Medio Oriente, Ucraina, Libia. E soprattutto gli attentati terroristici in Europa. Prende corpo una corrente di pensiero inquietante: la recrudescenza del fenomeno bellico sarebbe figlio della necessità delle lobby Usa di una nuova escalation per fare soldi con le armi. E, guarda caso, dopo Charlie Hebdo è stata annunciata la candidatura alla Casa Bianca di Jeb Bush...
Lunedì, 16 febbraio 2015 - 13:26:00
Medio Oriente, Ucraina, Libia. E soprattutto gli attentati terroristici in Europa. Prende corpo una corrente di pensiero inquietante: la recrudescenza del fenomeno bellico sarebbe figlio della necessità delle lobby Usa di una nuova escalation per fare soldi con le armi. E, guarda caso, dopo Charlie Hebdo è stata annunciata la candidatura alla Casa Bianca di Jeb Bush...
In ogni guerra, ancora prima della gente, occorre assassinare la verità. Guerra alla libia: 100000 morti, 240000 persone ancora cercate, 78000 dispersi. 10300 donne violentate, 350000 rifugiati.
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sabato 28 febbraio 2015
venerdì 27 febbraio 2015
Libia 2011: troppi ignavi, silenziosi o consenzienti mentre la Nato apriva la strada ai nazi-califfi
16 febbraio 2015
(Marinella Correggia) – Con il terrore e la morte l’intero Medioriente e buona parte dell’Africa pagano per le guerre dei governanti occidentali e l’ignavia dei relativi popoli. In tanti dovrebbero mettersi in ginocchio.
Adesso che i nazi-califfi dilagano in Libia e sgozzano lavoratori migranti egiziani sulle spiagge mentre altre vittime delle guerre occidentali dirette o indirette continuano a morire in mare. Adesso che il risultato della guerra Nato del 2011 si dispiega pienamente, adesso che- veramente da tempo – gli altri effetti sono in Siria, Iraq, Africa, ammetterà qualche colpa chi nel 2011 per sette lunghi mesi non fece nulla, tacque o peggio avallò le menzogne mena-guerra dei cosiddetti “ribelli” poi rivelatisi bande islamiste e razziste che ora aderiscono ai nazisti dell’Isis, nazisti nelle infernali azioni e nel medioevale pensiero?
(Marinella Correggia) – Con il terrore e la morte l’intero Medioriente e buona parte dell’Africa pagano per le guerre dei governanti occidentali e l’ignavia dei relativi popoli. In tanti dovrebbero mettersi in ginocchio.
Adesso che i nazi-califfi dilagano in Libia e sgozzano lavoratori migranti egiziani sulle spiagge mentre altre vittime delle guerre occidentali dirette o indirette continuano a morire in mare. Adesso che il risultato della guerra Nato del 2011 si dispiega pienamente, adesso che- veramente da tempo – gli altri effetti sono in Siria, Iraq, Africa, ammetterà qualche colpa chi nel 2011 per sette lunghi mesi non fece nulla, tacque o peggio avallò le menzogne mena-guerra dei cosiddetti “ribelli” poi rivelatisi bande islamiste e razziste che ora aderiscono ai nazisti dell’Isis, nazisti nelle infernali azioni e nel medioevale pensiero?
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giovedì 26 febbraio 2015
Libia, l’ultima intervista di Gheddafi: “senza di me i terroristi invaderanno il Mediterraneo”
15 febbraio 2015 18:42 | Peppe Caridi
Mu’ammar Gheddafi è stato per 42 anni il leader della Libia, dopo aver guidato il colpo di stato militare che nel 1969 destituì la monarchia (accusata di essere corrotta ed eccessivamente filo-occidentale) del re Idris I e del suo successore Hasan. Durante i 42 anni di Gheddafi la Libia ha conosciuto il suo periodo politico ed economico più stabile e fiorente, con indici di crescita e sviluppo poi crollati dopo il 2011. Da ormai tre anni e mezzo il Paese più importante dell’Africa settentrionale alle porte del Mediterraneo è diventato una polveriera in balia del terrorismo islamico.
Mu’ammar Gheddafi è stato per 42 anni il leader della Libia, dopo aver guidato il colpo di stato militare che nel 1969 destituì la monarchia (accusata di essere corrotta ed eccessivamente filo-occidentale) del re Idris I e del suo successore Hasan. Durante i 42 anni di Gheddafi la Libia ha conosciuto il suo periodo politico ed economico più stabile e fiorente, con indici di crescita e sviluppo poi crollati dopo il 2011. Da ormai tre anni e mezzo il Paese più importante dell’Africa settentrionale alle porte del Mediterraneo è diventato una polveriera in balia del terrorismo islamico.
mercoledì 25 febbraio 2015
Con 10 anni di guerre segrete e operazioni speciali (SOF) sono nati l'ISIS e altre 36 sigle terroristiche
"Vogliamo essere ovunque". Nel 2014 le forze delle operazioni speciali (SOF) statunitensi erano presenti in 133 Paesi e le forze d’élite in 150
Nel 2014, le forze delle operazioni speciali (SOF) statunitensi erano presenti in 133 paesi e le forze d’élite americane in 150. Praticamente una presenza nella quasi totalità del globo con i risultati che sono ormai evidenti. Dopo più di un decennio di guerre segrete, sorveglianza di massa, un numero imprecisato di incursioni notturne, detenzioni ed omicidi, per non parlare di miliardi su miliardi di dollari spesi, sono nati 36 nuovi gruppi terroristici, tra cui diverse succursali, propaggini e alleati di al-Qaida. Lo scrive Zero Hedge, citando Nick Turse sull’Huffington Post: The Golden Age of Black Ops.
Nel 2014, le forze delle operazioni speciali (SOF) statunitensi erano presenti in 133 paesi e le forze d’élite americane in 150. Praticamente una presenza nella quasi totalità del globo con i risultati che sono ormai evidenti. Dopo più di un decennio di guerre segrete, sorveglianza di massa, un numero imprecisato di incursioni notturne, detenzioni ed omicidi, per non parlare di miliardi su miliardi di dollari spesi, sono nati 36 nuovi gruppi terroristici, tra cui diverse succursali, propaggini e alleati di al-Qaida. Lo scrive Zero Hedge, citando Nick Turse sull’Huffington Post: The Golden Age of Black Ops.
martedì 24 febbraio 2015
Rita Katz, la sionista che veicola i messaggi e i video dell'ISIS
Che cos'è il Site, l'agenzia privata che con il finanziamento di intelligence Usa e gruppi economici, filtra alla stampa il pensiero dei jihadisti?
Non c'è giornale italiano che non abbia riportato domenica, usando, del resto, le stesse parole e le stesse virgole per tutti i “diversi” articoli, questo messaggio a margine del video della decapitazione degli egiziani copti su una spiaggia libica: “Prima ci avete visti su una collina della Siria. Oggi siamo a sud di Roma”. Nessuno ha notato la citazione successiva che tutte (ma proprio tutte) le redazioni hanno fatto poi: “Lo dichiara Rita Katz” del SITE (acronimo di Search for International Terrorist Entities). Ma chi è Rita Katz? E che cos'è il SITE?
Non c'è giornale italiano che non abbia riportato domenica, usando, del resto, le stesse parole e le stesse virgole per tutti i “diversi” articoli, questo messaggio a margine del video della decapitazione degli egiziani copti su una spiaggia libica: “Prima ci avete visti su una collina della Siria. Oggi siamo a sud di Roma”. Nessuno ha notato la citazione successiva che tutte (ma proprio tutte) le redazioni hanno fatto poi: “Lo dichiara Rita Katz” del SITE (acronimo di Search for International Terrorist Entities). Ma chi è Rita Katz? E che cos'è il SITE?
lunedì 23 febbraio 2015
Stragi di migranti e interventi miliari: non in mio nome!
16.02.2015 - Milano - Anita Sonego
Consiglio Comunale di Milano del 16 febbraio 2015.
