23 dicembre 2014
I paesi africani esortano l’occidente a intervenire militarmente in Libia. In particolare, a chiederlo sono i cinque Paesi del Sahel, Mauritania, Ciad, Niger, Mali e Burkina Faso, che si sentono sempre più minacciati nella loro sicurezza dall’avanzata delle bande armate jihadiste nel sud del Paese. Il Sahel chiede che l’intervento sia fatto in accordo con l’Unione Africana, a sostegno delle istituzioni democraticamente elette in Libia.
Ormai la situazione è sempre più drammatica e i due governi rivali, quello di Tobruk "regolarmente eletto" e quello dei ribelli di Tripoli, con le loro schermaglie ha lasciato un vuoto politico che ha permesso a gruppi islamisti di dilagare e minacciare paesi come il Mali, il Niger e il Ciad. I governanti dei paesi africani, riuniti a Dakar nei giorni scorsi per un forum sulla sicurezza, sono convinti che la pacificazione della Libia e dell’intera regione, passi dal sud del paese. Alcuni paesi sono convinti che l’intervento che ha portato alla caduta del Rais Muhammar Gheddafi, intrapreso dalla Francia, non sia stato ultimato, altri ancora sostengono invece che l’intervento sia stato compiuto, ma che il problema è stato il post-intervento. Sta di fatto che l’operazione del 2011 ha avuto esiti catastrofici, sia per le forze della Nato sia per la Libia stessa.
In ogni guerra, ancora prima della gente, occorre assassinare la verità. Guerra alla libia: 100000 morti, 240000 persone ancora cercate, 78000 dispersi. 10300 donne violentate, 350000 rifugiati.
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mercoledì 31 dicembre 2014
martedì 30 dicembre 2014
elemosine della UE per mantenere i propri servi
Apprendiamo dalla stampa: Da Ue altri 10 milioni per Libia e Sud Sudan: “Un’ancora di salvezza per più vulnerabili”
Nei due Paesi i conflitti interni non fanno che intensificarsi peggiorando la situazione umanitaria. Il commissario Stylianides: “Ci sono esigenze enormi, i combattimenti hanno avuto un forte impatto sulla vita dei civili”
La Commissione europea ha stanziato nuovi aiuti per Sud Sudan e Libia. Per la Libia sono stati stanziati 2 milioni di euro per aiutare le centinaia di persone costrette a fuggire dalle loro case a causa di peggioramento violenza nel Paese. Il finanziamento sarà utilizzato per fornire cibo, riparo, assistenza medica e sostegno psico-sociale.
Nei due Paesi i conflitti interni non fanno che intensificarsi peggiorando la situazione umanitaria. Il commissario Stylianides: “Ci sono esigenze enormi, i combattimenti hanno avuto un forte impatto sulla vita dei civili”
La Commissione europea ha stanziato nuovi aiuti per Sud Sudan e Libia. Per la Libia sono stati stanziati 2 milioni di euro per aiutare le centinaia di persone costrette a fuggire dalle loro case a causa di peggioramento violenza nel Paese. Il finanziamento sarà utilizzato per fornire cibo, riparo, assistenza medica e sostegno psico-sociale.
lunedì 29 dicembre 2014
Disastro Libia, è emergenza umanitaria. E l’Ue invia (solo) 2 milioni di euro
L'ex colonia italiana è ora un Paese fantasma abbandonato dai “liberatori” alle bande armate
22 dicembre 2014
di Umberto Mazzantini
L’Unione europea è nuovamente costretta a cercare di tappare le falle di un disastroso intervento militare attuato dalla Nato (Italia compresa): per la Libia, liberata dalla "dittatura" di Muammar Gheddafi con gli aiuti dei caccia atlantici e i petrodollari delle monarchie assolute del Golfo, si può ormai parlare di uno Stato fantasma, senza nessun governo centrale – in realtà ce ne sarebbero addirittura due – in grado di controllare un territorio diviso tra milizie islamiche e tribali, esercito regolare e signori della guerra e dove ormai alcuni territori proclamano fedeltà allo Stato Islamico/Daesh siro-irakeno.
22 dicembre 2014
di Umberto Mazzantini
L’Unione europea è nuovamente costretta a cercare di tappare le falle di un disastroso intervento militare attuato dalla Nato (Italia compresa): per la Libia, liberata dalla "dittatura" di Muammar Gheddafi con gli aiuti dei caccia atlantici e i petrodollari delle monarchie assolute del Golfo, si può ormai parlare di uno Stato fantasma, senza nessun governo centrale – in realtà ce ne sarebbero addirittura due – in grado di controllare un territorio diviso tra milizie islamiche e tribali, esercito regolare e signori della guerra e dove ormai alcuni territori proclamano fedeltà allo Stato Islamico/Daesh siro-irakeno.
domenica 28 dicembre 2014
La guerra in Libia di Giorgio Napolitano
di Francesca Romana Fantetti
23 dicembre 2014
“Siamo un Paese ormai in bancarotta” è il comunicato emesso dalla Banca centrale libica a tre anni dalla caduta del regime di Gheddafi. La Libia, Paese produttore di petrolio e membro dell’Opec, “ormai è uno Stato in bancarotta”.
La Banca libica ha emesso queste poche parole in concomitanza della sospensione del dialogo promosso dalle Nazioni Unite a causa della guerra tra le varie fazioni del Paese. La Mauritania, il Mali, il Niger, il Ciad e il Burkina Faso hanno nel frattempo chiesto al Consiglio di sicurezza dell’Onu l’invio di una forza internazionale di intervento in Libia in preda al caos. In Libia è allo stato in corso un violento scontro armato tra le milizie islamiche, che controllano la capitale Tripoli e parte della Cirenaica, e le forze del generale Haftar, laico sostenuto dall’Egitto.**** ( ormai è diventato un vizio parlare di Haftar, chiarisco per l' ennesima volta che il lavoro lo stanno facendo le tribù oneste della Libia ) *** La Libia è un importante fornitore di petrolio e gas dell’Italia, gli islamisti con la guerra hanno costretto tuttavia a sospendere gran parte della produzione del petrolio.
23 dicembre 2014
“Siamo un Paese ormai in bancarotta” è il comunicato emesso dalla Banca centrale libica a tre anni dalla caduta del regime di Gheddafi. La Libia, Paese produttore di petrolio e membro dell’Opec, “ormai è uno Stato in bancarotta”.
La Banca libica ha emesso queste poche parole in concomitanza della sospensione del dialogo promosso dalle Nazioni Unite a causa della guerra tra le varie fazioni del Paese. La Mauritania, il Mali, il Niger, il Ciad e il Burkina Faso hanno nel frattempo chiesto al Consiglio di sicurezza dell’Onu l’invio di una forza internazionale di intervento in Libia in preda al caos. In Libia è allo stato in corso un violento scontro armato tra le milizie islamiche, che controllano la capitale Tripoli e parte della Cirenaica, e le forze del generale Haftar, laico sostenuto dall’Egitto.**** ( ormai è diventato un vizio parlare di Haftar, chiarisco per l' ennesima volta che il lavoro lo stanno facendo le tribù oneste della Libia ) *** La Libia è un importante fornitore di petrolio e gas dell’Italia, gli islamisti con la guerra hanno costretto tuttavia a sospendere gran parte della produzione del petrolio.
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sabato 27 dicembre 2014
La guerra mondiale del petrolio
29 novembre 2014 di Davide Rossi
Si potrebbe ritenere una semplice variabile commerciale dentro il mercato capitalista mondiale. In realtà è la guerra mondiale del petrolio. Può sembrare un’affermazione un po’ forte, eccessiva. Occorre addentrarsi con pazienza dentro dinamiche politico-economiche trascurate da televisioni e giornali, relegate in spazi marginali dall’informazione. La spiegazione semplificata potrebbe essere che, poiché gli Stati Uniti, primo consumatore planetario di gas e petrolio, hanno iniziato ad estrarli sul loro territorio, è evidente che l’offerta mondiale cresca e il prezzo del barile di petrolio scenda. In realtà la crisi economica a stelle e strisce è di proporzioni colossali, mascherata da una politica estera aggressiva che, quando non riesce ad accaparrarsi a prezzo di furto le materie prime energetiche e alimentari, usa le armi e il controllo diretto delle nazioni, con dittatori amici che sfruttano le popolazioni e le depredano delle ricchezze naturali e agricole.
