Ciò risulta particolarmente evidente a Porto Rico e nelle Isole
Vergini americane dove, pur territori degli Stati Uniti, il vuoto o
ritardi nella risposta di Washington sono stati colmati da società
private. Stabilire se ciò sia un bene o un male è ancora prematuro,
tuttavia il loro precedente operato in ambito di Disaster Relief —
soccorso in caso di calamità — può aiutare ad ipotizzarne le
conseguenze e trarne conclusioni.
Porto Rico (3.351.827 abitanti e 9.104 km
2) e le
Isole Vergini americane (107.268 abitanti e 1.910 km
2)
sono due territori non incorporati degli Stati Uniti; aree controllate
da Washington ma che tuttavia non fanno parte dell’Unione.
Sostanzialmente, essi godono di alcuni benefici legislativi e di una
sovranità limitata ai soli affari locali, ma non hanno rappresentanze al
Congresso e i loro abitanti, seppur cittadini americani, non possono
votare per eleggere il Presidente degli Stati Uniti.
Questo status ha provocato ritardi ed una certa mancanza di vigore
nei soccorsi. Secondo José Fuentes, presidente del Consiglio per la
Sovranità Nazionale di Porto Rico, infatti
“I territori sono marginali, invisibili e non hanno voce a Washington perché è necessario il voto per avere una voce”.
Perciò, le risposte governative ai tre uragani sono state decisamente
differenti. Per Harvey, che si è abbattuto sul Texas il 25 agosto,
risorse e personale sono stati schierati ancora prima che toccasse
terra. In pochi giorni i soccorritori hanno raggiunto quota 31.000 ed il
primo pacchetto di aiuti — 15 miliardi di dollari— è stato approvato a
circa due settimane dall’uragano. Con Irma, che ha colpito la Florida il
10 settembre, i soccorritori erano più di 40.000 già quattro giorni
dopo. Con Maria, che il 20 settembre ha devastato Porto Rico e le isole
Vergini (già piegate da Irma il 6 settembre), dopo
5 giorni i soccorritori erano a malapena poco più di 10.000.
C’è voluto infine oltre un mese prima che il Congresso approvasse
un primo pacchetto d’aiuti.
Perfino con l’uragano Katrina del 2005 erano stati stanziati $10,5
miliardi in soli 4 giorni! Per i ritardi e diversi approcci nei
soccorsi, Trump ha incolpato la “geografia”: Porto Rico ed Isole Vergini
sono distanti e ben più difficili da raggiungere e rifornire
rispetto a Texas e Florida.
E così, pur rimboccandosi le maniche e contando su iniziative
private, a più di un mese dal disastro c’è ancora moltissimo da fare. A
Porto Rico 1 milione di persone non dispone ancora di acqua corrente,
mentre l’80% della rete elettrica è ancora fuori uso, lasciando 3
milioni di persone senza energia. Scarseggiano generi di prima
necessità, alimentari, carburante e parti dell’isola restano ancora
isolate,
senza possibilità di ricevere soccorsi adeguati.
Anche la situazione sulle Isole Vergini resta molto grave, ma
percepita differentemente a causa di una copertura mediatica nettamente
inferiore. Una delle poche cose che sembra “funzionare” a pieno regime
in entrambi
i territori è invece il crimine.
A Porto Rico le disastrose condizioni di vita non solo hanno spinto
la popolazione a commettere furti e saccheggi per necessità, ma anche
per profitto. Abitazioni, negozi, centri commerciali e stazioni di
servizio sono stati presi d’assalto, rendendo necessaria l’imposizione
del coprifuoco. Molti ricorrono a guardie private, ma chi non se le può
permettere, provvede personalmente barricando e
presidiando i propri beni ed attività.
I 13.000 poliziotti dell’isola, pur con rinforzi dal continente,
stanno affrontando turni sempre più estenuanti, mentre i criminali si
approfittano spavaldamente del clima di anarchia: manca l’illuminazione,
gli allarmi e sistemi telefonici sono fuori uso e la polizia non può
essere onnipresente.
