Così Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per i migranti. E sull’accordo di Bruxelles: «Tutti sono disposti a dare soldi, basta che non vengano a disturbare nel proprio Paese. Ma non è questa la soluzione»
«Bombardare i barconi è un’idea stranissima: ma cosa bombardano? C’è il diritto internazionale! Bombardare in un Paese è un atto di guerra», afferma il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per i migranti, in un’intervista diffusa dal Servizio Informazione Religiosa della Cei. «A cosa mirano? Solo ai piccoli battelli dei migranti? Chi garantisce che quell’arma non uccida anche le persone vicine, oltre a distruggere i barconi?», si è chiesto il porporato sottolineando che «anche se fossero distrutti tutti i battelli, il problema dei migranti in fuga da conflitti, persecuzioni e miseria continuerà ad esistere». Secondo Veglio «è inutile bombardare le imbarcazioni, le persone disperate troveranno sempre sistemi per fuggire: faranno altri barconi, passeranno via terra». «Ricordiamoci - ha suggerito il capo dicastero - che la maggior parte dei migranti non arriva dal Mediterraneo ma dalle frontiere terrestri. Finché ci saranno guerra, dittature, terrorismo e miseria ci saranno i profughi, che andranno dove possono andare».
In ogni guerra, ancora prima della gente, occorre assassinare la verità. Guerra alla libia: 100000 morti, 240000 persone ancora cercate, 78000 dispersi. 10300 donne violentate, 350000 rifugiati.
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giovedì 30 aprile 2015
Immigrati, il Vaticano: «Colpire i barconi? C’è il diritto internazionale»
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mercoledì 29 aprile 2015
Lo scafista aiutato dalla Libia: «Così i soldati ci danno i barconi»
«Lo scafo si è guastato, i militari ci hanno soccorso e portato in acque internazionali. Ho dato ai poliziotti 40 mila dollari per liberare i clandestini arrestati: devono risarcirmi»
di Giovanni Bianconi e Ilaria Sacchettoni
Hanno complicità istituzionali importanti - per quanto possano ancora valere le istituzioni, laggiù - i mercanti che dalla Libia spediscono ogni giorno carne umana verso l’Italia. In ogni caso influenti. Militari che, dietro lauto compenso, favoriscono gli affari dei nuovi «negrieri», addirittura scortando i barconi fino alle acque internazionali. A svelare questo sostegno è uno dei trafficanti più attivi sull’altra sponda del Mediterraneo: Yehdego Medhane, eritreo di 34 anni con moglie e figlio con lo status di rifugiati i in Svezia, identificato dai poliziotti del Servizio centrale operativo e ora ufficialmente latitante dopo l’arresto ordinato dalla Procura di Palermo. Su di lui s’erano concentrati anche gli accertamenti della Procura di Roma, nell’ambito di un’altra inchiesta; gli investigatori del Nucleo speciale d’intervento della Guardia costiera l’avevano individuato attraverso una telefonata in cui lui stesso ammetteva la corruzione dei militari libici.
di Giovanni Bianconi e Ilaria Sacchettoni
Hanno complicità istituzionali importanti - per quanto possano ancora valere le istituzioni, laggiù - i mercanti che dalla Libia spediscono ogni giorno carne umana verso l’Italia. In ogni caso influenti. Militari che, dietro lauto compenso, favoriscono gli affari dei nuovi «negrieri», addirittura scortando i barconi fino alle acque internazionali. A svelare questo sostegno è uno dei trafficanti più attivi sull’altra sponda del Mediterraneo: Yehdego Medhane, eritreo di 34 anni con moglie e figlio con lo status di rifugiati i in Svezia, identificato dai poliziotti del Servizio centrale operativo e ora ufficialmente latitante dopo l’arresto ordinato dalla Procura di Palermo. Su di lui s’erano concentrati anche gli accertamenti della Procura di Roma, nell’ambito di un’altra inchiesta; gli investigatori del Nucleo speciale d’intervento della Guardia costiera l’avevano individuato attraverso una telefonata in cui lui stesso ammetteva la corruzione dei militari libici.
martedì 28 aprile 2015
A Tripoli! o no? L’Italia usa la tragedia dei migranti per tornare in Libia
22 aprile 2015 di Matteo Zola
Tripoli, bel suol d’amore. A più di un secolo dalla guerra di Libia, il nostro paese torna a guardare con rinnovata bramosia alla sponda sud Mediterraneo e per farlo si aggrappa ai corpi che galleggiano nel mare, i morti dell’ennesima tragedia di migranti. E così l’operetta ha inizio: ci si indigna contro Bruxelles, che “è indifferente”, e si chiede che all’Italia venga assegnato un mandato internazionale per pattugliare le coste libiche allo scopo di “distruggere i barconi”. Trattandosi di acque libiche, deve essere il governo libico a invocare l’intervento – italico, in questo caso. Ma in Libia governo non c’è. E quindi ecco che, oltre a pattugliare le coste libiche, diventa necessario “mettere in sicurezza limitate aree costiere”, per poi sostenere un qualche governo amico cui fare ottenere il riconoscimento internazionale. L’impressione è che il governo, con la scusa del disastro umanitario, voglia rimettere il piede in Libia da cui l’Italia è stata scacciata a seguito dell’intervento anglo-francese del 2011.
Tripoli, bel suol d’amore. A più di un secolo dalla guerra di Libia, il nostro paese torna a guardare con rinnovata bramosia alla sponda sud Mediterraneo e per farlo si aggrappa ai corpi che galleggiano nel mare, i morti dell’ennesima tragedia di migranti. E così l’operetta ha inizio: ci si indigna contro Bruxelles, che “è indifferente”, e si chiede che all’Italia venga assegnato un mandato internazionale per pattugliare le coste libiche allo scopo di “distruggere i barconi”. Trattandosi di acque libiche, deve essere il governo libico a invocare l’intervento – italico, in questo caso. Ma in Libia governo non c’è. E quindi ecco che, oltre a pattugliare le coste libiche, diventa necessario “mettere in sicurezza limitate aree costiere”, per poi sostenere un qualche governo amico cui fare ottenere il riconoscimento internazionale. L’impressione è che il governo, con la scusa del disastro umanitario, voglia rimettere il piede in Libia da cui l’Italia è stata scacciata a seguito dell’intervento anglo-francese del 2011.
lunedì 27 aprile 2015
L' armata brancaleone cerca disperatamente una scusa per RE-intervenire in Libia
I soliti noti/ idioti e guerrafondai sono ancora alla ricerca di una scusa per reintervenire, occupare la Libia, (proprio adesso che si sta mettendo male per i loro amici islamo-fascisti).
Per carità loro non lo dicono, parlano di missioni "umanitarie" , lotta al terrorismo, ma il risultato è una nuova invasione, ecco ad esempio un articolo tra i tanti che circolano in questi giorni sulla stampa e sulla rete.
Libia, missione di terra per controllare spiagge e porti
Pubblicato il 20 aprile 2015 12:34 | Ultimo aggiornamento: 20 aprile 2015 12:34
ROMA – “Un’operazione di polizia internazionale per mettere sotto controllo le spiagge e i porti della Libia – scrive Fiorenza Sarzanini del Corriere della Sera – Un contingente militare autorizzato dall’Unione Europea — possibilmente anche dalle Nazioni Unite — per fermare l’attività criminale degli scafisti e così cercare di stroncare il traffico di esseri umani”.