Si potrebbe ritenere una semplice variabile commerciale dentro il mercato capitalista mondiale. In realtà è la guerra mondiale del petrolio. Può sembrare un’affermazione un po’ forte, eccessiva. Occorre addentrarsi con pazienza dentro dinamiche politico-economiche trascurate da televisioni e giornali, relegate in spazi marginali dall’informazione. La spiegazione semplificata potrebbe essere che, poiché gli Stati Uniti, primo consumatore planetario di gas e petrolio, hanno iniziato ad estrarli sul loro territorio, è evidente che l’offerta mondiale cresca e il prezzo del barile di petrolio scenda. In realtà la crisi economica a stelle e strisce è di proporzioni colossali, mascherata da una politica estera aggressiva che, quando non riesce ad accaparrarsi a prezzo di furto le materie prime energetiche e alimentari, usa le armi e il controllo diretto delle nazioni, con dittatori amici che sfruttano le popolazioni e le depredano delle ricchezze naturali e agricole.
venerdì 26 dicembre 2014
Libia: l’Emirato di Derna si prepara alla guerra
di Gianandrea Gaiani
20 dicembre 2014
Le milizie jihadiste di Derna, in Cirenaica, hanno dato vita a una coalizione ribattezzata “Consiglio della Shura dei Mujahedeen” in vista dell’attesa offensiva da parte delle forze filo-governative che stanno avanzando da Tobruk e che presumibilmente attaccheranno Derna dopo aver completato la riconquista di Bengasi. “Tutti hanno visto cosa è successo a Bengasi: un disastro, le istituzioni distrutte, le case demolite, le moschee e le università date alle fiamme dalle mani criminali dei sostenitori di Haftar” si legge nel comunicato diffuso dalla coalizione islamista che fa riferimento alle forze fedeli all’ex generale Khalifa Haftar e ad Abdullah al-Thani, il premier libico riconosciuto dalla comunità internazionale, impegnate in operazioni militari volte a riconquistare il pieno controllo di Tripoli e Bengasi.
20 dicembre 2014
Le milizie jihadiste di Derna, in Cirenaica, hanno dato vita a una coalizione ribattezzata “Consiglio della Shura dei Mujahedeen” in vista dell’attesa offensiva da parte delle forze filo-governative che stanno avanzando da Tobruk e che presumibilmente attaccheranno Derna dopo aver completato la riconquista di Bengasi. “Tutti hanno visto cosa è successo a Bengasi: un disastro, le istituzioni distrutte, le case demolite, le moschee e le università date alle fiamme dalle mani criminali dei sostenitori di Haftar” si legge nel comunicato diffuso dalla coalizione islamista che fa riferimento alle forze fedeli all’ex generale Khalifa Haftar e ad Abdullah al-Thani, il premier libico riconosciuto dalla comunità internazionale, impegnate in operazioni militari volte a riconquistare il pieno controllo di Tripoli e Bengasi.
giovedì 25 dicembre 2014
La Libia, un disastro
18 - 12 - 2014 Emanuele Rossi
L’attacco dei talebani pakistani alla scuola di Peshawar, con la tragica uccisione di decine di ragazzi; i fatti che continuano ad uscire dalla Siria e dall’Iraq, regno sanguinoso e preoccupante del Califfo; le vicende che vedono lupi solitari ispirati dalla propaganda jihadista compiere attentati, gesti disperati, nelle più svariate aree del mondo. Circostanze che distraggono i racconti di cronaca da quello che sta succedendo in Libia.
E non siamo solo noi che raccontiamo a sonnecchiare sulla situazione, ma pure i governi sembrano lenti, disinteressati, superficiali. Lunedì il premier italiano Matteo Renzi ha incontrato Romano Prodi per parlare, “ufficialmente”, della situazione del paese nordafricano – e dell’Ucraina, che ancora, di fatto, è messa male.
Prodi – che si è incontrato con Renzi, al di là della versione ufficiale, anche per le beghe legate alla nomina del Presidente della Repubblica – è per certi aspetti, persona di riferimento per le “pratiche africane”. Dal 2008 presiede il Gruppo di lavoro ONU-Unione Africana sulle missioni di peacekeeping in Africa; nell’ottobre 2012 è stato nominato Inviato Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per il Sahel (fascia sub-sahariana che si estende tra il deserto del Sahara a nord e la savana del Sudan a sud, e tra l’oceano Atlantico a ovest e il Mar Rosso a est; in pratica di Libia ne becca ben poca, ma “è giù di lì” e tanto basta).
L’attacco dei talebani pakistani alla scuola di Peshawar, con la tragica uccisione di decine di ragazzi; i fatti che continuano ad uscire dalla Siria e dall’Iraq, regno sanguinoso e preoccupante del Califfo; le vicende che vedono lupi solitari ispirati dalla propaganda jihadista compiere attentati, gesti disperati, nelle più svariate aree del mondo. Circostanze che distraggono i racconti di cronaca da quello che sta succedendo in Libia.
E non siamo solo noi che raccontiamo a sonnecchiare sulla situazione, ma pure i governi sembrano lenti, disinteressati, superficiali. Lunedì il premier italiano Matteo Renzi ha incontrato Romano Prodi per parlare, “ufficialmente”, della situazione del paese nordafricano – e dell’Ucraina, che ancora, di fatto, è messa male.
Prodi – che si è incontrato con Renzi, al di là della versione ufficiale, anche per le beghe legate alla nomina del Presidente della Repubblica – è per certi aspetti, persona di riferimento per le “pratiche africane”. Dal 2008 presiede il Gruppo di lavoro ONU-Unione Africana sulle missioni di peacekeeping in Africa; nell’ottobre 2012 è stato nominato Inviato Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per il Sahel (fascia sub-sahariana che si estende tra il deserto del Sahara a nord e la savana del Sudan a sud, e tra l’oceano Atlantico a ovest e il Mar Rosso a est; in pratica di Libia ne becca ben poca, ma “è giù di lì” e tanto basta).
mercoledì 24 dicembre 2014
Arriva dalla Libia la conferma dell'ultima strage di migranti nel Canale di Sicilia.
Arriva dalla Libia la conferma dell'ultima strage di migranti nel Canale di Sicilia. Immagini che in Europa non pubblicherà nessuno. L'Unione Europea chiarisce la portata delle operazioni TRITON di Frontex Plus, ma nessuno ne parla.
8 ottobre 2014 00:32 | Pubblicato da Fulvio Vassallo
Rimane da chiedersi quale sia oggi la effettiva capacità di intervento della guardia costiera libica, dal momento che le motovedette regalateda Maroni a Ghedafi nel 2009 sono fuori uso, qualcuna sarebbe pure rientrata in Italia per manutenzione. Malta non vede e non sente, ma dicono di essere solidali. Una situazione di abbandono in mare che si traduce sempre più spesso in vere e proprie condanne a morte, soprattutto a fronte del ritiro più a nord delle navi di Mare Nostrum, per non parlare dell'operazione Frontex Plus TRITON, che, dal primo novembre, secondo quanto annunciato, non dovrebbe spingersi, nelle operazione di pattugliamento congiunto, più a sud di trenta miglia da Malta e Lampedusa. E dunque le navi che si renderanno disponibili " su base volontaria" con il contributo di diversi paesi dell'Unione Europea, resteranno a 150 miglia almeno ( 270 chilometri) dalla costa libica, qualche aereo andrà più forse più a sud, ma in caso di soccorso dovranno sempre chiedere l'intervento delle navi commerciali. Ammesso che se ne trovino ancora a ridosso delle acque territoriali libiche. Altri corpi di migranti vengono rigettati indietro sulle spiagge libiche, valgono appena una "breve" di cronaca.
