essere sviluppate in maniera autonoma in Europa, con una politica industriale e tecnologica portata avanti dalla commissione, che invece come sappiamo fa gli interessi essenzialmente della Germania. Dobbiamo fare in modo che l'Europa non dipenda più né dalla Cina né dagli Stati Uniti, affinché l'Europa possa diventare davvero un polo tecnologico ed industriale autonomo e magari un giorno anche politico separato dagli Stati Uniti. Gli americani non saranno mai forse nostri nemici, ma in questo momento sono soltanto i nostri padroni.
– Da un punto di vista geopolitico quanto è importante la Cina per l'Italia?
– La Cina è importante per tutti, l'Italia è un Paese medio che non ha nessun peso politico sulla scena internazionale e i cinesi lo sanno bene. Dal punto di vista economico è ancora fonte di capitali ed è un mercato che conta per la Cina circa 32 miliardi di euro di export ed ha quindi una sua importanza. Detto ciò l'Italia non ha l'importanza strategica che invece la Cina ha per noi, poiché la Cina conta molto per il mondo.
Che poi la Cina ci prenda davvero sul serio ho i miei dubbi ... La Cina ha delle relazioni che chiama strategiche anche con le isole Fiji, non soltanto con gli Stati Uniti d'America, per la Cina i Paesi che contano davvero sono, oltre all'America, i Paesi Brics di cui fanno parte anche la Russia, l'India, il Pakistan, poi l'Australia, il Vietnam e la Corea del sud.
Ormai l'Europa dal punto di vista politico per la Cina non conta nulla, l'Europa ormai è un continente che ha perso quell'impatto politico che aveva per secoli, poiché non è un'entità politica. Le ex grandi potenze europee sono piene di guai perché pensano soltanto in termini solipsistici al loro piccolo vantaggio immediato, senza costruire invece una loro prospettiva politica che dovrebbe essere inclusiva. Parlo cioè di un governo europeo che tenesse conto degli interessi di tutti i paesi membri e quindi anche delle zone svantaggiate, della disoccupazione, dei servizi pubblici e invece questo non avviene. L'Europa come soggetto politico non esiste e certamente questo la Cina l'ha capito.

L'opinione dell'autore può non coincidere con la posizione della redazione. 

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