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venerdì 19 febbraio 2016

LIBIA – Le debolezze dell’accordo di pace di Sikhrat

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L’accordo firmato a Sikhrat (Marocco) il 17 dicembre 2015 per porre le basi di un nuovo governo di unità nazionale sotto la spinta delle Nazioni unite ha posto agli analisti e agli esperti di questioni libiche diversi dubbi.
L’accordo politica libico pone al centro del nuovo sistema istituzionale il Governo di unità nazionale, presieduto dal primo ministro Fayez al Serraj e composto da due vice ministri e da un numero di ministri ancora da precisare. L’accordo stabilisce poi l’istituzione del Consiglio di presidenza, composto dal primo ministro, dai due vice primi ministri e da due ministri. Ogni decisione presa dal governo dovrà avere il voto favorevole del primo ministro e dei suoi due vice. Il governo di unità nazionale resterà in carica per un anno, a partire dalla data in cui otterrà il voto di fiducia della Camera dei rappresentanti, ovvero il parlamento eletto con le elezioni del giugno 2014, oggi insediato a Tobruk e appoggiato dalla coalizione delle forze nazionaliste.

L’accordo politico libico  è stato siglato da 90 deputati della Camera dei rappresentanti di Tobruk e da 27 deputati del Consiglio nazionale generale di Tripoli, che però avevano con loro la “delega” di altri 42 deputati. Il Comitato di presidenza alla fine è stato composto da nove membri: sei personalità già indicate dall’Onu, ovvero il premier Fayez Sarraj, i tre vicepremier Ahmed Maetig, Fathi Majbri e Musa Koni, e i due ministri Omar Aswad e Mohamed Ammar, cui si sono aggiunti due rappresentanti del Fezzan e uno della Cirenaica. Il Comitato di presidenza ha il compito di stilare la lista dei ministri che costituiranno il governo di unità nazionale (Nigro, La Repubblica, 17 dicembre 2016).
Mohamed Eljarh, in un articolo apparso sul sito dell’Atlantic Council, ha individuato le sfide che Governo di unità nazionale deve affrontare da subito.
L’accordo di Sikhrat deve essere prima di tutto riconosciuto valido e legittimo. Le Nazioni unite hanno ritenuto che l’accordo potesse essere firmato dalle parti favorevoli senza passare da una ratifica preventiva dei due parlamenti rivali in Libia, vale a dire la Camera dei rappresentanti di Tobruk e il Consiglio nazionale generale di Tripoli. Si tratta di una debolezza che consente ai contrari all’accordo di denunicarlo come illegittimo. I membri della Camera dei rappresentanti presenti a Sikhrat devono ora convincere il parlamento di Tobruk a votare un atto di appoggio all’accordo ma avranno contro il presidente dell’assemblea, Aguila Saleh, e il generale Khalifa Haftar, capo dell’esercito nazionalista libico, che garatisce la sicurezza della Camera. La maggioranza dei componenti del parlamento di Tobruk è a favore dell’accordo e quindi la resistenza di Saleh potrebbe essere facilmente superata ma diverso è il discorso per quanto riguarda Haftar.
“Ai sensi dell’articolo 8 dell’accordo firmato in Marocco -scrive Eljarh- subito dopo la firma tutti i poteri dei militari di alto livello avrebbero dovuto tornare nella disponibilità del Consiglio di presidenza. Eppure il generale Haftar continua a dirigere le operazioni militari in Libia orientale. E’  una sfida all’autorità del Consiglio di presidenza e al Governo di unità nazionale”.
In secondo luogo il nuovo Governo di unità nazionale dovrà insediarsi a Tripoli in piena sicurezza, al riparo dagli attentati, dai sequestri, dalle uccisioni, dalle minacce che i membri dei precedenti governi e parlamenti hanno subito e subiscono a opera delle milizie armate che controllano la città. Si sono dette disposte a fornire questa sicurezza le milizie di Misurata, Zintan e Zawia ma gruppi armati islamisti presenti in forze a Tripoli si sono opposti. Il gran mufti di Tripoli, Sadiq al-Gheriani ha dichiarato che l’accordo di Sikhrat non è in linea con i principi islamici. Una dichiarazione i gruppi più oltranzisti potrebbero interretare come una legittimazione per attacre militarmente il nuovo Governo di unità nazionale.