8 ottobre 2014 00:32 | Pubblicato da Fulvio Vassallo
Rimane da chiedersi quale sia oggi la effettiva capacità di intervento della guardia costiera libica, dal momento che le motovedette regalateda Maroni a Ghedafi nel 2009 sono fuori uso, qualcuna sarebbe pure rientrata in Italia per manutenzione. Malta non vede e non sente, ma dicono di essere solidali. Una situazione di abbandono in mare che si traduce sempre più spesso in vere e proprie condanne a morte, soprattutto a fronte del ritiro più a nord delle navi di Mare Nostrum, per non parlare dell'operazione Frontex Plus TRITON, che, dal primo novembre, secondo quanto annunciato, non dovrebbe spingersi, nelle operazione di pattugliamento congiunto, più a sud di trenta miglia da Malta e Lampedusa. E dunque le navi che si renderanno disponibili " su base volontaria" con il contributo di diversi paesi dell'Unione Europea, resteranno a 150 miglia almeno ( 270 chilometri) dalla costa libica, qualche aereo andrà più forse più a sud, ma in caso di soccorso dovranno sempre chiedere l'intervento delle navi commerciali. Ammesso che se ne trovino ancora a ridosso delle acque territoriali libiche. Altri corpi di migranti vengono rigettati indietro sulle spiagge libiche, valgono appena una "breve" di cronaca.
martedì 23 dicembre 2014
Disastro Libia: ecco chi dobbiamo ringraziare
16 dicembre 2014
UN FRANCESE, UN’AMERICANA E UN ITALIANO
Un francese, un’americana e un italiano: non è l’incipit di un barzelletta ma coloro che dobbiamo ringraziare per aver imposto con miopia la più assurda tra le assurde guerre che l’Occidente ha condotto in questi ultimi anni in nome dell’imperativo umanitario. Il disastro in Libia e lo spaventoso errore di generare un “regime change” non governato, trasformando quello che era uno dei paesi più stabili e floridi dell’Africa in un cumulo di macerie, hanno tre firme d’autore.
UN FRANCESE, UN’AMERICANA E UN ITALIANO
Un francese, un’americana e un italiano: non è l’incipit di un barzelletta ma coloro che dobbiamo ringraziare per aver imposto con miopia la più assurda tra le assurde guerre che l’Occidente ha condotto in questi ultimi anni in nome dell’imperativo umanitario. Il disastro in Libia e lo spaventoso errore di generare un “regime change” non governato, trasformando quello che era uno dei paesi più stabili e floridi dell’Africa in un cumulo di macerie, hanno tre firme d’autore.
lunedì 22 dicembre 2014
Sostenere il governo USA senza saperlo: il grave esempio di “Avaaz”
18 febbraio 2012
L’associazione non governativa “Avaaz” sta spopolando su internet e nei circoli della sinistra liberal occidentale in nome della difesa dei diritti umani. Pochi conoscono però chi si cela dietro questa organizzazione che di umanitario ha solo l’apparenza e che è stata creata per “coprire a sinistra” gli interessi geopolitici ed economici dei poteri forti occidentali, soprattutto americani. La tattica è molto semplice: si promuovono decina se non centinaia di petizioni su temi umanitari, democratici, anti-corruzione che trovano immediato consenso fra il pubblico di sentimenti progressisti (ad esempio la lotta contro la censura su internet oppure il riconoscimento della Palestina). Fra di essi vi sono anche attacchi ai governi occidentali e contro lo strapotere delle banche, così da convincere questo pubblico particolare della bontà della ONG. Fra tutti questi temi – che poi non sortiranno in gran parte comunque nessun risultato – si inseriscono invece questioni strategiche per i padroni nascosti di “Avaaz” (governi, multinazionali, eserciti) che così potranno più facilmente superare la diffidenza da parte della popolazione genericamente di “sinistra”, che non sospetterà mai che dietro a questi presunti critici degli USA è nascosto proprio il Partito Democratico del presidente Obama e dell’ex-presidente Cliton, attraverso l’organizzazione “MoveOn” che sta alla base di “Avaaz”, e che ha ricevuto un finanziamento di 1,46 millioni di dollari da George Soros per utilizzarla nella battaglia elettorale contro il Partito Repubblicano.
L’associazione non governativa “Avaaz” sta spopolando su internet e nei circoli della sinistra liberal occidentale in nome della difesa dei diritti umani. Pochi conoscono però chi si cela dietro questa organizzazione che di umanitario ha solo l’apparenza e che è stata creata per “coprire a sinistra” gli interessi geopolitici ed economici dei poteri forti occidentali, soprattutto americani. La tattica è molto semplice: si promuovono decina se non centinaia di petizioni su temi umanitari, democratici, anti-corruzione che trovano immediato consenso fra il pubblico di sentimenti progressisti (ad esempio la lotta contro la censura su internet oppure il riconoscimento della Palestina). Fra di essi vi sono anche attacchi ai governi occidentali e contro lo strapotere delle banche, così da convincere questo pubblico particolare della bontà della ONG. Fra tutti questi temi – che poi non sortiranno in gran parte comunque nessun risultato – si inseriscono invece questioni strategiche per i padroni nascosti di “Avaaz” (governi, multinazionali, eserciti) che così potranno più facilmente superare la diffidenza da parte della popolazione genericamente di “sinistra”, che non sospetterà mai che dietro a questi presunti critici degli USA è nascosto proprio il Partito Democratico del presidente Obama e dell’ex-presidente Cliton, attraverso l’organizzazione “MoveOn” che sta alla base di “Avaaz”, e che ha ricevuto un finanziamento di 1,46 millioni di dollari da George Soros per utilizzarla nella battaglia elettorale contro il Partito Repubblicano.
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domenica 21 dicembre 2014
Gli amici di ieri e di domani: la corsa al petrolio della Libia
25 agosto 2011
Gheddafi non è stato ancora deposto e già è cominciato l' "affaire", quello grosso, che richiede l'intervento degli specialisti e dei superanalisti. Quelli come Luttwak che spiega con le mappe e il plastico, quelli che sino ad oggi non ne hanno azzeccata neanche una, ma sono super pagati dalla "Ditta", l'Agenzia di Informazione e Sicurezza.
E' una storia che si ripete, con i soldati che presidiano le raffinerie, i ribelli che sono vittime del regime e il "dittatore" che tiranneggia il suo popolo: oggi ci sono i Lealisti di Gheddafi, anni fa avevamo gli ultranazionalisti serbi. Insomma ogni guerra se la studiano bene per fare i loro 'impicci e imbrogli'. Poi ci sono i giornalisti, come quelli italiani che vengono derubati e poi sequestrati, ma stranamente riescono a chiamare a casa per dire che stanno bene e li hanno messi al sicuro, ma restano sempre in ostaggio. Qualcosa non torna, anche perchè 'ovviamente' i sequestratori sono i soldati di Gheddafi e non i mercenari di Bengasi, che maltrattano questi eroici 'inviati di guerra'. In realtà sono solo delle pedine della macchina mediatica che si è mossa per portare al mondo il messaggio del "nemico della democrazia". Per far questo si sono mossi giornalisti e producer internazionali, quelli che si bazzicano i ministeri della difesa e le agenzie di stampa, che mandano così i loro fiduciari. Ex agenti ripudiati dalla Ditta, oppure agenti pizzicati a fare il doppio gioco, truffe o anche rapine. In quegli alberghi succede di tutto, prostituzione minorile, droga e alcool a non finire, traffici e affari meschini. C'è chi si fa rubare le telecamere e chi si vende le telefonate, chi si fa rapinare, e poi fatture su fatture, vari business per pareggiare i debito di gioco. Questo è il sottobosco della macchina della guerra, in cui i media sono più importanti degli stessi eserciti. In Libia hanno toccato livelli spettacolari, trasmettendo un film pseudo-realistico tanto per creare confusione tra il mondo arabo e quello occidentale, che deve essere convinto che bisogna combattere un altro "nemico della democrazia.
Gheddafi non è stato ancora deposto e già è cominciato l' "affaire", quello grosso, che richiede l'intervento degli specialisti e dei superanalisti. Quelli come Luttwak che spiega con le mappe e il plastico, quelli che sino ad oggi non ne hanno azzeccata neanche una, ma sono super pagati dalla "Ditta", l'Agenzia di Informazione e Sicurezza.