Signor Presidente, come Lei sa, perché vi ha partecipato, sabato scorso in Galleria c’è stata una manifestazione-rito per denunciare le centinaia di naufraghi morti nel Mediterraneo mentre, fuggendo da guerre e carestie cercavano di raggiungere il nostro paese o, comunque l’Europa, con la speranza di una vita umana. Voglio condividere con lei e con i consiglieri/e comunali il senso di impotenza e di vergogna di fronte al ripetersi di queste stragi.
Vergogna come essere umano che, senza alcun merito, si è trovata a vivere in un’area geografica che da 70 anni non subisce guerre e carestie che, non per merito personale, ha potuto studiare e provare ad avere una vita dignitosa.
Consiglio Comunale di Milano del 16 febbraio 2015.
Signor Presidente, come Lei sa, perché vi ha partecipato, sabato scorso in Galleria c’è stata una manifestazione-rito per denunciare le centinaia di naufraghi morti nel Mediterraneo mentre, fuggendo da guerre e carestie cercavano di raggiungere il nostro paese o, comunque l’Europa, con la speranza di una vita umana. Voglio condividere con lei e con i consiglieri/e comunali il senso di impotenza e di vergogna di fronte al ripetersi di queste stragi.
Vergogna come essere umano che, senza alcun merito, si è trovata a vivere in un’area geografica che da 70 anni non subisce guerre e carestie che, non per merito personale, ha potuto studiare e provare ad avere una vita dignitosa.
domenica 22 febbraio 2015
Libia, raid dell Egitto contro Isis. Hollande ed El-Sissi chiedono riunione Onu
Il Cairo (Egitto), 16 feb. (LaPresse) -
L'Egitto ha lanciato stamattina raid aerei contro alcune postazioni dello Stato islamico in Libia all'indomani della diffusione del video dell'Isis che mostrava la decapitazione di 21 egiziani copti. A bombardare obiettivi islamisti non è però soltanto l'esercito del Cairo: aerei da guerra dell'esercito libico, quello legato al governo riconosciuto internazionalmente, hanno attaccato stamattina la città orientale di Derna, che è controllata da un gruppo affiliato all'Isis, e anche le città di Sirte e Ben Jawad, dove si trovano forze leali al governo autoproclamato di Tripoli. Il comandante dell'aviazione libica Saqer al-Joroush, parlando con Reuters, ha spiegato che a differenza degli attacchi contro l'Isis a Derna condotti insieme agli aerei egiziani, quelli a Sirte e Ben Jawad sono stati compiuti soltanto dalle forze libiche. Intanto il presidente francese François Hollande e quello egiziano Abdel Fatah El Sissi, nel corso di una telefonata, si sono detti d'accordo sulla necessità di una riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite sull'Isis.
L'Egitto ha lanciato stamattina raid aerei contro alcune postazioni dello Stato islamico in Libia all'indomani della diffusione del video dell'Isis che mostrava la decapitazione di 21 egiziani copti. A bombardare obiettivi islamisti non è però soltanto l'esercito del Cairo: aerei da guerra dell'esercito libico, quello legato al governo riconosciuto internazionalmente, hanno attaccato stamattina la città orientale di Derna, che è controllata da un gruppo affiliato all'Isis, e anche le città di Sirte e Ben Jawad, dove si trovano forze leali al governo autoproclamato di Tripoli. Il comandante dell'aviazione libica Saqer al-Joroush, parlando con Reuters, ha spiegato che a differenza degli attacchi contro l'Isis a Derna condotti insieme agli aerei egiziani, quelli a Sirte e Ben Jawad sono stati compiuti soltanto dalle forze libiche. Intanto il presidente francese François Hollande e quello egiziano Abdel Fatah El Sissi, nel corso di una telefonata, si sono detti d'accordo sulla necessità di una riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite sull'Isis.
sabato 21 febbraio 2015
Così governa l'Isis a Derna. Le foto in mano alle autorità mostrano perché l'Italia sta lasciando la Libia
Pubblicato: 15/02/2015 19:53 CET Aggiornato: 16/02/2015 10:29 CET
Quattro teste ammassate nell'angolo di un pik-up. Due ragazzi che posano in uno scatto abbracciando due corpi mutilati. Un uomo decapitato che giace in una pozza di sangue. Una strada buia, illuminata solo da roghi, dove giacciono sparpagliati i resti di uomini torturati. Sono foto terribili quelle che raccontano come governa l'Isis a Derna.
Quattro teste ammassate nell'angolo di un pik-up. Due ragazzi che posano in uno scatto abbracciando due corpi mutilati. Un uomo decapitato che giace in una pozza di sangue. Una strada buia, illuminata solo da roghi, dove giacciono sparpagliati i resti di uomini torturati. Sono foto terribili quelle che raccontano come governa l'Isis a Derna.
venerdì 20 febbraio 2015
TUTTO COME PREVISTO: Libia, ambasciata agli italiani: "Lasciate il Paese". Governo pronto a intervento con l'Onu
La rappresentanza diplomatica invita nuovamente i connazionali ad abbandonare provvisoriamente il paese. Le forze Is conquistano Sirte: appello di al-Baghdadi da una radio locale, mentre le milizie attaccano altri due pozzi petroliferi. Rapiti 21 egiziani copti
13 febbraio 2015
ROMA - L'ambasciata d'Italia a Tripoli invita i connazionali a lasciare "temporaneamente" la Libia. L'indicazione, già data il primo febbraio dalla Farnesina sul sito www.viaggiaresicuri.it, viene rinnovata nel giorno della conquista, da parte dell'Is, di una stazione radio nella città di Sirte. Al caos libico il governo italiano guarda con grande preoccupazione: "L'Italia è minacciata dalla situazione in Libia, a 200 miglia marine di distanza", dice il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni a SkyTg24 commentando le "notizie allarmanti" sulla presenza dell'Isis a Sirte. E ancora: "Al di là delle drammatiche vicende dell'immigrazione, con una terribile situazione di sfruttamento, la Libia è uno Stato fallito, e l'Is può avere un buon gioco. L'Italia insieme all'Onu promuove una mediazione tra le diverse forze, se non si ottiene l'obiettivo bisogna ragionare con l'Onu sul da farsi. L'Italia è pronta a combattere nel quadro della legalità internazionale, non possiamo sottovalutare la minaccia, in una situazione che si sta deteriorando".
Nigro: ''Caos libico di altissima pericolosità, Renzi pensa a intervento Onu''
I jihadisti della filiale libica dello stato islamico (Is), infatti, hanno formalmente preso il controllo di Sirte, a 500 chilometri a est di Tripoli, tanto da istituire il loro quartier generale in un edificio nella zona centrale. Inoltre, un gruppo di appartenenti allo Stato Islamico ha fatto irruzione e assunto il controllo di Radio Sirte, una stazione radiofonica dell'omonima città costiera. La conferma viene da alcuni siti internet vicini ai jihadisti su cui sono state pubblicate foto in cui appaiono guerriglieri negli studi armati di kalashnikov.
Da quel momento, l'emittente ha cominciato a trasmettere proclami del portavoce della formazione, Abu Mohammed al-Adnani, e discorsi di al-Baghdadi. A seguito di questi eventi, si pensa che nelle prossime ore, la città possa essere dichiarata parte del "Califfato" e la radio usata per comunicare le nuove regole alla popolazione. Se ciò dovesse avvenire, sarebbe la seconda città libica a fare parte dello Stato Islamico, dopo la recente conquista di Derna.
Sirte, però, ospita anche altre formazioni terroristiche come Ansar al-Sharia e alcune milizie di Fajr Lybia. Non è chiara quale sia stata la reazione delle due entità, ma sicuramente l'Isis cercherà di inglobarle sotto la sua ala o al massimo di renderle degli alleati per evitare di dover combattere su più fronti. La conquista della città è stata resa possibile dall'assenza di una qualsiasi autorità di governo dai tempi della rivolta contro Muammar Gheddafi. L'area è diventata roccaforte per diverse organizzazioni estremiste, che si sono spartite le varie zone.