Nella circoscrizione di Río Piedras (San Juan) ad esempio, dei 60
agenti in servizio per ogni turno, si arriva ora a malapena a 25. Così,
dal passaggio di Maria ci sono stati furti, aggressioni ed almeno 34
omicidi.
Sull’isola scarseggia perfino il denaro. Molti istituti bancari sono
ancora chiusi o a corto di contanti, così come gli ATM. Questo anche se a
Porto Rico la moneta non scarseggia, anzi si trova ben immagazzinata
nelle apposite strutture governative. Quello che manca sono agenti di
sicurezza privata per trasferirla. Tutte le guardie infatti risultano
impegnate in altre attività più incalzanti.
Il livello del crimine era già alto da metà degli anni 2000 ed un
debito pubblico da 74 miliardi di dollari, un tasso di povertà del 45% e
migliaia di disoccupati non hanno di certo contribuito alla stabilità.
Alla polizia sono sempre state destinate poche risorse ed
equipaggiamenti superati. Più di 4.000 agenti si sono congedati negli
ultimi anni e, a causa della crisi economica,
mancano reclute fresche,
almeno a breve termine. Dopo una drastica riduzione degli omicidi a
partire dal 2012, grazie a programmi anticrimine in collaborazione con
l’FBI, nel 2016 il loro numero è aumentato del 14,5%: da 592 del 2015 a
678 (comunque ben lontani dai 1.164 del 2011).
Un incremento dovuto principalmente al traffico di droga,
spiega José Luis Caldero, sovrintendente di polizia.
L’inferno caraibico
Anche nelle Isole Vergini americane l’ordine pubblico è ancora molto
precario. A peggiorare le cose l’infelice provvedimento del governatore,
Kenneth Mapp che, il 4 settembre, prima dell’arrivo di Irma, aveva
ordinato alla Guardia Nazionale di
“sequestrare armi, munizioni,
esplosivi, materiale incendiario ed altri oggetti che potrebbero esser
necessari alle Forze Armate e di Pubblica Sicurezza per le operazioni
d’emergenza”. Senza la deterrenza della polizia, né tantomeno
quella di cittadini armati, la popolazione si difende con sistemi ed
armi di fortuna, in balia di criminali ed orde di disperati che vagano
alla ricerca di cibo e mezzi di sussistenza:
“sembra di essere in The Walking Dead”.
Pure in questo territorio il crimine era molto elevato ancor prima
degli uragani. Secondo l’FBI infatti, le isole Vergini hanno il più alto
tasso di omicidi pro capite nel Paese. Un tasso cresciuto del 10% tra
il 2014 e 2015,
arrivando a 32,9 omicidi per 100.000 abitanti, seguito dai 24,1 del Distretto di Columbia e dai 19,3 di Porto Rico (l’Italia 0,78 nel 2015).
Nelle altre Isole circostanti le condizioni
sono addirittura peggiori.
Sam Branson, figlio del miliardario Richard, rimasto sull’isola di
proprietà della famiglia nelle Isole Vergini Britanniche, ha raccontato
di un deterioramento della sicurezza, con evasioni di massa e bande di
detenuti armati che imperversano ovunque.
Da qualche anno, i vertici di polizia lamentavano già la mancanza di
personale a causa di fondi insufficienti, richiedendo un maggior impiego
e collaborazione con
compagnie di sicurezza private.
Sull’isola di Saint Martin, parte del Commonwealth dei Paesi Bassi e
della Francia, bande di sciacalli razziano hotel e negozi. Il primo
ministro olandese, Marke Rutte ha definito la situazione un
“serio problema” ed ha inviato truppe per assistere nei soccorsi e riportare l’ordine.
Arrivano i contractors
Il ritardo e la scarsa incisività dei soccorsi governativi ha reso necessario l’intervento dei contractors. La
Academi — ex
Blackwater, ex
Xe ed ora parte
del gruppo Constelli’s—
ha ricevuto diverse richieste per l’invio di propri uomini: da Croce
Rossa, Governo locale e federale. Paul Donahue, direttore di
Constelli’s ha dichiarato
“siamo stati invitati a presentare un’offerta per la fornitura di servizi di sicurezza —
armata e non —
ad
approvvigionamenti di acqua e carburante, ma non abbiamo ricevuto
ancora un riscontro. Le due maggiori priorità che ci sono state
segnalate sono la protezione delle scorte di carburante (per stazioni di
servizio e generatori necessari al funzionamento delle attività) e di
supporto umanitario quali la distribuzione di acqua potabile.” Una volta accettate le offerte,
Academi potrà intervenire con i propri contractors come sta già facendo a Dominica e Saint Martin.
