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giovedì 28 febbraio 2019

Invito al Convegno internazionale per il 70° della NATO

mercoledì 27 febbraio 2019

La CIA usa la Turchia per far pressione sulla Cina

Per risolvere la propria crisi economica, la Turchia si è economicamente avvicinata alla Cina. Malgrado ciò e basandosi su informazioni false Ankara ha denunciato pubblicamente la repressione degli uiguri, la popolazione turcofona e mussulmana della Cina. Beijing ha replicato molto seccamente. È come se, una volta eliminato Daesh da Siria e Iraq, la Turchia riprendesse le azioni segrete per conto della CIA, questa volta nello Xinjiang.
| Damasco (Siria)
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Jihadisti cinesi uiguri in Siria.
Da diverse settimane la stampa turca si occupa della sorte degli uiguri. I partiti politici dell’opposizione, kemalisti compresi, fanno a gara nel denunciare la repressione, da parte degli han, di questa minoranza e della sua religione.
Quest’effervescenza dei media turchi fa seguito:

martedì 26 febbraio 2019

Gli USA: uno Stato-canaglia al servizio della propria economia

https://www.voltairenet.org/local/cache-vignettes/L220xH353/Voltairenet-org_-_1-621-d04ba.jpg 
Improvvisamente, la classe possidente francese diventa consapevole dell’uso economico che gli Stati Uniti fanno del sistema giudiziario. Dal 1993 il Dipartimento per il Commercio ha creato un Trade Promotion Coordinating Committee e un Advocy Center, direttamente collegato alle agenzie d’intelligence. Più di recente, il Dipartimento di Giustizia ha interpretato le leggi statunitensi in modo da estendere il proprio potere all’estero ed esercitarlo, insieme alle altre amministrazioni, nell’interesse delle grandi aziende USA. Di fatto, i processi intentati contro le imprese europee non sono in relazione con le violazioni di cui vengono accusate. Sono processi concepiti per portarle al fallimento o consentirne l’acquisizione da parte di società USA.
| Parigi (Francia)

lunedì 25 febbraio 2019

i traditori del 2011, adesso vorrebbero opporsi ai loro padroni

Ministro degli Esteri della Libia: diremo no alla base americana

Militari dell'esercito della Libia

20/2/2019
“Non permetteremo agli americani di costruire una base in Libia”, ha detto a Sputnik il ministro degli Esteri della Libia Muhammed Siyalah. Aumentano le voci nei media libici sulla possibile attivazione delle forze USA dell’AFRICOM nel sud del paese. Alcuni esperti temono l’apertura di una base che danneggerebbe la risoluzione della crisi libica.
"I libici non permetteranno agli americani di creare una base sul territorio della Libia. Ci sono alcune forze che aiutano ad aumentare le capacità di combattimento del nostro esercito. Accoglieremo qualsiasi aiuto per consolidare le nostre forze", ha detto Muhammed Siyalah.

domenica 24 febbraio 2019

Guaidó o come si costruisce un impostore

Nessuna descrizione della foto disponibile. di Dan Cohen y Max Blumenthal – The Grayzone
Prima del fatidico 22 gennaio, meno di un venezuelano su cinque aveva sentito parlare di Juan Guaidó. Solo pochi mesi fa, il 35enne era un personaggio oscuro di un gruppo politicamente marginale di estrema destra, strettamente associato a terribili atti di violenza di strada. Anche nel suo stesso partito, Guaidó era stato una figura di medio livello nell’Assemblea Nazionale dominata dall’opposizione, ora “in stato di insubordinazione” secondo la Costituzione Venezuelana.
Sufficiente una telefonata dal Vice Presidente degli Stati Uniti Mike Pence e Guaidó si è autoproclamato Presidente del Venezuela. Consacrato come leader del suo paese da Washington, uno che vive ai piani inferiori della politica, praticamente sconosciuto, si è imposto sulla ribalta internazionale come il leader scelto dagli Stati Uniti per la nazione con le più grandi riserve petrolifere del mondo.
Facendo eco al consenso di Washington, il comitato editoriale del New York Times ha definito Guaidó un “rivale credibile” per Maduro; con uno “stile nuovo e una visione per far avanzare il Paese”. Il comitato editoriale di Bloomberg News lo ha applaudito per essersi impegnato per il “ripristino della democrazia” e il Wall Street Journal lo ha definito “un nuovo leader democratico”.
Nel frattempo, il Canada, numerose nazioni europee, Israele e il blocco di destra dei governi latinoamericani conosciuti come “Gruppo Lima” hanno riconosciuto Guaidó come il ‘legittimo presidente del Venezuela’.