Già presenti in Cirenaica, nelle scorse settimane gli affiliati allo Stato islamico hanno di recente preso di mira Tripoli e rivendicato l'attacco kamikaze all'hotel Corinthia del 27 gennaio, in cui sono morti almeno 5 stranieri. I media libici riferiscono di attacchi odierni ad altri due pozzi petroliferi, uno a El-Bahi nei pressi del terminal costiero di Ras Lanuf, e l'altro a el-Dahra, nel sud ovest. Ad Al-Bahi gli scontri a fuoco con le guardie del giacimento sono iniziati all'alba e in mattinata erano ancora in corso. Ad El-Dahra uomini armati dell'Isis hanno dato fuoco a una raffineria, definita "una delle più importanti" della zona di Sirte. Il 4 febbraio l'Isis, attraverso Ansar al Sharia, aveva attaccato un altro pozzo libico francese, al Mabrouk, a circa 170 km a sud di Sirte facendo almeno 10 morti.
Egitto evacua cittadini dalla Libia. Che la situazione si stia complicando lo conferma anche l'annuncio del presidente egiziano, Abdul Fattah al-Sisi, che saranno evacuati i suoi cittadini dalla Libia. La decisione è stata presa dopo la pubblicazione da parte dell'Isis/Isil di alcune foto che ritraggono 21 egiziani cristiani copti, rapiti a dicembre e gennaio proprio a Sirte. Le immagini, pubblicate sulla rivista Dabiq appartenente allo Stato Islamico, sono al vaglio degli investigatori per capire se siano reali e a quando risalgano. Vi sono ritratti i prigionieri con le mani legate dietro la schiena mentre marciano in fila indiana guardati a vista da uomini armati interamente vestiti di nero.
Come gli altri prigionieri del Califfato indossano le tute arancioni, usate dal movimento per ricordare i detenuti del carcere di Guantanamo. Nell'articolo a cui sono state allegate le foto si scrive che le 21 persone sono state rapite per vendicare il destino delle donne musulmane, torturare e uccise dalla Chiesa copta egiziana. Inoltre, si sottolinea che l'espansione del gruppo in Libia permette facilmente di catturare "i crociati copti". Da qui la decisione di evacuare tramite un ponte aereo i cittadini egiziani, la maggior parte dei quali lavora nel paese nel settore delle costruzioni
Questo è uno dei tanti articoli che si possono leggere in questi giorni, preso da: http://www.repubblica.it/esteri/2015/02/13/news/l_ambasciata_italiana_ai_connazionali_lasciate_la_libia-107233635/
Appare chiaro il motivo di tutto questo allarmismo, sono mesi che Gentiloni ed i suoi amici "europei" parlano di un intervento in Libia,( per carità dietro mandato ONU e bla bla bla), Lor signori hanno bisogno di nascondersi dietro la foglia di fico dell ONU, per nascondere le loro vergogne, cioè la voglia di colonialismo,mai sopita. Quando è risaputo che l' ONU è un burattino nelle mani degli USA, che guarda caso sono gia in Libia, ma senza gli intralci dei fastidiosi burocrati e funzionari ONU.
Allora, è strano che l isis abbia preso Sirte? aprite gli occhi gente, le cose non succedono MAI per caso.
13 febbraio 2015
ROMA - L'ambasciata d'Italia a Tripoli invita i connazionali a lasciare "temporaneamente" la Libia. L'indicazione, già data il primo febbraio dalla Farnesina sul sito www.viaggiaresicuri.it, viene rinnovata nel giorno della conquista, da parte dell'Is, di una stazione radio nella città di Sirte. Al caos libico il governo italiano guarda con grande preoccupazione: "L'Italia è minacciata dalla situazione in Libia, a 200 miglia marine di distanza", dice il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni a SkyTg24 commentando le "notizie allarmanti" sulla presenza dell'Isis a Sirte. E ancora: "Al di là delle drammatiche vicende dell'immigrazione, con una terribile situazione di sfruttamento, la Libia è uno Stato fallito, e l'Is può avere un buon gioco. L'Italia insieme all'Onu promuove una mediazione tra le diverse forze, se non si ottiene l'obiettivo bisogna ragionare con l'Onu sul da farsi. L'Italia è pronta a combattere nel quadro della legalità internazionale, non possiamo sottovalutare la minaccia, in una situazione che si sta deteriorando".
Nigro: ''Caos libico di altissima pericolosità, Renzi pensa a intervento Onu''
I jihadisti della filiale libica dello stato islamico (Is), infatti, hanno formalmente preso il controllo di Sirte, a 500 chilometri a est di Tripoli, tanto da istituire il loro quartier generale in un edificio nella zona centrale. Inoltre, un gruppo di appartenenti allo Stato Islamico ha fatto irruzione e assunto il controllo di Radio Sirte, una stazione radiofonica dell'omonima città costiera. La conferma viene da alcuni siti internet vicini ai jihadisti su cui sono state pubblicate foto in cui appaiono guerriglieri negli studi armati di kalashnikov.
Da quel momento, l'emittente ha cominciato a trasmettere proclami del portavoce della formazione, Abu Mohammed al-Adnani, e discorsi di al-Baghdadi. A seguito di questi eventi, si pensa che nelle prossime ore, la città possa essere dichiarata parte del "Califfato" e la radio usata per comunicare le nuove regole alla popolazione. Se ciò dovesse avvenire, sarebbe la seconda città libica a fare parte dello Stato Islamico, dopo la recente conquista di Derna.
Sirte, però, ospita anche altre formazioni terroristiche come Ansar al-Sharia e alcune milizie di Fajr Lybia. Non è chiara quale sia stata la reazione delle due entità, ma sicuramente l'Isis cercherà di inglobarle sotto la sua ala o al massimo di renderle degli alleati per evitare di dover combattere su più fronti. La conquista della città è stata resa possibile dall'assenza di una qualsiasi autorità di governo dai tempi della rivolta contro Muammar Gheddafi. L'area è diventata roccaforte per diverse organizzazioni estremiste, che si sono spartite le varie zone.
Già presenti in Cirenaica, nelle scorse settimane gli affiliati allo Stato islamico hanno di recente preso di mira Tripoli e rivendicato l'attacco kamikaze all'hotel Corinthia del 27 gennaio, in cui sono morti almeno 5 stranieri. I media libici riferiscono di attacchi odierni ad altri due pozzi petroliferi, uno a El-Bahi nei pressi del terminal costiero di Ras Lanuf, e l'altro a el-Dahra, nel sud ovest. Ad Al-Bahi gli scontri a fuoco con le guardie del giacimento sono iniziati all'alba e in mattinata erano ancora in corso. Ad El-Dahra uomini armati dell'Isis hanno dato fuoco a una raffineria, definita "una delle più importanti" della zona di Sirte. Il 4 febbraio l'Isis, attraverso Ansar al Sharia, aveva attaccato un altro pozzo libico francese, al Mabrouk, a circa 170 km a sud di Sirte facendo almeno 10 morti.
Egitto evacua cittadini dalla Libia. Che la situazione si stia complicando lo conferma anche l'annuncio del presidente egiziano, Abdul Fattah al-Sisi, che saranno evacuati i suoi cittadini dalla Libia. La decisione è stata presa dopo la pubblicazione da parte dell'Isis/Isil di alcune foto che ritraggono 21 egiziani cristiani copti, rapiti a dicembre e gennaio proprio a Sirte. Le immagini, pubblicate sulla rivista Dabiq appartenente allo Stato Islamico, sono al vaglio degli investigatori per capire se siano reali e a quando risalgano. Vi sono ritratti i prigionieri con le mani legate dietro la schiena mentre marciano in fila indiana guardati a vista da uomini armati interamente vestiti di nero.
