Intervento nello Yemen
La guerra nello Yemen è poco coperta dai media mondiali, la cui attenzione è attirata dai combattimenti in Siria e Iraq. Tuttavia, l’aggressione scatenata dalla coalizione a guida saudita contro la repubblica è uno dei più grandi conflitti armati del nostro tempo e ha messo in pericolo la vita di milioni di cittadini della repubblica. L’intervento nello Yemen fu il risultato della rivolta degli huti che rovesciò il presidente pro-sauditi Hadi nel gennaio 2015 e concluse un’alleanza con i sostenitori dell’ex-presidente Salah, dalla cui parte c’era l’esercito dello Yemen. Il 15 febbraio, gli huthi lanciarono l’assalto ad Aden, nel sud del Paese e nuova capitale delle forze fedeli ad Hadi. Il 21 febbraio, Hadi fuggì da Sana ad Aden, che però fu quasi completamente presa dagli huti il 25 marzo. Hadi fu costretto a fuggire dal Paese. L’avvento al potere degli huti, che professavano l’islam sciita e stabilirono immediatamente relazioni amichevoli con l’Iran, destò l’allarme nella vicina Arabia Saudita. Riyadh non poté perdonare i vicini per il rovesciamento del fantoccio Hadi. All’inizio di febbraio iniziò il trasferimento di truppe al confine con lo Yemen. La situazione fu aggravata dal fatto che le province yemenite che confinavano con l’Arabia Saudita erano abitate da sciiti, che, influenzato dai correligionari yemeniti, erano pronti alla rivolta contro Riyadh. Hadi si appellò ai sauditi e parlando alla Lega araba chiese l’ingresso di truppe straniere nello Yemen al fine di riprendere il potere. Quindi, il presidente in fuga divenne essenzialmente un collaborazionista dei sauditi.
La guerra nello Yemen è poco coperta dai media mondiali, la cui attenzione è attirata dai combattimenti in Siria e Iraq. Tuttavia, l’aggressione scatenata dalla coalizione a guida saudita contro la repubblica è uno dei più grandi conflitti armati del nostro tempo e ha messo in pericolo la vita di milioni di cittadini della repubblica. L’intervento nello Yemen fu il risultato della rivolta degli huti che rovesciò il presidente pro-sauditi Hadi nel gennaio 2015 e concluse un’alleanza con i sostenitori dell’ex-presidente Salah, dalla cui parte c’era l’esercito dello Yemen. Il 15 febbraio, gli huthi lanciarono l’assalto ad Aden, nel sud del Paese e nuova capitale delle forze fedeli ad Hadi. Il 21 febbraio, Hadi fuggì da Sana ad Aden, che però fu quasi completamente presa dagli huti il 25 marzo. Hadi fu costretto a fuggire dal Paese. L’avvento al potere degli huti, che professavano l’islam sciita e stabilirono immediatamente relazioni amichevoli con l’Iran, destò l’allarme nella vicina Arabia Saudita. Riyadh non poté perdonare i vicini per il rovesciamento del fantoccio Hadi. All’inizio di febbraio iniziò il trasferimento di truppe al confine con lo Yemen. La situazione fu aggravata dal fatto che le province yemenite che confinavano con l’Arabia Saudita erano abitate da sciiti, che, influenzato dai correligionari yemeniti, erano pronti alla rivolta contro Riyadh. Hadi si appellò ai sauditi e parlando alla Lega araba chiese l’ingresso di truppe straniere nello Yemen al fine di riprendere il potere. Quindi, il presidente in fuga divenne essenzialmente un collaborazionista dei sauditi.
