Translate

giovedì 30 novembre 2017

Il CICAP fa propaganda nelle scuole di stato

Qualche giorno fa ho ricevuto questa lettera, che pubblico integralmente.
Salve Mazzucco.
Sono un alunno e frequento un liceo scientifico a Bologna. Premetto che ho tante cose da dire e che ho intenzione di utilizzare termini non troppo ricercati e quindi di non rendere questo messaggio, di fatto, troppo pesante o ridondante. Inoltre, prima di iniziare, le voglio dire che la stimo e la seguo perché finora lei è stato l'unico a dare prove e ad aprire la mente riguardo a certi fatti molto importanti.
Quello di cui voglio parlare sta tutto nel titolo..."Cicap: conferenze nelle scuole". (Probabilmente lei è già al corrente di tutto questo nel senso che saprà già che la Cicap fa conferenze presso le scuole inculcando di fatto un messaggio che esporrò piu avanti).
La conferenza è iniziata con una semplice domanda: con la luna piena si hanno piu nascite negli ospedali? Inizialmente non ero al corrente del fatto che stavo assistendo ad una conferenza Cicap, motivo per cui ero molto interessato.
Il ragazzo, che presentava il tutto, ha ammesso che quando è nata sua figlia i dottori hanno affermato:"questa settimana sono nati molti meno bambini rispetto alla scorsa settimana, quando c'era la luna piena." Il ragazzo stesso, di cui non ricordo il nome, ha subito messo in dubbio l'affermazione facendo presente comunque che questa è stata detta da dei dottori, dunque gente competente di cui ci si dovrebbe fidare ciecamente: dopo aver dimostrato tramite un grafico che la teoria è assolutamente falsa, ha esplicitamente affermato che spesso anche gli esperti dicono cagate.

mercoledì 29 novembre 2017

Ma che bello, la Svezia ha abolito il contante!

Oggi è passata per almeno tre volte nei telegiornali la notizia che la Svezia ha praticamente abolito il contante. Anche il Corriere ha rilanciato la stessa notizia.
In tutti i servizi l'accento viene messo soprattutto sull'aspetto innovativo di questa "rivoluzione" telematica. Si vuole cioè sottolineare l'aspetto positivo di questo cambiamento. Addirittura, nei servizi dei TG vengono mostrati i negozi svedesi che espongono con orgoglio i cartelli con la scritta "cash free", come se il contante fosse un male da cui ci si è finalmente liberati, da mettere alla pari con una malattia o con l'inquinamento.

martedì 28 novembre 2017

In Italia non ci sono responsabili e nessuno sbaglia

Siamo un paese con caratteristiche molto singolari; una di queste è che se si tratta di errori da ammettere e di conseguenze di cui farsi carico, piuttosto ci si fa tagliare un braccio ma non li si ammette. Anche di fronte a sbagli evidenti, responsabilità, inefficienze, non è mai colpa di nessuno, sia nell’apparato pubblico che privato.

In Italia non ci sono responsabili e nessuno sbaglia
Questo succede dall’impiegato alla posta, fino ai politici o ai commissari tecnici della nazionale di calcio. Nemmeno di fronte ad uno sfacelo calcistico dove una squadra di serie B probabilmente avrebbe trionfato contro la nazionale svedese, l’allenatore ha avuto la decenza di dimettersi, ammettendo di aver sbagliato o comunque dando almeno una minima parvenza di dignità di fronte alla pietosa sconfitta della nazionale di calcio, forse unica cosa che unisce gran parte degli italiani, popolo di campanilisti. E se non si dimette l’allenatore, figuriamoci se lo fa il suo capo, messo lì per questioni politiche di potere, non certo per la sua competenza. Personaggio oltremodo imbarazzante, capace di squallide dichiarazioni razziste che ci hanno fatto vergognare di fronte al mondo.