Come gli altri prigionieri del Califfato indossano le tute arancioni, usate dal movimento per ricordare i detenuti del carcere di Guantanamo. Nell'articolo a cui sono state allegate le foto si scrive che le 21 persone sono state rapite per vendicare il destino delle donne musulmane, torturare e uccise dalla Chiesa copta egiziana. Inoltre, si sottolinea che l'espansione del gruppo in Libia permette facilmente di catturare "i crociati copti". Da qui la decisione di evacuare tramite un ponte aereo i cittadini egiziani, la maggior parte dei quali lavora nel paese nel settore delle costruzioni
Questo è uno dei tanti articoli che si possono leggere in questi giorni, preso da: http://www.repubblica.it/esteri/2015/02/13/news/l_ambasciata_italiana_ai_connazionali_lasciate_la_libia-107233635/
Appare chiaro il motivo di tutto questo allarmismo, sono mesi che Gentiloni ed i suoi amici "europei" parlano di un intervento in Libia,( per carità dietro mandato ONU e bla bla bla), Lor signori hanno bisogno di nascondersi dietro la foglia di fico dell ONU, per nascondere le loro vergogne, cioè la voglia di colonialismo,mai sopita. Quando è risaputo che l' ONU è un burattino nelle mani degli USA, che guarda caso sono gia in Libia, ma senza gli intralci dei fastidiosi burocrati e funzionari ONU.
Allora, è strano che l isis abbia preso Sirte? aprite gli occhi gente, le cose non succedono MAI per caso.
giovedì 19 febbraio 2015
"Immigrati mandati a morire per far ricominciare Mare Nostrum"
La ricostruzione del Giornale: "Strage voluta dai trafficanti di uomini per spingere gli italiani a scelte emotive". E la tesi convince anche Casini
Gian Micalessin - Ven, 13/02/2015 - 18:48
«Quei 344 poveretti non sono andati a fondo per caso. Erano degli autentici condannati a morte. La loro disgrazia doveva servire a far ripartire Mare Nostrum».
La fonte del Giornale non vuole rivelare il proprio nome, ma grazie agli incarichi di alto livello governativo ricoperti in passato conosce assai bene il dossier Libia e quello di Mare Nostrum. Ed è anche in possesso di informazioni molto dettagliate sul prologo della tragedia. «Quando i trafficanti sono andati a prendere quei 460 disgraziati negli scantinati alla periferia di Tripoli e li hanno costretti a seguirli sulla spiaggia il mare era già forza sette. Con quelle condizioni meteo nessun trafficante, neppure il più spregiudicato, mette in mare uomini e barche Con quel tempo sanno tutti che non si arriva neppure fuori dalle acque costiere. Loro hanno fatto l'esatto contrario. Non si sono manco sognati di utilizzare i barconi con la chiglia, quelli per intenderci usati dei pescatori ed in grado di tenere il mare. Hanno portato in spiaggia quattro gommoni malandati che non avrebbero resistito neppure ad una notte di bonaccia».
Gian Micalessin - Ven, 13/02/2015 - 18:48
«Quei 344 poveretti non sono andati a fondo per caso. Erano degli autentici condannati a morte. La loro disgrazia doveva servire a far ripartire Mare Nostrum».
La fonte del Giornale non vuole rivelare il proprio nome, ma grazie agli incarichi di alto livello governativo ricoperti in passato conosce assai bene il dossier Libia e quello di Mare Nostrum. Ed è anche in possesso di informazioni molto dettagliate sul prologo della tragedia. «Quando i trafficanti sono andati a prendere quei 460 disgraziati negli scantinati alla periferia di Tripoli e li hanno costretti a seguirli sulla spiaggia il mare era già forza sette. Con quelle condizioni meteo nessun trafficante, neppure il più spregiudicato, mette in mare uomini e barche Con quel tempo sanno tutti che non si arriva neppure fuori dalle acque costiere. Loro hanno fatto l'esatto contrario. Non si sono manco sognati di utilizzare i barconi con la chiglia, quelli per intenderci usati dei pescatori ed in grado di tenere il mare. Hanno portato in spiaggia quattro gommoni malandati che non avrebbero resistito neppure ad una notte di bonaccia».
mercoledì 18 febbraio 2015
Isis in Libia? La situazione è più complessa
Pubblicato il 14 feb 2015
«L’Isis è arrivato a Sirte!». «L’Italia è pronta a combattere!». Tra ieri sera e questa mattina si sono ripetuti sui principali media nazionali titoli di questo tenore. L’idea che sembrava voler passare è che la Libia fosse caduta tutta nelle mani dello Stato islamico e che sia prossima la creazione di un califfato a pochi chilometri dalle nostre coste. In realtà la situazione è molto più complessa di quanto possa sembrare, anche se, per questo, non meno pericolosa.
«L’Isis è arrivato a Sirte!». «L’Italia è pronta a combattere!». Tra ieri sera e questa mattina si sono ripetuti sui principali media nazionali titoli di questo tenore. L’idea che sembrava voler passare è che la Libia fosse caduta tutta nelle mani dello Stato islamico e che sia prossima la creazione di un califfato a pochi chilometri dalle nostre coste. In realtà la situazione è molto più complessa di quanto possa sembrare, anche se, per questo, non meno pericolosa.
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martedì 17 febbraio 2015
Libia: appello ai firmatari di appelli
Oggi ricorre l' anniversario della RATSrivoluzione, in Libia, quella che ci hanno presentato come una rivoluzione, ma che invece è stata una invasione coloniale straniera, vorrei ricordare questa data con un articolo un pò vecchio, ma assolutamente attuale.
31 luglio 2014
Di fronte al baratro nel quale è sprofondata la Libia (attestato, ora, anche dalla precipitosa chiusura dell’ambasciata USA) ci sarebbe da chiedere ai vari firmatari degli appelli in difesa della “rivoluzione libica” (se volete sapere i loro nomi non avete che da clikkare qui o qui) se non sentano oggi il dovere di scusarsi con il popolo libico per una guerra che i loro appelli hanno, nei fatti, favorito e per il loro silenzio quando questa assumeva i connotati di un gigantesco massacro, come è stato, ad esempio, a Sirte. Non avremmo posto questa sgradevole domanda se quei distratti, se non colpevoli, appelli – così come quelli attuali inerenti la Siria o quelli già in cantiere sulla Nigeria – non si fossero basati su inequivocabili falsi che davvero stupisce non siano stati subito riconosciuti come tali. Primo tra tutti il “mitragliamento dagli elicotteri” effettuato dagli scherani di Gheddafi su inermi manifestanti che faceva da pendant con la “notizia” dei piloti libici disertori e atterrati a Malta per non voler sparare sui loro connazionali. Ovviamente, neanche una fotografia da un cellulare per attestare simili bufale; solo una anonima “testimonianza” rilasciata alla tv araba “al-Jazeera” subito certificata dalla “Lega libica per i diritti umani”, (fondata da tale Ali Zeidan, poi diventato Presidente della Libia e poi scappato in Germania con un container pieno di lingotti d’oro). Ma tanto bastò per dare la stura agli “appelli”.