A fine marzo 2015, l’Arabia Saudita formò una coalizione di Paesi arabi per intervenire nello Yemen. Per l’operazione venne formato un significativo gruppo aereo a cui fu assegnato il ruolo principale nell’intervento. Il gruppo aereo della coalizione comprendeva circa 100 aerei da guerra sauditi, tra cui F-15S, Tornado IDS e Typhoon, coadiuvati dalle aerocisterne A330 e da elicotteri di ricerca e salvataggio Cougar. I caccia Typhoon e F-15S erano equipaggiati di container per la designazione dei bersagli Damocles e da ricognizione DB-100, e armati di bombe guidate Paveway e JDAM. Le forze di supporto consistevano in UAV e aerei-radar E-3A e Saab 2000 Erieye. Il secondo contingente aereo era degli EAU, con 30 velivoli, tra cui F-16E/F, Mirage 2000 e almeno un aerocisterna A330. Altri tipi di velivoli erano 15 caccia F/A-18C del Quwayt, 10 Mirage-2000 del Qatar, 15 caccia F-16 del Bahrayn, 6 dell’Egitto, 6 del Marocco e 6 della Giordania e 3 bombardieri Su-24M del Sudan.
A prima vista, l’operazione della coalizione saudita sembrava destinata al successo. L’esercito saudita, che aveva uno dei più grandi budget del mondo, era semplicemente pieno di armi moderne. I partner della coalizione Qatar, Quwayt e Emirati Arabi Uniti non erano di molto inferiori ai sauditi. Tuttavia, nonostante i costi enormi e l’acquisto di armi moderne, l’esercito saudita non aveva esperienza in combattimento, e in effetti era un colosso dai piedi d’argilla. Anche prima dell’inizio dell’operazione, molti analisti menzionarono questo fattore, e sottolinearono che a causa delle numerose guerre civili, gli yemeniti superavano seriamente la coalizione nell’esperienza operativa. Numerosi esperti russi predissero che l’Arabia Saudita avrebbe avuto una lunga guerra nel territorio dello Yemen. Tuttavia, la realtà si rivelò anche peggiore per i sauditi. La guerra civile del 1994 nello Yemen trasformò il Paese in un mercato delle armi. Lo Yemen era letteralmente imbottito di armi degli anni ’70-’80. È interessante notare che carri armati statunitensi M-60 e carri armati sovietici T-80BV acquistati in Bielorussia, erano nelle forze armate della repubblica. In grandi quantità c’erano carri armati T-55 e T-62 prodotti nell’URSS, così come T-55AM2 di produzione ceca. Dopo il rovesciamento del regime Hadi, lo Yemen ricevette una grande quantità di armi dall’Iran. Queste forniture aumentarono drasticamente il numero di armi anticarro degli huti e che svolsero un ruolo enorme. Con nostro grande dispiacere, la difesa aerea della Repubblica era poco sviluppata, i sistemi SAM e radar sovietici degli anni ’70 non erano in grado di respingere le massicce incursioni della coalizione saudita. Inoltre, lo Yemen mancava di aerei moderni. Le due dozzine di MiG-29 disponibili non potevano resistere all’aeronautica della coalizione, perciò la parte dell’esercito dello Yemen fedele a Salah non cercò di combattere per la supremazia aerea. Inoltre, l’Esercito yemenita era armato di sistemi missilistici Scud, Tochka-U e R-17, così come di sistemi missilistici terra-terra consegnati dall’Iran. Le forze armate yemenite possedevano sistemi missilistici anti-nave sovietici e iraniani. Il vantaggio principale degli huti e dei sostenitori di Salah rispetto la coalizione araba era l’esperienza di combattimento e un alto livello di addestramento. Un ruolo significativo fu svolto anche dagli istruttori iraniani impegnati nella preparazione delle forze anti-saudite. Inoltre, una parte significativa degli alti ufficiali yemeniti fu addestrata da specialisti sovietici. L’istruzione appresa in epoca sovietica, fu presto dimostrata agli interventisti.