lunedì 27 novembre 2017

Nasce la Pesco costola della Nato

L'arte della guerra

domenica 26 novembre 2017

La Corea democratica e il suo programma missilistico

Si potrebbe dire che la situazione politica e militare nell’Asia-Pacificoa sia calma prima della tempesta. La corsa per preparare tutti a un conflitto tra “mondo libero” e “regime comunista totalitario” a Pyongyang propagato dai media occidentali ha raggiunto l’apice. Gli Stati Uniti concentrano le forze nell’est asiatico per colpire obiettivi militari e industriali nella Corea democratica. Tre gruppi d’attacco con portaerei (CSG) sono in attesa di ordini nel Mar del Giappone: USS CVN-68 Nimitz, USS CVN-71 Theodore Roosevelt e USS CVN-76 Ronald Reagan. Sono accompagnati da tre stormi aerei, per 72 jet F/A-18E e 36 vecchi jet F/A-18C di supporto. I CSG includono 18 cacciatorpediniere Arleigh Burke con 540 missili Tomahawk. Il Mar del Giappone è pattugliato dai sottomarini lanciamissili da crociera USS Michigan (SSGN-727) e USS Florida (SSGN-728), con altri 300 Tomahawk. Vi sono 6 bombardieri B-1B e B-52 e 3 bombardieri B-2 nucleari presso la Base Aerea Andersen di Guam. Tale potenza sorprendente è mobilitata non solo per spettacolo. Una vera minaccia d’attacco nucleare statunitense emerse durante la guerra di Corea del 1950-1953. Gli Stati Uniti svilupparono diversi piani per bombardare obiettivi-chiave in Corea democratica per avere un vantaggio strategico. I massimi vertici non riuscirono ad aprire la scatola di Pandora, ma la minaccia di distruzione nucleare era ancora presente anche dopo la guerra, anche se in misura minore. Probabilmente fu questo che spinse Kim Il-sung ad avviare il suo programma nucleare. 

sabato 25 novembre 2017

ecco un bell esempio dei RATTI nella "nuova Libia".

Quello che segue è un articolo interessante che fa luce sui RATTI che dal 2011 occupano la Libia. Meno male che è un articolo che non è stato scritto da un sostenitore di Gheddafi. Buona lettura.

Chi sta distruggendo la cultura in Libia

venerdì 24 novembre 2017

“Un piccolo intervento vittorioso”


Analisi dell’intervento dell’Arabia Saudita nello Yemen
Vojna Istorija Politika 
Intervento nello Yemen
La guerra nello Yemen è poco coperta dai media mondiali, la cui attenzione è attirata dai combattimenti in Siria e Iraq. Tuttavia, l’aggressione scatenata dalla coalizione a guida saudita contro la repubblica è uno dei più grandi conflitti armati del nostro tempo e ha messo in pericolo la vita di milioni di cittadini della repubblica. L’intervento nello Yemen fu il risultato della rivolta degli huti che rovesciò il presidente pro-sauditi Hadi nel gennaio 2015 e concluse un’alleanza con i sostenitori dell’ex-presidente Salah, dalla cui parte c’era l’esercito dello Yemen. Il 15 febbraio, gli huthi lanciarono l’assalto ad Aden, nel sud del Paese e nuova capitale delle forze fedeli ad Hadi. Il 21 febbraio, Hadi fuggì da Sana ad Aden, che però fu quasi completamente presa dagli huti il 25 marzo. Hadi fu costretto a fuggire dal Paese. L’avvento al potere degli huti, che professavano l’islam sciita e stabilirono immediatamente relazioni amichevoli con l’Iran, destò l’allarme nella vicina Arabia Saudita. Riyadh non poté perdonare i vicini per il rovesciamento del fantoccio Hadi. All’inizio di febbraio iniziò il trasferimento di truppe al confine con lo Yemen. La situazione fu aggravata dal fatto che le province yemenite che confinavano con l’Arabia Saudita erano abitate da sciiti, che, influenzato dai correligionari yemeniti, erano pronti alla rivolta contro Riyadh. Hadi si appellò ai sauditi e parlando alla Lega araba chiese l’ingresso di truppe straniere nello Yemen al fine di riprendere il potere. Quindi, il presidente in fuga divenne essenzialmente un collaborazionista dei sauditi.

giovedì 23 novembre 2017

E’ nei Caraibi il nuovo paradiso dei security contractors

mercoledì 22 novembre 2017

Libia: Che cosa ha mai fatto l’Onu per i migranti (a parte accusare l’Italia)?

  • di Leone Grotti
L’Alto commissario Onu per i diritti umani ha gettato addosso a Roma la responsabilità per le condizioni terribili dei migranti nei centri di detenzione libici. Ma Roma ha fatto molto più dell’Onu per loro
Su un fatto non c’è dubbio: i centri di detenzione dove le autorità libiche o le milizie ad esse collegate tengono rinchiusi i migranti che vorrebbero partire per l’Europa sono disumani. Non lo scopriamo oggi, già a inizio anno erano stati realizzati reportage che documentavano le terribili condizioni di vita di chi è in attesa di imbarcarsi su un gommone per un viaggio disperato. Ma questo non dà diritto all’Onu di scaricare tutta la colpa sull’Italia e sull’Europa.
LE ACCUSE DELL’ONU. Ieri, come già fatto in passato, l’Alto commissario Onu per i diritti umani, Zeid Raad Al Hussein, ha denunciato la condizioni «terrificanti» dei campi di detenzione parlando di «orrori inimmaginabili», soprattutto in seguito ad un filmato pubblicato della Cnn. Il Commissario ha poi aggiunto che «la sofferenza dei migranti detenuti in Libia è un oltraggio alla coscienza dell’umanità» e la politica di Ue e Italia «rischia di condannare molti migranti a una prigionia arbitraria e senza limiti di tempo, esporli alla tortura, allo stupro, costringerli al lavoro, allo sfruttamento e al ricatto». Il riferimento è all’accordo fatto da Roma, previo consenso di Bruxelles, con il legittimo governo di Tripoli per fermare le partenze dei barconi.