31 luglio 2014
Di fronte al baratro nel quale è sprofondata la Libia (attestato, ora, anche dalla precipitosa chiusura dell’ambasciata USA) ci sarebbe da chiedere ai vari firmatari degli appelli in difesa della “rivoluzione libica” (se volete sapere i loro nomi non avete che da clikkare qui o qui) se non sentano oggi il dovere di scusarsi con il popolo libico per una guerra che i loro appelli hanno, nei fatti, favorito e per il loro silenzio quando questa assumeva i connotati di un gigantesco massacro, come è stato, ad esempio, a Sirte. Non avremmo posto questa sgradevole domanda se quei distratti, se non colpevoli, appelli – così come quelli attuali inerenti la Siria o quelli già in cantiere sulla Nigeria – non si fossero basati su inequivocabili falsi che davvero stupisce non siano stati subito riconosciuti come tali. Primo tra tutti il “mitragliamento dagli elicotteri” effettuato dagli scherani di Gheddafi su inermi manifestanti che faceva da pendant con la “notizia” dei piloti libici disertori e atterrati a Malta per non voler sparare sui loro connazionali. Ovviamente, neanche una fotografia da un cellulare per attestare simili bufale; solo una anonima “testimonianza” rilasciata alla tv araba “al-Jazeera” subito certificata dalla “Lega libica per i diritti umani”, (fondata da tale Ali Zeidan, poi diventato Presidente della Libia e poi scappato in Germania con un container pieno di lingotti d’oro). Ma tanto bastò per dare la stura agli “appelli”.
lunedì 16 febbraio 2015
L’età d’oro delle operazioni nere: le forze speciali degli USA sono presenti in 150 nazioni
febbraio 8, 2015
Tyler Durden, Zerohedge 2/2/2015
Il seguente articolo è ciò che volevo evidenziare da oltre una settimana, ma le notizie erano così travolgenti che semplicemente non ne ho avuto la possibilità, finora. Avendo spese molto tempo a cercare di capire il mondo, mi stupisco sempre di ciò che leggo. Mentre i lettori abituali di questo sito sono ben consapevoli di come aggressivo e irresponsabile sia l’impero USA, distribuendo risorse militari all’estero, credo che parte delle seguenti informazioni, li renderanno ancora più inquieti.
Dall’articolo di Nick Turse sull’Huffington Post: The Golden Age of Black Ops:
Durante l’anno fiscale che si è concluso il 30 settembre 2014, le forze delle operazioni speciali (SOF) statunitensi erano presenti in 133 Paesi, circa il 70% delle nazioni del pianeta.
Tyler Durden, Zerohedge 2/2/2015
Il seguente articolo è ciò che volevo evidenziare da oltre una settimana, ma le notizie erano così travolgenti che semplicemente non ne ho avuto la possibilità, finora. Avendo spese molto tempo a cercare di capire il mondo, mi stupisco sempre di ciò che leggo. Mentre i lettori abituali di questo sito sono ben consapevoli di come aggressivo e irresponsabile sia l’impero USA, distribuendo risorse militari all’estero, credo che parte delle seguenti informazioni, li renderanno ancora più inquieti.
Dall’articolo di Nick Turse sull’Huffington Post: The Golden Age of Black Ops:
Durante l’anno fiscale che si è concluso il 30 settembre 2014, le forze delle operazioni speciali (SOF) statunitensi erano presenti in 133 Paesi, circa il 70% delle nazioni del pianeta.
domenica 15 febbraio 2015
ancora una volta un traditore viene presentato come "salvatore" della Libia
Estratto dal report settimanale del Cesi (Centro studi internazionali)
Martedì 3 febbraio alcune decine di miliziani hanno assaltato e occupato un impianto di estrazione petrolifera a Mabruk, circa 150 chilometri a sud di Sirte. Nell’attacco ai pozzi, gestiti dalla Libya’s National Oil e dalla francese Total, sarebbero morte circa 10 persone, anche se non ci sono ancora dati precisi in merito. Nessuna delle diverse milizie libiche attive nella regione ha finora rivendicato l’attacco e, pertanto, resta aperta la possibilità che i responsabili siano gruppi autonomi di predoni. Ciò nonostante, è altrettanto probabile che l’attacco sia stato condotto da milizie afferenti all’universo jihadista libico.
Infatti lo stabilimento di Mobruk, non era più operativo da metà dicembre, quando il suo sbocco naturale per la commercializzazione, il porto di Sidra, era stato oggetto di duri scontri fra i miliziani di Farj Libya e i jihadisti di Ansar al-Sharia. La conquista dei terminal petroliferi sulla costa, unitamente agli stabilimenti di estrazione come quello di Mobruk, permetterebbe quindi il controllo della filiera di produzione.
Martedì 3 febbraio alcune decine di miliziani hanno assaltato e occupato un impianto di estrazione petrolifera a Mabruk, circa 150 chilometri a sud di Sirte. Nell’attacco ai pozzi, gestiti dalla Libya’s National Oil e dalla francese Total, sarebbero morte circa 10 persone, anche se non ci sono ancora dati precisi in merito. Nessuna delle diverse milizie libiche attive nella regione ha finora rivendicato l’attacco e, pertanto, resta aperta la possibilità che i responsabili siano gruppi autonomi di predoni. Ciò nonostante, è altrettanto probabile che l’attacco sia stato condotto da milizie afferenti all’universo jihadista libico.
Infatti lo stabilimento di Mobruk, non era più operativo da metà dicembre, quando il suo sbocco naturale per la commercializzazione, il porto di Sidra, era stato oggetto di duri scontri fra i miliziani di Farj Libya e i jihadisti di Ansar al-Sharia. La conquista dei terminal petroliferi sulla costa, unitamente agli stabilimenti di estrazione come quello di Mobruk, permetterebbe quindi il controllo della filiera di produzione.
sabato 14 febbraio 2015
Libia, la madre di tutti gli errori
31/08/2014
L’Occidente, dopo aver eliminato Gheddafi, ha clamorosamente aperto la strada a centinaia di milizie islamiche
di Piero Orteca
Negli ultimi due anni la Libia è diventata la parafrasi di tutte le castronerie commesse dalle Cancellerie occidentali in politica estera. Sappiamo tutti che l’Europa, francesi in testa, e gli Stati Uniti (con meno convinzione) hanno liquidato Gheddafi per motivi non certo nobilissimi. Gli interessi di bottega, più o meno luridi, l’hanno fatta da padrone, e oggi i catastrofici risultati ottenuti dalle varie “Primavere arabe” sono sotto gli occhi di tutti. O quasi. Perché coloro che dovevano vedere sono ancora girati dall’altro lato. Certo, è roba da pazzi. Una sanguinosa guerra tribale, condotta senza scrupoli da bande di feroci scanna- pecore, è stata spacciata come una sacrosanta “lotta per la democrazia”. Dirlo oggi sembra scontato, ma solo due anni fa significava essere presi a pernacchie da schiere di fessacchiotti, che affollavano (oggi un po’ meno, vista la mala parata) le legioni dei benpensanti in servizio permanente effettivo. Da quando il Colonnello << uscito di testa>> è stato fatto fuori dai servizi segreti di Sarkozy,( o almeno così ci hanno COSTRETTO A CREDERE) , le cose nell’ex “Cassone di sabbia” di giolittiana memoria sono andate di male in peggio.
L’Occidente, dopo aver eliminato Gheddafi, ha clamorosamente aperto la strada a centinaia di milizie islamiche
di Piero Orteca
Negli ultimi due anni la Libia è diventata la parafrasi di tutte le castronerie commesse dalle Cancellerie occidentali in politica estera. Sappiamo tutti che l’Europa, francesi in testa, e gli Stati Uniti (con meno convinzione) hanno liquidato Gheddafi per motivi non certo nobilissimi. Gli interessi di bottega, più o meno luridi, l’hanno fatta da padrone, e oggi i catastrofici risultati ottenuti dalle varie “Primavere arabe” sono sotto gli occhi di tutti. O quasi. Perché coloro che dovevano vedere sono ancora girati dall’altro lato. Certo, è roba da pazzi. Una sanguinosa guerra tribale, condotta senza scrupoli da bande di feroci scanna- pecore, è stata spacciata come una sacrosanta “lotta per la democrazia”. Dirlo oggi sembra scontato, ma solo due anni fa significava essere presi a pernacchie da schiere di fessacchiotti, che affollavano (oggi un po’ meno, vista la mala parata) le legioni dei benpensanti in servizio permanente effettivo. Da quando il Colonnello << uscito di testa>> è stato fatto fuori dai servizi segreti di Sarkozy,( o almeno così ci hanno COSTRETTO A CREDERE) , le cose nell’ex “Cassone di sabbia” di giolittiana memoria sono andate di male in peggio.
venerdì 13 febbraio 2015
Le mani del “Califfo” sulla Libia
08/02/2015
I risultati (perversi) di politiche estere occidentali dettate dall’ambizione e dall’avidità
di Piero Orteca
Un immondo carnaio dove tutti sparano a tutti, ormai diventato il “terminal” in cui convergono tagliagole, briganti, fuorilegge, spietati assassini e feroci fondamentalisti in arrivo da mezza Africa e dal Medio Oriente. Questa è oggi la Libia dopo l’intervento “umanitario” della Francia, quello sconclusionato (e che nessuno ha mai veramente capito) dell’Inghilterra di Cameron e dopo la “esportazione della democrazia” tentata dall’America obamiana, che, per la verità, è sembrata più subita che veramente pensata dalla Casa Bianca. Dettagli. La verità è che Obama, per correre appresso a uno sprovveduto (e avido) come Sarkozy ha inguaiato tutto l’Occidente, isole comprese, in quella che dev’essere considerata, senza ombra di dubbio, la fesseria più eclatante commessa in politica estera durante i suoi due mandati presidenziali.