Per carità loro non lo dicono, parlano di missioni "umanitarie" , lotta al terrorismo, ma il risultato è una nuova invasione, ecco ad esempio un articolo tra i tanti che circolano in questi giorni sulla stampa e sulla rete.
Libia, missione di terra per controllare spiagge e porti
Pubblicato il 20 aprile 2015 12:34 | Ultimo aggiornamento: 20 aprile 2015 12:34
ROMA – “Un’operazione di polizia internazionale per mettere sotto controllo le spiagge e i porti della Libia – scrive Fiorenza Sarzanini del Corriere della Sera – Un contingente militare autorizzato dall’Unione Europea — possibilmente anche dalle Nazioni Unite — per fermare l’attività criminale degli scafisti e così cercare di stroncare il traffico di esseri umani”.
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domenica 26 aprile 2015
Libia allo sbando anche ( soprattutto) per colpa degli interessi internazionali
di Alberto Negri 20 aprile 2015
La tragedia libica ha due dimensioni, una interna e l'altra internazionale. Viene spesso detto che il Paese è precipitato nel caos: giusta affermazione ma sarebbe più esatto dire che in Libia prima di tutto c'è la guerra, un conflitto civile tra le fazioni di Tripoli e quelle di Tobruk di cui adesso sta approfittando anche lo Stato Islamico, che con i combattenti di ritorno dalla Siria si è inserito nella destabilizzazione generale e sfrutta la situazione conquistando posizioni nella Sirte.
La tragedia libica ha due dimensioni, una interna e l'altra internazionale. Viene spesso detto che il Paese è precipitato nel caos: giusta affermazione ma sarebbe più esatto dire che in Libia prima di tutto c'è la guerra, un conflitto civile tra le fazioni di Tripoli e quelle di Tobruk di cui adesso sta approfittando anche lo Stato Islamico, che con i combattenti di ritorno dalla Siria si è inserito nella destabilizzazione generale e sfrutta la situazione conquistando posizioni nella Sirte.
sabato 25 aprile 2015
LO STATO ISLAMICO È IL CANCRO DEL CAPITALISMO MODERNO
Postato il Domenica, 12 aprile @ 23:10:00 BST di davide
DI NAFEEZ AHMED
middleeasteye.net
Il brutale 'Stato islamico' è un sintomo di una crisi profonda della civiltà fondata sulla dipendenza dai combustibili fossili, che sta minando l'egemonia occidentale ed espandendo il potere dello Stato islamico in tutto il mondo musulmano.
Il dibattito sulle origini dello Stato Islamico (IS) ha fortemente oscillato tra due prospettive estreme. Da una parte si accusa l'Occidente. L’ IS non è altro che una prevedibile reazione all’occupazione dell'Iraq, l’ennesimo colpo sferrato dalla politica estera occidentale. Dall’altra si attribuisce la sua nascita esclusivamente alle barberie storiche e culturali del mondo musulmano, i cui valori e credenze - ferme all’epoca medievale - sono un naturale incubatore di un estremismo violento.
DI NAFEEZ AHMED
middleeasteye.net
Il brutale 'Stato islamico' è un sintomo di una crisi profonda della civiltà fondata sulla dipendenza dai combustibili fossili, che sta minando l'egemonia occidentale ed espandendo il potere dello Stato islamico in tutto il mondo musulmano.
Il dibattito sulle origini dello Stato Islamico (IS) ha fortemente oscillato tra due prospettive estreme. Da una parte si accusa l'Occidente. L’ IS non è altro che una prevedibile reazione all’occupazione dell'Iraq, l’ennesimo colpo sferrato dalla politica estera occidentale. Dall’altra si attribuisce la sua nascita esclusivamente alle barberie storiche e culturali del mondo musulmano, i cui valori e credenze - ferme all’epoca medievale - sono un naturale incubatore di un estremismo violento.
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venerdì 24 aprile 2015
LE GUERRE DELL’OCCIDENTE HANNO UCCISO QUATTRO MILIONI DI MUSULMANI DAL 1990
Postato il Giovedì, 16 aprile @ 12:55:00 BST di davide
DI NAFEEZ MASSADEQ AHMED
middleeasteye.net/columns
Il mese scorso la PRS (Physicians for Social Responsibility) di Washington ha pubblicato uno studio secondo il quale dieci anni di “guerra al terrore” dal 9/11 ad oggi, è costato la vita a circa 1,3 milioni di persone, forse anche 2 milioni.
Il rapporto di 97 pagine del gruppo di medici premi Nobel per la Pace è il primo che cerca di calcolare il numero delle vittime civili degli interventi statunitensi in Iraq, Afganistan e Pakistan nel quadro delle operazioni contro il terrorismo.
DI NAFEEZ MASSADEQ AHMED
middleeasteye.net/columns
Il mese scorso la PRS (Physicians for Social Responsibility) di Washington ha pubblicato uno studio secondo il quale dieci anni di “guerra al terrore” dal 9/11 ad oggi, è costato la vita a circa 1,3 milioni di persone, forse anche 2 milioni.
Il rapporto di 97 pagine del gruppo di medici premi Nobel per la Pace è il primo che cerca di calcolare il numero delle vittime civili degli interventi statunitensi in Iraq, Afganistan e Pakistan nel quadro delle operazioni contro il terrorismo.
giovedì 23 aprile 2015
Libia, tutte le colpe dell’Europa per le tragedie nel canale di Sicilia.
19 - 04 - 2015 Fondazione Icsa
Estratto da un recent report della Fondazione Icsa su "Dalla protezione delle frontiere alla salvaguardia della vita - Allineare il diritto Ue con quello Onu".
Nel solo 2014 in Mediterraneo sono morti oltre 3.419 migranti. Di fronte a questa tragedia umanitaria, in corso da anni e senza reali prospettive di diminuire nel breve termine, la risposta dell’Unione Europea è stata inadeguata sotto ogni aspetto, non solo perché la gestione del problema è stata di fatto considerata riguardare un solo Paese membro, l’Italia, ma soprattutto perché affrontata come problema di sicurezza delle frontiere anziché in termini di salvaguardia della vita umana in mare.
Tale obbligo è sancito da numerosi accordi internazionali, in vigore da decenni e firmati da tutti i Paesi membri. Di fatto, i singoli Paesi concordano da sempre sull’obbligo di salvare le persone in mare, ma tale obbligo non è stato mai sottoscritto dall’Unione Europea in quanto tale né sancito dal Consiglio d’Europa nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).
Estratto da un recent report della Fondazione Icsa su "Dalla protezione delle frontiere alla salvaguardia della vita - Allineare il diritto Ue con quello Onu".
Nel solo 2014 in Mediterraneo sono morti oltre 3.419 migranti. Di fronte a questa tragedia umanitaria, in corso da anni e senza reali prospettive di diminuire nel breve termine, la risposta dell’Unione Europea è stata inadeguata sotto ogni aspetto, non solo perché la gestione del problema è stata di fatto considerata riguardare un solo Paese membro, l’Italia, ma soprattutto perché affrontata come problema di sicurezza delle frontiere anziché in termini di salvaguardia della vita umana in mare.