E' una storia che si ripete, con i soldati che presidiano le raffinerie, i ribelli che sono vittime del regime e il "dittatore" che tiranneggia il suo popolo: oggi ci sono i Lealisti di Gheddafi, anni fa avevamo gli ultranazionalisti serbi. Insomma ogni guerra se la studiano bene per fare i loro 'impicci e imbrogli'. Poi ci sono i giornalisti, come quelli italiani che vengono derubati e poi sequestrati, ma stranamente riescono a chiamare a casa per dire che stanno bene e li hanno messi al sicuro, ma restano sempre in ostaggio. Qualcosa non torna, anche perchè 'ovviamente' i sequestratori sono i soldati di Gheddafi e non i mercenari di Bengasi, che maltrattano questi eroici 'inviati di guerra'. In realtà sono solo delle pedine della macchina mediatica che si è mossa per portare al mondo il messaggio del "nemico della democrazia". Per far questo si sono mossi giornalisti e producer internazionali, quelli che si bazzicano i ministeri della difesa e le agenzie di stampa, che mandano così i loro fiduciari. Ex agenti ripudiati dalla Ditta, oppure agenti pizzicati a fare il doppio gioco, truffe o anche rapine. In quegli alberghi succede di tutto, prostituzione minorile, droga e alcool a non finire, traffici e affari meschini. C'è chi si fa rubare le telecamere e chi si vende le telefonate, chi si fa rapinare, e poi fatture su fatture, vari business per pareggiare i debito di gioco. Questo è il sottobosco della macchina della guerra, in cui i media sono più importanti degli stessi eserciti. In Libia hanno toccato livelli spettacolari, trasmettendo un film pseudo-realistico tanto per creare confusione tra il mondo arabo e quello occidentale, che deve essere convinto che bisogna combattere un altro "nemico della democrazia.
sabato 20 dicembre 2014
Italia-Libia, strane mosse
14/12/2014
Il ministro Gentiloni paventa nuovi interventi militari a Tripoli, d’accordo con gli Stati Uniti
Dopo quasi tre anni di silenzio in cui i mass-media della Nato hanno cercato di nascondere i disastri prodotti dalla guerra "anti-italiana" alla Libia (caos, guerra civile, povertà, immigrazione e terrorismo), giornali e tv sono tornati a parlare del disastro libico, facendo da sponda al ministro degli Esteri Gentiloni, che in tandem con il Segretario di Stato statunitense Kerry, ha già paventato la possibilità di nuovi interventi militari (non solo in Libia, ma anche in Siria).
Il caos che sta sconvolgendo la Libia, il Nord Africa, il Medio Oriente, tutto il Mediterraneo e, ormai, anche l'Europa, si combatte ritrovando un dialogo con Mosca. Solo in questo modo sarà possibile per l'Italia e l'Europa trovare una strada di rinascita e riscossa. Senza un sussulto di sovranità è impensabile uscire da questa crisi economica, sociale, culturale e valoriale che sta affamando il nostro popolo ed uccidendo la nostra civiltà.
Il ministro Gentiloni paventa nuovi interventi militari a Tripoli, d’accordo con gli Stati Uniti
Dopo quasi tre anni di silenzio in cui i mass-media della Nato hanno cercato di nascondere i disastri prodotti dalla guerra "anti-italiana" alla Libia (caos, guerra civile, povertà, immigrazione e terrorismo), giornali e tv sono tornati a parlare del disastro libico, facendo da sponda al ministro degli Esteri Gentiloni, che in tandem con il Segretario di Stato statunitense Kerry, ha già paventato la possibilità di nuovi interventi militari (non solo in Libia, ma anche in Siria).
Il caos che sta sconvolgendo la Libia, il Nord Africa, il Medio Oriente, tutto il Mediterraneo e, ormai, anche l'Europa, si combatte ritrovando un dialogo con Mosca. Solo in questo modo sarà possibile per l'Italia e l'Europa trovare una strada di rinascita e riscossa. Senza un sussulto di sovranità è impensabile uscire da questa crisi economica, sociale, culturale e valoriale che sta affamando il nostro popolo ed uccidendo la nostra civiltà.
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venerdì 19 dicembre 2014
Libia, chiuso il più grande porto petrolifero: rischio blocco del gas italiano a Mellita
Nel paese in piena guerra civile, si combatte attorno a Es Sider. La coalizione Tripoli-Misurata avanza contro le milizie di Jadran
di VINCENZO NIGRO 14 dicembre 2014
Il più importante porto-terminale di carico del petrolio in Libia, quello di Es Sider, al confine fra Tripolitania e Cirenaica, è chiuso da ieri. Tutt'intorno infuria la battaglia fra i miliziani della Petroleum Protection Guard del capo-milizia Ibrahim Jadran e quelli della coalizione Misurata-Islamisti che da agosto controlla Tripoli e che da settimane è sottoposta agli attacchi aerei del governo che si è rifugiato a Tobruk.
Ma nella Libia della guerra civile i combattimenti si spostano freneticamente in quasi tutto il paese: in queste ore i capi militari e tribali di Zwara, una comunità che sorge ad Ovest, lungo il percorso del gasdotto che alimenta l'Italia, stanno decidendo se bloccare o meno il gasdotto per ritorsione contro gli attacchi aerei del governo di Tobruk. Il gas che arriva dal Sud della Libia, estratto al confine con l'Algeria, viene compresso e "lavorato" nella stazione di Mellita e di lì viene introdotto nel gasdotto che attraversa il canale di Sicilia. Se Mellita venisse bloccata dalle tribù di Zwara automaticamente il flusso di gas verso l'Europa verrebbe interrotto.
di VINCENZO NIGRO 14 dicembre 2014
Il più importante porto-terminale di carico del petrolio in Libia, quello di Es Sider, al confine fra Tripolitania e Cirenaica, è chiuso da ieri. Tutt'intorno infuria la battaglia fra i miliziani della Petroleum Protection Guard del capo-milizia Ibrahim Jadran e quelli della coalizione Misurata-Islamisti che da agosto controlla Tripoli e che da settimane è sottoposta agli attacchi aerei del governo che si è rifugiato a Tobruk.
Ma nella Libia della guerra civile i combattimenti si spostano freneticamente in quasi tutto il paese: in queste ore i capi militari e tribali di Zwara, una comunità che sorge ad Ovest, lungo il percorso del gasdotto che alimenta l'Italia, stanno decidendo se bloccare o meno il gasdotto per ritorsione contro gli attacchi aerei del governo di Tobruk. Il gas che arriva dal Sud della Libia, estratto al confine con l'Algeria, viene compresso e "lavorato" nella stazione di Mellita e di lì viene introdotto nel gasdotto che attraversa il canale di Sicilia. Se Mellita venisse bloccata dalle tribù di Zwara automaticamente il flusso di gas verso l'Europa verrebbe interrotto.
giovedì 18 dicembre 2014
La Francia difende Haftar dalla Gran Bretagna
12 Dec 2014 By Antonio Albanese ...
Una fonte di alto livello nel governo di Abdullah al thani ha rivelato che c'è una "battaglia invisibile» tra Francia e Gran Bretagna se inserire o no il generale Khalifa Belqasim Haftar, nella lista di coloro da sanzionare. Favorevole la Gran Bretagna contro il parere dei francesi.
La fonte ha detto, alla testata eanlybia che un ministro del governo guidato da Abdullah al-Thani, ha sventato un tentativo ufficiale dalla Gran Bretagna per inserire il nome Haftar, che guida le forze libiche contro gli estremisti che combattono in Libia orientale dalla metà di maggio (lo scorso maggio), nella lista proposta al comitato per le sanzioni stabilite dal Consiglio di sicurezza nel tentativo di frenare la violenza e scontri in Libia.
Una fonte di alto livello nel governo di Abdullah al thani ha rivelato che c'è una "battaglia invisibile» tra Francia e Gran Bretagna se inserire o no il generale Khalifa Belqasim Haftar, nella lista di coloro da sanzionare. Favorevole la Gran Bretagna contro il parere dei francesi.