I risultati (perversi) di politiche estere occidentali dettate dall’ambizione e dall’avidità
di Piero Orteca
Un immondo carnaio dove tutti sparano a tutti, ormai diventato il “terminal” in cui convergono tagliagole, briganti, fuorilegge, spietati assassini e feroci fondamentalisti in arrivo da mezza Africa e dal Medio Oriente. Questa è oggi la Libia dopo l’intervento “umanitario” della Francia, quello sconclusionato (e che nessuno ha mai veramente capito) dell’Inghilterra di Cameron e dopo la “esportazione della democrazia” tentata dall’America obamiana, che, per la verità, è sembrata più subita che veramente pensata dalla Casa Bianca. Dettagli. La verità è che Obama, per correre appresso a uno sprovveduto (e avido) come Sarkozy ha inguaiato tutto l’Occidente, isole comprese, in quella che dev’essere considerata, senza ombra di dubbio, la fesseria più eclatante commessa in politica estera durante i suoi due mandati presidenziali.
giovedì 12 febbraio 2015
L'ISIS CONQUISTA META' LIBIA, SETTE CITTA' IN MANO AI TAGLIAGOLE, L'AMBASCIATORE: ATTACCHERANNO EUROPA E ITALIA
venerdì 6 febbraio 2015
Il gruppo jihadista dello Stato islamico sta pericolosamente guadagnando terreno in Libia. L'avvertimento è stato rilanciato dall'ambasciatore libico in Arabia Saudita, Aref Ali Nayed, che ha chiesto alla comunità internazionale di tenere nel dovuto conto questa minaccia crescente.
"Lo Stato islamico sta avanzando in Libia in modo esponenziale, l'Isis commette atrocità ogni giorno", ha spiegato Nayed, che è anche consigliere del premier libico Abdullah al-Thani. "Non è possibile combattere l'Isis in Iraq senza tenere conto della componente libica", ha aggiunto.
Il gruppo jihadista dello Stato islamico sta pericolosamente guadagnando terreno in Libia. L'avvertimento è stato rilanciato dall'ambasciatore libico in Arabia Saudita, Aref Ali Nayed, che ha chiesto alla comunità internazionale di tenere nel dovuto conto questa minaccia crescente.
"Lo Stato islamico sta avanzando in Libia in modo esponenziale, l'Isis commette atrocità ogni giorno", ha spiegato Nayed, che è anche consigliere del premier libico Abdullah al-Thani. "Non è possibile combattere l'Isis in Iraq senza tenere conto della componente libica", ha aggiunto.
mercoledì 11 febbraio 2015
Libia, sangue e petrolio: Isis conquista un pozzo della Total
05/02/2015 - Luca Cirimbilla
In Libia si uccide per il petrolio: il bilancio dell’assalto dei miliziani Isis al pozzo di Al Mabruk avvenuto ieri è di 13 morti, di cui cinque stranieri.
Non cenna a placarsi la guerra a ridosso delle nostre coste. Tre delle persone uccise durante l’offensiva armata al campo petrolifero della Total sarebbero filippini legati a una ditta italiana. Il nostro Paese, quindi, seppur indirettamente continua ad essere coinvolto in questo conflitto non solo a livello geografico.
In Libia si uccide per il petrolio: il bilancio dell’assalto dei miliziani Isis al pozzo di Al Mabruk avvenuto ieri è di 13 morti, di cui cinque stranieri.
Non cenna a placarsi la guerra a ridosso delle nostre coste. Tre delle persone uccise durante l’offensiva armata al campo petrolifero della Total sarebbero filippini legati a una ditta italiana. Il nostro Paese, quindi, seppur indirettamente continua ad essere coinvolto in questo conflitto non solo a livello geografico.
martedì 10 febbraio 2015
Le mani dell'Is sulla Libia, tra conquiste e propaganda
Articolo pubblicato il: 05/02/2015
Gran parte degli attacchi eseguiti negli ultimi mesi in Libia vengono rivendicati o attribuiti ai jihadisti dello Stato islamico (Is), ma non è facile capire quanto sia radicata la presenza del gruppo nel paese africano e quanto sia già riuscito ad avvantaggiarsi del locale caos politico.
In una Libia scossa dalla "rivoluzione" del 2011 contro Muammar Gheddafi e dall'imperversare delle milizie che hanno reso impossibile una vera transizione politica, lo scorso ottobre, per la prima volta, un gruppo di miliziani islamici ha giurato fedeltà all'Is a Derna, città portuale nel nord-est, sfilando in una parata con il vessillo del gruppo jihadista. Pochi giorni dopo, l'iniziativa ha ricevuto la benedizione del leader dell'Is, Abu Bakr al-Baghdadi.
Gran parte degli attacchi eseguiti negli ultimi mesi in Libia vengono rivendicati o attribuiti ai jihadisti dello Stato islamico (Is), ma non è facile capire quanto sia radicata la presenza del gruppo nel paese africano e quanto sia già riuscito ad avvantaggiarsi del locale caos politico.
In una Libia scossa dalla "rivoluzione" del 2011 contro Muammar Gheddafi e dall'imperversare delle milizie che hanno reso impossibile una vera transizione politica, lo scorso ottobre, per la prima volta, un gruppo di miliziani islamici ha giurato fedeltà all'Is a Derna, città portuale nel nord-est, sfilando in una parata con il vessillo del gruppo jihadista. Pochi giorni dopo, l'iniziativa ha ricevuto la benedizione del leader dell'Is, Abu Bakr al-Baghdadi.
lunedì 9 febbraio 2015
La guerra in casa! E’ vero? Ma in casa di chi?
08/01/2015 di giuseppearagno
Abbiamo la guerra in casa. Così dicono i nostri grandi giornalisti. Non so perché, ma in casa la guerra ci scoppia sempre per motivi che non conosciamo. L’undici settembre del 2001, per esempio, dopo che due aerei civili avevano “attaccato” inspiegabilmente New York e il Pentagono, scoprimmo che a Roma c’era la guerra. Quando una bomba fece una strage in una banca di Milano, nel 1969, non ci fu un americano che pensasse d’avere in casa la guerra; da noi, invece, le guerre scoppiano per qualunque guaio dell’Occidente. Anni fa, per una bomba alla metropolitana di Madrid, gli spagnoli chiusero i conti con un governo di destra, noi allertammo polizia, esercito e guardia forestale. Avevano colpito Madrid, ma la guerra era contro di noi. Ce l’avevamo in casa.
