22 novembre 2014
Abdel Fatah Al Sisi: "Dalla Libia al Califfato in Siria, è la stessa forma di estremismo. La coalizione vada avanti, ma la risposta militare da sola non basta"
Parla il presidente egiziano alla vigilia del suo viaggio in Francia e in Italia "La repressione nel mio Paese? Cifre esagerate. Una strategia globale contro il terrorismo dell'Is l'Egitto farà la sua parte"
di MARC PERELMAN e SONIA DRIDI
PRESIDENTE AL SISI, lei sta per compiere il suo primo viaggio ufficiale in Europa dopo la sua elezione (lunedì sarà a Roma, ndr). Quali sono le sue aspettative? Che tipo di alleanze sta prendendo in considerazione?
"La mia visita in Francia e in Italia si inserisce nell'ottica degli sforzi volti a ristabilire il ruolo dell'Egitto".
In ogni guerra, ancora prima della gente, occorre assassinare la verità. Guerra alla libia: 100000 morti, 240000 persone ancora cercate, 78000 dispersi. 10300 donne violentate, 350000 rifugiati.
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domenica 30 novembre 2014
Abdel Fatah Al Sisi: "Dalla Libia al Califfato in Siria, è la stessa forma di estremismo.
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sabato 29 novembre 2014
Libia, il golpe soft della Fratellanza musulmana
Laici e liberali estromessi. I giudici dichiarano legittimo l'autoproclamato parlamento islamico. Ma le forze militari bombardano le basi delle milizie.
di Barbara Ciolli 23 Novembre 2014
In Italia hanno fatto molto notizia le bandiere dell'Isis issate in Libia, tra i reduci dall'Iraq e dell'Afghanistan di Derna. Ancora di più si è parlato della liberazione dei due ostaggi connazionali, Marco Vallisa e Gianluca Salviato.
Molta meno eco ha avuto il via libera della Corte suprema libica all'autoproclamato parlamento di Tripoli: e cioè il Consiglio nazionale generale (Cng) piazzato nella capitale dalle Brigate di Misurata, dopo la presa dell'aeroporto e in sfida al parlamento legittimamente eletto, ma esiliato nell'Est, a Tobruk, in fuga da attentati e bombe.
di Barbara Ciolli 23 Novembre 2014
In Italia hanno fatto molto notizia le bandiere dell'Isis issate in Libia, tra i reduci dall'Iraq e dell'Afghanistan di Derna. Ancora di più si è parlato della liberazione dei due ostaggi connazionali, Marco Vallisa e Gianluca Salviato.
Molta meno eco ha avuto il via libera della Corte suprema libica all'autoproclamato parlamento di Tripoli: e cioè il Consiglio nazionale generale (Cng) piazzato nella capitale dalle Brigate di Misurata, dopo la presa dell'aeroporto e in sfida al parlamento legittimamente eletto, ma esiliato nell'Est, a Tobruk, in fuga da attentati e bombe.
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venerdì 28 novembre 2014
“Dignità della Libia”: iniziata l’offensiva per la liberazione di Tripoli dai nazisti islamici
23 novembre 2014
Reparti del Libyan National Army e delle milizie lealiste del generale Khalifa Haftar convergono verso la capitale per la liberarla dalla presenza dei jihadisti di Ansar al-Sharia, riuniti con altre fazioni islamiste nella coalizione “Alba”. Il gruppo islamista è stato inserito mercoledì scorso tra i gruppi terroristi dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
Reparti del Libyan National Army – sia dell’esercito che delle marina – hanno avviato l’offensiva per liberare la capitale della Libia dalla presenza delle milizie jihadiste riunite nella coalizione “Alba”. A supportare in modo determinante i militari "legittimi" della Libia nell’operazione di riconquista del controllo del territorio e di ristoro della legalità vi sono, come noto, le forze militari organizzate e coordinate dal generale Khalifa Haftar.
Reparti del Libyan National Army e delle milizie lealiste del generale Khalifa Haftar convergono verso la capitale per la liberarla dalla presenza dei jihadisti di Ansar al-Sharia, riuniti con altre fazioni islamiste nella coalizione “Alba”. Il gruppo islamista è stato inserito mercoledì scorso tra i gruppi terroristi dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
Reparti del Libyan National Army – sia dell’esercito che delle marina – hanno avviato l’offensiva per liberare la capitale della Libia dalla presenza delle milizie jihadiste riunite nella coalizione “Alba”. A supportare in modo determinante i militari "legittimi" della Libia nell’operazione di riconquista del controllo del territorio e di ristoro della legalità vi sono, come noto, le forze militari organizzate e coordinate dal generale Khalifa Haftar.
giovedì 27 novembre 2014
Libia, i RATTI: " Uccideremo i traditori della rivoluzione"
Tre anni fa la fine del regime. Poi, il caos. «Dovevamo cacciare Gheddafi, tutti insieme». Oggi è guerra aperta tra Cirenaica e Tripolitania. Anche per i pozzi di gas
di Francesco Battistini, inviato in Libia
SHAL GUDA (fronte di Kikla, Libia) Si stacca alle sette, col buio. Quand’è pronto da mangiare. Duemila cartoni da torta con sopra la scritta «sweet» e dentro pastina, montone e cipolle, verdurine tagliate, una mela, il succo di prugna, posate di plastica. Per chi gradisce, anche le patatine appena fritte. I miliziani islamici di Alba libica si danno il cambio ai rondò di Kikla, incappucciano i lanciarazzi, vanno a posteggiare i pick-up in un magazzino di laterizi di fronte al distributore, sullo stradone che viene dall’assedio. Lunghi tavoli di ferro nel capannone, neon bianchi, la capra d’un guerriero legata a una sedia, i racconti della guerra di giornata.
di Francesco Battistini, inviato in Libia
SHAL GUDA (fronte di Kikla, Libia) Si stacca alle sette, col buio. Quand’è pronto da mangiare. Duemila cartoni da torta con sopra la scritta «sweet» e dentro pastina, montone e cipolle, verdurine tagliate, una mela, il succo di prugna, posate di plastica. Per chi gradisce, anche le patatine appena fritte. I miliziani islamici di Alba libica si danno il cambio ai rondò di Kikla, incappucciano i lanciarazzi, vanno a posteggiare i pick-up in un magazzino di laterizi di fronte al distributore, sullo stradone che viene dall’assedio. Lunghi tavoli di ferro nel capannone, neon bianchi, la capra d’un guerriero legata a una sedia, i racconti della guerra di giornata.
mercoledì 26 novembre 2014
Il progetto del dinaro d’oro: il vero motivo per cui è stata fatta la guerra contro la Libia
21 novembre 2014
Al giorno d’oggi la Libia è sempre più nel caos, sottoposta a una pressante guerra civile tra miliziani armati di diverse fazioni, islamiste ( tra le quali recentemente si è aggiunta anche l’ISIS ) e non.
Questa precaria e tesa situazione risulta essere il risultato della guerra scoppiata a marzo 2011, guerra che ha letteralmente destabilizzato il paese, trasformandolo in una gigantesca polveriera.
Ora, parlando delle cause di questa guerra in Libia sono state dette e scritte tante cose, come il fatto che essa è iniziata per i soliti interessi petroliferi e così via.
Ma, oltre al controllo delle risorse e agli interessi geopolitici, ciò che è risultato primario in questa, come in altre guerre, è stato ovviamente l’interesse economico e finanziario.
Al giorno d’oggi la Libia è sempre più nel caos, sottoposta a una pressante guerra civile tra miliziani armati di diverse fazioni, islamiste ( tra le quali recentemente si è aggiunta anche l’ISIS ) e non.