La fonte ha detto, alla testata eanlybia che un ministro del governo guidato da Abdullah al-Thani, ha sventato un tentativo ufficiale dalla Gran Bretagna per inserire il nome Haftar, che guida le forze libiche contro gli estremisti che combattono in Libia orientale dalla metà di maggio (lo scorso maggio), nella lista proposta al comitato per le sanzioni stabilite dal Consiglio di sicurezza nel tentativo di frenare la violenza e scontri in Libia.
mercoledì 17 dicembre 2014
Libia, coalizione islamica a Derna per affrontare l'offensiva governativa
Bengasi, 13 dicembre 2014 - Le milizie islamiche di Derna, nella Libia orientale, hanno creato una coalizione sotto il nome di 'Consiglio della shura dei mujaheddin' in previsione di un'offensiva delle forme armate fedeli al governo. "Tutti vedono quello che è successo a Bengasi, una città devastata, con le istituzioni distrutte, case demolite, moschee e università bruciate dalle mani criminali del generale Haftar", si legge nel comunicato della nuova formazione.
martedì 16 dicembre 2014
Libia, premier al-Thinni annuncia: "Truppe verso Tripoli". Renzi invoca il dialogo, ma la resa dei conti è vicina
L'Huffington Post | Di Giulia Belardelli 11/12/2014
Si avvicina la resa dei conti tra il governo ufficiale della Libia, sostenuto dalle forze armate fedeli all’ex generale Khalifa Haftar,( in realtà sono le tribù onorevoli, quelle che non hanno tradito il loro paesea combattere) !! e la galassia di milizie islamiste che si fa chiamare “Alba della Libia”. Il premier libico Abdullah al-Thinni ha annunciato alla tv al Arabiya che “le truppe ufficiali stanno avanzando verso Tripoli per liberarla”. Le forze governative, ha spiegato il primo ministro, si muovono verso la capitale da ovest e non si fermeranno “finché non avranno successo”.
L’obiettivo è la riconquista di Tripoli, la capitale caduta in mano alla coalizione islamista nell’agosto 2014 e divenuta ormai il centro di un governo “parallelo” gestito da Alba della Libia. Le truppe governative mirano anche a riprendere il controllo del principale valico di frontiera con la Tunisia, in mano agli islamisti.
Si avvicina la resa dei conti tra il governo ufficiale della Libia, sostenuto dalle forze armate fedeli all’ex generale Khalifa Haftar,( in realtà sono le tribù onorevoli, quelle che non hanno tradito il loro paesea combattere) !! e la galassia di milizie islamiste che si fa chiamare “Alba della Libia”. Il premier libico Abdullah al-Thinni ha annunciato alla tv al Arabiya che “le truppe ufficiali stanno avanzando verso Tripoli per liberarla”. Le forze governative, ha spiegato il primo ministro, si muovono verso la capitale da ovest e non si fermeranno “finché non avranno successo”.
L’obiettivo è la riconquista di Tripoli, la capitale caduta in mano alla coalizione islamista nell’agosto 2014 e divenuta ormai il centro di un governo “parallelo” gestito da Alba della Libia. Le truppe governative mirano anche a riprendere il controllo del principale valico di frontiera con la Tunisia, in mano agli islamisti.
lunedì 15 dicembre 2014
LA DIFESA DELL' IMPERO DEL DOLLARO
Postato il Giovedì, 04 dicembre @ 23:10:00 GMT di davide
DI MIKE WHITNEY
counterpunch.org
"La Fed ‘deve’ essere ancora più attiva, visto che gli stranieri stanno ulteriormente rallentando l’acquisto della nostra ‘carta’. Nella corsa alla svalutazione delle monete che è in atto nel mondo sviluppato – una corsa che sta accelerando la fine dell'attuale regime valutario – deve spingere a tavoletta sul pedale dell’acceleratore".
Stephanie Pomboy, MacroMavens
DI MIKE WHITNEY
counterpunch.org
"La Fed ‘deve’ essere ancora più attiva, visto che gli stranieri stanno ulteriormente rallentando l’acquisto della nostra ‘carta’. Nella corsa alla svalutazione delle monete che è in atto nel mondo sviluppato – una corsa che sta accelerando la fine dell'attuale regime valutario – deve spingere a tavoletta sul pedale dell’acceleratore".
Stephanie Pomboy, MacroMavens
domenica 14 dicembre 2014
L’unico modo per fermare l’impero
DI GARY FLOMENHOFT – cluborlov.blogspot.it –
Cari amici,
si avvicinano sempre di più gli ultimi giorni dell’Impero. Forse la sua fine avverrà lentamente e gradualmente, oppure rapidamente e catastroficamente. Forse sarà il caos totale o forse sarà una fine ben organizzata che procederà piano, senza intoppi. Questo nessuno lo sa, ma la fine dell’Impero arriverà, come il giorno segue la notte e come il sole segue la pioggia. L’eccessiva espansione e il superindebitamento chiederanno il conto, come è avvenuto per tutti gli imperi.
Gli imperi sono come i batteri su un vetrino di laboratorio: spensierati, ciechi, insensibili, si espandono fino all’ esaurimento del loro nutrimento e fino a contaminare completamente l’ambiente circostante con i loro rifiuti: e poi muoiono. Sono automi, non possono farne a meno: sono programmati per espandersi o morire, espandersi o morire e, alla fine, espandersi e morire.
Cari amici,
si avvicinano sempre di più gli ultimi giorni dell’Impero. Forse la sua fine avverrà lentamente e gradualmente, oppure rapidamente e catastroficamente. Forse sarà il caos totale o forse sarà una fine ben organizzata che procederà piano, senza intoppi. Questo nessuno lo sa, ma la fine dell’Impero arriverà, come il giorno segue la notte e come il sole segue la pioggia. L’eccessiva espansione e il superindebitamento chiederanno il conto, come è avvenuto per tutti gli imperi.
Gli imperi sono come i batteri su un vetrino di laboratorio: spensierati, ciechi, insensibili, si espandono fino all’ esaurimento del loro nutrimento e fino a contaminare completamente l’ambiente circostante con i loro rifiuti: e poi muoiono. Sono automi, non possono farne a meno: sono programmati per espandersi o morire, espandersi o morire e, alla fine, espandersi e morire.
sabato 13 dicembre 2014
"TU C'HAI IDEA QUANTO CE GUADAGNO SUGLI IMMIGRATI ? IL TRAFFICO DI DROGA RENDE MENO"
Postato il Mercoledì, 03 dicembre @ 22:01:19 GMT di davide
DI GZ
cobraf.com
"...il mercato dei fondi statali per i centri di accoglienza per gli immigrati è immenso. Gli inquirenti parlano della “possibilità di trarre profitti illeciti immensi (…) paragonabili a quelli degli investimenti illeciti realizzati con gli stupefacenti. Le intercettazioni parlano chiaro. Al telefono con Pierina Chiaravalle, Salvatore Buzzi, numero uno della cooperativa “29 giugno” e braccio operativo dell’organizzazione, domanda: “Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno”
(dal Fatto di oggi, inchiesta sulla mafia degli appalti a Roma alle cooperative...)
DI GZ
cobraf.com
"...il mercato dei fondi statali per i centri di accoglienza per gli immigrati è immenso. Gli inquirenti parlano della “possibilità di trarre profitti illeciti immensi (…) paragonabili a quelli degli investimenti illeciti realizzati con gli stupefacenti. Le intercettazioni parlano chiaro. Al telefono con Pierina Chiaravalle, Salvatore Buzzi, numero uno della cooperativa “29 giugno” e braccio operativo dell’organizzazione, domanda: “Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno”
(dal Fatto di oggi, inchiesta sulla mafia degli appalti a Roma alle cooperative...)
venerdì 12 dicembre 2014
La Libia è un casino, di nuovo
Ci sono due governi, due parlamenti, molti gruppi jihadisti e un pezzo di una città controllata dagli alleati dell'IS: ed è un posto che all'Italia interessa parecchio
5 dicembre 2014
“Stato fallito” è un’espressione che viene usata sempre più spesso dagli analisti politici per descrivere la situazione di stati che non lo sono più: che hanno perso il controllo del territorio, non hanno più legittimità politica riconosciuta e non sono più capaci di fornire i servizi essenziali alla popolazione. Come la Libia di oggi. In realtà in Libia la situazione è grave e molto confusa da diversi mesi (anche anni, da un certo punto di vista): ci sono due governi, due parlamenti, moltissime milizie armate che agiscono in autonomia, bombardamenti aerei che non è chiaro chi li faccia e di recente anche campi di addestramento dei miliziani dello Stato Islamico.
