Translate

mercoledì 2 dicembre 2015

Armi: la tratta che collega Haftar ai ribelli siriani

26 novembre 2015 - 11:00


Da un’inchiesta del New York Times emerge un accordo tra una società degli Emirati e un’azienda nordcoreana per la fornitura di razzi e fucili alle milizie anti-Assad. A svolgere il ruolo di intermediario il generale libico

A trainee soldier from the Libyan army speaks with a commander in front of a shooting target during his graduation exam in Geminis


di Rocco Bellantone
@RoccoBellantone
Intervistato il 24 novembre nel corso di un forum dell’agenzia Ansa, il nuovo inviato speciale dell’ONU in Libia Martin Kobler ha fatto il punto sulle tante questioni irrisolte che gravitano attorno alla guerra in corso da ormai quattro anni nel Paese. Rispetto al suo predecessore Bernardino Leon, che ha concluso con un nulla di fatto il mandato alla guida della missione UNSMIL, Kobler sembra avere le idee molto più chiare sulla minaccia rappresentata dallo Stato Islamico in Libia. “ISIS è la minaccia più grave – ha affermato – il pericolo cresce ogni giorno”.
L’allarme lanciato pochi giorni fa da Mohamed Dayri, ministro degli Esteri del governo di Tobruk (l’esecutivo riconosciuto dalla comunità internazionale), secondo il quale i comandanti di ISIS starebbero ordinando alle nuove leve di dirigersi in Libia e non più in Siria a causa dei bombardamenti di Francia e Russia, sarebbe dunque arrivato al mittente. Individuato il rischio principale, resta però da scegliere la strategia per fronteggiarlo. La soluzione sponsorizzata dalle Nazioni Unite continua a essere quella dell’accordo politico tra le parti libiche, un’intesa che a detta di Kobler sarebbe ormai “questione di giorni”.

L’unica notizia positiva al momento è l’accordo per il cessate il fuoco nella città sud-occidentale libica di Ubari, nella regione del Fezzan, firmato il 23 novembre a Doha, in Qatar, dalle tribù rivali dei Tuareg e dei Tebu. I Tebu, concentrati soprattutto nel sud-est della Libia lungo il confine con il Ciad, hanno sostenuto la rivolta contro il regime di Gheddafi nel 2011. Larga parte dei Tuareg invece, residenti nel sud-ovest al confine con Algeria e Nigeria, ha combattuto a sostegno del Colonnello.

In attesa che agli annunci seguano finalmente fatti concreti, dalla Libia arrivano notizie allarmanti sui traffici illeciti di armi che continuano a proliferare nel Paese nonostante sia in vigore l’embargo imposto dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Ai carichi inviati da Egitto e Sudan, dai Paesi del Golfo così come dall’est Europa attraverso i Balcani per le varie milizie in lotta, si sarebbero aggiunte nelle ultime settimane spedizioni addirittura dalla lontana Corea del Nord. A rivelarlo è un giro di e-mail circolate ai vertici del governo degli Emirati Arabi Uniti, scoperchiato da un’inchiesta pubblicata dal New York Times. Secondo il quotidiano americano questa volta la Libia non sarebbe però stata la destinazione finale della spedizione, bensì una tappa di passaggio.

L’accordo tra Emirati e Corea del Nord
Su commissione del governo di Abu Dhabi la società emiratina Al Mutlaq Tehcnology, attraverso il suo ramo commerciale Al Mutlaq Group, avrebbe infatti acquistato dalla Corea del Nord razzi, mitragliatori e fucili, parcheggiandoli in Libia sotto la supervisione del capo delle forze armate di Tobruk, Khalifa Haftar, per poi farle arrivare ai ribelli siriani.

General Khalifa Haftar attends news conference in Abyar, east of Benghazi 
(Il capo delle forze armate libiche Khalifa Haftar)

A gestire l’affare per la Corea del Nord sarebbe la KOMID (Mining Development Trading Corporation), titolare delle esportazioni di armi all’estero per conto del regime di Pyongyang. KOMID è finita sotto i riflettori della comunità internazionale dal 2005, da quando le sono state imposte sanzioni dagli Stati Uniti che la accusano di essere stata utilizzata in passato dal governo nordcoreano per l’acquisito di tecnologie per la fabbricazione di missili balistici. Dalle e-mail pubblicate dal NYT emerge inoltre che non si tratterebbe del primo accordo commerciale stretto tra il gruppo Al Mutlaq e KOMID.

Fondata nel 1982 e controllata dalla famiglia di Al Ghafli di Abu Dhabi, Al Mutlaq Tehcnology lavora regolarmente per i ministeri della Difesa e degli Interni degli Emirati Arabi Uniti. L’azienda è specializzata principalmente nella fornitura di sistemi di comunicazione e di apparecchiature di supporto per i veicoli militari, utilizzati soprattutto per intercettare e neutralizzare ordigni esplosivi improvvisati (IED).

Il ruolo di Al Mutlaq è per vari aspetti simile a quello giocato dall’International Golden Group (IGG) della famiglia Al-Kaabi durante le rivolte che portarono alla destituzione di Muammar nel 2011. Un ruolo giocato ovviamente con il benestare del principe ereditario Mohammed bin Zayed al Nahyan. A fare da tramite tra la IGG e le milizie ribelli libiche fu all’epoca la società serba Slobodan Tesic. La stessa che negli ultimi anni ha prima raggiunto un’intesa con gli islamisti di Tripoli per passare poi agli “ordini” di Haftar nel momento in cui, nella primavera del 2014, il generale ha lanciato la campagna antiterrorismo “Operazione Dignità” per liberare la Libia da estremisti e jihadisti. Missione ad oggi incompiuta. Un aspetto che poco importa alle lobby delle armi, che con questa e con le altre guerre dell’Africa e del Medio Oriente stanno facendo grandi affari.

Preso da: http://www.lookoutnews.it/libia-traffici-armi/

Nessun commento:

Posta un commento