Questa precaria e tesa situazione risulta essere il risultato della guerra scoppiata a marzo 2011, guerra che ha letteralmente destabilizzato il paese, trasformandolo in una gigantesca polveriera.
Ora, parlando delle cause di questa guerra in Libia sono state dette e scritte tante cose, come il fatto che essa è iniziata per i soliti interessi petroliferi e così via.
Ma, oltre al controllo delle risorse e agli interessi geopolitici, ciò che è risultato primario in questa, come in altre guerre, è stato ovviamente l’interesse economico e finanziario.
martedì 25 novembre 2014
Il criminale silenzio italiano sulla Libia
19 novembre 2014
La grottesca politica estera del Governo che celebra come successo la liberazione – dietro pagamento – degli ostaggi italiani in Libia.
La Libia sprofonda sempre più in una devastante guerra civile senza quartiere dagli esiti imprevedibili. La recrudescenza dei combattimenti testimonia l’ormai conclamata regionalizzazione di un conflitto, dove molti diversi attori stranieri stanno prendendo attivamente parte alle operazioni belliche. Scomparsa completamente dai media italiani ormai completamente assorbiti/asserviti a incensare la Lady Pesc Mogherini e il nostro “pacifico” contributo nella guerra santa contro l’ISIS – di ieri la notizia dell’invio, dopo le armi e l’aerocisterna, di quattro Tornado per missioni ISR1 – la drammatica situazione libica è un pericolo assai più vicino e preoccupante di ciò che accade in Siria. Sono lontanissimi i tempi in cui il colonnello Gheddafi ci forniva generosi contratti per la fornitura di gas e petrolio, accordi per il controllo delle coste da cui partono i barconi dei migranti e il Mukhabarat ci forniva soffiate d’intelligence in cambio di una certa sottomissione retorica post-coloniale e l’impegno nella costruzione d’importanti infrastrutture che comunque avrebbero portato lavoro alle aziende nostrane. Spazzati via dalle bombe anglo-francesi e dai tomahawk americani tutti gli accordi politici e commerciali, la Libia oggi è un rebus indecifrabile a un tiro di schioppo da Lampedusa.
La grottesca politica estera del Governo che celebra come successo la liberazione – dietro pagamento – degli ostaggi italiani in Libia.
La Libia sprofonda sempre più in una devastante guerra civile senza quartiere dagli esiti imprevedibili. La recrudescenza dei combattimenti testimonia l’ormai conclamata regionalizzazione di un conflitto, dove molti diversi attori stranieri stanno prendendo attivamente parte alle operazioni belliche. Scomparsa completamente dai media italiani ormai completamente assorbiti/asserviti a incensare la Lady Pesc Mogherini e il nostro “pacifico” contributo nella guerra santa contro l’ISIS – di ieri la notizia dell’invio, dopo le armi e l’aerocisterna, di quattro Tornado per missioni ISR1 – la drammatica situazione libica è un pericolo assai più vicino e preoccupante di ciò che accade in Siria. Sono lontanissimi i tempi in cui il colonnello Gheddafi ci forniva generosi contratti per la fornitura di gas e petrolio, accordi per il controllo delle coste da cui partono i barconi dei migranti e il Mukhabarat ci forniva soffiate d’intelligence in cambio di una certa sottomissione retorica post-coloniale e l’impegno nella costruzione d’importanti infrastrutture che comunque avrebbero portato lavoro alle aziende nostrane. Spazzati via dalle bombe anglo-francesi e dai tomahawk americani tutti gli accordi politici e commerciali, la Libia oggi è un rebus indecifrabile a un tiro di schioppo da Lampedusa.
lunedì 24 novembre 2014
L'isis penetra in Libia. Bandiere su edifici governativi ed auto della polizia
La bandiera nera dell'Isis sventola sopra gli edifici governativi. Le auto della polizia portano le insegne dell'organizzazione terroristica. Lo stadio di calcio locale è utilizzato per le esecuzioni pubbliche. Parliamo di una città in Siria o in Iraq? No, di una città sulla costa del Mediterraneo, in Libia. Combattenti fedeli allo Stato Islamico in Iraq e Siria hanno ormai il completo controllo della città di Derna, popolazione di circa 100.000, non lontano dal confine con l'Egitto, a soli circa 200 miglia dalle coste meridionali dell'Unione europea.
domenica 23 novembre 2014
Libia, continuano le partenze. Uno scafista: "Non è cambiato niente"
Solo nel fine settimana sono 4 le imbarcazioni partite verso il Canale di Sicilia. Due i barconi già usati e ritrovati ad Al Bouri, nonostante Alfano avesse assicurato che sarebbero stati distrutti. Parla un trafficante: “Chi lavorava con barconi in buone condizioni quando gli italiani erano in mare, continuerà a farlo. E anche chi metteva in acqua barche da suicidio"Martedì,
18 novembre 2014 - 18:12:00
Le intemperie che si sono abbattute sul Canale di Sicilia hanno di certo contribuito a diradare e rallentare le partenze dei barconi dalla sponda Sud del mediterraneo, tuttavia non hanno fatto indietreggiare di un millimetro i migranti laggiù, in attesa della tregua dal maltempo per tentare la grande traversata. Lo scorso fine settimane, con il sole e il mare piatto, quattro barconi sarebbero partiti dalla Libia, hanno raccontato a Redattore Sociale alcune fonti locali. Domenica mattina due barconi sono stati rinvenuti abbandonati nei pressi della piattaforma petrolifere off-shore Al Bouri, operata dall'ENI. Al Bouri si trova a circa 70 miglia dalla costa libica, sul versante occidentale del Paese.
18 novembre 2014 - 18:12:00
Le intemperie che si sono abbattute sul Canale di Sicilia hanno di certo contribuito a diradare e rallentare le partenze dei barconi dalla sponda Sud del mediterraneo, tuttavia non hanno fatto indietreggiare di un millimetro i migranti laggiù, in attesa della tregua dal maltempo per tentare la grande traversata. Lo scorso fine settimane, con il sole e il mare piatto, quattro barconi sarebbero partiti dalla Libia, hanno raccontato a Redattore Sociale alcune fonti locali. Domenica mattina due barconi sono stati rinvenuti abbandonati nei pressi della piattaforma petrolifere off-shore Al Bouri, operata dall'ENI. Al Bouri si trova a circa 70 miglia dalla costa libica, sul versante occidentale del Paese.
sabato 22 novembre 2014
E poi? Il tabù dello “State building” libico
Scritto da adriano dirri – 8 gennaio 2014 – 14:51
sono passati 3 anni dalla "fine" della guerra civile e dell’intervento della coalizione dei volenterosi, in base all’ormai nota motivazione della “responsability to protect”, anche nota come R2P; essa è stata la norma sulla cui base è stata attaccata la Serbia nel 1999, poi formalizzata nel 2006 con Risoluzione del Consiglio di Sicurezza, in cui si afferma che lo Stato abbia la responsabilità di proteggere i propri cittadini dalle atrocità di massa (pulizia etnica, genocidio ecc.) e che, nel caso di negligenza nonché di incapacità, la comunità internazionale divenga la diretta responsabile nei confronti del popolo oppresso, con quindi il dovere di intervenire, anche militarmente, come ultima opzione. Tale questione tuttavia si interseca con una prassi in cui alcune questioni vengono amplificate, per interessi geopolitici ed economici, mentre altri minimizzati perché le relative entità statuali sono considerate partnership commerciali o semplicemente “amici”.
