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venerdì 5 aprile 2019

Brexit: come cambiare la Costituzione, senza accorgersene

il Regno Unito, culla storica della democrazia parlamentare e dei diritti dell’individuo a partire dalla Magna Charta del 1215, non ha una Costituzione scritta.
questo antico documento fu redatto dall’arcivescovo di Canterbury e poi più volte rielaborato, e venne sottoscritto dal re Giovanni Senzaterra come atto formalmente unilaterale, ma in realtà era una concessione alle richieste dei baroni in rivolta.
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anche se la Magna Charta fu annullata da papa Innocenzo III, perché non rispettava i poteri della Chiesa (giusto per chiarire fin dall’inizio la posizione della Chiesa rispetto alla democrazia), e i baroni vennero scomunicati, la cosa non andò a buon fine e, nel tentativo obbediente alla Chiesa, di revocarla, costò a Giovanni una guerra civile, nel corso della quale morì.

ma fu questo che diede origine ad una Costituzione particolarissima, che viene a formarsi di fatto via via nel tempo attraverso una serie di procedure, leggi e regolamenti vari, e a volte anche semplicemente di consuetudini e perfino di tradizioni orali.
ogni decisione del Parlamento inglese ha dunque valore costituzionale e questo spiega perché non esiste in quel paese una Corte Costituzionale che decide se una legge approvata dal Parlamento è coerente con la legge fondamentale dello Stato, cioè con la Costituzione.
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questa premessa è necessaria per cogliere l’enorme valore storico potenziale di quanto avvenuto ieri alla Camera dei Comuni.
infatti nella particolarissima costituzione inglese di fatto il parlamento può deliberare come legge soltanto su quello che il governo gli propone: in altre parole, è libero di bocciare una proposta di legge del governo, ma non di formularne una propria.
di qui la stranezza ai nostri occhi di quello che abbiamo visto avvenire nei giorni passati, quando il parlamento esprimeva delle volontà, che tuttavia non avevano valore di legge, cioè approvava delle semplici mozioni; situazioni simili esistono anche nella nostra vita parlamentare, però da noi il parlamento può sempre approvare leggi di iniziativa propria anche se non è il governo a proporle.
e allora che cosa è successo ieri di tanto importante al Parlamento inglese?
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la Camera dei Comuni ha deciso, 327 voti contro 300, che su questo tema potrà votare anche su proposte non presentate dal governo.
fino a qui niente di strano, era già avvenuto; e questi voti – cosa ben sorprendente nella patria della democrazia parlamentare – non hanno nessuna efficacia giuridica, cioè non possono costringere il governo a seguirli (avviene così, per le mozioni, anche in Italia, pure se di solito poi il governo si adegua).
ma quello che può cambiare davvero i termini della questione sono le dichiarazioni improvvide che ha fatto la May: lo ha definito un precedente pericoloso, sorprendente e capace di cambiare l’equilibrio dei poteri tra le istituzioni, ma ha anche detto, contraddicendosi: Non assicuro di tenerne conto se questi andranno contro il risultato del referendum del 2016.
è vero che è difficile oramai dare peso alle parole di questo personaggio che ieri è riuscito a dire nello stesso discorso che il No Deal “verrà evitato in ogni caso visto il voto recente del Parlamento contro l’uscita senza accordo”, ma anche che “resta l’opzione automatica di default – cioè il no deal – se non c’è un accordo”.
però, viste le considerazioni dell’inizio e a dare credito alla prima dichiarazione della May, sarebbe divertente se ieri il Regno Unito avesse cambiato la propria Costituzione (ma senza accorgersene).
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viceversa, se questo non fosse vero, molta luce sarebbe fatta sul carattere apparente della democrazia inglese, cioè della democrazia parlamentare stessa, dove il governo può sciogliere un parlamento quando vuole, ma non è tenuto a rispettare la volontà della maggioranza di quello stesso parlamento.
e può continuare rifiutarsi di fare un nuovo referendum, ostinandosi a considerare valido il risultato di una consultazione fatta prima del rinnovo stesso del parlamento.

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