L’americana
Whitestone Group, con un annuncio sul proprio sito, ricerca per conto della FEMA — la protezione civile americana — dei
“professionisti, esperti della sicurezza, armati e non, per operazioni di soccorso con dispiegamento immediato a Porto Rico”.
Il compenso previsto è di ~ 2.600 dollari a settimana (16-30/ora),
oltre diaria e vitto e alloggio. Le mansioni indicate, con turnazioni da
12 ore, possono variare dal pattugliamento a piedi o motorizzato di
determinate aree alla sicurezza statica, controllo di accessi ed ingressi, gestione del traffico, controllo della folla ecc.
Questa società, già contraente del Dipartimento della Difesa,
dell’Interno ed altre agenzie, ottenne i primi contratti federali con
l’uragano Katrina. A richieste di chiarimenti sul contratto, il
direttore della FEMA di Puerto Rico non ha saputo rispondere, se non
affermando che esiste una precisa necessità di compagnie di sicurezza
privata sull’isola.
Un annuncio simile è stato pubblicato anche dal colosso britannico,
G4S
in cui si ricercano almeno 200 operatori armati per l’emergenza a Porto
Rico; turni ed incarichi sono pressoché identici a quelli della
Whitestone.
Si offrono paghe competitive, fino a 44 ore di straordinari a
settimana, vitto e alloggio ed una diaria fino a 32 dollari al giorno.
Oltre a skills prettamente militari o di
law enforcement, uno dei requisiti è il saper interagire “cordialmente e diplomaticamente con il pubblico”.
Anche la
DynCorp è stata interpellata. L’11 ottobre il
Comando appalti dell’esercito di Rock Island, attraverso un ordine di
modifica del contratto logistico LOGACAP IV, l’ha incaricata di
allestire e gestire campi base per la Guardia Nazionale, FEMA ed altre
agenzie impegnate nei soccorsi. Il primo, per 1.000 uomini, presso
Aguadilla (costa occidentale di Porto Rico); il secondo, da 1.500
uomini, presso la ex base di Roosevelt Roads, nella parte orientale
dell’isola. A questi se ne aggiungerà un terzo, a Ponce (costa
meridionale). Tale ordine di modifica ha un valore approssimativo
di 75 milioni di dollari ed una durata di 90 giorni.
La
Tiger Swan invece, attraverso un apposito team, si è
dedicata alla ricerca di persone che, a causa del caos e
dell’interruzione delle telecomunicazioni, risultano/vano irreperibili.
Procedendo di porta in porta, con generalità ed indirizzi forniti da
parenti e committenti, la società della Nord Carolina è riuscita ad
individuare 100 persone in due settimane e, in alcuni casi, anche a
fornire generatori di corrente, acqua, ed assistenza medica.
Le solite polemiche
Nel frattempo sono già iniziate le polemiche anche sui contractors.
Per le strade di San Juan ci sono uomini in mimetica, senza mostrine,
con elmetti e maschere, pistola nel cosciale e, soprattutto, armi
lunghe: fucili a pompa o d’assalto. Tali tipologie di armi potrebbero
esser illegali poiché richiedono specifiche licenze governative. Secondo
il Puerto Rico Weapons Act, infatti solo membri di forze armate e
pubblica sicurezza possono portarle. Le compagnie di sicurezza privata,
invece possono farlo solo in caso di scorta a furgoni porta valori,
previa specifica licenza, sostiene Adalberto Mercado, vice presidente
della società di sicurezza
Ranger American; diversamente sono concesse solo armi corte.