martedì 21 novembre 2017

La “Grande Eurasia” di Putin: prospettive e limiti


Putin

16 maggio 2017
Dal Mediterraneo all’Estremo Oriente, passando per Ucraina e Siria. La Russia continua ad allargare la propria sfera d’influenza. Ma fin dove può spingersi?

di Rocco Bellantone
Nel suo celebre romanzo 1984 lo scrittore britannico George Orwell individuava nell’“Eurasia” una delle tre superpotenze in lotta per il dominio sul mondo al termine della guerra atomica scoppiata negli anni Cinquanta del secolo scorso. Retta da un governo “neobolscevico” sorto dall’implosione del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, nell’immaginario di Orwell l’Eurasia abbracciava l’Europa intera – a eccezione del Regno Unito – spingendosi lungo l’Asia settentrionale fino allo stretto di Bering, la striscia dell’Oceano Pacifico che separa la Russia dagli Stati Uniti.

Nella visione geopolitica del presidente russo Vladimir Putin, la “Grande Eurasia” è destinata a espandere la propria influenza oltre i confini orwelliani: a sud dell’Europa nel cuore del Mediterraneo; in Medio Oriente verso la Siria; in Asia Centrale ed Estremo Oriente, dove l’obiettivo è raggiungere una convivenza win-win con il gigante cinese. Muovendosi nella direzione opposta rispetto a Stalin, Putin sta spostando gli interessi strategici della Russia verso Oriente, riportando in auge il vecchio sogno degli Zar.

lunedì 20 novembre 2017

Haftar, Gheddafi, Salamé: tre uomini chiave per una Libia unita

Il generale che comanda la Cirenaica, il figlio dell'ex rais Saif Al Islam e il nuovo inviato ONU ed ex ministro libanese, potrebbero essere decisivi per una svolta unitaria del paese.

27 giugno 2017 i Alfredo Mantici


Sabato 24 giugno un nuovo tassello si è aggiunto al disegno del generale Khalifa Haftar di conquistare il controllo completo della Libia orientale con l’occupazione pressoché totale della città di Bengasi. Le truppe della Lybian National Army al suo comando, dopo tre anni di dura lotta hanno conquistato il quartiere di Souq Al Hout, una delle ultime posizioni tenute dalla Benghazi Defence Brigade, una milizia islamista che, con l’appoggio finanziario del Qatar, era riuscita nel 2014 ad assumere il controllo della città da cui era partita la alsa rivolta contro Muhammar Gheddafi nel 2011.

La sconfitta degli islamisti di Bengasi probabilmente non è estranea al blocco totale imposto dall’Arabia Saudita, dagli stati del Golfo e dall’Egitto all’Emirato del Qatar, accusato non solo di sostenere il terrorismo islamista e gli estremisti della Fratellanza Musulmana in Nord Africa e Medio Oriente, ma anche di intrattenere ambigui rapporti di cooperazione con il regime sciita degli ayatollah iraniani.

Da due settimane, da quando cioè è stato imposto il blocco a Doha, tutti i flussi di finanziamento clandestino e di sostegno logistico alle milizie che in Libia, Siria e Iraq lottano per l’affermazione del Califfato islamico si sono interrotti. La perdita di Bengasi è una delle prime e più vistose conseguenze di ciò, visto che il generale è alleato privilegiato dell’Egitto del presidente Al Sisi, tra i principali attori regionali della guerra all’Islam salafita e uno degli ispiratori dell’offensiva diplomatico-commerciale contro il Qatar.

Mentre Haftar consolida il suo controllo sulla regione, in nome e per conto della House of Representatives di Tobruk, il parlamento della Cirenaica si ostina a non considerare legittimo il governo retto da Tripoli da Fajez Al Serraj. In questa impasse, le Nazioni Unite hanno deciso di nominare un nuovo inviato speciale nel paese, nel tentativo di dare nuovo impulso al processo di riunificazione delle fazioni che continuano una guerra civile di “bassa intensità” per assumere il pieno controllo della Libia.