Abbiamo la guerra in casa. Così dicono i nostri grandi giornalisti. Non so perché, ma in casa la guerra ci scoppia sempre per motivi che non conosciamo. L’undici settembre del 2001, per esempio, dopo che due aerei civili avevano “attaccato” inspiegabilmente New York e il Pentagono, scoprimmo che a Roma c’era la guerra. Quando una bomba fece una strage in una banca di Milano, nel 1969, non ci fu un americano che pensasse d’avere in casa la guerra; da noi, invece, le guerre scoppiano per qualunque guaio dell’Occidente. Anni fa, per una bomba alla metropolitana di Madrid, gli spagnoli chiusero i conti con un governo di destra, noi allertammo polizia, esercito e guardia forestale. Avevano colpito Madrid, ma la guerra era contro di noi. Ce l’avevamo in casa.
domenica 8 febbraio 2015
Libia: la guerra silente
2 febbraio 2015
di Nuccia Decio
Libia, cuore pulsante di tutti i traffici, dopo la "morte" del Colonnello Gheddaffi, pare non desti grande attenzione da parte degli organi quanto meno della stampa internazionale. Eppure è una bomba ad orologeria pronta a scoppiare a 200 chilometri dalle nostre coste sulle quali ogni giorno vengono riversati corpi senza vita di disperati partiti dal paese dei Garamanti.
Fantasmi caduti nelle mani delle mafie dei trafficanti, che possono operare senza alcun controllo sulle coste libiche, anche se oggi da tutti è considerata zona di guerra.
E’ lecito attendersi dai nostri governanti una spiegazione sul dramma che sta avvenendo oltre confine, dobbiamo conoscere sotto quali condizioni operano le imprese italiane che nonostante la grave situazione locale hanno ancora in corso relazioni d’affari , sotto forma di rifornimento energetico, (ENI), esportazione di armi (Finmeccanica), enti a carattere azionario (Unicredit).
di Nuccia Decio
Libia, cuore pulsante di tutti i traffici, dopo la "morte" del Colonnello Gheddaffi, pare non desti grande attenzione da parte degli organi quanto meno della stampa internazionale. Eppure è una bomba ad orologeria pronta a scoppiare a 200 chilometri dalle nostre coste sulle quali ogni giorno vengono riversati corpi senza vita di disperati partiti dal paese dei Garamanti.
Fantasmi caduti nelle mani delle mafie dei trafficanti, che possono operare senza alcun controllo sulle coste libiche, anche se oggi da tutti è considerata zona di guerra.
E’ lecito attendersi dai nostri governanti una spiegazione sul dramma che sta avvenendo oltre confine, dobbiamo conoscere sotto quali condizioni operano le imprese italiane che nonostante la grave situazione locale hanno ancora in corso relazioni d’affari , sotto forma di rifornimento energetico, (ENI), esportazione di armi (Finmeccanica), enti a carattere azionario (Unicredit).
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sabato 7 febbraio 2015
DEPREDATO IN LIBIA IL "TESORO DI BENGHAZI"
30 ottobre 2011
Benghazi, Libia - Viene descritta come una delle più grandi rapine in archeologiche della storia.
Una collezione inestimabile di 7.700 monete d'oro, d'argento e di bronzo dai tempi antichi - conosciuto come il Tesoro di Bengasi - è stato rubato quando una banda ha forato il soffitto di calcestruzzo di un sotterraneo nella città libica all'inizio di quest'anno.
Un esperto l'ha descritto la settimana scorsa come "uno dei più grandi furti della storia archeologica", con molti oggetti che risalgono all'epoca di Alessandro Magno.
Benghazi, Libia - Viene descritta come una delle più grandi rapine in archeologiche della storia.
Una collezione inestimabile di 7.700 monete d'oro, d'argento e di bronzo dai tempi antichi - conosciuto come il Tesoro di Bengasi - è stato rubato quando una banda ha forato il soffitto di calcestruzzo di un sotterraneo nella città libica all'inizio di quest'anno.
Un esperto l'ha descritto la settimana scorsa come "uno dei più grandi furti della storia archeologica", con molti oggetti che risalgono all'epoca di Alessandro Magno.
venerdì 6 febbraio 2015
I danni al patrimonio archeologico della Libia
Pubblicato il 7 settembre 2011
A seguito dei tragici avvenimenti legati alla guerra in Libia, abbiamo imparato i nomi di tante città, Bengasi, Misurata, Ras Lanuf. Queste e tante altre località potrebbero essere conosciute ed ammirate invece per motivi culturali: le antiche città di Cirene, Apollonia, Tripoli, Tolemaide, i centri archeologici di Sabratha, Leptis Magna, Teuchira, Ghadames (la perla del Sahara) sono siti di fondamentale importanza archeologica, oltre che luoghi di straordinaria bellezza e fascino, parte del patrimonio culturale ed identitario dei popoli della Libia e di tutto il Mediterraneo.
A seguito dei tragici avvenimenti legati alla guerra in Libia, abbiamo imparato i nomi di tante città, Bengasi, Misurata, Ras Lanuf. Queste e tante altre località potrebbero essere conosciute ed ammirate invece per motivi culturali: le antiche città di Cirene, Apollonia, Tripoli, Tolemaide, i centri archeologici di Sabratha, Leptis Magna, Teuchira, Ghadames (la perla del Sahara) sono siti di fondamentale importanza archeologica, oltre che luoghi di straordinaria bellezza e fascino, parte del patrimonio culturale ed identitario dei popoli della Libia e di tutto il Mediterraneo.
giovedì 5 febbraio 2015
La sinistra giuliva e le aggressioni militari
Siria: ma dare armi e soldi ai presunti 'moderati' su un fronte, non significa per caso indebolire l'Esercito Siriano sul fronte dell'ISIS? [Piotr]
domenica 25 gennaio 2015 19:10
di Piotr.
La sinistra sta difendendo a spada tratta le due ragazze giulive rimpatriate dalla Siria.
Non vuole sentire ragioni.
Il motivo è chiaro: le due ragazze giulive sostenevano i "ribelli" anti-Assad. Quindi il loro operato va difeso a spada tratta. Il nostro governo, infatti, fa la stessa cosa. Ma per far perdere le tracce del suo discutibile operato internazionale e gettare fumo negli occhi, ecco che il governo lancia grida di allarme sul terrorismo islamico e noncurante che salti immancabilmente fuori che i terroristi sono da sempre noti ai Servizi, vedi il caso di Parigi e quello di Sidney, vuole che noi ce la prendiamo coi disperati che emigrano rischiando la vita per sfuggire alla miseria e alle guerre che noi gli infliggiamo. Incomincio a pensare che nemmeno un governo leghista sarebbe così ipocrita.
Il passato è stato finalmente rottamato e oggi siamo nel pieno della nouvelle vague della sinistra. Evviva! Evviva la sinistra giuliva!
domenica 25 gennaio 2015 19:10
di Piotr.
La sinistra sta difendendo a spada tratta le due ragazze giulive rimpatriate dalla Siria.
Non vuole sentire ragioni.
Il motivo è chiaro: le due ragazze giulive sostenevano i "ribelli" anti-Assad. Quindi il loro operato va difeso a spada tratta. Il nostro governo, infatti, fa la stessa cosa. Ma per far perdere le tracce del suo discutibile operato internazionale e gettare fumo negli occhi, ecco che il governo lancia grida di allarme sul terrorismo islamico e noncurante che salti immancabilmente fuori che i terroristi sono da sempre noti ai Servizi, vedi il caso di Parigi e quello di Sidney, vuole che noi ce la prendiamo coi disperati che emigrano rischiando la vita per sfuggire alla miseria e alle guerre che noi gli infliggiamo. Incomincio a pensare che nemmeno un governo leghista sarebbe così ipocrita.
Il passato è stato finalmente rottamato e oggi siamo nel pieno della nouvelle vague della sinistra. Evviva! Evviva la sinistra giuliva!
mercoledì 4 febbraio 2015
Libia, “divisioni tra potenze favoriscono l’espansione dei jihadisti nel Paese”
Arturo Varvelli, analista, esperto di Libia dell’Istituto per gli studi di politica internazionale: "La diplomazia? L'Occidente sta facendo qualcosa di deleterio, ossia l'appoggio da parte degli attori internazionali e regionali ai vari gruppi in campo"
di Giusy Baioni | 29 gennaio 2015
Arturo Varvelli, analista, esperto di Libia dell’Istituto per gli studi di politica internazionale. Che significato ha l’attacco all’hotel Corinthia di Tripoli?