In realtà, contractors equipaggiati con armi lunghe erano già stati
avvistati ad aprile, nientepopodimeno che nel Campidoglio quando, nel
mezzo di un’intensa protesta per le misure di austerity adottate dal
Governo, un’operatrice della
Genesis Security, società incaricata della sicurezza fino al 30 giugno con un contratto da 140.000,dollari è stata ripresa nel perimetro
dell’assemblea legislativa con un’arma lunga.
Alle immediate proteste dell’opposizione sull’illegalità di tali
dotazioni, ha fatto seguito un’accesa disquisizione sulla
classificazione dell’arma: se la mancanza di uno specifico calcio — e
quindi la sua lunghezza complessiva —
potesse farla ricadere in una tipologia d’arma corta o lunga.
Quella di questi uomini armati non identificati parrebbe una situazione non molto diversa da quella
dei misteriosi “uomini verdi” di Crimea,
apparsi nel marzo 2014. Tuttavia, quelli di Porto Rico sarebbero solo
alcune guardie private assunte dai commercianti per tutelare attività e
proprietà, colmando quel vuoto di sicurezza lasciato dagli agenti di
polizia. Alle richieste di chiarimento di una popolazione turbata,
questi uomini rispondono — con un certo nervosismo — di esser al
servizio del Governo, nell’ambito di una missione umanitaria e che il
volto coperto serve ad evitare ritorsioni.
Essi potrebbero
anche essere poliziotti
a cui è concesso di operare per società di sicurezza privata quando
sono fuori servizio. Scetticismo e preoccupazione sono esternati anche
da politici e forze dell’ordine stesse, per i quali il dispiegamento di
questi uomini in caso di calamità naturali
“è atipico visto che Porto Rico è territorio statunitense” ed
“i contractors sono solitamente ingaggiati per zone calde del Medio Oriente dove vi è il rischio di attacchi terroristici”.
Sull’ingresso di società di sicurezza americane a Porto Rico, Mercado di
Ranger American
afferma che loro stessi ed altre realtà locali hanno ricevuto in
appalto la sicurezza di alcuni loro clienti. Per quanto riguarda la
presenza diretta, le società americane non sarebbero molte e di loro si
conosce poco, se non che sono effettivamente impegnate nella protezione
di società
multinazionali delle telecomunicazioni e catene alberghiere.
Nonostante la “concorrenza straniera”,
Ranger American, così
come le altre società di sicurezza locali stanno assumendo e lavorando
molto dopo l’uragano, sia per i privati che per il Governo locale e
federale. Quello della sicurezza è un settore tradizionalmente
importante a Porto Rico, principalmente in mano ai privati.
Un mercato in crescita
Gli alti tassi di criminalità hanno da sempre spinto i cittadini più
benestanti a barricarsi in comunità residenziali private, delimitate da
mura con filo spinato, sistemi d’allarme e guardie private armate ai
cancelli. Sebbene il controllo degli accessi di questi veri e propri
compound sia diventato legale nel 1987, la diffusione di queste comunità
e delle compagnie di sicurezza privata ha visto un surge senza
precedenti a fine 1992, quando caddero ulteriori restrizioni. Da inizio
1993 su giornali e riviste apparvero così decine e decine d’inserzioni
pubblicitarie di società che offrivano servizi di sicurezza. La
Wackenut PR, fondata a Puerto Rico nel 1958 e oggi parte di
G4S,
ebbe un 40% di aumento del fatturato per la vendita di telecamere e
sistemi antifurto dal 1991 al 1992, tramutando, come riferito da Manuel
Calas, manager della società
“[…] ciò che per qualcuno è una disgrazia, […] in un fiorente business.”
Nell’ambito di una vera e propria guerra al crimine – ribattezzata “La
Mano Dura contra el Crimen” – il governatore Pedro Rosselló incentivò le
compagnie di sicurezza privata ed iniziative dei singoli cittadini.
Nel 2004 si stimava che le compagnie di sicurezza privata dessero
lavoro a 60.000 uomini – circa tre volte il numero delle forze
dell’ordine: 21.000 poliziotti e 4.750 agenti di polizia municipale –
con una spesa annua di 844 milioni di dollari, tra stipendi ed
equipaggiamento. Il giornalista Gerardo Cordero, su
El Nuevo Dia, parlava dell’apertura di almeno
due compagnie di sicurezza privata al mese.