SWITZERLAND-LIBYA-CONFLICT-RIGHTS-UN 
(l’ex inviato ONU in Libia, Martin Kobler)

domenica 19 novembre 2017

Libia. Commissione per i Diritti umani, ‘28 cadaveri trovati nella zona di Wearshefana

di Vanessa Tomassini –
L’appello del presidente del Consiglio supremo delle Tribù di Warshefana, Abu Amid al-Mabrouk, sul nostro giornale è valso a poco o nulla. La regione di Warshefana, infatti è stata sconvolta da crimini di guerra inenarrabili. Ancora una volta siamo costretti a dover parlare di cadaveri, di civili, di uomini, donne e bambini colpevoli di trovarsi al momento sbagliato nel posto sbagliato. “Ventotto corpi sono stati ritrovati nella zona di Wadi al-Hira a ovest della regione di Warshefana”.

sabato 18 novembre 2017

Craig Roberts: Militari e Cia, Fbi e Israele: la verità sulla fine di Kennedy

12 novembre 2017
Cari lettori, alcuni di voi stanno insistendo perché io continui a occuparmi della storia della sparatoria di Las Vegas, mentre altri mi chiedono come agire per sostenere il rilascio dei documenti relativi all’assassinio del presidente Kennedy. Apprezzo il fatto che voi siate interessati e insoddisfatti delle dichiarazioni ufficiali. La mia risposta è che già sappiamo molto di più di quanto sia scritto nei file, grazie ad esaurienti ricerche, quali il libro di James W. Douglass “Jfk and the Unspeakable” (Simon&Schuster, 2008). La mia risposta è anche che, indipendentemente da cosa sappiamo o quali siano i fatti, la versione ufficiale non verrà mai cambiata. Per esempio, sappiamo come fatto inconfutabile che Israele attaccò la Uss Liberty, infliggendo enormi perdite fra il personale della Us Navy, mentre il governo degli Stati Uniti continua a sostenere che si sia trattato solo di un errore, nonostante le dichiarazioni inequivocabili a sostegno del contrario da parte della Moorer Commission, diretta da Tom Moorer, ex comandante delle Operazioni Navali e capo degli Stati Maggiori Riuniti statunitensi.
Jim DouglassLa mia risposta è anche che sarebbe meglio spendere tempo tentando di prevenire sul nascere le cospirazioni, come quella dell’infinita sequenza di bugie e accuse contro la Russia, che stanno trasformando un paese amico in un nemico e stanno rinnovando il rischio di un Armageddon nucleare. Infatti, la più grande teoria cospiratoria in corso è quella – che viene dal complesso militare e di sicurezza, dal Comitato Democratico Nazionale, e dalla “presstituzione” mediatica – secondo la quale la Russia, in combutta con Donald Trump, abbia manomesso le elezioni presidenziali statunitensi. Il governo russo sa che questa è una bugia, e nel momento in cui vede una bugia, ripetuta infinitamente da ormai un anno senza nemmeno uno straccio di prova a sostegno, il governo russo concluderà ovviamente che Washington sta preparando alla guerra il popoloamericano. Mi è impossibile immaginare una politica più incosciente e sconsiderata di quella di distruggere la fiducia della Russia verso le intenzioni di Washington. Come ha detto Putin, la più grande lezione che gli ha insegnato la vita è che «se una battaglia è inevitabile, colpisci per primo».

venerdì 17 novembre 2017

"Il Fondo Africa per armare la guardia costiera libica": ricorso dell'Asgi

Ricorso al Tar contro il decreto con cui il ministero degli Esteri conferisce 2,5 milioni di euro all'Interno per la rimessa in efficienza di 4 motovedette che saranno consegnate alle autorità libiche. Il denaro proviene dallo stanziamento di 200 milioni effettuato dal Parlamento italiano per il Fondo Africa destinato alla cooperazion.

10 novembre 2017
ROMA – L’associazione studi giuridici per l’immigrazione (Asgi) fa ricorso al Tar per impugnare il decreto del ministero degli Esteri 4110/47. I soldi stanziati dal Maeci per il fondo Africa, che dovevano servire agli “interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo e la cooperazione con i paesi africani d’importanza prioritaria per le rotte migratori” sono stati, infatti, destinati al progetto di esternalizzazione delle frontiere. In particolare 2,5 milioni di euro sono stati impiegati per la rimessa in efficienza di quattro motovedette da consegnare alla Guardia costiera libica.

giovedì 16 novembre 2017

Come gli USA si sono quasi autodistrutti: 7 incidenti con armi nucleari americane


Bomba nucleare americana (foto d'archivio)