5 dicembre 2014
“Stato fallito” è un’espressione che viene usata sempre più spesso dagli analisti politici per descrivere la situazione di stati che non lo sono più: che hanno perso il controllo del territorio, non hanno più legittimità politica riconosciuta e non sono più capaci di fornire i servizi essenziali alla popolazione. Come la Libia di oggi. In realtà in Libia la situazione è grave e molto confusa da diversi mesi (anche anni, da un certo punto di vista): ci sono due governi, due parlamenti, moltissime milizie armate che agiscono in autonomia, bombardamenti aerei che non è chiaro chi li faccia e di recente anche campi di addestramento dei miliziani dello Stato Islamico.
giovedì 11 dicembre 2014
L’Italia alla corte del diabolico Qatar
di Antonio Mazzeo - 29 novembre 2014
Per il ministro allo Sviluppo tedesco, Gerd Mueller, il Qatar è il “bancomat dell’Isil”, lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante che ha lanciato la guerra santa all’Occidente. Ancora più duro l’ambasciatore israeliano all’Onu, Ron Prosor, che sul New York Times ha definito l’emirato il “Club Med dei terroristi” internazionali. Ciononostante, ministri, militari, industriali e faccendieri italiani fanno a gara per ingraziarsi i favori del piccolo ma potente stato mediorientale. Il 26 novembre, ad esempio, la ministra della Difesa Roberta Pinotti si è recata in visita ufficiale a Doha per incontrare i ministri qatarini generale Hamad Bin Ali Al Attiyah (difesa) e Khalid Bin Mohammed Al Attiyah (esteri). “Al centro dei colloqui, improntati alla massima cordialità, gli scenari di crisi regionali, con particolare riguardo a Iraq, Siria e Libia, e la cooperazione bilaterale in ambito Difesa”, riporta il sito del Ministero. “Italia e Qatar hanno avviato da tempo un dialogo e la visita del Ministro Pinotti ha contribuito a rafforzare e consolidare i rapporti di cooperazione esistenti anche nel settore della formazione e dell'addestramento del personale militare”.
mercoledì 10 dicembre 2014
Libia, l’esempio per eccellenza delle crisi senza fine
16 gennaio 2014
dopo tre anni dall'invasione NATO la Libia racchiude due esempi estremamente significativi.
Il primo riguarda la deriva reazionaria e caotica che hanno intrapreso le Primavere Arabe del Nord Africa, dove movimenti islamici più o meno moderati hanno sfruttato l’ondata rivoluzionaria per accedere al potere e immediatamente dopo trasformarsi in nuovi regimi di repressione, rulli compressori degli spazi democratici faticosamente conquistati.
In Egitto un anno di mandato presidenziale di Morsi e della Fratellanza Islamica é stato sufficiente a trasformare l’esercito nell’apparente unico salvatore della nazione dal caos e dal pericolo teocratico. Il recente annuncio del Generale Sisi riguardante la sua volontà di partecipare alle prossime elezioni Presidenziali é stato accolto con entusiasmo dalla metà della popolazione che teme lo scoppio della guerra civile, compresi i movimenti più radicali e di sinistra che si posero alla guida dell’ondata di cambiamento democratico nei primi giorni della rivoluzione.
dopo tre anni dall'invasione NATO la Libia racchiude due esempi estremamente significativi.
Il primo riguarda la deriva reazionaria e caotica che hanno intrapreso le Primavere Arabe del Nord Africa, dove movimenti islamici più o meno moderati hanno sfruttato l’ondata rivoluzionaria per accedere al potere e immediatamente dopo trasformarsi in nuovi regimi di repressione, rulli compressori degli spazi democratici faticosamente conquistati.
In Egitto un anno di mandato presidenziale di Morsi e della Fratellanza Islamica é stato sufficiente a trasformare l’esercito nell’apparente unico salvatore della nazione dal caos e dal pericolo teocratico. Il recente annuncio del Generale Sisi riguardante la sua volontà di partecipare alle prossime elezioni Presidenziali é stato accolto con entusiasmo dalla metà della popolazione che teme lo scoppio della guerra civile, compresi i movimenti più radicali e di sinistra che si posero alla guida dell’ondata di cambiamento democratico nei primi giorni della rivoluzione.
martedì 9 dicembre 2014
Libia: il 95% dei libici afferma di stare peggio del 2011
a tre anni dall' intervento straniero in Libia neanche un terzo dei libici afferma di stare meglio di prima. Una ricerca dell’Istituto danese contro la tortura Dignity, pubblicata dal Guardian, offre una panoramica della condizione del popolo libico tre anni dopo l’intervento della Nato e alle porte di un nuovo possibile intervento delle Nazioni Unite.
COLLASSO DEL PAESE. Le quasi tremila interviste realizzate dall’Istituto hanno portato a questi risultati: quasi un terzo della popolazione soffre di problemi mentali, come attacchi di ansia e depressione. Il 63,6 per cento dei libici teme l’instabilità politica, il 61 per cento il collasso del Paese. Il 56,6 per cento si sente insicuro nella propria città, mentre il 46,4 per cento vede un futuro fosco per il Paese.
POPOLAZIONE MARTORIATA. Inoltre, il 20 per cento delle famiglie libiche ha almeno un componente scomparso, l’11 per cento uno arrestato e il 5 per cento uno ucciso. Delle persone arrestate, il 46 per cento afferma di essere stato picchiato, il 20 per cento torturato e il 16 per cento soffocato. Tra il 3 e il 5 per cento degli arrestati sono stati abusati sessualmente o torturati con scariche elettriche.
COLLASSO DEL PAESE. Le quasi tremila interviste realizzate dall’Istituto hanno portato a questi risultati: quasi un terzo della popolazione soffre di problemi mentali, come attacchi di ansia e depressione. Il 63,6 per cento dei libici teme l’instabilità politica, il 61 per cento il collasso del Paese. Il 56,6 per cento si sente insicuro nella propria città, mentre il 46,4 per cento vede un futuro fosco per il Paese.
POPOLAZIONE MARTORIATA. Inoltre, il 20 per cento delle famiglie libiche ha almeno un componente scomparso, l’11 per cento uno arrestato e il 5 per cento uno ucciso. Delle persone arrestate, il 46 per cento afferma di essere stato picchiato, il 20 per cento torturato e il 16 per cento soffocato. Tra il 3 e il 5 per cento degli arrestati sono stati abusati sessualmente o torturati con scariche elettriche.
lunedì 8 dicembre 2014
Perché l’Occidente voleva la caduta di Muammar Gheddafi?
Gli Africani dovrebbero pensare alle vere ragioni per cui i paesi occidentali stanno conducendo la guerra in Libia, Jean-Paul Pougala, scrive un un’analisi che ripercorre il ruolo del paese.
Per l‘Unione Africana lo sviluppo del continente era la Libia di Gheddafi che ha offerto a tutta l’Africa la sua prima rivoluzione in tempi moderni - collegando l’intero continente attraverso il telefono, la televisione, le trasmissioni radiofoniche e diverse altre applicazioni tecnologiche come la telemedicina e l’insegnamento a distanza grazie al ponte radio WMAX, una connessione a basso costo che è stata resa disponibile in tutto il continente, anche nelle zone rurali.
Tutto è iniziato nel 1992, quando 45 nazioni africane stabilirono RASCOM (Satellite African Regional Communication Organization), in modo che l’Africa avrebbe avuto un proprio satellite e tagliare i costi di comunicazione nel continente.
Per l‘Unione Africana lo sviluppo del continente era la Libia di Gheddafi che ha offerto a tutta l’Africa la sua prima rivoluzione in tempi moderni - collegando l’intero continente attraverso il telefono, la televisione, le trasmissioni radiofoniche e diverse altre applicazioni tecnologiche come la telemedicina e l’insegnamento a distanza grazie al ponte radio WMAX, una connessione a basso costo che è stata resa disponibile in tutto il continente, anche nelle zone rurali.