sabato 23 febbraio 2019

Giù le mani dal Venezuela! Qui la Raccolta Firme

 
Lettera aperta al popolo statunitense
Se c’è qualcosa che so, è sui popoli, perché come voi sono un uomo del Popolo. Sono nato e cresciuto in un quartiere povero di Caracas. Mi sono formato nel calore delle lotte popolari e sindacali in una Venezuela sommersa nell’esclusione e nella diseguaglianza. Non sono un magnate, sono un lavoratore di ragione e di cuore che oggi ha il grande privilegio di presiedere il nuovo Venezuela, radicato in un modello di sviluppo inclusivo e di uguaglianza sociale, forgiato dal Comandante Hugo Chávez a partire dal 1998 e ispirato dall’eredità Bolivariana.
Oggi viviamo in una sorta di trance storico.
Stiamo vivendo giorni che definiranno il futuro dei nostri paesi, tra la guerra e la pace. I vostri rappresentanti nazionali di Washington vogliono portare ai loro confini lo stesso odio che hanno piantato in Vietnam. Vogliono invadere e intervenire in Venezuela – dicono, come dicevano allora – in nome della democrazia e della libertà.

venerdì 22 febbraio 2019

Libia, ora Macron tiene sotto scacco l’Italia

17/2/2019
Le rovine della città libica Sirte
Il generale Haftar avanza da sud e minaccia il principale pozzo dell’Eni. A Tripoli il premier Serraj è ostaggio delle milizie. E Roma, sempre più isolata sulla scena europea ed internazionale, resta a guardare.
Nel Fezzan, il profondo sud della Libia, il generale Khalifa Haftar avanza di gran carriera e minaccia da vicino El Feel, il pozzo da cui l'Eni estrae gran parte del suo petrolio e del suo gas. A Tripoli il premier Fayez Al Serraj è, invece, ostaggio delle milizie chiamate a difenderlo. La Francia di Emmanuel Macron, grande alleata di Haftar sembra dunque ad un passo dallo strappare all'Italia quell'egemonia economica e quell'influenza politica sull'ex colonia che neppure la guerra a Gheddafi, voluta da Nicolas Sarkozy, riuscì a pregiudicare.
E lo fa sfruttando l'isolamento di un'Italia messa politicamente e diplomaticamente alle corde dopo i tentativi dei 5Stelle di affossare la Tav e di stringere alleanze con i Gilet Gialli. I segnali più preoccupanti per Roma arrivano dalla regione del Fezzan. Lì l'Esercito Nazionale Libico, la formazione armata guidata da Haftar e fedele al governo di Tobruk, ha messo le mani su Sharara, un dei principali pozzi della regione gestito dalla Repsol spagnola e difeso, fino a poco tempo fa, da alcune milizie tuareg pagate dal governo di Tripoli.

giovedì 21 febbraio 2019

Libia, perché con Haftar la Francia minaccia l'Eni

Nel Sud si combatte vicino a un grande giacimento. Come nel 2018 sulla "costa del petrolio", a Est. L'uomo forte della Cirenaica è spinto da Macron e Putin. E può intaccare gli interessi italiani.

