10 novembre 2017
ROMA – L’associazione studi giuridici per l’immigrazione (Asgi) fa ricorso al Tar per impugnare il decreto del ministero degli Esteri 4110/47. I soldi stanziati dal Maeci per il fondo Africa, che dovevano servire agli “interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo e la cooperazione con i paesi africani d’importanza prioritaria per le rotte migratori” sono stati, infatti, destinati al progetto di esternalizzazione delle frontiere. In particolare 2,5 milioni di euro sono stati impiegati per la rimessa in efficienza di quattro motovedette da consegnare alla Guardia costiera libica.
La somma di denaro proviene dallo stanziamento di 200 milioni di euro effettuato dal Parlamento italiano con legge di bilancio che ha istituito, appunto, il Fondo Africa.
Il ricorso è stato notificato ai ministeri competenti lunedì scorso. “Abbiamo pensato di rivolgerci al Tar, e cioè alla giurisdizione amministrativa, perché si tratta di uno sviamento di potere in quanto il ministero degli Esteri ha sviato fondi rispetto alla destinazione prevista dal Parlamento" spiega l’avvocata Giulia Crescini a Redattore sociale-. Il fondo Africa, infatti, è composto da 200 milioni, stanziati dalla legge di Bilancio, per "interventi che servono al rilancio della cooperazioni e alla riapertura del dialogo con i paesi africani. Finora non avevamo una prova che questi fondi fossero stati destinati all’esternalizzazione delle frontiere - continua Crescini-. Ma abbiamo chiesto un accesso agli atti e abbiamo visto che uno dei decreti del ministero parla di 2,5 milioni di euro per il trasporto e la sistemazione delle motovedette, soldi che rientrano quindi nel finanziamento dell’apparato militare libico. In Libia l’intervento principale dovrebbe essere quello di risolvere la crisi umanitaria in corso, che non si risolve, con le motovedette – aggiunge-. Il Fondo Afica ha lo scopo di rilanciare il dialogo, l’obiettivo non è il controllo delle frontiere o armare la guardia costiera libica”.
Fin dall’inizio, l’Asgi, ha messo in discussione la legittimità del memorandum Italia-Libia, un atto che non è passato per la ratifica del Parlamento. “Lo hanno chiamato memorandum e non accordo per togliergli quella formalità propria di un accordo tra Stati, ma nei fatti si tratta di un atto che ha valenza politica e ha un impatto generalizzato sulla comunità: si parla di diritto d’asilo, di esternalizzazione delle frontiere – continua Crescini - Doveva passare per la ratifica parlamentare. Ora il parlamento dovrebbe intervenire sollevando un conflitto di attribuzione. Intanto noi portiamo avanti il ricorso in via amministrativa”.
Nei giorni scorsi, il prefetto Mario Morcone, capo di Gabinetto del ministero dell’Interno e consigliere del ministro Minniti, è tornato sull’accordo Italia-Libia, in occasione della presentazione a Roma del Rapporto sulla protezione internazionale in Italia. “L’Italia non ha mai rispedito nessuno in Libia. Noi abbiamo solo consentito che la Guardia costiera libica salvasse le persone e le riportasse in Libia, ma lo ha fatto la Guardia costiera libica, non lo hanno fatto le navi italiane” ha detto. Secondo Crescini, in realtà, si tratterebbe di “respingimenti delegati”. “L’Italia non li effettua direttamente, li delega alla Libia fornendo motovedette e materiale militare – spiega – quindi c’è una responsabilità delegata. Questo tipo di respingimenti" delegati", sono stati già dichiarati illegittimi dalla corte europea dei diritti dell’uomo”. (ec)
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