sono passati 3 anni dalla "fine" della guerra civile e dell’intervento della coalizione dei volenterosi, in base all’ormai nota motivazione della “responsability to protect”, anche nota come R2P; essa è stata la norma sulla cui base è stata attaccata la Serbia nel 1999, poi formalizzata nel 2006 con Risoluzione del Consiglio di Sicurezza, in cui si afferma che lo Stato abbia la responsabilità di proteggere i propri cittadini dalle atrocità di massa (pulizia etnica, genocidio ecc.) e che, nel caso di negligenza nonché di incapacità, la comunità internazionale divenga la diretta responsabile nei confronti del popolo oppresso, con quindi il dovere di intervenire, anche militarmente, come ultima opzione. Tale questione tuttavia si interseca con una prassi in cui alcune questioni vengono amplificate, per interessi geopolitici ed economici, mentre altri minimizzati perché le relative entità statuali sono considerate partnership commerciali o semplicemente “amici”.
venerdì 21 novembre 2014
Libia: i RATTI alle ambasciate: " aumentate la vostra sicurezza"
15 novembre 2014
E' un allarme, ma anche una richiesta di aiuto. Il governo libico di Abdullah al Thani, riconosciuto dalla comunità internazionale ma esiliato in Cirenaica, riconosce di non avere il controllo su Tripoli e la propria impotenza di fronte alle milizie che regnano nella capitale. Chiede quindi alle ambasciate straniere di provvedere a innalzare i propri livelli di sicurezza.
E' un allarme, ma anche una richiesta di aiuto. Il governo libico di Abdullah al Thani, riconosciuto dalla comunità internazionale ma esiliato in Cirenaica, riconosce di non avere il controllo su Tripoli e la propria impotenza di fronte alle milizie che regnano nella capitale. Chiede quindi alle ambasciate straniere di provvedere a innalzare i propri livelli di sicurezza.
giovedì 20 novembre 2014
Libia, jihadisti decapitano soldato. Due autobombe a Tripoli contro ambasciate
13 novembre 2014
Per la prima volta i miliziani di Ansar al Sharia, affiliati allo Stato islamico, hanno postato online il video della decapitazione del prigioniero in pieno 'stile Isis'. Nella capitale gli ordigni sono esplosi vicino alle sedi diplomatiche d'Egitto ed Emirati Arabi
Gli jihadisti tornano a seminare orrore, questa volta in Libia. Un giovane catturato mentre combatteva tra le file dell’ex generale libico Khalifa Haftar nell’est del Paese è stato decapitato. Lo riferisce il Times online. Per la prima volta i miliziani di Ansar al Sharia, affiliati allo Stato islamico, hanno postato online il video della decapitazione del prigioniero in pieno “stile Isis”. Il volontario si chiama Ahmed Muftah El-Nazihi e appare terrorizzato mentre pronuncia la dichiarazione che i membri di un gruppo jihadista, parte di Ansar al-Sharia, gli hanno fatto leggere. “Consiglio a quelli che erano con me di abbandonare le loro attività e tornare alle loro case o dovranno affrontare lo stesso destino: la decapitazione”. La sua dichiarazione è preceduta da un messaggio in cui viene spiegato che l’uccisione è una vendetta per le azioni militari condotte dalle forze di Haftar. Alcuni uomini incappucciati attorno al giovane hanno poi portato a termine la loro barbara esecuzione e mostrato la testa della vittima. Il video, ricorda il Times, è stato diffuso il giorno dopo che i cadaveri di tre giovani attivisti libici sono stati trovati vicino a Derna: avevano usato i social network per dare notizia delle violenze nella città controllata da un altro gruppo legato ad Ansar Al Sharia.
Per la prima volta i miliziani di Ansar al Sharia, affiliati allo Stato islamico, hanno postato online il video della decapitazione del prigioniero in pieno 'stile Isis'. Nella capitale gli ordigni sono esplosi vicino alle sedi diplomatiche d'Egitto ed Emirati Arabi
Gli jihadisti tornano a seminare orrore, questa volta in Libia. Un giovane catturato mentre combatteva tra le file dell’ex generale libico Khalifa Haftar nell’est del Paese è stato decapitato. Lo riferisce il Times online. Per la prima volta i miliziani di Ansar al Sharia, affiliati allo Stato islamico, hanno postato online il video della decapitazione del prigioniero in pieno “stile Isis”. Il volontario si chiama Ahmed Muftah El-Nazihi e appare terrorizzato mentre pronuncia la dichiarazione che i membri di un gruppo jihadista, parte di Ansar al-Sharia, gli hanno fatto leggere. “Consiglio a quelli che erano con me di abbandonare le loro attività e tornare alle loro case o dovranno affrontare lo stesso destino: la decapitazione”. La sua dichiarazione è preceduta da un messaggio in cui viene spiegato che l’uccisione è una vendetta per le azioni militari condotte dalle forze di Haftar. Alcuni uomini incappucciati attorno al giovane hanno poi portato a termine la loro barbara esecuzione e mostrato la testa della vittima. Il video, ricorda il Times, è stato diffuso il giorno dopo che i cadaveri di tre giovani attivisti libici sono stati trovati vicino a Derna: avevano usato i social network per dare notizia delle violenze nella città controllata da un altro gruppo legato ad Ansar Al Sharia.
mercoledì 19 novembre 2014
In Libia gli italiani sotto assedio «Qui ormai ci fingiamo inglesi»
Dopo 4 mesi liberato il piacentino Marco Vallisa. I libici: «Riscatto da un milione»
di Francesco Battistini 14 novembre 2014
Lo spinterogeno dell’autobomba è un carbone accartocciato sull’aiuola dell’ambasciata. Alle 7 del mattino, ha fatto una parabola di quaranta metri ed è finito sotto le finestre del console. Vetri rotti, crepe nel muro sopra una targa che commemora la visita del 2012 del ministro Terzi. «Se qualcuno a quell’ora passava di lì - dice uno della sicurezza - moriva di sicuro».
Cinque ore prima ci è passato Marco Vallisa, il piacentino liberato nelle lande berbere mercoledì sera: andava in aeroporto, dopo quattro mesi di negoziato e (dicono i libici) un milione di riscatto. A casa per tornare a sentirsi vivo, dimenticare questa Libia ostaggio d’autobombe e milizie. I banditi l’hanno consegnato ai nuovi padroni della capitale, la fratellanza islamica d’Alba libica, che da tre mesi s’impegna a mostrare ordine e sicurezza. «Grazie di tutto», ha appena fatto in tempo a dire Vallisa: trasferimento in elicot-tero e via veloci, giusto per evitare nuovi incubi, il brutto risveglio d’una Tripoli che si credeva un po’ meno allo sbando. Fortezza Italia. Le autobombe dell’alba non erano per noi: casomai per le ambasciate vicine, emiratini ed egiziani, finanziatori delle milizie antislamiche. Sono comunque affare nostro: con Malta e l’Ungheria, l’unico Paese europeo che ha deciso di restare qui con uno scortatissimo ambasciatore, Giuseppe Buccino, già consigliere diplomatico di Napolitano; col nostro passato in chiaroscuro, l’unica garanzia presente.
di Francesco Battistini 14 novembre 2014
Lo spinterogeno dell’autobomba è un carbone accartocciato sull’aiuola dell’ambasciata. Alle 7 del mattino, ha fatto una parabola di quaranta metri ed è finito sotto le finestre del console. Vetri rotti, crepe nel muro sopra una targa che commemora la visita del 2012 del ministro Terzi. «Se qualcuno a quell’ora passava di lì - dice uno della sicurezza - moriva di sicuro».