Tale obbligo è sancito da numerosi accordi internazionali, in vigore da decenni e firmati da tutti i Paesi membri. Di fatto, i singoli Paesi concordano da sempre sull’obbligo di salvare le persone in mare, ma tale obbligo non è stato mai sottoscritto dall’Unione Europea in quanto tale né sancito dal Consiglio d’Europa nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).
mercoledì 22 aprile 2015
Strage di Tunisi – Mamma TV e il volto dei veri terroristi
20 marzo 2015
ISIS e Nuovo Ordine Mondiale: media di regime e
inversione della realtà di Sergio Basile
Tunisia – Dalla Rivoluzione dei Gelsomini ad oggi….
Tunisi – In Tunisia sono trascorsi 4 anni dall'ingannevole "Rivoluzione dei Gelsomini" e dai tumulti filo-massonici pianificati ad arte dall'élite mondialista (vedi qui Tunisia – False Pimavere Ultimo Atto: Belaid, Martire in nome della Democrazia?) che servìrono da pretesto alla deflagrazione della "democratica primavera araba" in altri paesi africani e mediorientali (vedi qui Un Inganno chiamato “Primavera Araba” – Prima Parte e qui Un Inganno Chiamato “Primavera Araba” – Seconda Parte) e a destabilizzare l'Europa, secondo le direttive imposte da un antico piano, ripreso all'indomani della Seconda Guerra Mondiale (vedi qui Il Piano Kalergi – Quello che Nessuno ti ha mai detto sull’Europa - Prima Parte e qui Il Piano Kalergi – La Terzomondializzazione dell’Europa e l’Eurocasta - Seconda Parte). Nelle ultime ore, nel Paese sito a poche miglia dalle coste italiane, è stata scritta una nuova e ambigua pagina di sangue. L'incubo del terrorismo è tornato a minacciare il sonno del popolo tunisino, e non solo, con tutta la sua carica di ambiguità ed incertezza, ormai assodato il ruolo strumentale e strategico dei media di regime (il 99% di quelli esistenti) che raccontano la "realtà" dei fatti secondo le interpretazioni più congeniali ai loro grandi finanziatori.
ISIS e Nuovo Ordine Mondiale: media di regime e
inversione della realtà di Sergio Basile
Tunisia – Dalla Rivoluzione dei Gelsomini ad oggi….
Tunisi – In Tunisia sono trascorsi 4 anni dall'ingannevole "Rivoluzione dei Gelsomini" e dai tumulti filo-massonici pianificati ad arte dall'élite mondialista (vedi qui Tunisia – False Pimavere Ultimo Atto: Belaid, Martire in nome della Democrazia?) che servìrono da pretesto alla deflagrazione della "democratica primavera araba" in altri paesi africani e mediorientali (vedi qui Un Inganno chiamato “Primavera Araba” – Prima Parte e qui Un Inganno Chiamato “Primavera Araba” – Seconda Parte) e a destabilizzare l'Europa, secondo le direttive imposte da un antico piano, ripreso all'indomani della Seconda Guerra Mondiale (vedi qui Il Piano Kalergi – Quello che Nessuno ti ha mai detto sull’Europa - Prima Parte e qui Il Piano Kalergi – La Terzomondializzazione dell’Europa e l’Eurocasta - Seconda Parte). Nelle ultime ore, nel Paese sito a poche miglia dalle coste italiane, è stata scritta una nuova e ambigua pagina di sangue. L'incubo del terrorismo è tornato a minacciare il sonno del popolo tunisino, e non solo, con tutta la sua carica di ambiguità ed incertezza, ormai assodato il ruolo strumentale e strategico dei media di regime (il 99% di quelli esistenti) che raccontano la "realtà" dei fatti secondo le interpretazioni più congeniali ai loro grandi finanziatori.
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martedì 21 aprile 2015
Assuefatti al male e alla menzogna, viviamo convinti del nulla dietro un branco di illusi
Lunedì, Marzo 16th/ 2015
- di Giuseppe Nazzaro, Vescovo emerito di Aleppo -
Riflessioni su un anniversario - di Mons. Nazzaro,
Vescovo Emerito di Aleppo
Assuefatti al male e alla menzogna, viviamo convinti del
nulla, pronti a disfarci della nostra cultura e delle
nostre croci e presepi.
Pensate davvero che i tagliagole risparmieranno i complici
occidentali di queste nefandezze? Poveri illusi!!
- di Giuseppe Nazzaro, Vescovo emerito di Aleppo -
Riflessioni su un anniversario - di Mons. Nazzaro,
Vescovo Emerito di Aleppo
Assuefatti al male e alla menzogna, viviamo convinti del
nulla, pronti a disfarci della nostra cultura e delle
nostre croci e presepi.
Pensate davvero che i tagliagole risparmieranno i complici
occidentali di queste nefandezze? Poveri illusi!!
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lunedì 20 aprile 2015
Libia, Turchia e Balcani: ecco le rotte prese d'assalto da migliaia di disperati
Le principali rotte prese d'assalto da migliaia di disperati: in esclusiva le mappe tracciate dai nostri 007
Fausto Biloslavo - Mer, 15/04/2015 - 10:09
Le rotte della valanga di clandestini, che si sta riversando in Italia sono tre: la più importante parte dalla Libia, un'altra via mare dalla Turchia e la direttrice terrestre attraverso i Balcani.
Il Giornale è in possesso della mappe del traffico di uomini preparate dall'intelligence. Solo un mese fa il responsabile dell'agenzia europea Frontex, Fabrice Leggeri, aveva lanciato l'allarme: «In Libia ci sono dai 500mila al milione di migranti pronti a partire».
Fausto Biloslavo - Mer, 15/04/2015 - 10:09
Le rotte della valanga di clandestini, che si sta riversando in Italia sono tre: la più importante parte dalla Libia, un'altra via mare dalla Turchia e la direttrice terrestre attraverso i Balcani.
Il Giornale è in possesso della mappe del traffico di uomini preparate dall'intelligence. Solo un mese fa il responsabile dell'agenzia europea Frontex, Fabrice Leggeri, aveva lanciato l'allarme: «In Libia ci sono dai 500mila al milione di migranti pronti a partire».
domenica 19 aprile 2015
Saif al-Islam Gheddafi sarebbe stato liberato segretamente a Zintan
Di Allain Jules
Mentre i media libici non parlano d’altro che delle nuove rotte della società Libyan Airlines, tra cui quella tra Zintan e Tobruk a est, indiscrezioni annunciano il rilascio di Seif al-Islam Gheddafi. Vero o falso? Né possiamo confermare né smentire.
Mentre i media libici non parlano d’altro che delle nuove rotte della società Libyan Airlines, tra cui quella tra Zintan e Tobruk a est, indiscrezioni annunciano il rilascio di Seif al-Islam Gheddafi. Vero o falso? Né possiamo confermare né smentire.
sabato 18 aprile 2015
Libia. Non solo jihadisti. Parla un leader della resistenza nazionale .