11/11/2017
In Occidente si sentono spesso le storie sulla presunta grossolanità dei russi. Ma per numero di incidenti con protagoniste le armi nucleari, gli Stati Uniti sono al primo posto con un grande margine: molte volte l'America si è quasi autodistrutta senza che l'Urss facesse nulla.
7. Come Bruce Kulka ha schiacciato il bottone sbagliato
L'11 marzo 1958 un Boeing B-47 con a bordo la bomba nucleare Mark-VI era decollato da una base statunitense in direzione di Savannah, in Inghilterra. Durante il volo nella cabina di pilotaggio si era accesa una spia, che segnalava il malfunzionamento del meccanismo del fissatore per l'espulsione della bomba. Il capitano aveva inviato il membro dell'equipaggio Bruce Kulka a controllarlo. Dopo una lunga e inconcludente ricerca del fissatore, Kulka si arrampicò sul dispositivo di rilascio di emergenza della bomba e accidentalmente aveva premuto qualcosa. Una bomba da tre tonnellate aveva rotto il portello dell'aereo e da una quota di 4.500 metri era caduta sulla casa di un certo Walter Gregg. Fortunatamente nell'impatto con il terreno esplose solo la carica di esplosivi ordinari: solo 9 persone rimasero leggermente ferite. Gregg aveva citato in giudizio l'aviazione militare americana per 54mila dollari (500mila dollari il valore odierno) ed era riuscito ad ottenere il denaro. Kulka si era scusato davanti a lui, riuscendo così ad evitare una condanna più pesante.

mercoledì 15 novembre 2017

L’Arabia Saudita tappa la bocca all’Occidente con i suoi contratti miliardari di acquisto armi



10 novembre 2017

Il mutismo dell’Occidente davanti all’aggressione saudita allo Yemen suscita inquietudine per il fatto che Rijad si compra anche il silenzio con i contratti miliardari che sottoscrive per acquisto di armi dai paesi occidentali.
Persino il giornale statunitense The Washington Post, in un suo articolo pubblicato il Giovedì, censura il silenzio sorprendente dei paesi occidentali circa le aggressioni del regime saudita allo Yemen, che hanno causato una catastrofe umanitaria nel paese più povero del mondo arabo.
Il giornale indica chiaramente che, mentre l’Organizzazione delle nazioni Unite (ONU), così come le agenzie internazionali di assistenza umanitaria, hanno lanciato allarmi per i crimini del regime saudita nello Yemen (bombardamenti indiscriminati su scuole, ospedali, mercati e abitazioni civili), i responsabili politici in grande maggioranza statunitensi ed europei sono rimasti muti per non incrinare i rapporti con l’Arabia Saudita.

martedì 14 novembre 2017

Prese in Nigeria, violentate in Libia e costrette a prostituirsi in Italia

9 novembre 2017
Prese in Nigeria, violentate in Libia  e costrette a prostituirsi in Italia

VENEZIA - È stata la denuncia di una ragazza nigeriana, fuggita ai suoi sequestratori che la costringevano a prostituirsi, dopo aver subito violenze e minacce nel viaggio dalla Nigeria all'Italia passando per la Libia, a portare la squadra mobile di Venezia ad arrestare quattro sue connazionali e a un italiano, ex marito di una di queste. I cinque sono accusati, a vario titolo, di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, riduzione in schiavitù e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. La giovane è stata vista lo scorso marzo girare malconcia per Marghera dagli operatori dei servizi Sociali del Comune di Venezia.

lunedì 13 novembre 2017

Libia. 120mila$ a società Usa da figlio Haftar per lobbying al Congresso: le foto del contratto

di Vanessa Tomassini – 
Mohamed Buiser, l’ex consigliere politico del generale cirenaico Khalifa Haftar, ha reso nota la copia di un contratto stipulato il primo novembre 2017 tra Khaled Khalifa Haftar, figlio dell’uomo forte di Tobruk, e la Grassroots Political Consulting LLC di Alexandria, in Virginia (Usa). Con il presente contratto, di cui pubblichiamo uno stralcio in esclusiva per l’Italia, il figlio di Haftar assume Daniel Faraci come consulente politico per i prossimi 6 mesi, ovvero fino al 30 aprile 2018. La famiglia Haftar verserà “20mila dollari al mese e il pagamento totale al termine della collaborazione sarà di 120 mila dollari americani”.

domenica 12 novembre 2017

Serraji paga 50 milioni di dinar ai mercenari per attaccare Wershafana.

NOTA: Prima di proseguire è necessaria una premessa, al contrario di quanto accade nei media italiani, ed occidentali, ( silenzio di tomba), sui siti libici ed internazionali, in questi giorni sentirete che in Libia, uomini di Zintan hanno attaccato i “”criminali”” a Wershafana. SEMPLICEMENTE QUESTO é FALSO, questi non sono parte della tribù di Zintan, ma sono mercenari pagati dal governo di occupazione di Al Serraji, ( quello voluto dall’ ONU e sostenuto dall’ italia , per capirci). A cui si è aggiunta la cosiddetta Brigata rivoluzionaria di Tripoli

Il consiglio degli anziani della tribù Zintan si è dissociata da questi criminali guidati da Osama al-Juwaily, e non riconosce questi ratti come membri della tribù.