Cinque ore prima ci è passato Marco Vallisa, il piacentino liberato nelle lande berbere mercoledì sera: andava in aeroporto, dopo quattro mesi di negoziato e (dicono i libici) un milione di riscatto. A casa per tornare a sentirsi vivo, dimenticare questa Libia ostaggio d’autobombe e milizie. I banditi l’hanno consegnato ai nuovi padroni della capitale, la fratellanza islamica d’Alba libica, che da tre mesi s’impegna a mostrare ordine e sicurezza. «Grazie di tutto», ha appena fatto in tempo a dire Vallisa: trasferimento in elicot-tero e via veloci, giusto per evitare nuovi incubi, il brutto risveglio d’una Tripoli che si credeva un po’ meno allo sbando. Fortezza Italia. Le autobombe dell’alba non erano per noi: casomai per le ambasciate vicine, emiratini ed egiziani, finanziatori delle milizie antislamiche. Sono comunque affare nostro: con Malta e l’Ungheria, l’unico Paese europeo che ha deciso di restare qui con uno scortatissimo ambasciatore, Giuseppe Buccino, già consigliere diplomatico di Napolitano; col nostro passato in chiaroscuro, l’unica garanzia presente.
martedì 18 novembre 2014
Libia, a Tripoli distrutta la fontana della Gazzella, e la statua di Omar AL Moukhtar
La chiamavano semplicemente la Gazzella, ma era qualcosa di più. In quella statua di Gazzella abbracciata da una donna seminuda, circondata dai getti d'acqua d'una fontana gli abitanti di Tripoli leggevano un ultimo ricordo del passato. E il rimpianto di anni non segnati dall'incertezza, dall'inquietudine degli attuali giorni bui. Ora di quei giorni è scomparso anche il ricordo.
La "fontana italiana" - realizzata nel lontano 1932, in piena era fascista, dall'artista livornese Angiolo Vannetti - è scomparsa. Al suo posto sul basamento della fontana, spenta e semivuota, resta un deforme torsolo di cemento e metallo. Un chiaro indizio di come la statua non sia stata semplicemente spostata, ma più probabilmente rubata o distrutta. Ovviamente le autorità islamiste al potere dallo scorso agosto negano tutto. Mehdi Al Harati, il leader delle milizie integraliste proclamatosi "sindaco" della città al termine dei combattimenti di agosto sostiene di aver fatto rimuovere la statua per farla restaurare. Ma pochi a Tripoli sono disposti a dargli credito. Tutti nella capitale libica sanno che quella statua di donna seminuda abbracciata ad una gazzella era l'ossessione dei gruppi radicali.
La "fontana italiana" - realizzata nel lontano 1932, in piena era fascista, dall'artista livornese Angiolo Vannetti - è scomparsa. Al suo posto sul basamento della fontana, spenta e semivuota, resta un deforme torsolo di cemento e metallo. Un chiaro indizio di come la statua non sia stata semplicemente spostata, ma più probabilmente rubata o distrutta. Ovviamente le autorità islamiste al potere dallo scorso agosto negano tutto. Mehdi Al Harati, il leader delle milizie integraliste proclamatosi "sindaco" della città al termine dei combattimenti di agosto sostiene di aver fatto rimuovere la statua per farla restaurare. Ma pochi a Tripoli sono disposti a dargli credito. Tutti nella capitale libica sanno che quella statua di donna seminuda abbracciata ad una gazzella era l'ossessione dei gruppi radicali.
lunedì 17 novembre 2014
Isis, due attivisti decapitati in Libia
11 novembre 2014
Sarebbero sostenitori dell’ex generale Haftar. I due giovani sarebbero stati uccisi a Derna, nell’Est del paese
Due giovani di 19 e 21 anni, attivisti per i diritti umani, sono stati decapitati a Derna, nell’est della Libia, dove i jihadisti hanno giurato fedeltà all’Isis e imposto la sharia. Lo riferiscono media locali. I due sarebbero sostenitori dell’ex generale Khalifa Haftar che combatte i gruppi estremisti a fianco dell’esercito regolare.
Sarebbero sostenitori dell’ex generale Haftar. I due giovani sarebbero stati uccisi a Derna, nell’Est del paese
Due giovani di 19 e 21 anni, attivisti per i diritti umani, sono stati decapitati a Derna, nell’est della Libia, dove i jihadisti hanno giurato fedeltà all’Isis e imposto la sharia. Lo riferiscono media locali. I due sarebbero sostenitori dell’ex generale Khalifa Haftar che combatte i gruppi estremisti a fianco dell’esercito regolare.
domenica 16 novembre 2014
LIBIA- IL CALIFFATO DI BENGASI HA ADESSO UN GRANDE OBIETTIVO
LIBIA- IL CALIFFATO DI BENGASI HA ADESSO UN GRANDE OBIETTIVO: INDOTTRINARE I DISPERATI CHE ARRIVERANNO IN EUROPA A SPESE NOSTRE (GRAZIE A RENZI E ALFANO). LEGGI QUESTO REPORTAGE
LA JIHAD NEL GIARDINO DI CASA – LA PROCLAMAZIONE DELL’EMIRATO DI BENGASI SIGNIFICA CHE I FONDAMENTALISTI STANNO FACENDO PROSELITI TRA I DISPERATI DEL NORD AFRICA – E PRESTO LI USERANNO COME ARMA CONTRO L’OCCIDENTE
A Tripoli, a Baghdad si sbarrano le ambasciate, fuggono i residenti occidentali, le imprese indietreggiano abbandonando mezzi e denaro: segni chiari della ritirata, della sconfitta. Il nostro mondo democratico e tollerante si restringe, si rannicchia, in attesa dello schiaffo e della iniziativa degli Altri…
LA JIHAD NEL GIARDINO DI CASA – LA PROCLAMAZIONE DELL’EMIRATO DI BENGASI SIGNIFICA CHE I FONDAMENTALISTI STANNO FACENDO PROSELITI TRA I DISPERATI DEL NORD AFRICA – E PRESTO LI USERANNO COME ARMA CONTRO L’OCCIDENTE
A Tripoli, a Baghdad si sbarrano le ambasciate, fuggono i residenti occidentali, le imprese indietreggiano abbandonando mezzi e denaro: segni chiari della ritirata, della sconfitta. Il nostro mondo democratico e tollerante si restringe, si rannicchia, in attesa dello schiaffo e della iniziativa degli Altri…
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sabato 15 novembre 2014
LA CAUSA DELL’INVASIONE CLANDESTINA FU LA GUERRA DI LIBIA. RICORDATE CHI LA VOLLE? CI FURONO 50 MILIONI DI MOTIVI PER INNESCARLA
nota personale: non credete che gheddafi sia morto, è un inganno degli invasori, come tutta la guerra contro la Libia, per il resto questo articolo spiega bene i "rapporti internazionali" veri rapporti in stile mafioso.