20 marzo 2015
La testimonianza di Mussa Ibrahim, ultimo portavoce della Jamahiriya libica
Leonor Massanet Arbona | lahaine.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
Ero a Tripoli, in Libia, come osservatrice straniera nel giugno 2011. Sono stata testimone della maggior parte delle cose esposte da Mussa Ibrahim e di molte altre che non spiega. Ho potuto constatare personalmente che là erano presenti i giornalisti dei media internazionali del mondo intero e che NON informavano su quanto stava accadendo. Erano testimoni diretti. Hanno fotografato, filmato e visto la realtà che però non hanno mai pubblicato.
La testimonianza di Mussa Ibrahim, ultimo portavoce della Jamahiriya libica
Leonor Massanet Arbona | lahaine.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
Ero a Tripoli, in Libia, come osservatrice straniera nel giugno 2011. Sono stata testimone della maggior parte delle cose esposte da Mussa Ibrahim e di molte altre che non spiega. Ho potuto constatare personalmente che là erano presenti i giornalisti dei media internazionali del mondo intero e che NON informavano su quanto stava accadendo. Erano testimoni diretti. Hanno fotografato, filmato e visto la realtà che però non hanno mai pubblicato.
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venerdì 17 aprile 2015
A Tripoli, A tripoli
16 febbraio 2015
di Diego Angelo Bertozzi per Marx21.it
L’articolo 87 della nostra Costituzione è ancora fresco di modifica nell’ambito della riforma costituzionale approvata dalla Camera dei Deputati, che già l’Italia del governo Renzi si prepara alla avventura bellica che metterà fine allo spirito pacifista della nostra Carta fondamentale, relegando il già bistrattato articolo 11 tra i rottami del “secolo breve”. Basterà una semplice maggioranza, frutto di una legge elettorale che concede la maggioranza assoluta dei seggi ad una minoranza del Paese, per dichiarare guerra.
di Diego Angelo Bertozzi per Marx21.it
L’articolo 87 della nostra Costituzione è ancora fresco di modifica nell’ambito della riforma costituzionale approvata dalla Camera dei Deputati, che già l’Italia del governo Renzi si prepara alla avventura bellica che metterà fine allo spirito pacifista della nostra Carta fondamentale, relegando il già bistrattato articolo 11 tra i rottami del “secolo breve”. Basterà una semplice maggioranza, frutto di una legge elettorale che concede la maggioranza assoluta dei seggi ad una minoranza del Paese, per dichiarare guerra.
giovedì 16 aprile 2015
Libia. La politica, l’ENI e l’attentato al generale Haftar
10 aprile 2015 Luciano Tirinnanzi
Libia. La politica, l’ENI e l’attentato al generale Haftar
Gli islamisti licenziano il loro premier, mentre Haftar è colpito da una bomba e l’Italia torna in prima linea grazie anche all'ENI
Per Lookout news
È di stamani, venerdì 10 aprile 2015, la notizia che il generale libico Khalifa Haftar, comandante in capo delle forze armate del governo di Tobruk, è rimasto ferito in un attentato dinamitardo avvenuto all’alba di mercoledì 8 aprile. La natura delle lesioni, come pure le circostanze dell’attacco, rimangono ancora sconosciute. Tuttavia, alcune fonti indicano che i colpevoli potrebbero trovarsi all’interno delle stesse forze armate. Uno dei nomi che si fanno è quello del colonnello Faraj Barasi, il quale avrebbe “serie divergenze” circa i metodi del generale Haftar.
Libia. La politica, l’ENI e l’attentato al generale Haftar
Gli islamisti licenziano il loro premier, mentre Haftar è colpito da una bomba e l’Italia torna in prima linea grazie anche all'ENI
Per Lookout news
È di stamani, venerdì 10 aprile 2015, la notizia che il generale libico Khalifa Haftar, comandante in capo delle forze armate del governo di Tobruk, è rimasto ferito in un attentato dinamitardo avvenuto all’alba di mercoledì 8 aprile. La natura delle lesioni, come pure le circostanze dell’attacco, rimangono ancora sconosciute. Tuttavia, alcune fonti indicano che i colpevoli potrebbero trovarsi all’interno delle stesse forze armate. Uno dei nomi che si fanno è quello del colonnello Faraj Barasi, il quale avrebbe “serie divergenze” circa i metodi del generale Haftar.
mercoledì 15 aprile 2015
"La notizia dei missili contro l'Italia era falsa". Come si costruì nel 1986 la campagna mediatica e militare contro la Libia
Gheddafi e i missili fantasma, un mistero internazionale
"La notizia dei missili contro l'Italia era falsa". Come si costruì nel 1986 la campagna mediatica e militare contro la Libia
Vent'anni fa Italia in allarme per gli Scud libici su Lampedusa. L'ex capo dell'Aeronautica ora dice: "Era falso"
25 novembre 2005 - Gianluca Di Feo
Fonte: http://www.espressonline.it
Due boati, un rumore assordante che arrivava dal mare. Due esplosioni senza testimoni e l'Italia si ritrovò a un passo dalla guerra. Mancavano pochi minuti alle 17 del 15 aprile 1986. "È stato fortissimo, come una porta sbattuta violentemente. Sono uscita per strada, tutti siamo scesi lungo il corso. C'era chi gridava: 'È scoppiata la guerra!'". A Lampedusa tutti sentirono, nessuno vide. Il primo dispaccio di agenzia parlava di "cannonate sparate da una motovedetta libica". Poi si pensò a un aereo. Intorno alle 18 le autorità americane informarono il ministro della Difesa Giovanni Spadolini: Gheddafi aveva scagliato due missili Scud contro l'isola, ordigni scoppiati a un paio di chilometri dalla costa. Il giorno dopo, il grido della gente di Lampedusa diventò il titolone dei quotidiani: 'Ora l'Italia è in prima linea'. Quegli Scud sono diventati storia: l'unico attacco missilistico contro un paese occidentale. Due esplosioni che hanno troncato le relazioni tra Roma e Tripoli, spazzando via business lucrosi e portando la Fiat a riacquistare le azioni libiche. Eppure del lancio di quei missili non c'era nessuna prova. E ora, a quasi 20 anni di distanza, c'è chi comincia apertamente a parlare di finzione.
"La notizia dei missili contro l'Italia era falsa". Come si costruì nel 1986 la campagna mediatica e militare contro la Libia
Vent'anni fa Italia in allarme per gli Scud libici su Lampedusa. L'ex capo dell'Aeronautica ora dice: "Era falso"
25 novembre 2005 - Gianluca Di Feo
Fonte: http://www.espressonline.it
Due boati, un rumore assordante che arrivava dal mare. Due esplosioni senza testimoni e l'Italia si ritrovò a un passo dalla guerra. Mancavano pochi minuti alle 17 del 15 aprile 1986. "È stato fortissimo, come una porta sbattuta violentemente. Sono uscita per strada, tutti siamo scesi lungo il corso. C'era chi gridava: 'È scoppiata la guerra!'". A Lampedusa tutti sentirono, nessuno vide. Il primo dispaccio di agenzia parlava di "cannonate sparate da una motovedetta libica". Poi si pensò a un aereo. Intorno alle 18 le autorità americane informarono il ministro della Difesa Giovanni Spadolini: Gheddafi aveva scagliato due missili Scud contro l'isola, ordigni scoppiati a un paio di chilometri dalla costa. Il giorno dopo, il grido della gente di Lampedusa diventò il titolone dei quotidiani: 'Ora l'Italia è in prima linea'. Quegli Scud sono diventati storia: l'unico attacco missilistico contro un paese occidentale. Due esplosioni che hanno troncato le relazioni tra Roma e Tripoli, spazzando via business lucrosi e portando la Fiat a riacquistare le azioni libiche. Eppure del lancio di quei missili non c'era nessuna prova. E ora, a quasi 20 anni di distanza, c'è chi comincia apertamente a parlare di finzione.
martedì 14 aprile 2015
Libia, come arrivano le armi al generale Haftar
8 aprile 2015
di Rocco Bellantone
Nonostante sia ancora formalmente in vigore l’embargo sulle armi imposto dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU alla Libia, nel Paese in conflitto continuano ad arrivare spedizioni non solo da Egitto ed Emirati Arabi ma anche dall’Europa.