sabato 11 novembre 2017

Le rivelazioni bomba dell’ex premier del Qatar sulle complicità con il terrorismo jihadista, ignorate dai media



4 novembre 2017
La bomba della rivelazione della colpevolezza statunitense e saudita nella creazione di ISIS Ignorata dai Media Mainstream – e dal Team Trump
Ecco, proprio dalla tana del lupo! L’ex primo ministro del Qatar rivela da solo il modo in cui il suo paese ha lavorato con l’Arabia Saudita e con  la Turchia sotto la direzione degli Stati Uniti – vale a dire l’amministrazione Obama – per fornire armi e soldi ai terroristi jihadisto in Siria:
“L’intervista esplosiva dell’ex Primo Ministro del Qatar, Hamad bin Jassim bin Jaber al-Thani, costituisce un alto livello”  di rivelazione pubblica circa la collusione e il coordinamento tra quattro paesi per destabilizzare uno Stato indipendente, [incluso] il possibile sostegno a Nusra / al-Qaeda “. …

L’ex primo ministro del Qatar, Jaber al-Thani, che ha supervisionato le operazioni di Siria per conto del Qatar fino al 2013, ha dichiarato, riconoscendo che le nazioni del Golfo stavano armando i jihadisti in Siria con l’approvazione e il sostegno degli Stati Uniti e della Turchia: ” Non voglio entrare nei dettagli ma abbiamo documenti completi su di noi per come abbiamo gestito la situazione in Siria “. Al-Thani ha sostenuto che sia il re Abdullah dell’Arabia Saudita (che regnò fino alla sua morte nel 2015) sia gli Stati Uniti hanno posizionato il Qatar in un ruolo di primo piano per le operazioni segrete dirette ad eseguire la guerra per procura.

venerdì 10 novembre 2017

Kaiser: “Gli USA scateneranno una guerra per bloccare l’apparizione dei “petroyuan”

31 ottobre 2017

L’imminente apparizione del “petroyuan” è un passo molto audace da parte della Cina, visto che gli USA non abbandoneranno la base della loro egemonia -il dollaro come moneta di riserva mondiale- senza lottare per contrastare questo passaggio.
Il piano cinese di lanciare i contratti petroliferi denominati  in yuan, prima della fine dell’anno, viene accompagnato da voci relative al fatto che il gigante asiatico sarà un grande acquirente delle azioni della petroliera statale saudita Aramco.
Tutto questo inizia ad avere significato da un punto di vista geopolitico, nel senso che la Cina, la Russia e perfino i sauditi stanno cercando si sottrarsi al vincolo del dollaro statunitense , dalla sua egemonia, ha dichiarato l’analista finanziario Max Keiser nel corso di una intervista concessa alla redazione della RT Inglese.

giovedì 9 novembre 2017

Governo Globale. La storia segreta del Nuovo Ordine Mondiale

5 novembre 2017

Intervista a Enrica Perucchietti, autrice di un libro che spiega come l’attualità mondiale evidenzia l’esistenza di un piano preordinato di dominio, ormai discusso anche sul mainstream.
Intervista a Enrica Perucchietti.
Dottoressa Perucchietti, Lei è autrice del libro Governo Globale. La storia segreta del Nuovo Ordine Mondiale edito da Arianna: in che modo l’attualità mondiale evidenzia l’esistenza di un piano preordinato di dominio globale?
Governo Globale. La storia segreta del Nuovo Ordine Mondiale, Enrica Perucchietti
Quello che inizialmente era un argomento di nicchia è diventato negli ultimi anni un tema diffuso e sempre più condiviso: se inizialmente i ricercatori e i giornalisti che ne parlavano venivano liquidati come “cospirazionisti”, oggi la sensazione che sia in atto un progetto di mondialismo (seguente alla globalizzazione delle merci) è comunemente accettato. Pensiamo per esempio a Henry Kissinger che ha dato un’opera dal titolo altisonante come World Order. Sempre più politici, ministri, capi di Stato e pontefici, inoltre, negli ultimi decenni hanno parlato pubblicamente dell’esigenza di costituire un “Nuovo Ordine Mondiale”. Il nostro intento è stato quello di ricostruire la storia documentata di questo progetto e le tappe storiche che arrivano fino a noi. Al di là delle confusioni generate dalla cultura-web, il Nuovo Ordine Mondiale, lungi dall’essere il delirio di una manciata di paranoici, è al contrario un argomento serissimo che merita di essere indagato. Ciò che è avvenuto negli ultimi anni e che avevamo in parte anche previsto nelle nostre opere precedenti ci ha spinto a rimettere mano al saggio per la riedizione ampliandola, per poter star dietro ai cambiamenti che si sono susseguiti negli ultimi sei anni dalla prima pubblicazione. L’elezione di Trump ha illuso alcuni di poter condurre a una battuta d’arresto del progetto mondialista ma nei mesi abbiamo assistito a una “normalizzazione” del neo presidente e l’anacronistico ritorno alla Guerra Fredda ha portato anche alla comparsa di un nuovo nemico sullo scacchiere geopolitico, la Corea del Nord.