LA CAUSA DELL’INVASIONE CLANDESTINA FU LA GUERRA DI LIBIA. RICORDATE CHI LA VOLLE? CI FURONO 50 MILIONI DI MOTIVI PER INNESCARLA
1. CINQUANTA MILIONI DI EURO SBORSATI DA GHEDDAFI PER LA CORSA ALL’ELISEO E LA SOSPETTA ESECUZIONE DEL COLONNELLO SONO I CADAVERI NELL’ARMADIO DI SARKOZY –
2. LA GUERRA DELLA NATO IN LIBIA È SCATTATA IL 19 MARZO 2011 CON UN BOMBARDAMENTO DEI CACCIA FRANCESI SULLE FORZE DI GHEDDAFI, CHE STAVANO PER TRAVOLGERE I RIBELLI –
LA CAUSA DELL’INVASIONE CLANDESTINA FU LA GUERRA DI LIBIA. RICORDATE CHI LA VOLLE? CI FURONO 50 MILIONI DI MOTIVI PER INNESCARLA
1. CINQUANTA MILIONI DI EURO SBORSATI DA GHEDDAFI PER LA CORSA ALL’ELISEO E LA SOSPETTA ESECUZIONE DEL COLONNELLO SONO I CADAVERI NELL’ARMADIO DI SARKOZY –
2. LA GUERRA DELLA NATO IN LIBIA È SCATTATA IL 19 MARZO 2011 CON UN BOMBARDAMENTO DEI CACCIA FRANCESI SULLE FORZE DI GHEDDAFI, CHE STAVANO PER TRAVOLGERE I RIBELLI –
venerdì 14 novembre 2014
LA CONFESSIONE DEL GIORNALISTA TEDESCO: VI RACCONTO COME E CHI MANIPOLA L’INFORMAZIONE. PER LA PRIMA VOLTA VIENE AMMESSO QUELLO CHE SI E’ SEMPRE SOSPETTATO
La confessione del giornalista Udo Ulfkotte a Russia Today che racconta come le informazioni dei mainstream media sono manipolate con fini politici e propagandistici tramite l’intervento dei servizi segreti, nel suo caso della CIA. La traduzione, presa da L’Onesto, non sempre è letterale: in alcuni punti fa una sintesi del discorso, anche se il senso resta immutato.
“Sono giornalista da 25 anni circa, da sempre indotto, educato e costretto a mentire e a non dire il vero al mio pubblico, ma ora da qualche mese, vedendo come i media tedeschi ed americani cercano di indurre la gente a fare la guerra in Europa, a fare la guerra alla Russia, ho deciso che non ci sto, non ci sto a manipolare la gente in questo modo, a fare propaganda contro la Russia.
“Sono giornalista da 25 anni circa, da sempre indotto, educato e costretto a mentire e a non dire il vero al mio pubblico, ma ora da qualche mese, vedendo come i media tedeschi ed americani cercano di indurre la gente a fare la guerra in Europa, a fare la guerra alla Russia, ho deciso che non ci sto, non ci sto a manipolare la gente in questo modo, a fare propaganda contro la Russia.
giovedì 13 novembre 2014
CLANDESTINI SPA: LAMPEDUSA: SAI CHI E’ IL DIRETTORE DEL NUOVO CENTRO DI ACCOGLIENZA?
1 agosto 2014
CLANDESTINI SPA: LAMPEDUSA: SAI CHI E’ IL DIRETTORE DEL NUOVO CENTRO DI ACCOGLIENZA? PROVA UN PO AD INDOVINARE. QUANDO CAPIRAI CHE I BUONISTI SI ARRICCHISCONO SULLA PELLE DEI CLANDESTINI E CON I SOLDI DEGLI ITALIANI?
Riapre il centro per migranti di Lampedusa. A dirigerlo il suocero del fratello di Alfano
Lampedusa è con il fiato sospeso: la paura degli isolani è di tornare a essere la frontiera militarizzata d’Europa. Sì, perché il combinato disposto fra il probabile arretramento della missione di ricerca e soccorso in alto mare Mare Nostrum (o la sua sostituzione con l’europea Frontex plus) e la riapertura del centro per immigrati vuole dire solo una cosa: riportare le lancette dell’orologio a quando l’Isola era il principale punto di accoglienza dei flussi migratori provenienti dall’Africa. Ai tempi a gestire la struttura era la Lampedusa Accoglienza, una cooperativa controllata dal Consorzio Sisifo che ha dovuto fare le valige dopo la diffusione da parte del Tg2, a dicembre 2013, del video choc dei migranti disinfettati con l’idrante all’interno della struttura.
CLANDESTINI SPA: LAMPEDUSA: SAI CHI E’ IL DIRETTORE DEL NUOVO CENTRO DI ACCOGLIENZA? PROVA UN PO AD INDOVINARE. QUANDO CAPIRAI CHE I BUONISTI SI ARRICCHISCONO SULLA PELLE DEI CLANDESTINI E CON I SOLDI DEGLI ITALIANI?
Riapre il centro per migranti di Lampedusa. A dirigerlo il suocero del fratello di Alfano
Lampedusa è con il fiato sospeso: la paura degli isolani è di tornare a essere la frontiera militarizzata d’Europa. Sì, perché il combinato disposto fra il probabile arretramento della missione di ricerca e soccorso in alto mare Mare Nostrum (o la sua sostituzione con l’europea Frontex plus) e la riapertura del centro per immigrati vuole dire solo una cosa: riportare le lancette dell’orologio a quando l’Isola era il principale punto di accoglienza dei flussi migratori provenienti dall’Africa. Ai tempi a gestire la struttura era la Lampedusa Accoglienza, una cooperativa controllata dal Consorzio Sisifo che ha dovuto fare le valige dopo la diffusione da parte del Tg2, a dicembre 2013, del video choc dei migranti disinfettati con l’idrante all’interno della struttura.
mercoledì 12 novembre 2014
Cara ministra Pinotti, la Libia non si aiuta così
ancora una volta riporto un articolo dalla stampa italiana, è un bell esempio di mezze verità, scelte di campo strane, parlano si sostenere Haftar, l' uomo della CIA, prima hanno distrutto la Libia, adesso propongono "soluzioni" alla meno peggio, ed il problema è che questo modo di pensare è considerato corretto..........
Cara ministra Pinotti, la Libia non si aiuta così
di Gianandrea Gaiani 4-11-2014
La Libia è in piena guerra civile con le forze governative al contrattacco in Cirenaica (e forse presto anche a Tripoli) per riconquistare il terreno perduto contro gli islamisti, ma l’Italia continua a tentennare invece di prendere posizione. In visita al Cairo il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha incontrato il 1° novembre il presidente egiziano, Abdel Fattah al Sisi e il ministro della Difesa, generale Sedky Sobhi. Secondo quanto si legge in una nota diffusa dalla presidenza egiziana, il ministro italiano ha confermato il sostegno dell’Italia alla visione egiziana di lotta al terrorismo e all’estremismo religioso confermando l’interesse «a rafforzare le relazioni bilaterali con l’Egitto in tutti i campi non solo per la sua grande storia ma anche per il suo ruolo in Medio Oriente».
Cara ministra Pinotti, la Libia non si aiuta così
di Gianandrea Gaiani 4-11-2014
La Libia è in piena guerra civile con le forze governative al contrattacco in Cirenaica (e forse presto anche a Tripoli) per riconquistare il terreno perduto contro gli islamisti, ma l’Italia continua a tentennare invece di prendere posizione. In visita al Cairo il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha incontrato il 1° novembre il presidente egiziano, Abdel Fattah al Sisi e il ministro della Difesa, generale Sedky Sobhi. Secondo quanto si legge in una nota diffusa dalla presidenza egiziana, il ministro italiano ha confermato il sostegno dell’Italia alla visione egiziana di lotta al terrorismo e all’estremismo religioso confermando l’interesse «a rafforzare le relazioni bilaterali con l’Egitto in tutti i campi non solo per la sua grande storia ma anche per il suo ruolo in Medio Oriente».
martedì 11 novembre 2014
Libia: ipartigiani di Gheddafi contrattaccano
voglio riportare questo articolo, interamente, anche se non sono daccordo su certi apprezzamenti sui figli di Gheddafi. articolo interessante, che fa vedere ( ancora una volta) il fallimento dei RATTI.