Attualmente, il settore della sicurezza privata a Porto Rico impiega
circa 40.000 persone che garantiscono un servizio essenziale per la
stabilità dell’isola. Nonostante ciò il Governo ha mantenuto invariata —
fino a pochi mesi fa, almeno — la legge di riferimento che risaliva al
1965.
Non solo, nel corso degli anni sono stati adottati provvedimenti fiscali ed inasprimenti dei regolamenti che hanno —
a detta di qualcuno
— danneggiato il settore. Ad aprile la Camera dei Deputati ha approvato
alcuni emendamenti, richiedendo maggior trasparenza nella concessione
delle autorizzazioni ed una maggior tutela della popolazione. L’obbligo
di rinnovo delle licenze è stato portato a due anni, ma a cadenza
annuale è stata introdotta la presentazione di un certificato di buona
condotta. L’intenzione è quella di creare un database che includa ogni
guardia o detective privato. Permane comunque un alto numero di società
abusive,
contratti irregolari e sfruttamento degli operatori.
Dati relativi al 2010 infatti parlavano di 300 società nel Paese, di cui solo il 10% completamente
in regola con le prescrizioni di legge e ben 30.000 guardie senza licenza.
Anche nel resto dei Caraibi la sicurezza privata ha vissuto
un’inarrestabile espansione negli ultimi vent’anni che lascia presagire
una costanza od addirittura un ulteriore incremento nel prossimo futuro.
I tassi del crimine, così come il vuoto di potere e la sfiducia
generata dalle istituzioni hanno portato le guardie private a superare
in numero le forze di polizia,
praticamente in ogni Paese delle regione.
Sebbene molti agenti di polizia nutrano del risentimento nei
confronti delle loro controparti private a causa degli stipendi e
condizioni di lavoro nettamente inferiori, altri le vedono invece come
opportunità di lavoro, specialmente dove è concesso di prestarvi
servizio nel tempo libero.
I mercati nazionali e locali sono caratterizzati dalla presenza di
grandi società nazionali e multinazionali da una parte e società di
piccole e medie dimensioni dall’altra. La domanda di servizi di
sicurezza privata è generata da una gamma di clienti diversi che
spaziano dalle grandi società, banche, singoli cittadini e perfino
entità statali. Legislazioni specifiche per il controllo delle compagnie
private sono state adottate da molti Paesi della regione,
focalizzandosi sulle procedure di autorizzazione e requisiti, tutela dei
diritti umani, adozione di codici di condotta, ma dedicando tuttavia
poca
enfasi alla supervisione di società ed operatori.
Una particolarità del panorama caraibico è il grandissimo n
umero di compagnie di sicurezza private ivi registrate, in particolare nelle Isole Vergini britanniche dove società britanniche — Erinys — e perfino russe —
una collegata di RSB-Group,
sono state costituite od incorporate per potersi avvantaggiare di leggi
e regolamenti più permissivi, tipici di questi paradisi fiscali.
L’affare dei soccorsi post disastro
Sebbene il Disaster Relief sembri una delle ultime evoluzioni del
business delle Private Military & Security Companies — e per certi
versi lo è — il primo episodio che le vede protagoniste potrebbe
risalire addirittura al Grande Incendio di Chicago del 1871, quando la
società di sicurezza privata
Pinkerton, la più antica degli Stati Uniti, si occupò di mantenere l’ordine pubblico fino all’arrivo dell’esercito
, ben due giorni dopo.
Da allora si sono quasi sempre dimostrate incompetenza e tardività di
Washington in caso di calamità naturali, rispetto all’azione di singoli
cittadini o società private, più o meno specifiche. Ciò proprio a causa
dell’imprevedibilità e rapidità delle calamità naturali a cui, invece
di una goffa e lenta risposta della burocrazia statale, meglio si addice
flessibilità e celerità di piccoli gruppi indipendenti – come la
Cajun Navy –avvantaggiati anche da una maggior consapevolezza del contesto e
precisione delle informazioni.