Barbara Ciolli


mercoledì 20 febbraio 2019

Libia, il premier-fantoccio della Ue al Serraj adesso ha paura e strilla: “Haftar sta arrivando” (ita+eng).

sabato 9 febbraio 18:51 - di antonio pannullo



Ora il premier-fantoccio della Libia Fayez al Serraj ha davvero paura. Il Consiglio presidenziale del governo di concordia nazionale libico denuncia l’intervento dei caccia delle forze del generale Khalifa Haftar nel sudovest della Libia. Il portale di notizie The Libyan Address ha riferito di un “raid di avvertimento” per bloccare un velivolo nei pressi del giacimento petrolifero di El Feel. Secondo lo stesso sito di notizie una nota dell’esecutivo guidato da Fayez al-Serraj sostiene che a bordo del velivolo c’erano persone ferite che dovevano essere trasportate a Tripoli. Il governo di concordia nazionale minaccia di segnalare quanto avvenuto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Nelle ultime ore i caccia delle forze libiche guidate dal generale Haftar hanno infatti effettuato un “raid di avvertimento” per bloccare un velivolo nei pressi del giacimento petrolifero di El Feel, nel sudovest della Libia.

martedì 19 febbraio 2019

Bandiere francesi: perché i primi nemici li abbiamo in casa

9 febbraio 2019
Bandiere francesi: perché i primi nemici li abbiamo in casa
I casi delle bandiere francesi sventolate dal Municipio di Cuneo e dall’Università di Torino tuonano, ed è inevitabile che sia così. Manifestano esplicitamente l’anti-italianismo, ideologia culturale dominante in un Paese sottoposto ad almeno 50 anni di lavaggio del cervello puro e semplice. I primi nemici li abbiamo in casa, ma lo sapevamo già.
È lo stesso spirito animato dall’antifascismo in assenza di fascismo, quello che ha permesso il proliferare di un pensiero distruttivo non solo anti-nazionale, ma anche anti-sociale. Perché dalla Nazione tutto parte. Anche il perseguimento di riforme economiche, di maggiori equità, di piani industriali ad oggi pura fantasia. Se non si lavora insieme, sentendosi un insieme, è tutto molto più difficile.

lunedì 18 febbraio 2019

Hannibal Gheddafi: arrestato perchè figlio di Muammar Gheddafi

4/2/19
Hannibal Gheddafi (foto d'archivio)
Lo scandalo per il vilipendio della bandiera libica a Beirut e il successivo rifiuto alla Libia di partecipare al forum economico della Lega Araba in Libano, come molti anni fa ha provocato una crisi nelle relazioni tra i due Paesi.
L'influente partito sciita libanese Amal non vuole vedere un solo rappresentante libico mettere piede a Beirut finché le autorità nazionali non otterranno informazioni affidabili sul destino del suo leader, l'imam Musa al-Sadr e dei suoi due accompagnatori scomparsi diversi decenni fa a Tripoli in circostanze ancora oscure. Le tensioni tra Libia e Libano hanno convogliato l'attenzione sulla situazione capitata ad Hannibal Gheddafi, uno dei figli dell'ex leader libico Muammar Gheddafi. Dal 2015 è rinchiuso in una prigione libanese. È accusato di nascondere informazioni sulla scomparsa di Musa al-Sadr. Per la prima volta dalla sua detenzione Hannibal Gheddafi ha accettato di rispondere a diverse domande dei media. In un'intervista con il corrispondente di RIA Novosti Rafael Daminov ha raccontato come è finito nel carcere libanese e se conosce davvero i dettagli della scomparsa del predicatore sciita.

domenica 17 febbraio 2019

Tulsi Gabbard: “Assad non è un nemico, perché preferite al Qaeda?”

7 febbraio 2019
Tulsi Gabbard: "Assad non è un nemico, perché preferite al Qaeda?"
La candidata democratica delle Hawaii Tulsi Gabbard ha dichiarato che il presidente siriano Bashar al-Assad non è il nemico degli Stati Uniti, sostenendo la sua opposizione al coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra per procura in Siria.
«Assad non è il nemico perché la Siria non rappresenta una minaccia diretta per gli Stati Uniti», ha detto Gabbard mercoledì mattina in un’intervista rilasciata alla MSNBC.  La candidata ha incontrato il presidente siriano Assad in Siria due anni fa, affermando che «se diciamo veramente di avere a cuore il popolo siriano, la sua sofferenza, allora dobbiamo essere in grado di incontrare chiunque se c’è la possibilità di arrivare alla pace».