In terzo luogo, c’è la lotta all’Isis e il potenziale intervento militare di potenze straniere occidentali. Scrive Eljarh:
“Londra, Parigi e Roma sono in attesa che il nuovo governo di unità nazionale conceda il permesso ad agire contro obiettivi Isis, con l’uso di attacchi aerei e truppe, per aiutare le forze libiche a combattere la crescente influenza del gruppo in aree chiave della Libia, come Ejdabyia, Sirte, Sabratha, e la regione meridionale”.
“Intervenire senza una strategia chiara e completa sia dell’intervento armato, sia della gestione del post intervento armato, tuttavia avrebbe conseguenze disastrose”.
“Il nuovo governo di unità nazionale e la comunità internazionale devono prima lavorare a conciliare le storiche rivalità tra i più importanti gruppi armati locali, come quella tra le milizie di Misurata e Zintan in Libia occidentale, e tra l’esercito nazionale libico di Haftar e la Facilities Petroleum Guard guidata da Ibrahim Jadhran”.
“Sarebbe inoltre necessario prendere seri provvedimenti per interrompere il flusso di armi e munizioni che dai porti in Libia occidentale giunge ai gruppi estremisti a Bengasi e per interrompere i flussi di armi che Egitto, Emirati Arabi Uniti, e Turchia fanno arrivare ai gruppi loro alleati in Libia”.
Il tutto dovrebbe essere fatto garantendo al nuovo Governo di unità nazionale un ruolo primario nella gestione di tali processi, in modo da non giustificare le critiche dei suoi oppositori che lo dipingerebbero altrimenti come un fantoccio delle potenze occidentali.
Daniel DePetris, analista per il Medio Oriente di Wikistrat, in un recento articolo pubblicato su Quartz aggiunge altri elementi di criticità sulla reali possibilità che l’accordo di Sikhrat possa tradursi in realtà.
“Circa due settimane prima della firma dell’accordo politico libico, altri membri Consiglio nazionale generale e della Camera dei rappresentanti, riuniti in Tunisia, sono arrivati ad un compromesso che ha istituito due comitati, entrambi composti da un pari numero di deputati di Tripoli e di Tobruk: un comitato ha il compito di nominare un primo ministro su cui possa ricadere il consenso di entrambe le parti; l’altra comitato dovrà lavorare su una nuova costituzione”.
Il compromesso di Tunisi sarà messo ai voti in entrambi i parlamenti. Se questo piano rimane in corsa, potrebbe screditare ulteriormente l’accordo di Sikhrat, che molti potentati in Libia liquidano come una imposizione delle Nazioni unite e delle potenze straniere. Che cosa accade se l’accordo tunisino riceve più voti rispetto dell’accordo di pace libico?”
Secondo DePetris, tuttavia, l’ostaclo più grosso da superare per mantenere in vita l’accordo di Sikhrat è convincere la parti in confllitto ad attuare le misure di sicurezza richieste: il cessate il fuoco a livello nazionale, il ritiro delle milizie dalle zone più popolate e dalle infrastrutture strategiche del paese, la consegna delle armi alle forze di sicurezza nazionali libiche. 
“Senza un qualche tipo di mandato delle Nazioni unite o di missione di pace condotta a livello europeo – conclude DePetris – non c’è niente che può impedire alle fazioni armate contrarie all’accordo di pace di continuare a trarre vantaggio dalla loro posizione sul campo di battaglia”.

Fonte: https://geopoliticaitaliana.wordpress.com/2016/01/14/libia-le-debolezze-dellaccordo-di-pace-di-sikhrat/

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