“L’attentato colpisce un simbolo occidentale, ma è anche un attacco al governo islamico in carica in questa parte della Libia, che nelle ultime settimane si è mostrato diviso sulla partecipazione ai colloqui in corso a Ginevra (di cui proprio ieri cominciava la seconda tranche). Può trattarsi di una forte intimidazione delle frange più estremiste, in particolare di quelle dichiaratamente jihadiste appartenenti all’Isis, rispetto alla partecipazione del governo di Tripoli a queste trattative. Ma è anche una nuova escalation della presenza jihadista in Libia, ormai acclarata fin dai tempi dell’attentato all’ambasciatore americano Chris Stevens nel 2012. Allora si trattava però di milizie legate ad Ansar al-Sharia, molto potente nella zona di Bengasi e della Cirenaica, dove invece da quest’estate gruppi di combattenti libici di ritorno dal fronte siriano e iracheno hanno istituito il primo nucleo di Isis in Libia, che si è arroccato attorno alla città di Derna, instaurandovi una succursale del Califfato.
di Giusy Baioni | 29 gennaio 2015
Arturo Varvelli, analista, esperto di Libia dell’Istituto per gli studi di politica internazionale. Che significato ha l’attacco all’hotel Corinthia di Tripoli?
“L’attentato colpisce un simbolo occidentale, ma è anche un attacco al governo islamico in carica in questa parte della Libia, che nelle ultime settimane si è mostrato diviso sulla partecipazione ai colloqui in corso a Ginevra (di cui proprio ieri cominciava la seconda tranche). Può trattarsi di una forte intimidazione delle frange più estremiste, in particolare di quelle dichiaratamente jihadiste appartenenti all’Isis, rispetto alla partecipazione del governo di Tripoli a queste trattative. Ma è anche una nuova escalation della presenza jihadista in Libia, ormai acclarata fin dai tempi dell’attentato all’ambasciatore americano Chris Stevens nel 2012. Allora si trattava però di milizie legate ad Ansar al-Sharia, molto potente nella zona di Bengasi e della Cirenaica, dove invece da quest’estate gruppi di combattenti libici di ritorno dal fronte siriano e iracheno hanno istituito il primo nucleo di Isis in Libia, che si è arroccato attorno alla città di Derna, instaurandovi una succursale del Califfato.
martedì 3 febbraio 2015
Scaravilli, è giallo. Il governo libico: "Si è allontanato lui"
Il consigliere del ministro di Tripoli: il terrorismo non c’entra, il medico avrebbe lasciato l’albergo portandosi il passaporto
di Alice Ferretti 28 gennaio 2015
PADOVA. «Il terrorismo non c’entra con il caso Scaravilli». A sostenerlo è il consigliere del ministro per la Cooperazione Internazionale della Libia, Mohamed Ib. S. Aribi, ieri a Padova con una delegazione libica per partecipare a una tavola rotonda in Camera di Commercio. Secondo il libico, non avrebbe nulla a che vedere con un sequestro di persona la scomparsa a Tripoli del medico ortopedico siciliano, padovano d’adozione, Ignazio Scarvilli, 70 anni, che dal pomeriggio del 6 gennaio scorso risulta irreperibile. A detta di Mohamed Ib. S. Aribi qualcosa non tornerebbe. «Ho parlato con un medico catanese che a Tripoli alloggiava nello stesso albergo di Ignazio Scaravilli», racconta il consigliere, «Mi ha detto che dopo tre giorni Scaravilli, senza avvisare nessuno, se n’è andato dall’albergo, che avrebbe portato con sé il passaporto e sostituito la scheda sim del suo cellulare, lasciando quella libica in hotel e portandosi via la scheda italiana».
di Alice Ferretti 28 gennaio 2015
PADOVA. «Il terrorismo non c’entra con il caso Scaravilli». A sostenerlo è il consigliere del ministro per la Cooperazione Internazionale della Libia, Mohamed Ib. S. Aribi, ieri a Padova con una delegazione libica per partecipare a una tavola rotonda in Camera di Commercio. Secondo il libico, non avrebbe nulla a che vedere con un sequestro di persona la scomparsa a Tripoli del medico ortopedico siciliano, padovano d’adozione, Ignazio Scarvilli, 70 anni, che dal pomeriggio del 6 gennaio scorso risulta irreperibile. A detta di Mohamed Ib. S. Aribi qualcosa non tornerebbe. «Ho parlato con un medico catanese che a Tripoli alloggiava nello stesso albergo di Ignazio Scaravilli», racconta il consigliere, «Mi ha detto che dopo tre giorni Scaravilli, senza avvisare nessuno, se n’è andato dall’albergo, che avrebbe portato con sé il passaporto e sostituito la scheda sim del suo cellulare, lasciando quella libica in hotel e portandosi via la scheda italiana».
lunedì 2 febbraio 2015
Libia: ISIS attacca la capitale Tripoli e occupa i porti da cui partono i migranti per l' Italia
Cinque uomini con il volto coperto sono entrati stamattina in un hotel di lusso di Tripoli, capitale della Libia, prendendo ostaggi e uccidendo otto persone. La loro irruzione nel Corinthia Hotel , che ospita spesso diplomatici e funzionari, è stata preceduta dallo scoppio di un’autobomba nel parcheggio dell’albergo, il cui staff di origine maltese è stato evacuato
L’attentato, che si è concluso da poco, è stato già rivendicato dallo Stato islamico come vendetta per la morte del membro di al-Qaeda «Abu Anas al-Libi». Uno dei jihadisti è stato catturato, gli altri quattro si sono fatti esplodere.
PRIMA DERNA. L’attentato, al di là della rivendicazione particolare, dimostra quanto lo Stato islamico stia prendendo piede in Libia approfittando della confusione provocata dalla guerra tra milizie e istituzioni. La prima colonia al di fuori di Siria e Iraq dei jihadisti è stata Derna, presa a ottobre, città costiera libica a sole 430 miglia nautiche dall’Italia.
domenica 1 febbraio 2015
Libia, Isis mette sotto attacco anche Tripoli
27 - 01 - 2015 Michele Pierri
Le violenze, in Libia, non sono certo iniziate oggi. Il Paese è in preda al caos dalla caduta di Muammar Gheddafi nell’ottobre 2011 e prova da allora, "col sostegno dell’Onu, a risalire la china". Oggi, però, a spaventare c’è un elemento in più: l’avanzata dei jihadisti dell’Isis.
Stamane quattro uomini hanno fatto esplodere un’auto davanti all’hotel e poi sono entrati sparando, prima di farsi esplodere, uccidendo due membri delle forze di sicurezza e ferito tre persone. Un terzo membro della sicurezza è morto nell’esplosione dell’autobomba mentre due dipendenti, di nazionalità filippina, sono rimasti leggermente feriti. Per le altre sei vittime (nove in tutto) non viene per ora precisata la nazionalità. L’albergo in questione è il Corinthia, frequentato dai pochi stranieri – una manciata tra imprenditori e diplomatici – ancora presenti nel centro della capitale libica, Tripoli.
Le violenze, in Libia, non sono certo iniziate oggi. Il Paese è in preda al caos dalla caduta di Muammar Gheddafi nell’ottobre 2011 e prova da allora, "col sostegno dell’Onu, a risalire la china". Oggi, però, a spaventare c’è un elemento in più: l’avanzata dei jihadisti dell’Isis.
Stamane quattro uomini hanno fatto esplodere un’auto davanti all’hotel e poi sono entrati sparando, prima di farsi esplodere, uccidendo due membri delle forze di sicurezza e ferito tre persone. Un terzo membro della sicurezza è morto nell’esplosione dell’autobomba mentre due dipendenti, di nazionalità filippina, sono rimasti leggermente feriti. Per le altre sei vittime (nove in tutto) non viene per ora precisata la nazionalità. L’albergo in questione è il Corinthia, frequentato dai pochi stranieri – una manciata tra imprenditori e diplomatici – ancora presenti nel centro della capitale libica, Tripoli.
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