4 novembre 2014
“Era meglio prima“, sono soliti lamentarsi i nostalgici della ex-Jamahiriya che avvertirono, nel 2011, contro l’idra islamista e gli appetiti delle potenze imperialiste. Compiacendosi di aver previsto il disordine attuale, ma leggendo il futuro dal retrovisore: dopo la rivoluzione che ha portato violenza e distruzione, si torna indietro. Concludendo, come un editorialista del quotidiano francese Le Monde, “molti libici dicono di rimpiangere i tempi di Muammar Gheddafi“, non ce che un passo pericoloso da compiere. Alcuni di coloro schierati con il regime nel 2011, prima di essere costretti all’esilio in particolare in Tunisia ed Egitto, sono meno discreti e si presentano alleati oggettivi del campo nazionalista contro gli islamisti. Gli eredi orgogliosi del nazionalismo di Umar al-Muqtar, l’eroe della resistenza agli occupanti italiani, di fatto recuperano i vecchi sostenitori di Gheddafi, soprattutto quando si presentano come patrioti onesti che non hanno sparso sangue o sperperato denaro pubblico. La riconciliazione di circostanza obbedisce alla situazione delle forze di sicurezza dello Stato libico fallito e al rifiuto quasi unanime di un nuovo intervento militare straniero.
Anti-gheddafisti contro islamisti.
4 novembre 2014
“Era meglio prima“, sono soliti lamentarsi i nostalgici della ex-Jamahiriya che avvertirono, nel 2011, contro l’idra islamista e gli appetiti delle potenze imperialiste. Compiacendosi di aver previsto il disordine attuale, ma leggendo il futuro dal retrovisore: dopo la rivoluzione che ha portato violenza e distruzione, si torna indietro. Concludendo, come un editorialista del quotidiano francese Le Monde, “molti libici dicono di rimpiangere i tempi di Muammar Gheddafi“, non ce che un passo pericoloso da compiere. Alcuni di coloro schierati con il regime nel 2011, prima di essere costretti all’esilio in particolare in Tunisia ed Egitto, sono meno discreti e si presentano alleati oggettivi del campo nazionalista contro gli islamisti. Gli eredi orgogliosi del nazionalismo di Umar al-Muqtar, l’eroe della resistenza agli occupanti italiani, di fatto recuperano i vecchi sostenitori di Gheddafi, soprattutto quando si presentano come patrioti onesti che non hanno sparso sangue o sperperato denaro pubblico. La riconciliazione di circostanza obbedisce alla situazione delle forze di sicurezza dello Stato libico fallito e al rifiuto quasi unanime di un nuovo intervento militare straniero.
Anti-gheddafisti contro islamisti.
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lunedì 10 novembre 2014
Isis: la mappa degli jihadisti alleati con il Califfo
I terroristi rottamano al Qaeda e giurano fedeltà allo Stato islamico. Non solo in Iraq e Siria, ma anche in Libia ed Egitto
5 novembre 2014
Foto: GUERRA A ISIS Lo Stato Islamico può contare su un esercito di 30 mila uomini, di cui 15 mila provenienti dai Paesi occidentali. L'Italia ha già contribuito a inviare armi e addestratori ai curdi ma deve evitare di umiliare la Turchia, storico partner della Nato. (Nella foto, una brigata islamica nella città siriana di Deir Ezzor) – Credits: Zac Baillie /AFP /Getty Images
AnnaMazzone
Dal Mar Rosso alle rive del Mediterraneo è possibile tracciare una vera e propria mappa del terrore, ed è una mappa che "fa paura", come dichiara a Panorama.it Amer al Sabaileh, analista geopolitico ed esperto di anti-terrorismo. Recentemente dal Sinai è arrivato l'annuncio che il gruppo jihadista Ansar Bayt al-Maqdis, legato ad al Qaeda, ha giurato fedeltà allo Stato Islamico. E' solo l'ultimo gruppo, in ordine cronologico, che stringe un patto con gli uomini del califfo Abu Bakr al Baghdadi, ma ci sono movimenti che vanno in questa direzione anche in Nigeria e in Somalia.
5 novembre 2014
Foto: GUERRA A ISIS Lo Stato Islamico può contare su un esercito di 30 mila uomini, di cui 15 mila provenienti dai Paesi occidentali. L'Italia ha già contribuito a inviare armi e addestratori ai curdi ma deve evitare di umiliare la Turchia, storico partner della Nato. (Nella foto, una brigata islamica nella città siriana di Deir Ezzor) – Credits: Zac Baillie /AFP /Getty Images
AnnaMazzone
Dal Mar Rosso alle rive del Mediterraneo è possibile tracciare una vera e propria mappa del terrore, ed è una mappa che "fa paura", come dichiara a Panorama.it Amer al Sabaileh, analista geopolitico ed esperto di anti-terrorismo. Recentemente dal Sinai è arrivato l'annuncio che il gruppo jihadista Ansar Bayt al-Maqdis, legato ad al Qaeda, ha giurato fedeltà allo Stato Islamico. E' solo l'ultimo gruppo, in ordine cronologico, che stringe un patto con gli uomini del califfo Abu Bakr al Baghdadi, ma ci sono movimenti che vanno in questa direzione anche in Nigeria e in Somalia.
domenica 9 novembre 2014
In Libia, dove inizia l'esodo
Reportage dalla città in cui affluiscono i migranti da Mali, Niger e Somalia che vengono stipati sulle carrette del mare dirette in Italia
3 novembre 2014
di Mauro Mondello - da Zuwarah (Libia nord-occidentale)
La colonna di camion arriva da sud. Entra in città squarciando il silenzio. Nella notte le strade di Zuwarah rimbombano del suono metallico di un motore allo stremo. La carovana sembra sbucare dal nulla, eppure ha percorso migliaia di chilometri nel deserto. Dentro ai cassoni stanno stipati come formiche decine di uomini, donne, bambini. Vengono dal Mali, dal Niger, dalla Somalia: dall’Africa subsahariana che continua a bussare alle porte dell’Europa. È una processione in viaggio da settimane, a volte da mesi e in qualche caso da anni. Il percorso verso la terra promessa, la costa libica, e il sogno di una barca in direzione di Lampedusa, non è mai diretto: per la strada si susseguono razzie, pestaggi, soprusi di ogni genere perpetrati dalla polizia e dalle bande criminali.
3 novembre 2014
di Mauro Mondello - da Zuwarah (Libia nord-occidentale)
La colonna di camion arriva da sud. Entra in città squarciando il silenzio. Nella notte le strade di Zuwarah rimbombano del suono metallico di un motore allo stremo. La carovana sembra sbucare dal nulla, eppure ha percorso migliaia di chilometri nel deserto. Dentro ai cassoni stanno stipati come formiche decine di uomini, donne, bambini. Vengono dal Mali, dal Niger, dalla Somalia: dall’Africa subsahariana che continua a bussare alle porte dell’Europa. È una processione in viaggio da settimane, a volte da mesi e in qualche caso da anni. Il percorso verso la terra promessa, la costa libica, e il sogno di una barca in direzione di Lampedusa, non è mai diretto: per la strada si susseguono razzie, pestaggi, soprusi di ogni genere perpetrati dalla polizia e dalle bande criminali.
sabato 8 novembre 2014
Libia, una “Somalia” ignorata sulla soglia di casa
3/11/2014 Posted by: Miloš Malinić
Quartieri residenziali di Benghazi sotto le bombe; popolazione in fuga dalla città; combattimenti casa per casa; oltre 200 morti nelle ultime due settimane nella guerra civile in Libia.