mercoledì 8 novembre 2017

Profughi? Tutte balle! Non sono poveri e non scappano dalla guerra né dalla fame

Anna Bono, docente di Storia dell'Africa all'Università di Torino: "C'è una propaganda che li esorta a venire in Italia spiegando che qui è tutto gratis".
Marco Dozio
Profughi? Tutte balle! Non sono poveri e non scappano dalla guerra né dalla fame
Barcone di clandestini (Foto ANSA) e Anna Bono (da Facebook)

Anna Bono, docente di Storia e Istituzioni dell’Africa all'Università di Torino, conoscendo a fondo la materia, ribalta un bel gruzzolo di luoghi comuni. Spiega che chi sbarca o viene traghettato sulle nostre coste, arrivando prevalentemente dall'Africa subsahariana, per la stragrande maggioranza dei casi non è un profugo. E nemmeno un povero in fuga dalla fame. Ma un giovane maschio, spesso appartenente al ceto medio, che non scappa da guerre o persecuzioni. "La maggior parte di chi lascia l’Africa subsahariana per l'Europa non scappa né dalla guerra né dalla povertà estrema".

martedì 7 novembre 2017

L’autorità di Fayez al Sarraj è grande solo fuori della Libia

lunedì 6 novembre 2017

«Tariffe per i salvataggi» Bufera Save the Children Perquisizioni e sequestri

Polizia a bordo della «Vos Hestia» a caccia dei rapporti con i trafficanti. La replica: «Estranei»

- Mar, 24/10/2017 - 06:00



Il cerchio inizia a stringersi attorno a Save the children, l'Ong salva migranti, che ha partecipato ai recuperi al largo della Libia finiti sotto inchiesta. Ieri mattina gli agenti del Servizio centrale operativo della polizia hanno perquisito Vos Hestia, la nave che l'organizzazione umanitaria utilizza nel Mediterraneo centrale. La procura di Trapani ha scoperto un «tariffario» che garantiva più soldi all'equipaggio e al comandante della nave, se «salvavano» in mare un maggior numero di migranti. Oltre al salario era previsto un bonus mensile e 50 euro a testa per ogni natante recuperato. Per dieci natanti, nel periodo di «punta», si poteva incassare anche 500 euro in più in pochi giorni. Un incentivo non indifferente.

domenica 5 novembre 2017

Esclusiva. Gheddafi, sei anni dopo. Ricordiamo il rais con suo cugino Ahmed Gaddaf al-Dam

a cura di Vanessa Tomassini

Sono passati già sei anni dal 20 settembre 2011, quando Muammar Gheddafi è stato deposto lasciando il suo Paese nel caos, malgrado gli sforzi internazionali per rimetterlo in sesto. Sei anni dopo la sua cattura e la sua uccisione a Sirte, sua città natale, suo cugino Ahmed Gaddaf al-Dam, che per anni ha ricoperto il ruolo di inviato speciale di Tripoli al Cairo, ha voluto rendergli omaggio. Lo ha fatto con la pubblicazione del suo nuovo libro “Parla Gaddaf al-Dam, mezzo secolo con Gheddafi”, una sorta di autobiografia in cui narra il suo stretto rapporto con Muammar Gheddafi, dall’infanzia alla guerra militare tra la Libia e l’Egitto nel 1977, dalla fondazione dell’Esercito di Liberazione libica al ruolo di Gheddafi nella diffusione dell’Islam in Africa e in Asia. Raggiunto al Cairo durante la presentazione del suo libro, che sarà distribuito in tutti i Paesi arabi, abbiamo chiesto al generale Ahmed Gaddaf al-Dam, oggi funzionario politico del Fronte di Lotta Nazionale, di ricordare insieme suo cugino, Muammar Gheddafi.
– Qual è il ricordo più bello che ha di suo cugino?

sabato 4 novembre 2017

Memorandum sulla Libia: disinformazione contro Stato, Guida ed Esercito

Mentre la NATO ha deliberatamente falsificato il dossier libico per arrogarsi il diritto di distruggere la Libia e assassinarne la Guida per gettarla nel caos, Sayf al-Islam Gheddafi rimane l’unica personalità capace di unire rapidamente le diverse tribù. Liberato di recente, ha scritto questo memorandum per esaminare la situazione giuridica del suo Paese.
| Tripoli (Libia)  
 

