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martedì 8 agosto 2017

La missione navale in Libia è un chiaro esempio di neocolonialismo per fini elettorali

TAHA JAWASHI via Getty Images 
 
L'Aula della Camera ha dato il via libera alla risoluzione di maggioranza sulla missione navale di supporto della Guardia costiera libica, decisa la scorsa settimana dal Consiglio dei ministri. Un chiaro esempio di neo colonialismo per fini elettorali, che ha per obiettivo quello di ridurre, se possibile a zero, i flussi nel Mediterraneo centrale, sostenendo una delle parti che oggi si contendono il territorio (e quindi anche i porti, la guardia costiera e il mare entro le acque territoriali) in Libia.

Se l'operazione riesce, il nostro governo potrà cantare vittoria e dire di aver fatto come con la Turchia: chiuso l'ultimo canale d'accesso i richiedenti asilo non arriveranno più in Italia, non si potranno più mettere in salvo. Vittoria!
La missione è presentata come un'operazione di contrasto all'immigrazione illegale e quindi ai trafficanti/scafisti. Ma sulle barche ci sono i migranti oramai da molti mesi e nessun trafficante. Ci si dimentica che qualsiasi rifugiato, prima di poter chiedere asilo, deve poter accedere alla procedura e quindi alla frontiera. Questo dice la legge, oltre che la nostra Costituzione. In pratica quindi si tratta di un'operazione di contrasto al diritto d'asilo, come lo è stato l'accordo con Erdogan.
Sostenendo solo il governo di Serraj peraltro, con il ricorso a navi militari, si darà la possibilità agli altri che si contendono il controllo della Libia, di usare la presenza degli italiani, per screditare l'avversario sul piano internazionale. Sono meccanismi noti che in altri scenari hanno prodotto anche conseguenze tragiche e che non contribuiranno certo a stabilizzare il conflitto libico.
In che modo le imbarcazioni con a bordo potenziali richiedenti asilo verranno rimandate verso le coste libiche con la complicità del nostro Paese, senza che questo si configuri come un respingimento illegittimo, per il quale l'Italia è già stata condannata dalla Cedu nel ben noto caso Hirsi?
E dove andrebbero a finire i migranti respinti verso la Libia, considerato che al momento non c'è alcun centro gestito da Unhcr e Oim, ma solo centri di detenzione gestiti dalle milizie che controllano il territorio? Centri dove, come è noto, vengono perpetrate le peggiori violenze e torture.
Questa operazione è sostenuta in parte con fondi europei (46 milioni annunciati di fondi fiduciari) per la cooperazione e in parte con fondi italiani, anche se non è ancora chiara la proporzione e la provenienza esatta di queste risorse nazionali.
Ancora una volta si commette un illecito utilizzando risorse per l'aiuto allo sviluppo in chiave anti immigrazione, ricorrendo addirittura all'uso di navi militari.
Questo mentre l'operazione di divisione delle organizzazioni umanitarie attraverso il Codice per le Ong diminuirà l'operatività di quelle che non hanno firmato e le allontanerà dalla zona delle acque territoriali libiche. Per farlo il nostro governo ricorre anche a un atteggiamento esplicitamente intimidatorio.
In questo modo, nel caso più che probabile che la guardia costiera di quel Paese non rispetti i diritti umani e in particolare nel caso in cui venga violato il principio di non respingimento, non ci saranno occhi indiscreti a denunciarlo.

Preso da: http://www.huffingtonpost.it/filippo-miraglia/la-missione-navale-in-libia-e-un-chiaro-esempio-di-neocolonialis_a_23062906/

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