A beneficiarne è soprattutto l’esercito regolare libico guidato dal generale Khalifa Haftar. Nella battaglia contro i gruppi islamisti a Tripoli, Bengasi e nelle aree costiere della Cirenaica, le milizie del generale e gli alleati di Zintan, rimasti fedeli al governo di Abdullah Al Thinni, possono avvalersi di regolari forniture di armi inviate principalmente da due società situate nel vecchio continente, la serba Slobodan Tesic e la bielorussa Beltechexport (Beltech). Secondo questa informazione, confermata anche in un recente rapporto presentato da un gruppo di esperti della missione ONU in Libia, serbi e bielorussi sono in affari con gli uomini di Haftar ormai da quasi un anno, di fatto da quando il generale ha lanciato la campagna antiterrorismo contro le forze islamiste per liberare Bengasi e la Cirenaica.
di Rocco Bellantone
Nonostante sia ancora formalmente in vigore l’embargo sulle armi imposto dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU alla Libia, nel Paese in conflitto continuano ad arrivare spedizioni non solo da Egitto ed Emirati Arabi ma anche dall’Europa.
A beneficiarne è soprattutto l’esercito regolare libico guidato dal generale Khalifa Haftar. Nella battaglia contro i gruppi islamisti a Tripoli, Bengasi e nelle aree costiere della Cirenaica, le milizie del generale e gli alleati di Zintan, rimasti fedeli al governo di Abdullah Al Thinni, possono avvalersi di regolari forniture di armi inviate principalmente da due società situate nel vecchio continente, la serba Slobodan Tesic e la bielorussa Beltechexport (Beltech). Secondo questa informazione, confermata anche in un recente rapporto presentato da un gruppo di esperti della missione ONU in Libia, serbi e bielorussi sono in affari con gli uomini di Haftar ormai da quasi un anno, di fatto da quando il generale ha lanciato la campagna antiterrorismo contro le forze islamiste per liberare Bengasi e la Cirenaica.
lunedì 13 aprile 2015
Bernard-Henri Levy e la distruzione della Libia
Le Grand Soir, 26 novembre 2013 (trad. ossin)
Ramzy Baroud
Levy, che sembrava un tempo come il più in vista tra i difensori della guerra contro la Libia, è completamente scomparso dalle luci della ribalta libica. Forse sta istigando disordini altrove, in nome della sua dubbia filosofia. La sua missione in Libia è compiuta e il paese si trova oramai nella situazione peggiore mai raggiunta
Ramzy Baroud
Levy, che sembrava un tempo come il più in vista tra i difensori della guerra contro la Libia, è completamente scomparso dalle luci della ribalta libica. Forse sta istigando disordini altrove, in nome della sua dubbia filosofia. La sua missione in Libia è compiuta e il paese si trova oramai nella situazione peggiore mai raggiunta
domenica 12 aprile 2015
In Libia, i laghi di Ubari in un mare di sabbia
Il laghi di Ubari è una vasta area di imponenti dune di sabbia nella regione del Fezzan nel sud-ovest della Libia. Ma 200.000 anni fa, questa era una zona umida e fertile con un sacco di pioggia e fiumi. Questi fiumi erano alimentati da un vasto lago, della dimensione equivalente alla Repubblica ceca, nel bacino del Fezzan chiamato lago Megafezzan. Durante i periodi umidi il lago ha raggiunto una dimensione massima di 120.000 chilometri quadrati. Il cambiamento climatico ha causato, nella regione, in una parte del Sahara, il prosciugamento graduale, e tra i 3.000 e 5.000 anni fa, il lago era evaporato via nel nulla. Esistono ancora tracce di questo grande lago oggi in forma di micro laghi sparsi tra le dune altissime come patch umide nel deserto. Attualmente ci sono circa 20 laghi nel mare di sabbia Ubari – belle oasi di palme che appaiono come anomalie nell’ambiente desertico duro.
sabato 11 aprile 2015
Soros prepara la regina delle speculazioni: quella sul cibo
3 aprile 2015
“Sono certo che la terra da coltivare sia il miglior investimento della nostra epoca. I prezzi dei prodotti alimentari aumenteranno, grazie alle richieste sempre maggiori dei mercati, e il fabbisogno sarà soddisfatto attraverso la coltivazione di nuove terre, o della tecnologia o, forse, di entrambe”.George Soros aveva le idee chiare già nel 2009 e l’anno successivo ha iniziato la sua scalata all’approvvigionamento di terre, aziende agricole e società impegnate nell’agrochimica e nella biotecnologia. Secondo alcuni analisti l’obiettivo del miliardario e speculatore americano sarebbe quello di creare una bolla economica sui principali prodotti alimentari di largo consumo: una speculazione dalla portata enorme, capace di mettere in ginocchio vaste aree del globo.
“Sono certo che la terra da coltivare sia il miglior investimento della nostra epoca. I prezzi dei prodotti alimentari aumenteranno, grazie alle richieste sempre maggiori dei mercati, e il fabbisogno sarà soddisfatto attraverso la coltivazione di nuove terre, o della tecnologia o, forse, di entrambe”.George Soros aveva le idee chiare già nel 2009 e l’anno successivo ha iniziato la sua scalata all’approvvigionamento di terre, aziende agricole e società impegnate nell’agrochimica e nella biotecnologia. Secondo alcuni analisti l’obiettivo del miliardario e speculatore americano sarebbe quello di creare una bolla economica sui principali prodotti alimentari di largo consumo: una speculazione dalla portata enorme, capace di mettere in ginocchio vaste aree del globo.
venerdì 10 aprile 2015
Libia. profughi eritrei rinchiusi da tre mesi in un capannone
La denuncia dell'Agenzia Habeshia. Sono circa 1.500 persone e fra loro anche molte donne e bambini. Aspettano di salire, sperano nei prossimi giorni, di partire e molti di loro non sanno che verranno stipati in qualche barca mezza scassata, con l'idea di raggiungere l'Europa. E tutto questo per 1.600 dollari a testa
giovedì 9 aprile 2015
Libia: un RATTO silurato ed un altro "sottoposto a minacce"
Lo apprendiamo da questi 2 articoli:
Libia, perché il primo ministro di Tripoli al-Hassi è stato silurato
01 - 04 - 2015 Michele Pierri
Con una mossa a sorpresa del parlamento ribelle di Tripoli, il Congresso generale nazionale ha rimosso dalla carica di primo ministro Omar al-Hassi.