Il 25 marzo, l’aviazione della coalizione lanciò le operazioni contro lo Yemen, soprannominata “tempesta della determinazione”. Prima di tutto, furono colpite le basi aeree yemenite, così come le posizioni di SAM e stazioni radar nelle vicinanze di Sana. Le forze aeree della coalizione agirono nelle migliori tradizioni dell’aviazione statunitense, sopprimendo l’aviazione e la difesa aerea del nemico, assicurandosi in tal modo la supremazia aerea. Per ragioni tecniche, un caccia saudita si schiantò, fu la prima perdita della coalizione durante la campagna. Tuttavia, nonostante i massicci attacchi aerei, gli huti guadagnarono il controllo di altri territori: il 31 marzo, i sostenitori di Hadi furono espulsi dal centro amministrativo della provincia di al-Dali. Il 6 aprile, gli huti presero il porto di Aden. Seri combattimenti vi furono nella provincia di Taiz. Sotto il controllo dei sostenitori di Hadi rimasero solo le province orientali e nord-orientali del Paese. Durante questo periodo, i terroristi di al-Qaida (AQAP) SIIL operanti nello Yemen fin dai primi anni 2000 si attivarono nelle retrovie dei sostenitori di Hadi, i cui militanti locali, dopo essere giunti al potere, giurarono fedeltà ad al-Baghdadi. Di fatto, gli islamisti scatenarono la guerriglia dietro i sostenitori di Hadi, che tuttavia non gli impedì di combattere gli huti, che entrambe le organizzazioni terroristiche considerano i principali nemici nello Yemen. Il 21 aprile, l’aeronautica della coalizione effettuò 2300 sortite, assicurandosi il dominio nell’aria. Tuttavia, le perdite degli huti e dell’esercito yemenita causate dagli attacchi aerei durante questo periodo si rivelarono modeste, il che gli permise di continuare l’offensiva, espandendo il territorio controllato. Lo stesso giorno, la coalizione annunciò la fine dell’operazione Tempesta della determinazione e l’inizio di una nuova fase della campagna chiamata Ritorno della speranza. Durante questo periodo, il numero di attacchi aerei contro gli huti aumentò drammaticamente. Inoltre, le forze aeree della coalizione inflissero una serie di attacchi alle città controllate dal nemico, che provocarono numerose vittime civili e la distruzione delle infrastrutture civili. L’aviazione saudita cercò d’indurre i civili ad opporsi agli huti con gli attacchi aerei, la cui presenza negli insediamenti sarebbe stata causa. A fine agosto, a seguito di attacchi aerei, furono uccisi circa 2000 civili. Huti e l’esercito yemenita avrebbero continuato a reagire. Nel maggio 2015 iniziarono le incursioni delle unità yemenite nelle province dell’Arabia Saudita al confine con la Repubblica. Qui un ruolo enorme fu svolto dal morale estremamente basso dell’esercito della monarchia mediorientale. Spesso, i soldati sauditi semplicemente abbandonarono le postazioni di frontiera, attaccati dagli huti, lasciando armi e attrezzature. Particolarmente acuto per i sauditi fu la situazione nella provincia di Najran, dove la popolazione sciita locale, col sostegno degli huti, effettivamente si ribellò a Riyadh. A fine maggio, unità dell’esercito yemenita iniziarono a lanciare attacchi missilistici sul territorio saudita, usando prima i missili Scud e poi i missili Tochka-U più avanzati. Il 25 maggio, a causa dell’attacco ala base aerea Qamis Mushayt, nella provincia di Asir, diversi aerei sauditi furono distrutti nella base, secondo dati non ufficiali: i sistemi “Patriot” dei difesa aerea dell’Arabia Saudita intercettarono solo un quarto dei missili.