E’ l’effetto dell’offensiva lanciata contro i ribelli islamici nella Cirenaica, iniziata dalle truppe fedeli all’ex generale Khalifa Hifter, appena in un successivo momento affiancato dall’esercito regolare. L’obiettivo sono le milizie islamiste che hanno la loro roccaforte proprio a Benghazi. Tra loro anche Ansar al-Sharia, affiliata ad al-Qaeda.
Quartieri residenziali di Benghazi sotto le bombe; popolazione in fuga dalla città; combattimenti casa per casa; oltre 200 morti nelle ultime due settimane nella guerra civile in Libia.
E’ l’effetto dell’offensiva lanciata contro i ribelli islamici nella Cirenaica, iniziata dalle truppe fedeli all’ex generale Khalifa Hifter, appena in un successivo momento affiancato dall’esercito regolare. L’obiettivo sono le milizie islamiste che hanno la loro roccaforte proprio a Benghazi. Tra loro anche Ansar al-Sharia, affiliata ad al-Qaeda.
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venerdì 7 novembre 2014
Samia, scampata al naufragio: «Sette ore a nuotare in acqua con mia figlia in spalla»
In fuga dalla Libia, madre e figlia sono in via Aldini dopo un naufragio nel Mediterraneo. La donna ha nuotato con la bambina sulle spalle: quella notte morirono in 140 nel Canale di Sicilia. Samia e Sandra puntano ora ad andare in Germania
di Nicola Palma
Milano, 16 ottobre 2014 - A vederla così minuta non lo diresti proprio. Quasi stenti a credere che questa donnina di quaranta chili scarsi sia riuscita a resistere in acqua per sette ore: «Ho pregato Dio: salva me e la mia bambina». Oggi Samia e la piccola Sandra sono a Milano, ospitate nel centro d’accoglienza di via Antonio Aldini. Due dei 45.876 profughi finora assistiti dal Comune col determinante aiuto di volontari come Gianluca, che si è preso subito a cuore il caso della trentaduenne nordafricana: «Magari tra qualche giorno partiranno e non le vedrò più – si commuove – ma sarò stato comunque felice di averle conosciute». Samia annuisce. Un po’ d’italiano lo capisce, anche se è il francese la sua lingua madre. Originaria del Marocco, ha vissuto per anni in Libia: «Mi occupavo di vendere biglietti per alcune compagnie aeree». Un buon lavoro. Poi, però, è arrivata la guerra. E la voglia di sfuggirvi a qualsiasi costo. Correndo qualunque rischio. «Non volevo che mia figlia crescesse in Africa».
di Nicola Palma
Milano, 16 ottobre 2014 - A vederla così minuta non lo diresti proprio. Quasi stenti a credere che questa donnina di quaranta chili scarsi sia riuscita a resistere in acqua per sette ore: «Ho pregato Dio: salva me e la mia bambina». Oggi Samia e la piccola Sandra sono a Milano, ospitate nel centro d’accoglienza di via Antonio Aldini. Due dei 45.876 profughi finora assistiti dal Comune col determinante aiuto di volontari come Gianluca, che si è preso subito a cuore il caso della trentaduenne nordafricana: «Magari tra qualche giorno partiranno e non le vedrò più – si commuove – ma sarò stato comunque felice di averle conosciute». Samia annuisce. Un po’ d’italiano lo capisce, anche se è il francese la sua lingua madre. Originaria del Marocco, ha vissuto per anni in Libia: «Mi occupavo di vendere biglietti per alcune compagnie aeree». Un buon lavoro. Poi, però, è arrivata la guerra. E la voglia di sfuggirvi a qualsiasi costo. Correndo qualunque rischio. «Non volevo che mia figlia crescesse in Africa».
giovedì 6 novembre 2014
Libia, dopo l'ennesima guerra "boomerang" dell'occidente, l'Isis è a mille KM dall'Italia
1/11/2014
L'intervista a Paolo Sensini autore di "Libia 2011" sull'incubo dimenticato dai media
di Francesca Morandi
Dopo l’ennesima guerra “boomerang” dell’Occidente, ora l’Isis è in Libia, a mille chilometri dall’Italia. L’allarme è stato lanciato dall’inviato speciale delle Nazioni Unite, Bernardino Leon che, lo scorso 7 ottobre, ha affermato: “Gli jihadisti dello Stati islamico sono già presenti in Libia e la loro minaccia è concreta”. Il governo italiano è silente ma l’emergenza per l’Italia è in atto. Dal Paese nordafricano, che si affaccia sul Mediterraneo e dista poche ore di navigazione dalle nostre coste, proviene la quasi totalità dei flussi di migranti che sbarcano in Sicilia. “Un’eventuale avanzata dei miliziani sunniti dello Stato islamico (Is o Isis) moltiplicherà i flussi di migranti in fuga dalle violenze – sostiene Paolo Sensini, autore di “Libia 2011” (ed. Jaca Book - 2011) e “Divide et impera. Strategie del caos per il XXI secolo nel Vicino e Medio Oriente” (ed. Mimesis - 2013) –. Continueranno i traffici di esseri umani con i quali le milizie libiche si finanziano la guerra e il rischio di infiltrazioni terroristiche diventerebbe altissimo. Inoltre, gli interessi energetici e commerciali dell’Italia in Libia sarebbero irrimediabilmente compromessi”.
L'intervista a Paolo Sensini autore di "Libia 2011" sull'incubo dimenticato dai media
di Francesca Morandi
Dopo l’ennesima guerra “boomerang” dell’Occidente, ora l’Isis è in Libia, a mille chilometri dall’Italia. L’allarme è stato lanciato dall’inviato speciale delle Nazioni Unite, Bernardino Leon che, lo scorso 7 ottobre, ha affermato: “Gli jihadisti dello Stati islamico sono già presenti in Libia e la loro minaccia è concreta”. Il governo italiano è silente ma l’emergenza per l’Italia è in atto. Dal Paese nordafricano, che si affaccia sul Mediterraneo e dista poche ore di navigazione dalle nostre coste, proviene la quasi totalità dei flussi di migranti che sbarcano in Sicilia. “Un’eventuale avanzata dei miliziani sunniti dello Stato islamico (Is o Isis) moltiplicherà i flussi di migranti in fuga dalle violenze – sostiene Paolo Sensini, autore di “Libia 2011” (ed. Jaca Book - 2011) e “Divide et impera. Strategie del caos per il XXI secolo nel Vicino e Medio Oriente” (ed. Mimesis - 2013) –. Continueranno i traffici di esseri umani con i quali le milizie libiche si finanziano la guerra e il rischio di infiltrazioni terroristiche diventerebbe altissimo. Inoltre, gli interessi energetici e commerciali dell’Italia in Libia sarebbero irrimediabilmente compromessi”.