Tutto è iniziato nel 1992, quando 45 nazioni africane stabilirono RASCOM (Satellite African Regional Communication Organization), in modo che l’Africa avrebbe avuto un proprio satellite e tagliare i costi di comunicazione nel continente.
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domenica 7 dicembre 2014
Sharia e decapitazioni: nella città fantasma del Califfato di Libia
A Derna il primo avamposto dell’Isis nel Mediterraneo
di Francesco Battistini, inviato a Beida (Libia) 1 dicembre 2014
BEIDA (Libia) Quando le bandiere nere del puro Islam arrivarono a Derna, le due bulgare dell’ospedale al Harish provarono a sventolare la loro bandiera bianca. «Siamo solo infermiere...», andarono a presentarsi ai nuovi padroni. Un capoccia le convocò nella hall del Pearl Hotel, diventato il quartier generale di Ansar al Sharia: voi bulgari siete cristiani? Silenzio. Avete deciso di rimanere qui? Silenzio. Volete la nostra protezione? «Sì». Va bene: 50 euro al mese, un quinto del vostro stipendio, e nessuno vi toccherà... Per un paio d’anni, le due infermiere hanno pagato e si sono sentite tranquille. Curavano i neonati, mai il naso fuori. In fondo erano a Derna dall’epoca di Gheddafi erano scampate a tre anni di guerra civile: magari ce l’avrebbero fatta anche stavolta...
di Francesco Battistini, inviato a Beida (Libia) 1 dicembre 2014
BEIDA (Libia) Quando le bandiere nere del puro Islam arrivarono a Derna, le due bulgare dell’ospedale al Harish provarono a sventolare la loro bandiera bianca. «Siamo solo infermiere...», andarono a presentarsi ai nuovi padroni. Un capoccia le convocò nella hall del Pearl Hotel, diventato il quartier generale di Ansar al Sharia: voi bulgari siete cristiani? Silenzio. Avete deciso di rimanere qui? Silenzio. Volete la nostra protezione? «Sì». Va bene: 50 euro al mese, un quinto del vostro stipendio, e nessuno vi toccherà... Per un paio d’anni, le due infermiere hanno pagato e si sono sentite tranquille. Curavano i neonati, mai il naso fuori. In fondo erano a Derna dall’epoca di Gheddafi erano scampate a tre anni di guerra civile: magari ce l’avrebbero fatta anche stavolta...
sabato 6 dicembre 2014
Haftar: come un traditore viene fatto passare per "salvatore" della Libia
in questi giorni si trovano molti articoli, reportage, perfino qualche intervista al generale Haftar, ci viene spiegato che è l' unica salvezza per la Libia, che combatte gli islamisti, ecco uno di questi articoli.
«Combatto il terrorismo anche per voi: se vince in Libia arriva in Italia»
Parla il leader degli anti-islamici, il generale Haftar, ex comandante di Gheddafi, tornato in Libia nel 2011: «Non sono un uomo della Cia, ma ora mi servono armi»
di Francesco Battistini, Generale Haftar, state per conquistare Bengasi?
«Lo spero. L’importante è che il parlamento libico lasci Tobruk e torni a lavorare nella città liberata dalle milizie islamiche. Il mio compito è di portarcelo. Mi sono dato una deadline: il 15 dicembre...».
Di colpo, salta la luce e gli uomini della sicurezza gli sono subito addosso. Nel buio, il generale dice «è la guerra a Bengasi, afwan»: scusate... L’unico sorriso che ci concede è di sollievo, quando la stanza si riaccende. Vecchio uomo nuovo della rivoluzione libica, una faccia socchiusa alle emozioni, a 71 anni Khalifa Haftar sa maneggiare la paura. Il più osservato dai lealisti di Tobruk e dalle milizie di Zintan, che sospettano della sua ambizione. Il più odiato dai fratelli musulmani di Tripoli, che hanno messo una taglia su di lui temendone i grandi protettori al Cairo e nel Golfo. Vive nascosto tra questa casamatta color senape dell’eliporto di Al Marj, l’antica Barca alle porte di Bengasi, e decine di rifugi che cambia ogni notte. Sospettoso di tutti, irraggiungibile da molti. Ci vogliono due settimane d’appuntamenti mancati, i fedelissimi della brigata 115-S che ti svitano
«Combatto il terrorismo anche per voi: se vince in Libia arriva in Italia»
Parla il leader degli anti-islamici, il generale Haftar, ex comandante di Gheddafi, tornato in Libia nel 2011: «Non sono un uomo della Cia, ma ora mi servono armi»
di Francesco Battistini, Generale Haftar, state per conquistare Bengasi?
«Lo spero. L’importante è che il parlamento libico lasci Tobruk e torni a lavorare nella città liberata dalle milizie islamiche. Il mio compito è di portarcelo. Mi sono dato una deadline: il 15 dicembre...».
Di colpo, salta la luce e gli uomini della sicurezza gli sono subito addosso. Nel buio, il generale dice «è la guerra a Bengasi, afwan»: scusate... L’unico sorriso che ci concede è di sollievo, quando la stanza si riaccende. Vecchio uomo nuovo della rivoluzione libica, una faccia socchiusa alle emozioni, a 71 anni Khalifa Haftar sa maneggiare la paura. Il più osservato dai lealisti di Tobruk e dalle milizie di Zintan, che sospettano della sua ambizione. Il più odiato dai fratelli musulmani di Tripoli, che hanno messo una taglia su di lui temendone i grandi protettori al Cairo e nel Golfo. Vive nascosto tra questa casamatta color senape dell’eliporto di Al Marj, l’antica Barca alle porte di Bengasi, e decine di rifugi che cambia ogni notte. Sospettoso di tutti, irraggiungibile da molti. Ci vogliono due settimane d’appuntamenti mancati, i fedelissimi della brigata 115-S che ti svitano
venerdì 5 dicembre 2014
"FALSE FLAG": PASSATO, PRESENTE E...FUTURO ?
Postato il Martedì, 25 novembre @ 23:10:00 GMT di davide
DI ADRIAN SALBUCHI
rt.com
Per coloro che credono alle "teorie del complotto" e amano il concetto di "False Flag" (cioè, l'idea che quando una nazione - di solito molto potente - ha bisogno di un pretesto per fare guerra a un'altra nazione -di solito più debole - riesce ad orchestrare un "attacco" contro sé stesso per poi incolpare l'altro paese, utilizzando questo attacco per scatenare il conflitto). Naturalmente questo non è così semplice da comprendere e a molti può sembrare folle.
Tuttavia, come ha detto Polonio per la pazzia di Amleto: "la sua pazzia ha metodo e coerenza".
DI ADRIAN SALBUCHI
rt.com
Per coloro che credono alle "teorie del complotto" e amano il concetto di "False Flag" (cioè, l'idea che quando una nazione - di solito molto potente - ha bisogno di un pretesto per fare guerra a un'altra nazione -di solito più debole - riesce ad orchestrare un "attacco" contro sé stesso per poi incolpare l'altro paese, utilizzando questo attacco per scatenare il conflitto). Naturalmente questo non è così semplice da comprendere e a molti può sembrare folle.
Tuttavia, come ha detto Polonio per la pazzia di Amleto: "la sua pazzia ha metodo e coerenza".
giovedì 4 dicembre 2014
Come l'Occidente desidera installare per forza Haftar in Libia
ita + eng
Come l'Occidente desidera installare per forza Haftar in Libia: il Times ( Gran Bretagna) : Haftar si sta preparando a marciare verso la capitale Tripoli
il Times britannico ha detto Giovedi che il Maggiore Generale Khalifa Belqasim Haftar, è stato accettato dalla Camera dei Rappresentanti a Tobruk al servizio nell'esercito libico, infine si è dichiarato disposto a lanciare un'offensiva di terra per liberare Tripoli. **** (Quello che non dicono è che Haftar non ha qualità di leadership, tutta la pulizia degli estremisti di Bengasi è stato fatto dalle tribù d'onore e dei civili di Bengasi mentre Haftar era a chilometri da tutti i combattimenti a Bengasi. Gran Bretagna, USA e Francia vogliono fare Haftar un eroe. non dimentichiamoci che è un uomo della CIA che ha combattuto contro la Jamahiryia per rovesciare Gheddafi, aveva anche la sua milizia. Dal 2011 al febbraio 2014 ha reso la vita di libici un inferno, fino a che USA , Regno Unito e Francia hanno deciso che non possono avere uno stato fallito così hanno finanziato Haftar, per inventare un colpo di stato in febbraio 2014, che nessun cittadino libico lo prese sul serio ed è stato condannato da tutti i libici, a questo punto si rifugiò a casa del Ambasciatore Deborah Jones a Tripoli è rimasto lì fino a che (USA / CIA) lo potevano prendere da Tripoli e lo spediremo via a Bengasi, dove gli sono state date tutte le forniture militari, aerei, consulenti, PR ed uomini dell' " esercito nazionale" che lo hanno seguito ed ha reso il secondo colpo di stato in maggio 2014.