JPEG - 40.7 Kb
Questo memorandum mira ad identificare ciò che il popolo libico ha subito negli ultimi sei anni. Questi crimini sono stati commessi in nome dell’interventismo umanitario, della protezione dei civili, dell’introduzione della democrazia e della prosperità. Le forze della NATO, con l’aiuto di certi Stati arabi e di certi libici, attaccarono la Libia con tutti i mezzi a disposizione. Le giustificazioni avanzate erano false quanto quelle per l’invasione dell’Iraq nel 2003. Fu la distruzione sistematica di un Paese sovrano e di una nazione pacifica. Questa nota tenta di presentare tali crimini alla comunità internazionale, alle organizzazioni per i diritti umani e alle ONG, al fine di sostenere la Libia e il suo popolo negli innumerevoli sforzi per ricostruire questo piccolo Paese.

venerdì 3 novembre 2017

George Soros finanzia l’indipendentismo catalano

 

L’anno scorso La Vanguardia [quotidiano edito a Barcellona, ndt] ha rivelato che nel 2014 la fondazione Open Society Initiative for Europe di George Soros ha finanziato organizzazioni che militano per l’indipendenza della Catalogna.
Secondo documenti interni, la fondazione ha versato:
-  27.049 dollari al Consell de Diplomàcia Pública de Catalunya (Consiglio di Diplomazia Pubblica di Catalogna), organismo creato dalla Generalità di Catalogna insieme a diversi partner privati;
-  24.973 dollari al Centre d’Informació i Documentació Internacionals a Barcelona (CIDOB – Centro d’Informazione e Documentazione Internazionale di Barcellona, un think tank indipendentista.

giovedì 2 novembre 2017

Il nuovo Ordine Mediatico Mondiale

In pochi mesi, il contenuto dei media nazionali e internazionali è profondamente cambiato in Occidente. Stiamo assistendo alla nascita di un Patto di cui non conosciamo i veri iniziatori né gli obiettivi reali, ma di cui da subito osserviamo le conseguenze dirette contro la democrazia.
| Damasco (Siria)  
+
JPEG - 45.2 Kb
L’Occidente sta vivendo una crisi sistemica senza precedenti: forze potenti guidano progressivamente tutti i media in una sola direzione. Allo stesso tempo, i contenuti dei media si trasformano: sino appena all’anno scorso, erano logici e tendevano all’obiettività. Si procuravano un reciproco contradditorio dentro una sana competizione. Ora invece agiscono per bande, fondano la loro coerenza sulle emozioni e diventano feroci di fronte agli individui che denunciano.
L’idea di un Patto dei media è un’estensione dell’esperienza dell’International Consortium for Investigative Journalism (ICIJ) ("Consorzio Internazionale per il giornalismo investigativo"), che non aggrega dei media, bensì unicamente singoli giornalisti a titolo individuale. Si è reso famoso nel pubblicare informazioni trafugate dalla contabilità di due studi legali nelle Isole Vergini Britanniche, PricewaterhouseCoopers (PwC), HSBC Bank, e lo studio panamense Mossack Fonseca. Queste rivelazioni sono state utilizzate principalmente per screditare dirigenti cinesi e russi, ma anche a volte per mettere in luce veri delitti commessi dagli occidentali. Soprattutto, con il pretesto lodevole della lotta contro la corruzione, la violazione della riservatezza degli avvocati e delle banche ha inflitto un danno molto pesante a migliaia di loro clienti onesti senza alcuna reazione dell’opinione pubblica.

mercoledì 1 novembre 2017

La campagna della NATO contro la libertà di espressione

Questa è una lunga storia che attraversa un arco di quindici anni. La NATO inizialmente ha cercato di mettere a tacere i cittadini che cercavano di conoscere la verità sugli attentati dell’11 settembre. Poi ha preso di mira coloro che contestavano la versione ufficiale della "primavera araba" e della guerra contro la Siria. Da cosa nasce cosa, ha attaccato coloro che denunciavano il colpo di Stato in Ucraina. Ormai la NATO fa ora accusare da una pseudo-ONG quelli che han fatto campagna per Donald Trump di essere agenti russi.
| Damasco (Siria)  

JPEG - 37 Kb
Logo del Centro di comunicazione strategica della NATO
Gli attentati dell’11 settembre 2001 sono stati seguiti sia da uno stato d’emergenza permanente sia da una serie di guerre. Come scrivevo all’epoca, la teoria secondo cui i mandanti sarebbero stati jihadisti che comandavano da una grotta afgana non regge all’analisi. Tutto fa pensare che siano stati invece organizzati da una fazione del complesso militare-industriale.
Se questa analisi è esatta, il seguito degli avvenimenti poteva soltanto portare a una repressione negli Stati Uniti e negli Stati alleati.