La Libia, sprofondata nel caos dopo la caduta di Muammar Gheddafi, ha oggi due assemblee legislative. A Tobruk ha sede il parlamento "eletto" con la consultazione del 25 giugno scorso, riconosciuto dalla comunità internazionale e con premier Abdullah al-Thani. A Tripoli c’è quest’altra assise, che a detta del portavoce del Congresso, Omar Humaidan, ha deciso di estromettere al-Hassi ufficialmente “per mancanza di risultati e a causa di denunce presentate da diversi ministri del governo di salvezza nazionale“.
Libia, perché il primo ministro di Tripoli al-Hassi è stato silurato
01 - 04 - 2015 Michele Pierri
Con una mossa a sorpresa del parlamento ribelle di Tripoli, il Congresso generale nazionale ha rimosso dalla carica di primo ministro Omar al-Hassi.
La Libia, sprofondata nel caos dopo la caduta di Muammar Gheddafi, ha oggi due assemblee legislative. A Tobruk ha sede il parlamento "eletto" con la consultazione del 25 giugno scorso, riconosciuto dalla comunità internazionale e con premier Abdullah al-Thani. A Tripoli c’è quest’altra assise, che a detta del portavoce del Congresso, Omar Humaidan, ha deciso di estromettere al-Hassi ufficialmente “per mancanza di risultati e a causa di denunce presentate da diversi ministri del governo di salvezza nazionale“.
mercoledì 8 aprile 2015
La verità sull' attentato in Tunisia?
La vicenda accaduta nelgli scorsi giorni a Tunisi ha gettato il nostro Paese nel terrore, non abbiamo ancora smesso di piangere le nostre vittime innocenti, colpevoli solo di aver scelto di visitare un museo nel momento sbagliato.
L’Isis non ha ancora rivendicato l’attacco, ma ancora una volta assistiamo alla propaganda dei media e della stampa filo Governativa, che muovono il pubblico consenso verso le proposte belligeranti di Washington e della Nato.
L’Isis non ha ancora rivendicato l’attacco, ma ancora una volta assistiamo alla propaganda dei media e della stampa filo Governativa, che muovono il pubblico consenso verso le proposte belligeranti di Washington e della Nato.
martedì 7 aprile 2015
Geopolitica, quello che i media non dicono – Guerra del Gas: il caso Libia
di Naman Tarcha 2 aprile 2015
Nel mondo della geopolitica nulla avviene per caso: potrebbe anche sembrare una coincidenza, ma è certo che tutte le crisi e i conflitti avvengono in paesi con enormi risorse energetiche, produttori ed esportatori, oppure posizionati sulle vie di passaggio dell’energia. Se un giorno i cartelli dei pacifisti inascoltati contro le guerre portavano la scritta No Oil War, oggi tutti sanno (e pochi ne parlano) che siamo nell’era del Gas War.
Siamo di fronte ad una guerra mondiale a puntate, in zone che sembrano scollegate ma che in realtà compongono un mosaico di un nuovo equilibrio energetico mondiale, che riguarda da un lato riserve e giacimenti di gas e dall’altro i gasdotti e le vie di commercializzazione ed esportazione. Diversi obiettivi che riflettono gli interessi dei paesi coinvolti.
Partiamo dalla Libia. La scusa è sempre la stessa: aiutare il popolo libico sostenendo i ribelli, liberatori della Libia, ma è il gas il vero motore.
Nel mondo della geopolitica nulla avviene per caso: potrebbe anche sembrare una coincidenza, ma è certo che tutte le crisi e i conflitti avvengono in paesi con enormi risorse energetiche, produttori ed esportatori, oppure posizionati sulle vie di passaggio dell’energia. Se un giorno i cartelli dei pacifisti inascoltati contro le guerre portavano la scritta No Oil War, oggi tutti sanno (e pochi ne parlano) che siamo nell’era del Gas War.
Siamo di fronte ad una guerra mondiale a puntate, in zone che sembrano scollegate ma che in realtà compongono un mosaico di un nuovo equilibrio energetico mondiale, che riguarda da un lato riserve e giacimenti di gas e dall’altro i gasdotti e le vie di commercializzazione ed esportazione. Diversi obiettivi che riflettono gli interessi dei paesi coinvolti.
Partiamo dalla Libia. La scusa è sempre la stessa: aiutare il popolo libico sostenendo i ribelli, liberatori della Libia, ma è il gas il vero motore.
lunedì 6 aprile 2015
il RATTO Al Thani invoca una “soluzione yemenita” per la Libia
30 marzo 2015
Il premier libico Abdullah al Thani, insediato a Tobruk e riconosciuto internazionalmente ma destinato a passare la mano se i negoziati per un governo di unità nazionale avranno successo, ha annunciato che «la Libia domanderà alla Lega araba un intervento in Libia per il ritorno della legittimità» come quello in Yemen
Il premier libico Abdullah al Thani, insediato a Tobruk e riconosciuto internazionalmente ma destinato a passare la mano se i negoziati per un governo di unità nazionale avranno successo, ha annunciato che «la Libia domanderà alla Lega araba un intervento in Libia per il ritorno della legittimità» come quello in Yemen
domenica 5 aprile 2015
Di Anniversari, Ricorrenti menzogne e Unintended consequences
27 marzo 2015
Dodici anni fa, il 20 marzo 2003, gli Stati Uniti – a capo di una coalizione di ossequienti “volenterosi” e con il mandato delle ossequienti Nazioni Unite – iniziavano l’attacco all’Iraq per distruggere le “armi di distruzione di massa” di cui quel paese era dotato, bloccarne la politica di “appoggio al terrorismo islamico”, fargli dono della democrazia.
Nel giro di quaranta giorni Baghdad fu “liberata”, la statua del dittatore immancabilmente abbattuta. Di fronte ai soldati schierati sulla portaerei Lincoln, il presidente Bush poté trionfalmente dichiarare: “Missione compiuta”.
Dodici anni fa, il 20 marzo 2003, gli Stati Uniti – a capo di una coalizione di ossequienti “volenterosi” e con il mandato delle ossequienti Nazioni Unite – iniziavano l’attacco all’Iraq per distruggere le “armi di distruzione di massa” di cui quel paese era dotato, bloccarne la politica di “appoggio al terrorismo islamico”, fargli dono della democrazia.
Nel giro di quaranta giorni Baghdad fu “liberata”, la statua del dittatore immancabilmente abbattuta. Di fronte ai soldati schierati sulla portaerei Lincoln, il presidente Bush poté trionfalmente dichiarare: “Missione compiuta”.
sabato 4 aprile 2015
Ministro Gentiloni: senza vergogna
16 febbraio 2015
Il ministro Gentiloni prospetta l’invio di 5000 militari italiani per andare a fare una nuova guerra in Libia, dove il caos e la lotta tra le varie bande di tagliagole jihadisti (ISIS, miliziani di Misurata, Alba Libica, Ansar Al Sharia, ecc.) si è tradotta in una situazione tragica per i cittadini di quel paese, prospero e pacifico fino a 4 anni fa. Se ne discuterà anche giovedì 19 in Parlamento.