Nel caso di Porto Rico e Isole Vergini, l’inadeguatezza della risposta
si è dovuta ad una macchina dei soccorsi limitata dalla burocrazia ed
impreparata ad una situazione che, già critica in precedenza, ha colpito
le isole nella loro interezza. Ciò dovrà
far ripensare alle autorità il proprio approccio.
Anche per l’uragano Harvey le cose non sono andate poi tanto meglio.
Russell L. Honore, tenente generale in congedo e coordinatore dei
soccorsi per l’uragano Katrina, ha definito i soccorsi come
“roba da dilettanti”
e che avrebbero dovuto esser gestiti dai vertici nazionali, in maniera
coordinata invece che lasciarli nelle mani di oberate autorità locali.
Dopo la tragedia di New Orleans, i militari hanno elaborato un piano di
emergenza federale focalizzato sul supporto alle autorità statali in
caso di calamità, ma nessuno pare averlo adottato. Attualmente esistono
infatti ancora una cinquantina di differenti dottrine e soluzioni
statali su come condurre determinate operazioni e procedure di soccorso,
quando invece tutto
dovrebbe esser univocamente armonizzato.
Per ovvie ragioni di possibilità economiche e strumentali, lo Stato
si è sempre rivelato il principale fornitore di soccorsi in caso di
calamità naturali. Oggi, tuttavia, grazie alla diffusione della
tecnologia e alla maggior presenza di attori economicamente forti, anche
questo “monopolio” statuale, come quello della difesa, è oggetto di
un’erosione più o meno forte. Se consideriamo il successo avuto dalla
Walmart
– catena di negozi al dettaglio – nell’ambito dei soccorsi per Katrina,
riuscendo a distribuire cibo, acqua ed altri generi di prima necessità a
migliaia di persone, grazie alla propria infrastruttura logistica di
magazzini, veicoli e personale, figuriamoci dove possono arrivare
società appositamente create, addestrate ed equipaggiate.
Missioni umanitarie per le PSC
Già in passato la
Blackwater aveva allestito una nave per
condurre operazioni antipirateria e di soccorso. Tale Nave, la M/V
MacArthur, poteva imbarcare fino a 35 soccorritori o contractors armati.
Era equipaggiata con le migliori strumentazioni e sistemi di
comunicazione, era dotata di un ospedale di bordo con due posti letto,
poteva trasportare generi alimentari, medicinali, carburante ed altri
rifornimenti con un’autonomia in mare di circa 45 giorni. Era dotata di
una piattaforma per l’atterraggio di elicotteri e poteva trasportare
fino a 3 piccole imbarcazioni.
Poteva altresì fornire riparo temporaneo ad oltre 100 sfollati.
Durante l’uragano Katrina, gli uomini di
Blackwater sono
stati i primi ad intervenire, ancora prima che ci fosse un contratto e
con addirittura giorni d’anticipo rispetto ai soccorritori governativi.
Dopo solo 36 ore, gli uomini di Prince sul posto erano già più di 100,
distribuendo tonnellate di generi vari, allestendo tendopoli e salvando
ben 121 persone. Con i propri elicotteri hanno fornito servizi di
soccorso, trasporto e logistica ed allo stesso tempo schierato uomini
armati per riportare l’ordine e contrastare lo sciacallaggio.
I contractors, tanto criticati per l’equipaggiamento alquanto vistoso
— fucili d’assalto, pistole, giberne piene di caricatori ecc — si sono
trovati ad operare in una situazione che il generale di brigata Gary
Jones, della Guardia Nazionale della Louisiana, ha descritto come una
“piccola Somalia” e che stava riunendo centinaia di uomini armati per
“pacificare New Orleans e riportarla sotto controllo”.
Oltre alla
Blackwater, che con un contratto da 75 milioni
con il Dipartimento dell’Homeland Security ha fatto ruotare in città
1.600 contractors in un anno, altre società hanno partecipato a progetti
di supporto e ricostruzione per oltre $100 miliardi. Tra di esse
Armour Group International (inglobata da G4S nel 2008),
Instictive Shooting International,
AKE Group, Bechtel, Fluor, Halliburton, e
CH2M.