Nel maggio 2015 si rinnovarono i feroci combattimenti per Aden. E insieme ai sostenitori di Hadi nei combattimenti urbani parteciparono attivamente le forze speciali saudite. A luglio, i sostenitori di Hadi con l’appoggio degli interventisti ripresero il controllo del porto di Aden, dove il trasferimento di mezzi corazzati della coalizione iniziò immediatamente. Il 14 luglio, i sostenitori di Hadi rivendicarono il pieno controllo su Aden, anche se in realtà i combattimenti continuarono per tutto il mese. I continui contrattacchi degli huti rallentarono l’avanzata del nemico, mentre nella base aerea al-Anad, 60 km a nord di Aden, si svolsero battaglie feroci. Gli interventisti riuscirono ad occupare la base solo dopo il trasferimento nell’area di carri armati AMR-56 Leclerc delle forze armate degli Emirati Arabi Uniti, che giocarono un ruolo chiave nell’assalto. Nel corso delle battaglie per la base aerea, i Leclerc dimostrarono un’elevata protezione, alcun carro armato fu distrutto dalle armi anticarro e anche all’inizio di agosto, attraverso le province settentrionali dello Yemen, grandi forze di sostenitori di Hadi entrarono nel territorio del Paese, sostenute da unità regolari dell’esercito saudita. Nello stesso periodo le incursioni degli huti continuarono nelle province di frontiera dell’Arabia Saudita, e il più “avanzato esercito del mondo” perse almeno 8 carri armati, tra cui gli Abrams distrutti il 6 agosto. La caduta di Aden fu forse il più grande successo della coalizione nell’intera guerra. Inoltre, le azioni aeree della coalizione causarono perdite tangibili ai sostenitori di Salah, che persero in questo periodo circa 30 veicoli corazzati. L’avanzata territoriale degli huti cessò. Durante questo periodo, la coalizione perse un F-16 dell’Aviazione marocchina nella provincia di Sada, oltre a tre elicotteri AN-64 Apache, due dei quali abbattuti nella provincia saudita di Najran, e un altro nella provincia yemenita di Marib. L’offensiva guidata dalla coalizione lungo la strada Aden-Abyan causò agli interventisti gravi perdite di blindati. Fu lì che un BMP-3 fu distrutto con un gruppo di sostenitori di Hadi. Il 25 agosto nella provincia di Bayda furono distrutti da un’imboscata dei blindati degli Emirati Arabi Uniti. I militari degli Emirati persero immediatamente 11 MUP Oshkosh, alcuni dei quali abbandonati dagli equipaggi e successivamente bruciati dagli huti. Dei blindati furono catturati e fatti sfilare in una parata militare del 24 agosto. Gli huti distrussero 2 carri armati Abrams nella provincia di Jizan, e la spettacolare esplosione di munizioni di uno dei carri armati fu ripresa in un video che scioccò i fan degli Abrams di tutto il mondo; il 2 agosto a Jizan, altri 2 Abrams furono distrutti. A fine agosto, il blitzkrieg della coalizione divenne un fiasco completo: i difensori e gli interventisti di Hadi rimasero bloccati in aspre battaglie nelle province di Taiz, Marib e Bayda. Le perdite contarono decine di veicoli corazzati: il 4 settembre, a seguito del lancio di un missile “Tochka-U“, 52 militari degli Emirati Arabi Uniti, 10 soldati sauditi e 5 cittadini del Bahrayn furono uccisi nella base della coalizione di Marib. Il numero totale di morti, tenendo conto dei sostenitori di Hadi, superò i 100. Un gran numero di mezzi corazzati e autoveicoli fu distrutto e a metà settembre più di 20 blindati sauditi furono distrutti a Marib in tre giorni. Le gravi perdite di soldati costrinsero il comando della coalizione a sostituirli con sostenitori di Hadi. Inoltre, un contingente sudanese fu inviato nel conflitto; il suo governo aveva ricevuto importanti aiuti finanziari per impiegarne i soldati come carne da cannone nello Yemen. Dal settembre 2015, l’aviazione degli EAU iniziò a fornire supporto aereo ai sostenitori di Hadi, partendo dalle basi in Eritrea, riducendo significativamente il tempo di volo per gli attacchi aerei. Nel tentativo di ridurre il costo della campagna aerea, la leadership degli Emirati sempre più utilizzò negli attacchi aerei gli “Aerotractor” AT-802U, molto più economici di Apache e F-16. Nell’ottobre 2015, un contingente sudanese arrivò nello Yemen, e vi furono segnalazioni di mercenari colombiani che operavano nelle PMC regionali.