mercoledì 5 novembre 2014
Sbarcati dalla Libia, ora i profughi lavorano per la comunità
Sulzano, i dodici richiedenti asilo politico per tutta la mattina hanno pulito le vie e i giardinetti del paese
di Milla Prandelli
Sulzano (Brescia), 30 ottobre 2014 - Alfa, Pamusa, Alì, Usmane e altri otto ragazzi provenienti da Gambia, Mali, Nigeria e Senegal sono stati fortunati, perché a Sulzano hanno trovato quella che ieri ci hanno raccontato essere la loro “nuova” famiglia italiana, ovvero i volontari del locale circolo di Legambiente. Ospiti all’albergo Alpino, i dodici richiedenti asilo politico ieri per tutta mattina hanno pulito le vie e i giardinetti del paese dove sono arrivati dopo essere partiti dalla Libia qualche mese fa. «Sulzano e soprattutto i volontari ci hanno accolto molto bene – racconta Pamusa, 18 anni – per questo motivo abbiamo deciso di impegnarci. Quando ci hanno chiesto di aiutarli a pulire alcune aree del Comune abbiamo accettato tutti. Speriamo che questo ci faccia conoscere anche gli altri abitanti. Qui ci è stata data una casa. Siamo grati a tutti».
di Milla Prandelli
Sulzano (Brescia), 30 ottobre 2014 - Alfa, Pamusa, Alì, Usmane e altri otto ragazzi provenienti da Gambia, Mali, Nigeria e Senegal sono stati fortunati, perché a Sulzano hanno trovato quella che ieri ci hanno raccontato essere la loro “nuova” famiglia italiana, ovvero i volontari del locale circolo di Legambiente. Ospiti all’albergo Alpino, i dodici richiedenti asilo politico ieri per tutta mattina hanno pulito le vie e i giardinetti del paese dove sono arrivati dopo essere partiti dalla Libia qualche mese fa. «Sulzano e soprattutto i volontari ci hanno accolto molto bene – racconta Pamusa, 18 anni – per questo motivo abbiamo deciso di impegnarci. Quando ci hanno chiesto di aiutarli a pulire alcune aree del Comune abbiamo accettato tutti. Speriamo che questo ci faccia conoscere anche gli altri abitanti. Qui ci è stata data una casa. Siamo grati a tutti».
martedì 4 novembre 2014
l' ennesimo rapporto di Amnesty International, e le false "verità"
Secondo un rapporto diffuso il 30 ottobre da Amnesty International, le milizie e i gruppi armati che si stanno scontrando da metà luglio nella Libia occidentale stanno commettendo veri e propri crimini di guerra: esecuzioni sommarie, torture, attacchi con razzi grad e artiglieria contro i centri abitati e rappresaglie contro la popolazione civile sulla base dell’origine e della presunta affiliazione politica.
Le immagini satellitari che accompagnano l’uscita del rapporto mettono in evidenza il profondo disprezzo per le vite dei civili da parte di tutte le fazioni coinvolte negli scontri, con razzi indiscriminati e colpi di artiglieria diretti contro aree abitate che hanno danneggiato case, edifici civili, strutture mediche e impianti industriali.
Le immagini satellitari che accompagnano l’uscita del rapporto mettono in evidenza il profondo disprezzo per le vite dei civili da parte di tutte le fazioni coinvolte negli scontri, con razzi indiscriminati e colpi di artiglieria diretti contro aree abitate che hanno danneggiato case, edifici civili, strutture mediche e impianti industriali.
lunedì 3 novembre 2014
"E' deplorevole che il mondo sia entrato in una nuova era imperiale". L'attualità imbarazzante di questo discorso di Chavez del 2012
"Crisi pianificate, provocate e prodotte dall'esterno contro paesi sovrani e governi legittimi"
Il giorno dopo la sua rielezione nel 2012, Hugo Chavez sulla situazione della Siria e della Libia ha rilasciato queste dichiarazioni che, a distanza di due anni, sono ancora di un'attualità imbarazzante. "Crisi pianificate, provocate e prodotte dall'esterno. Si rischia la guerra tra Turchia e Siria. Speriamo che chi ha organizzato tutto questo si metta una mano sul cuore. Noi dobbiamo sostenere la sovranità dei popoli. La Siria è un paese sovrano, come lo è la Libia, come lo è il Venezuela, come lo sono gli Stai Uniti. Non siamo d'accordo tra di noi? E allora? Bombardiamo e destabilizziamo un paese? E' deplorevole che il mondo sia entrato in una nuova era imperiale".
Il giorno dopo la sua rielezione nel 2012, Hugo Chavez sulla situazione della Siria e della Libia ha rilasciato queste dichiarazioni che, a distanza di due anni, sono ancora di un'attualità imbarazzante. "Crisi pianificate, provocate e prodotte dall'esterno. Si rischia la guerra tra Turchia e Siria. Speriamo che chi ha organizzato tutto questo si metta una mano sul cuore. Noi dobbiamo sostenere la sovranità dei popoli. La Siria è un paese sovrano, come lo è la Libia, come lo è il Venezuela, come lo sono gli Stai Uniti. Non siamo d'accordo tra di noi? E allora? Bombardiamo e destabilizziamo un paese? E' deplorevole che il mondo sia entrato in una nuova era imperiale".
domenica 2 novembre 2014
"Pensare di risolvere con le bombe un problema creato dagli Usa è pura miopia". Eurodeputato
18/9/2014
"Non posso dimenticare chi ha creato il terrorismo islamico e che molto è dipeso dalle azioni dell'America". Iglesias di Podemos
Gli Stati Uniti hanno sostenuto "formule dell'Islam radicale" e la loro "miopia" è quella di pensare ora che il problema possa essere risolto lanciando bombe in Iraq o in Siria. Lo ha dichiarato l'eurodeputato spagnolo di Podemos Pablo Iglesias.
"Non posso dimenticare chi ha creato il terrorismo islamico e che molto è dipeso dalle azioni dell'America". Iglesias di Podemos
Gli Stati Uniti hanno sostenuto "formule dell'Islam radicale" e la loro "miopia" è quella di pensare ora che il problema possa essere risolto lanciando bombe in Iraq o in Siria. Lo ha dichiarato l'eurodeputato spagnolo di Podemos Pablo Iglesias.
sabato 1 novembre 2014
Salvati a nord della Libia e trasportati a Messina: sbarcati 263 migranti, molti in difficoltà.
24 ottobre 2014
228 uomini, 12 donne, 23 minori, di cui 7 accompagnati, per la maggior parte siriani e pakistani. Sono stati salvati in mare 3 giorni fa, in acque internazionali a nord della Libia, in una delle ormai ultime operazioni Mare Nostrum, e poi trasportati direttamente nel porto di Messina. LA FOTOGALLERY DI SERENA CAPPARELLI
Occhi spenti, sguardo basso, fisico visibilmente provato da giorni trascorsi in mare, su un barcone fatiscente, con poco cibo, mare avverso e tanto freddo. Un ragazzo in stato ipoglicemia e disidratamento, un bambino tetraplegico immediatamente trasportato all’ospedale Policlinico, un uomo portato via in ambulanza per una linfoadenopatia inguinale, tanti assistiti nell’immediato poiché in condizioni non ottimali.
228 uomini, 12 donne, 23 minori, di cui 7 accompagnati, per la maggior parte siriani e pakistani. Sono stati salvati in mare 3 giorni fa, in acque internazionali a nord della Libia, in una delle ormai ultime operazioni Mare Nostrum, e poi trasportati direttamente nel porto di Messina. LA FOTOGALLERY DI SERENA CAPPARELLI
Occhi spenti, sguardo basso, fisico visibilmente provato da giorni trascorsi in mare, su un barcone fatiscente, con poco cibo, mare avverso e tanto freddo. Un ragazzo in stato ipoglicemia e disidratamento, un bambino tetraplegico immediatamente trasportato all’ospedale Policlinico, un uomo portato via in ambulanza per una linfoadenopatia inguinale, tanti assistiti nell’immediato poiché in condizioni non ottimali.
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