Nemmeno un accenno di autocritica troviamo nelle parole di Gentiloni. Chiediamo al ministro la cui faccia tosta sorprende persino me, che pure sono abituato alle bugie di Bush, di Blair, di Sarkozy e Hollande: ma chi ha distrutto la Libia a suon di bombe nel 2011? Chi ha attaccato un paese che stava in pace da 42 anni sotto l’intelligente guida di Muhammar Gheddafi che era riuscito a contenere i contrasti tra le varie tribù in cui il paese è diviso, che era diventato il più prospero dell’Africa (il PIL pro-capite era il più alto di tutto il continente), che ospitava 2 milioni di lavoratori immigrati, che aveva ricontrattato le licenze petrolifere con le compagnie straniere ottenendo il 90% dei proventi per lo stato libico redistribuendo i profitti tra la popolazione, che riconosceva pienamente i diritti delle donne, che aveva fornito il paese di acqua potabile riuscendo anche a raggiungere l’autosufficienza alimentare, che aveva allontanato dal paese tutte le basi militari straniere acquisendo una piena indipendenza (a differenza dell’Italia che è ricoperta di basi USA e NATO, piene anche di bombe atomiche)?
Il ministro Gentiloni prospetta l’invio di 5000 militari italiani per andare a fare una nuova guerra in Libia, dove il caos e la lotta tra le varie bande di tagliagole jihadisti (ISIS, miliziani di Misurata, Alba Libica, Ansar Al Sharia, ecc.) si è tradotta in una situazione tragica per i cittadini di quel paese, prospero e pacifico fino a 4 anni fa. Se ne discuterà anche giovedì 19 in Parlamento.
Nemmeno un accenno di autocritica troviamo nelle parole di Gentiloni. Chiediamo al ministro la cui faccia tosta sorprende persino me, che pure sono abituato alle bugie di Bush, di Blair, di Sarkozy e Hollande: ma chi ha distrutto la Libia a suon di bombe nel 2011? Chi ha attaccato un paese che stava in pace da 42 anni sotto l’intelligente guida di Muhammar Gheddafi che era riuscito a contenere i contrasti tra le varie tribù in cui il paese è diviso, che era diventato il più prospero dell’Africa (il PIL pro-capite era il più alto di tutto il continente), che ospitava 2 milioni di lavoratori immigrati, che aveva ricontrattato le licenze petrolifere con le compagnie straniere ottenendo il 90% dei proventi per lo stato libico redistribuendo i profitti tra la popolazione, che riconosceva pienamente i diritti delle donne, che aveva fornito il paese di acqua potabile riuscendo anche a raggiungere l’autosufficienza alimentare, che aveva allontanato dal paese tutte le basi militari straniere acquisendo una piena indipendenza (a differenza dell’Italia che è ricoperta di basi USA e NATO, piene anche di bombe atomiche)?
venerdì 3 aprile 2015
Onu sulla Libia: Sarà esteso di sei mesi il mandato di Léon»
Giuseppe Acconcia, 28.3.2015
Libia. Confermate le sanzioni, prorogato l'embargo
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite ha approvato ieri due bozze di risoluzione sulla Libia. La prima, di natura tecnica, stabilisce la proroga della missione Unsmil per sei mesi fino al 15 settembre 2015. Si tratta di un’estensione ben più lunga del previsto (le precedenti missioni venivano prorogate di trenta giorni in trenta giorni).
Il documento, oltre a confermare le sanzioni internazionali alla Libia, prorogando l’embargo contro le armi, il congelamento degli asset finanziari per entrambe le fazioni libiche in conflitto, conferma il mandato del rappresentante speciale del Segretario generale Onu Ban Ki-Moon in Libia, lo spagnolo Bernardino Léon. Il diplomatico è impegnato nel favorire un dialogo impossibile tra parlamenti di Tobruk e di Tripoli per la formazione di un governo di unità nazionale, in corso in Marocco. Il tentativo sembra non andare a buon fine anche a causa dei continui attacchi dei militari filo-Haftar, il golpista che da un anno cerca di prendere il controllo del paese, contro la Tripolitania.
La seconda bozza contiene invece una serie di disposizioni per fermare i jihadisti dello Stato islamico (Is), presenti a Derna e Sirte, di Ansar Al-Sharia e affiliati, che spadroneggiano per le vie di Bengasi, ma non revoca l’embargo alle armi per i miliziani pro-Haftar, come richiesto da Egitto e Giordania. Nella risoluzione si esprime poi grave preoccupazione sul rischio che si estenda il fenomeno dei foreign fighters, addestrati in Libia. Con queste risoluzioni, il governo italiano ha perso un’altra occasione. Ancora una volta non si è impegnato nel sostenere una figura politica forte, come poteva essere l’ex premier Romano Prodi, per rinvigorire il ruolo italiano di mediazione in Libia. La Farnesina si è limitata ad accogliere favorevolmente le decisioni delle Nazioni unite. Il premier Matteo Renzi si è più volte detto favorevole ad un attacco italiano in Libia, anche al fianco di Egitto e Arabia Saudita.
Proprio sulla questione della fine all’embargo delle armi per Tobruk aveva puntato il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi che nel summit della Lega araba in corso a Sharm el-Sheykh ha ribadito la necessità di estendere l’influenza del Cairo in Libia. «Chiediamo di aiutare il governo legittimo affinché possa assicurare la propria autodifesa e lottare contro il terrorismo», è arrivato a dichiarare al-Sisi dimenticando che il parlamento di Tobruk è costretto su una nave ormeggiata a largo di Bengasi e non ha alcuna legittimità elettorale perché il voto si è svolto in fretta e in furia, con una scarsissima partecipazione popolare.
Al-Sisi ha poi aggiunto che la «comunità internazionale deve decidere e assumere un atteggiamento chiaro» per dissuadere con la forza «coloro che usano le armi». I primi ad usare le armi sono tuttavia proprio i militari pro-Haftar e i Zintani che l’ex generale egiziano appoggia. Nel summit di Sharm, l’emiro del Qatar, Tamim al-Thani, che sostiene la legittimità del parlamento di Tripoli, ha ribadito invece il suo appoggio al dialogo nazionale e a una soluzione politica della crisi.
Preso da: http://ilmanifesto.info/onu-sulla-libia-sara-esteso-di-sei-mesi-il-mandato-di-leon/
Bene, di male in peggio,prolungano il mandato a Leon, quello che vuole far sedere allo stesso tavolo "islamisti" e non islamisti,( proprio adesso che questi ultimi spinti dalle tribù libiche stanno avendo la meglio), e nello stesso tempo continua l' embargo agli stessi loro clienti, che LORO hanno installato in Libia, non cè che dire un bel colpo di genio.
Libia. Confermate le sanzioni, prorogato l'embargo
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite ha approvato ieri due bozze di risoluzione sulla Libia. La prima, di natura tecnica, stabilisce la proroga della missione Unsmil per sei mesi fino al 15 settembre 2015. Si tratta di un’estensione ben più lunga del previsto (le precedenti missioni venivano prorogate di trenta giorni in trenta giorni).