Come l'Occidente desidera installare per forza Haftar in Libia: il Times ( Gran Bretagna) : Haftar si sta preparando a marciare verso la capitale Tripoli
il Times britannico ha detto Giovedi che il Maggiore Generale Khalifa Belqasim Haftar, è stato accettato dalla Camera dei Rappresentanti a Tobruk al servizio nell'esercito libico, infine si è dichiarato disposto a lanciare un'offensiva di terra per liberare Tripoli. **** (Quello che non dicono è che Haftar non ha qualità di leadership, tutta la pulizia degli estremisti di Bengasi è stato fatto dalle tribù d'onore e dei civili di Bengasi mentre Haftar era a chilometri da tutti i combattimenti a Bengasi. Gran Bretagna, USA e Francia vogliono fare Haftar un eroe. non dimentichiamoci che è un uomo della CIA che ha combattuto contro la Jamahiryia per rovesciare Gheddafi, aveva anche la sua milizia. Dal 2011 al febbraio 2014 ha reso la vita di libici un inferno, fino a che USA , Regno Unito e Francia hanno deciso che non possono avere uno stato fallito così hanno finanziato Haftar, per inventare un colpo di stato in febbraio 2014, che nessun cittadino libico lo prese sul serio ed è stato condannato da tutti i libici, a questo punto si rifugiò a casa del Ambasciatore Deborah Jones a Tripoli è rimasto lì fino a che (USA / CIA) lo potevano prendere da Tripoli e lo spediremo via a Bengasi, dove gli sono state date tutte le forniture militari, aerei, consulenti, PR ed uomini dell' " esercito nazionale" che lo hanno seguito ed ha reso il secondo colpo di stato in maggio 2014.
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mercoledì 3 dicembre 2014
Libia, una poltrona per due. Lite tra RATTI «ministri» del Petrolio
di Roberto Bongiorni 27 novembre 2014
«Siamo noi il governo legittimo della Libia. E noi vogliamo rappresentare la Libia a questo vertice. Non abbiamo ricevuto alcun invito ma ho sentito che l'altra parte lo ha invece ricevuto». La protesta di Mashallah Zwai, ministro del Petrolio del Governo ombra di Tripoli – quello proclamato dalla coalizione islamica che ha conquistato la capitale - , mostra con efficacia come la Libia sia ormai un Paese spaccato in due (semplificando le cose). Una parte occidentale. La Tripolitania, in mano a alle milizie islamiche e politicamente guidati dalla Fratellanza musulmana. E la regione orientale della Cirenaica – ma solo una parte – controllata dalle forze laiche sostenute dall'Occidente.
«Siamo noi il governo legittimo della Libia. E noi vogliamo rappresentare la Libia a questo vertice. Non abbiamo ricevuto alcun invito ma ho sentito che l'altra parte lo ha invece ricevuto». La protesta di Mashallah Zwai, ministro del Petrolio del Governo ombra di Tripoli – quello proclamato dalla coalizione islamica che ha conquistato la capitale - , mostra con efficacia come la Libia sia ormai un Paese spaccato in due (semplificando le cose). Una parte occidentale. La Tripolitania, in mano a alle milizie islamiche e politicamente guidati dalla Fratellanza musulmana. E la regione orientale della Cirenaica – ma solo una parte – controllata dalle forze laiche sostenute dall'Occidente.
martedì 2 dicembre 2014
Eni in Libia. Chi finanzia?
ENI and Libya’s Two Governments: Who Finances Them?
Jamahiriya News Agency
November 21, 2014
Eni in Libia. Chi finanzia?
In Libia in questo momento ci sono due governi. A Tobruk ha sede l’ esecutivo, uscito dalle “elezioni” del 25 giugno 2014, (ha votato il 18% degli aventi diritto), sostenuto da Francia, Arabia saudita ed Egitto e, generalmente, riconosciuto all’ estero come “il governo legittimo”. Ma a Tripoli c’è un altro esecutivo che controlla tutta la Tripolitania, frutto di una alleanza tra islamisti radicali del cartello “Alba libica”, islamisti moderati e le milizie di Misurata. Questo esecutivo è sostenuto da Qatar e Turchia; e l’ Italia è l’ unico paese occidentale ad avere ancora la sua ambasciata aperta a Tripoli. Gli interessi italiani, cioè le attività dell’ Eni, sono localizzate in questa parte di Libia e, paradossalmente, nel 2014, anno in cui è esplosa la guerra tra i due “governi”, la produzione petrolifera libica è risalita da 2/300 mila barili di petrolio al giorno a 900 mila barili, avvicinandosi alle quantità che erano estratte prima della guerra del 2011.
Jamahiriya News Agency
November 21, 2014
Eni in Libia. Chi finanzia?
In Libia in questo momento ci sono due governi. A Tobruk ha sede l’ esecutivo, uscito dalle “elezioni” del 25 giugno 2014, (ha votato il 18% degli aventi diritto), sostenuto da Francia, Arabia saudita ed Egitto e, generalmente, riconosciuto all’ estero come “il governo legittimo”. Ma a Tripoli c’è un altro esecutivo che controlla tutta la Tripolitania, frutto di una alleanza tra islamisti radicali del cartello “Alba libica”, islamisti moderati e le milizie di Misurata. Questo esecutivo è sostenuto da Qatar e Turchia; e l’ Italia è l’ unico paese occidentale ad avere ancora la sua ambasciata aperta a Tripoli. Gli interessi italiani, cioè le attività dell’ Eni, sono localizzate in questa parte di Libia e, paradossalmente, nel 2014, anno in cui è esplosa la guerra tra i due “governi”, la produzione petrolifera libica è risalita da 2/300 mila barili di petrolio al giorno a 900 mila barili, avvicinandosi alle quantità che erano estratte prima della guerra del 2011.
lunedì 1 dicembre 2014
Libia, Iraq e Siria: esiti delle "guerre umanitarie" in corso.
25 novembre 2014
Gli USA e i suoi alleati negli anni hanno adottato la nuova dottrina della ''responsability to protect'' in base alla quale hanno reso legale sovvertire qualsiasi paese che non segua il proprio modello di civiltà e democrazia. Il punto di vista di alcuni studiosi e le conseguenze disastrose nei paesi 'beneficiati' dall'ingerenza umanitaria.
Patrizio Ricci ( sito associato Vietato Parlare.it )
Esiste solo un punto di vista, una sola lettura delle situazioni. La scala dell'autorevolezza non è data dalla realtà oggettiva ma è quella imposta e diffusa dagli Stati Uniti, dalle Nazioni Unite; cioè da quegli organismi 'sovranazionali' che si prendono carico della 'sicurezza globale'.
Gli USA e i suoi alleati negli anni hanno adottato la nuova dottrina della ''responsability to protect'' in base alla quale hanno reso legale sovvertire qualsiasi paese che non segua il proprio modello di civiltà e democrazia. Il punto di vista di alcuni studiosi e le conseguenze disastrose nei paesi 'beneficiati' dall'ingerenza umanitaria.
Patrizio Ricci ( sito associato Vietato Parlare.it )
Esiste solo un punto di vista, una sola lettura delle situazioni. La scala dell'autorevolezza non è data dalla realtà oggettiva ma è quella imposta e diffusa dagli Stati Uniti, dalle Nazioni Unite; cioè da quegli organismi 'sovranazionali' che si prendono carico della 'sicurezza globale'.
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