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giovedì 15 settembre 2016

ci risiamo, nuova invasione della Libia mascherata da intervento "umanitario"

Libia, missione italiana in partenza per Misurata. Ma nel Paese si combatte per il petrolio

E' pronta a partire per la Libia la missione italiana composta da medici, infermieri e parà. Niente leadership militare per l'Italia, ma un ruolo umanitario importante in un Paese ancora nel caos

Giulia Pozzi 12/9/2016
TRIPOLI - Sul ruolo italiano nella missione in Libia si dibatte da mesi: prima si ventilava un intervento militare di guida per la coalizione occidentale, ipotesi giunta direttamente dal segretario alla Difesa americano Ashton Carter; poi la smentita del Governo, che ha sempre sottoposto l'intervento alla richiesta esplicita dell'esecutivo libico legittimo; quindi, la notizia dei raid americani su Sirte, autorizzati dal premier Serraj. All'Italia - si è detto - il governo di Tripoli chiedeva un impegno innanzitutto umanitario e di supporto al meccanismo di messa in sicurezza del Paese. Un impegno certo importante, ma nulla che abbia vagamente a che fare con le prospettive di «leadership» ipotizzate qualche mese fa.

La missione italiana
Fatto sta che proprio in queste ore la missione italiana, composta da duecento paracadutisti della Folgore e cento operatori sanitari, tra medici e infermieri, si prepara a partire per Misurata. La decisione del Governo, che sarà presentata alle Commissioni Esteri e Difesa delle Camere, risponde proprio alle richieste di aiuto dell'esecutivo libico. Il piano prevede l'installazione di un ospedale da campo nella zona dell'aeroporto della città.
La costruzione di un ospedale
Nell'area interessata si trovano già le forze speciali americane, inglesi e italiane impegnate nella lotta allo Stato Islamico. Il nuovo contingente italiano, invece, costruirà l'ospedale e ne garantirà protezione. Una missione militare-umanitarie e militari del tipo di quelle già coperte dall'Onu, ma sulla quale, viste le possibili implicazioni politiche e di sicurezza, sarà il Parlamento a fornire il via libera.

La guerra dell'oro nero
Nonostante i progressi nella lotta allo Stato islamico, il gigante libico continua ad essere in balia del caos, soprattutto a causa della vera e propria guerra in corso per l'oro nero. Le milizie del generale Khalifa Haftar hanno conquistato infatti un terzo porto petrolifero libico, Zuwaytina, dopo essersi impadronite ieri dei terminali di Ras Lanuf e Al-Sidra. La notizia è degna di nota, perché quegli stessi porti erano già stati oggetto, a inizio anno, dei tentativi di conquista dell'Isis, che li voleva strappare alle guardie delle installazioni petrolifere, formazione militare alleata al governo di unità nazionale di Tripoli.
Quei porti nelle mani di Haftar
Nelle ultime ore, invece, a sottrarli al governo legittimo ci hanno pensato le truppe del generale Haftar, l'uomo forte della Cirenaica ed espressione militare del governo parallelo di Tobruk, non riconosciuto dalla comunità internazionale ma sostenuto da Egitto ed Emirati Arabi Uniti. «Le nostre forze armate sono state in grado di prendere controllo del porto Zuwaytina e di metterlo in completa sicurezza», ha detto Mohammad al-Azumi, portavoce delle milizie di Haftar.
Gravi implicazioni
Le implicazioni sono davvero rilevanti nel quadro della situazione libica: da un lato perché i porti petroliferi sono per il Paese veri e propri centri di potere, ed è superfluo specificare che il loro controllo da parte di milizie nemiche del Governo legittimo potrebbe avere pesanti ripercussioni sulla produzione e la vendita dell'oro nero (il 95% delle entrate statali), già particolarmente sofferente a causa della guerra; dall'altro, questo può essere considerato il primo vero e proprio «conflitto armato» tra l'autorità di Tripoli e quella di Tobruk, e se già prima un accordo pareva improbabile, ad oggi sembra quasi impossibile.

Preso da: http://politica.diariodelweb.it/politica/articolo/?nid=20160912_390699

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