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venerdì 21 marzo 2014

Libia, tra ribelli e Al Qaeda

Sfiduciato Ali Zeidan: incapace di gestire la grave situazione venutasi a creare in Cirenaica

13/3/2014
Libia. Il Primo Ministro libico, Ali Zeidan, è stato sfiduciato dal Congresso Generale del Popolo di Tripoli nella giornata di martedì 11 marzo e sostituito con il Ministro della Difesa, Abdullah Al-Thani, che dovrebbe rimanere in carica per due settimane fino alla nomina del nuovo Premier. Il voto del Parlamento è giunto in seguito all’incapacità dell’ex Primo Ministro di gestire la situazione della petroliera nordcoreana Morning Glory.
Il caso Morning Glory. Già da alcuni giorni la tensione fra il governo centrale di Tripoli e i ribelli era divenuta insostenibile. Questi hanno di fatto hanno preso il controllo di Bengasi e della Cirenaica. L’ala più forte dei ribelli “federalisti” è guidata da un giovane ex leader, Ibrahim Jadran, che aveva annunciato avrebbe iniziato a vendere autonomamente il petrolio estratto dai pozzi della regione. La petroliera era infatti giunta nei pressi del porto libico di Es Sider agli inizi della settimana, creando notevoli problemi al governo centrale, dal momento che il porto si trova sotto il controllo dei ribelli. L’ex Primo Ministro Zeidan aveva promesso seri provvedimenti nei confronti dei ribelli se la nave, carica di petrolio per un valore di 30 milioni di dollari (350mila barili) avesse cercato di lasciare il porto. Un’intimidazione, indirizzata sia all’equipaggio della nave che ai ribelli, che non è andata a buon fine. Dopo aver forzato il blocco delle navi da guerra libiche - consistenti, a dire il vero, in pescherecci armati di mitragliatrici – la nave è riuscita a fuggire raggiungendo le acque internazionali. Fonti non accertate parlano di un incendio a bordo, a seguito dei colpi sparati dalle navi governative. I ribelli di stanza a Es Sider hanno invece affermato come la nave sia riuscita nell’intento di salpare grazie alla scorta armata da loro fornita.


Governo centrale? Il gruppo dei federalisti è costituito di uomini armati facenti parte del corpo di guardia delle installazioni petrolifere libiche, che si sono sollevate contro le autorità politiche a cui è stata affidata la transizione e, dal luglio scorso, bloccano i terminali reclamando l’autonomia della regione orientale della Libia. Il Governo, sin dalla caduta di Gheddafi, non è mai riuscito a fare presa e ad esercitare il proprio potere su tutto il territorio. Sono infatti molte le aree che sono in mano ai ribelli. Per mesi il premier Ali Zeidan si è rifiutato di negoziare con Jadran e le sue milizie, causando malcontento anche tra i capi politici e delle milizie che fanno riferimento a Tripoli – mentre buona parte della Cirenaica finiva sotto il controllo di gruppi integralisti.

Importanza strategica. L’aspetto più importante di questa vicenda è rappresentato dai grandi problemi di stabilità interni che la Libia si trova ad affrontare: Zeidan, ora fuggito in Germania – nonostante il travel ban imposto – non è riuscito a organizzare un Esercito capace di proteggere e garantire l’esercizio del Potere del governo centrale nel Paese. Questo insuccesso cela delle problematiche molto più ampie dal momento che ad essere in gioco vi è la stabilità politico ed economica di uno dei Paesi con le riserve petrolifere più grandi del mondo. Si stima infatti, basandosi sugli attuali consumi e livelli di esportazione, che le riserve libiche dureranno approssimativamente ancora per 120 anni. Ecco quindi che quello che dovrebbe essere un punto di forza per la ripresa di un Paese soggiogato da decenni di dittatura, diventa il motivo di uno scontro interno che rischia di far fallire il progetto di una nuova Libia.

Minaccia Al-Qaeda. In aggiunta, lo stretto legame delle milizie con al Al Qaeda rende la situazione ancora più preoccupante: se il governo non riuscirà a controllare queste aree, risolvendo il problema ribelli, il rischio è quello di una penetrazione nel paese da parte del gruppo terrorista che potrebbe così avere accesso diretto alle coste del Mediterraneo e, di conseguenza, all’Europa (in particolar modo all’Italia). Sarebbe un problema enorme trovarsi a gestire una minaccia diretta al territorio europeo, in un Paese così vicino come la Libia. La paura maggiore è che silenziosamente Al Qaeda stia sfruttando il momento favorevole derivato dalla crisi internazionale in Crimea, dal momento che l’attenzione di tutta la comunità internazionale è incentrata proprio sulla questione Ucraina, per riorganizzarsi e insediarsi sulle coste opposte alle nostre.

Fonte:

http://www.europinione.it/crisi-libia-zeidan-al-qaeda-tra-ribelli-e-al-qaeda/

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