Nel 2016, la guerra nello Yemen divenne di posizione. Le forze di Hadi erano a mezzo chilometro nell’area di Taiz, ma gli huti non avevano abbastanza forza per tagliare completamente le comunicazioni dei collaborazionisti. L’aviazione della coalizione continuò ad attaccare obiettivi nello Yemen, causando centinaia di vittime tra i civili. Huti ed alleati dell’esercito yemenita continuarono i raid nelle province di confine dell’Arabia Saudita e compirono attacchi missilistici contro obiettivi in Arabia Saudita, eliminando decine di soldati aggressori. Gli islamisti delle organizzazioni terroristiche SIIL e AQAP, che presero il controllo di intere aree nel sud e nell’est del Paese, approfittarono della situazione. Il 1° ottobre 2016, un missile antinave huti colpì il trasporto veloce HSV-2 Swift degli Stati Uniti e noleggiato dagli Emirati Arabi Uniti, subendo danni significativi dopo un incendio. Successivamente, nel gennaio 2017, gli huti danneggiarono una fregata della Marina dell’Arabia Saudita. A metà giugno, a seguito di un attacco missilistico, una seconda fregata della Marina saudita subì danni significativi, ma rimase a galla. Nel 2017, anche i combattimenti nello Yemen furono di posizione. A maggio, il contingente sudanese, il cui governo, per ripagare i finanziamenti, utilizzava i soldati come carne da cannone nell’interesse di Riyadh, cercò di avviare una propria offensiva nel deserto del Midi, conclusasi con la completa distruzione dei mercenari africani. Nell’autunno 2017, huti ed esercito dello Yemen intrapresero un’offensiva nella provincia di Taiz, che portò a feroci battaglie di posizione, durante le quali nessuno ottenne un successo decisivo. In generale, al momento, entrambe le parti del conflitto sono in una situazione di stallo, incapaci di ottenere una vittoria decisiva. Gli huti controllano le province occidentali del Paese, inclusa la capitale. L’Iran fornisce un’estesa assistenza alle forze anti-saudite, conducendo efficacemente una “guerra ibrida” contro l’Arabia Saudita che tramite sostenitori di Hadi ed interventisti controlla le province meridionali e orientali. Nella retrovie della coalizione, gli islamisti di AQAP e SIIL dilagano, come esemplificato dal recente attentato ad Aden. In seguito a bombardamento e blocco della coalizione, lo Yemen è sull’orlo di un enorme disastro umanitario. La popolazione soffre fame e colera. Tuttavia, il mondo civile non bada a questi problemi proseguendo la cooperazione militare e tecnica con Riyadh.
Durante l’intervento, le perdite aeree della coalizione fu di 8 aerei, per lo più persi per ragioni tecniche, e almeno 14 elicotteri. Le vittime degli interventisti nelle forze armate sono silenziose, si sa solo che alla fine di settembre almeno 412 militari sudanesi furono uccisi nello Yemen. L’Arabia Saudita ha perso almeno 42 carri armati durante il conflitto, le perdite totali di blindati superano i 300 veicoli. Gli Emirati Arabi Uniti hanno perso almeno 150 veicoli corazzati. Le perdite totali degli interventisti sono stimate in migliaia di militari. Una piccola guerra vittoriosa si è trasformata in un grosso problema per Riyadh. “Il principale esercito della pace”, nonostante gli enormi finanziamenti, si è dimostrato non solo incapace di prendere il controllo del territorio dello Yemen, ma anche di proteggere il proprio territorio dalle incursioni via terra e missilistici dell’esercito dello Yemen. Lo Yemen è diventato un buco nero per i sauditi che, con i bassi prezzi del petrolio, esaurisce finanze, vite umane ed influenza regionale del regno.
novembre 17, 2017
Traduzione di Alessandro Lattanzio
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