Il documento, oltre a confermare le sanzioni internazionali alla Libia, prorogando l’embargo contro le armi, il congelamento degli asset finanziari per entrambe le fazioni libiche in conflitto, conferma il mandato del rappresentante speciale del Segretario generale Onu Ban Ki-Moon in Libia, lo spagnolo Bernardino Léon. Il diplomatico è impegnato nel favorire un dialogo impossibile tra parlamenti di Tobruk e di Tripoli per la formazione di un governo di unità nazionale, in corso in Marocco. Il tentativo sembra non andare a buon fine anche a causa dei continui attacchi dei militari filo-Haftar, il golpista che da un anno cerca di prendere il controllo del paese, contro la Tripolitania.
La seconda bozza contiene invece una serie di disposizioni per fermare i jihadisti dello Stato islamico (Is), presenti a Derna e Sirte, di Ansar Al-Sharia e affiliati, che spadroneggiano per le vie di Bengasi, ma non revoca l’embargo alle armi per i miliziani pro-Haftar, come richiesto da Egitto e Giordania. Nella risoluzione si esprime poi grave preoccupazione sul rischio che si estenda il fenomeno dei foreign fighters, addestrati in Libia. Con queste risoluzioni, il governo italiano ha perso un’altra occasione. Ancora una volta non si è impegnato nel sostenere una figura politica forte, come poteva essere l’ex premier Romano Prodi, per rinvigorire il ruolo italiano di mediazione in Libia. La Farnesina si è limitata ad accogliere favorevolmente le decisioni delle Nazioni unite. Il premier Matteo Renzi si è più volte detto favorevole ad un attacco italiano in Libia, anche al fianco di Egitto e Arabia Saudita.
Proprio sulla questione della fine all’embargo delle armi per Tobruk aveva puntato il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi che nel summit della Lega araba in corso a Sharm el-Sheykh ha ribadito la necessità di estendere l’influenza del Cairo in Libia. «Chiediamo di aiutare il governo legittimo affinché possa assicurare la propria autodifesa e lottare contro il terrorismo», è arrivato a dichiarare al-Sisi dimenticando che il parlamento di Tobruk è costretto su una nave ormeggiata a largo di Bengasi e non ha alcuna legittimità elettorale perché il voto si è svolto in fretta e in furia, con una scarsissima partecipazione popolare.
Al-Sisi ha poi aggiunto che la «comunità internazionale deve decidere e assumere un atteggiamento chiaro» per dissuadere con la forza «coloro che usano le armi». I primi ad usare le armi sono tuttavia proprio i militari pro-Haftar e i Zintani che l’ex generale egiziano appoggia. Nel summit di Sharm, l’emiro del Qatar, Tamim al-Thani, che sostiene la legittimità del parlamento di Tripoli, ha ribadito invece il suo appoggio al dialogo nazionale e a una soluzione politica della crisi.
Preso da: http://ilmanifesto.info/onu-sulla-libia-sara-esteso-di-sei-mesi-il-mandato-di-leon/
Bene, di male in peggio,prolungano il mandato a Leon, quello che vuole far sedere allo stesso tavolo "islamisti" e non islamisti,( proprio adesso che questi ultimi spinti dalle tribù libiche stanno avendo la meglio), e nello stesso tempo continua l' embargo agli stessi loro clienti, che LORO hanno installato in Libia, non cè che dire un bel colpo di genio.
giovedì 2 aprile 2015
Inaccettabile! Libia: Notizie false diffuse da Leon(ONU)
25 marzo 2015
Non dovrebbe passare sotto silenzio il fatto che un mediatore ONU diffonda dichiarazioni palesemente false:
Lunedì Leon ha rilasciato la dichiarazione riportata di seguito "Governo di unità nazionale (tra governo Tobrouk e governo Tripoli) forse a fine settimana"
Domenica aveva affermato che l' offensiva contro Tripoli del governo di Tobrouk doveva fermarsi
e martedì il governo di Tobrouk non l' ha ricevuto.
E' evidente quindi che la dichiarazione di lunedì 23 marzo era stata diffusa sapendo di mentire:
Marcopa
Libia, Bernardino Leon (Onu): "Possibile un governo di unità nazionale entro la settimana". Mogherini: "No a intervento militare"
Non dovrebbe passare sotto silenzio il fatto che un mediatore ONU diffonda dichiarazioni palesemente false:
Lunedì Leon ha rilasciato la dichiarazione riportata di seguito "Governo di unità nazionale (tra governo Tobrouk e governo Tripoli) forse a fine settimana"
Domenica aveva affermato che l' offensiva contro Tripoli del governo di Tobrouk doveva fermarsi
e martedì il governo di Tobrouk non l' ha ricevuto.
E' evidente quindi che la dichiarazione di lunedì 23 marzo era stata diffusa sapendo di mentire:
Marcopa
Libia, Bernardino Leon (Onu): "Possibile un governo di unità nazionale entro la settimana". Mogherini: "No a intervento militare"
mercoledì 1 aprile 2015
ennesimo tentativo di corruzione, e false promesse ai danni del popolo libico.
In questi giorni, circolano alcuni articoli, scritti da chi ha la "soluzione" per la Libia,adesso che una delle parti, cioè il governo "eletto" di Tobruk sta facendo progressi sul terreno, ( in verità spinto dalle grandi tribù Libiche), ecco che arriva il ricatto, per carità, ti parlano di "aiuti", "formazione" ecc, altrimenti?. Altrimenti SANZIONI.
Libia, Italia in primo piano nell'ultima mediazione. Addestramento militare e "Piano Marshall", queste le nostre promesse
Umberto De Giovannangeli, L'Huffington Post Pubblicato: 23/03/2015 19:02 CET
Addestrare i quadri del “nuovo esercito nazionale”. Supportare, anche economicamente, la ricostruzione di un sistema amministrativo e istituzionale che faccia uscire la Libia dalla sua condizione attuale: quella di uno “Stato fallito”. Lavorare, in ambito europeo, perché si individuino le risorse finanziarie necessarie per dar vita a un “Piano Marshall” per i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo, oggi nel mirino dell’Isis e di al Qaeda. Così l’Italia, confida all’Huffington Post una fonte diplomatica bene informata, intende giocare un ruolo di primo piano sullo scenario libico, a supporto dell’ "ultima mediazione” in atto a Rabat.
Libia, Italia in primo piano nell'ultima mediazione. Addestramento militare e "Piano Marshall", queste le nostre promesse
Umberto De Giovannangeli, L'Huffington Post Pubblicato: 23/03/2015 19:02 CET
Addestrare i quadri del “nuovo esercito nazionale”. Supportare, anche economicamente, la ricostruzione di un sistema amministrativo e istituzionale che faccia uscire la Libia dalla sua condizione attuale: quella di uno “Stato fallito”. Lavorare, in ambito europeo, perché si individuino le risorse finanziarie necessarie per dar vita a un “Piano Marshall” per i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo, oggi nel mirino dell’Isis e di al Qaeda. Così l’Italia, confida all’Huffington Post una fonte diplomatica bene informata, intende giocare un ruolo di primo piano sullo scenario libico, a supporto dell’ "ultima mediazione” in atto a Rabat.
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