Nel 2010, in occasione del devastante terremoto di Haiti, i
contractors sono nuovamente intervenuti. Pochi giorni dopo il sisma, le
stesse compagnie di sicurezza private che operavano in Iraq e
Afghanistan si sono recate sull’isola. La International Peace Operations
Association (IPOA), associazione di categoria ha creato un sito web per
potenziali clienti, elencando società pronte ad offrire servizi ed
equipaggiamenti ad Haiti: squadre di ricerca e soccorso, medici ed
infermieri, medicinali e generi alimentari, moduli abitativi e tende da
campo, personale per la ricostruzione e rimozione macerie,
esperti di telecomunicazioni, veicoli terrestri ed aerei, trasporti e logistica, ecc. Ad esempio
Triple Canopy (oggi parte di
Constelli’s assieme ad
Academi) ed
HART Security
Come si può evincere dalla fama o siti internet di queste società, Disaster Relief fa rima con Relief with Teeth
(soccorso coi denti).
Quest’ espressione non fa riferimento solo ad operazioni di
peacekeeping o di peace-enforcement private, ma anche a tutta una serie
di procedure ed operazioni di protezione del personale di soccorso e
ricostruzione impegnato in determinati contesti a rischio. In ambienti
anarchici creati dagli uragani o più cronici, come quelli tipici del
continente africano, i soccorritori sono spesso vittime di attacchi e
violenze di
criminali comuni o gruppi terroristici; è necessario pertanto che qualcuno garantisca la loro attività ed incolumità, anche con le armi se necessario.
In occasione dell’uragano Harvey,
l’ISIS ha incitato jihadisti e lupi solitari americani a colpire i centri di soccorso per gli sfollati.
Secondo le autorità si è trattato più di un’esortazione che di un vero e
proprio ordine operativo, tuttavia l’Homeland Security in Florida ha
ordinato la massima allerta. Nel luglio 2016 l’ufficio dell’FBI di San
Juan, Porto Rico ha dichiarato che un gruppo affiliato al Califfato
stava preparando attacchi sull’isola. Questa minaccia si è rivelata, per
ora almeno,
infondata.
Tuttavia i Caraibi (Porto Rico e Isole Vergini in primis) hanno sempre
rappresentato la porta di servizio degli Stati Uniti per centinaia di
traffici illegali quali droga, armi ed immigrazione.
Con il caos registrato negli aeroporti ed i turni a cui sono stati
sottoposti gli uomini della TSA in queste settimane, controllando
manualmente le persone mentre raggi x e body scanners erano fuori uso,
la possibilità che qualcosa sia sfuggito è aumentata esponenzialmente.
Il generale Kelly, capo del Comando Meridionale degli Stati Uniti
(SOUTHCOM) stimava che 100 estremisti provenienti dai Caraibi avevano
tentato di arruolarsi nel Califfato nel 2015; numero
cresciuto a 150 nel 2016. La possibilità di attacchi od infiltrazioni jihadiste non è perciò poi così remota.
L’attività dei contractors è stata ampiamente accompagnata da
scandali ed abusi, veri o presunti, anche in ambito Disaster Relief.
Durante l’uragano Katrina, l’attuale vicepresidente degli Stati
Uniti, Mike Pence era direttore di un comitato conservatore che ha
cercato di far adottare all’amministrazione Bush tutta una serie di
provvedimenti in favore dei contractors: sospensione dell’obbligo del
minimo salariale, conversione delle aree colpite in zone a totale
libertà d’impresa, rimozione di regolamenti ambientali restrittivi che
ostacolavano la ricostruzione ecc. Non sono mancate poi
sovrafatturazioni, sprechi ed opere incompiute — v. campo base da $5,2
milioni per la FEMA, presso la parrocchia di Saint Bernad. Inoltre, i
poveri e la gente di colore sono stati vittime di discriminazioni:
trattati come criminali, nonostante sia poi stato dimostrato che
“le voci più allarmanti di stupri, rapine e violenze di massa erano poco più che invenzioni o suggestioni provocate dalla paura.”
Per quanto riguarda Porto Rico, la concessione di contratti per la
ricostruzione a compagnie inesperte, senza personale o capacità
necessarie ad assolverne gli obblighi contrattuali sta iniziando a
sollevare un polverone. La
Whitefish Energy Holdings, società
del Montana con due anni di vita e solo due dipendenti al passaggio di
Maria, si è vista cancellare un contratto da $300 milioni per
irregolarità nelle gare d’appalto e nel contratto stesso. Invece, la
Cobra Acquisitions LLC, altra società
con
meno di un anno di vita e a cui è stato affidato un contratto da $200
milioni, ha attirato l’attenzione degli inquirenti per torbidi rapporti
con la PREPA (autorità per l’energia elettrica di Porto Rico)
e cattiva gestione.
Questo, considerando che anche i curricula della altre società —
meramente di sicurezza — coinvolte nei soccorsi a Porto Rico, non sono
costellati solamente di esperienze positive. La G4S aveva fatto una
pessima figura nel 2012 quando, a pochi giorni dalla cerimonia di
aperture delle Olimpiadi di Londra, non era riuscita a fornire le 10.000
guardie private previste dal contratto, obbligando l’Esercito
britannico a
schierare 1.200 uomini in tutta fretta.
La DynCorp invece, già al centro di scandali di prostituzione
minorile e traffico di esseri umani in Bosnia,
sarebbe coinvolta anche in operazioni paramilitari sull’isola, più
volte denunciate da organizzazioni rivoluzionarie di sinistra. Secondo
la vedova di Filiberto Ojeda Ríos, comandante dell’Esercito Popolare
Boricua Macheteros che lottava per l’indipendenza di Porto Rico, la
società sarebbe implicata nella morte di suo marito, avvenuta il 23
settembre 2005. Durante l’attacco dell’FBI alla baracca in cui si era
asserragliato,
avrebbero preso parte anche “mercenari” di DynCorp.
La stessa società di cui, secondo un articolo di Jesús Dávila del
2007, il Governo di Porto Rico era uno dei principali investitori,
attraverso una consociata locale —
Dyn Puerto Rico Corp
—che, invece di gestire una struttura per la riparazione di elicotteri
al confine con la Repubblica Dominicana, supportava in realtà l’impegno
americano in Iraq ed Afghanistan,
inviandovi materiale e uomini.
La
Blackwater, invece è stata addirittura accusata di
arresti arbitrari ed esecuzioni extragiudiziali di massa, ben prima
della strage di Nisoor Square,
Bagdad in cui morirono 17 civili inermi.
Sebbene molti abusi siano stati dimostrati e, sciaguratamente, pochi
perseguiti legalmente, tanti altri sono frutto di pregiudizi e
sensazionalismo derivanti da uno scomodo ed
errato accostamento con la figura del “mercenario”.
L’amministrazione Trump, attraverso 15 alti funzionari legati al
mondo dei contractors, è di certo orientata al supporto di queste
società private. Tale fenomeno, chiamato revolving door, non è una
novità. La novità sta nel fatto che i funzionari, per la prima volta
ricoprono ruoli fondamentali nell’allocazione dei fondi. Il disastro di
New Orleans è frutto delle decisioni dell’attuale vicepresidente degli
Stati Uniti e dell’Heritage Foundation, il think tank di estrema destra a
cui Trump ha esternalizzato gran parte della pianificazione del budget
della sua amministrazione.
Oggi, con questi personaggi al potere, si può ben immaginare come questa privatizzazione del Disaster Relief possa
trovare ampia applicazione su scala nazionale.
Tuttavia, l’importanza dei contractors nelle operazioni di soccorso e
ricostruzione è incalcolabile. Rapidità e flessibilità, personale
altamente qualificato, mezzi ed equipaggiamenti tra i più avanzati che
il mercato possa offrire, possono fare veramente la differenza. E se per
molti le calamità naturali rappresentano ormai ghiotte opportunità di
profitto; molti altri potranno aver salva la vita, proprio grazie a
questa brama.
Foto: Twitter/GSPC, Reuters, AFP, Periodismo Investigativo, FEMA e Air National Guard
Preso da:
http://www.analisidifesa.it/2017/11/e-nei-caraibi-il-nuovo-paradiso-dei-security-contractors/
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