sabato 16 febbraio 2019

Il Venezuela e gli incorreggibili esportatori di democrazia

6/2/2019
Il Venezuela e gli incorreggibili esportatori di democrazia
Nulla da fare. Non sono bastati in disastri in Afghanistan, Iraq, Libia e Siria. Se la politica estera americana dopo la fine della Guerra Fredda, fondata sull’egemonia liberale, è stata un un fallimento dietro l’altro, gli esportatori di democrazia continuano imperterriti a compiere sempre gli stessi errori, non traendo alcun insegnamento dal recente passato. E così chiedono l’ennesimo Regime Change in Venezuela, stavolta nel cortile di casa degli Stati Uniti.
Come spiegai il prof. Stephen M. Walt in uno recente articolo, a proposito del zelo imperiale degli Stati Uniti e della politica estera liberale, «gli stati immersi in un’ideologia crociata e universalista sono specialmente tendenti al sovraimpegno perché credono di avere principi politici validi ovunque, e saranno tentati inevitabilmente di diffonderli anche all’estero».

venerdì 15 febbraio 2019

USAID: e adesso arrivano gli aiuti umanitari in Venezuela

sarebbe troppo vivere in un paese che si chiami ancora Italia, ma dove i giornali online e i media non aprano col Festival di Sanremo come prima notizia.
nell’alternativa di pigliarmi una mezza settimana di ferie dal blog in attesa che passi l’;onda periodica di questa specie di rincretinimento collettivo o scrivere un blog come mi piacerebbe fossero i nostri giornali anche nei giorni festivalieri, mi dedico da oggi in poi soltanto alla lettura della stampa tedesca e intanto continuo a leggere del mondo quel che mi sembra importante e vero.
e chissa` se devo chiedere scusa a qualcuno

giovedì 14 febbraio 2019

Le armi della “Guerra stellare” sono già pronte

Nel tentativo di riconquistare il predominio, gli Stati Uniti hanno rilanciato la corsa agli armamenti, in particolare la “Guerra stellare”. Gli Stati Uniti già possiedono il missile SM-3 Block 1b, mentre la Russia si dota della navetta senza pilota M-55.
| Bucarest (Romania)
 
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Rosmocosmos ha pubblicato un disegno del prototipo della navetta russa riutilizzabile e senza pilota. Il drone è lanciato da un aereo M-55 a una quota di tangenza di 21.830 metri. Dopo il lancio, la navetta avvia il sistema di propulsione. Questo sistema è lo stadio di posizionamento del satellite geostazionario; si chiama Breeze M.

mercoledì 13 febbraio 2019

La vera ragione del golpe in Venezuela: l’opposizione ha offerto agli USA il 50% dell’industria petrolifera nazionale

Il primo golpe in Venezuela ordito in quel di Washington risale al 2002. Fallì miseramente con il Comandante Chavez che torna in sella a furor di popolo. Le ingerenze di Washington sono state e rimangono una costante nella politica di Caracas. La ricchezza di petrolio e risorse naturali fanno troppo gola all’ingombrante vicino di casa nordamericano che vorrebbe tornare ad avere in quel di Caracas delle figure fantoccio che rispondono agli ordini USA.

Possiamo così spiegare brevemente la grottesca autoproclamazione di Juan Guaidò a presidente ad interim e il tentativo di rovesciare il governo Maduro. Trump, insieme ai falchi stunitensi, ha deciso di impossessarsi del petrolio venezuelano. Costi quel che costi. Con il beneplacito dell’opposizione venezuelana.

Anzi, quest’ultima vista l’incapacità di raggiungere il potere per via democratica è giunta ad offrire il 50% dell’industria petrolifera di Caracas agli USA.

Il ministro del Potere Popolare per il Petrolio e presidente di PDVSA, Manuel Quevedo, ha accusato le forze di opposizione di aver offerto il 50% dell’industria petrolifera nazionale agli Stati Uniti. «L’opposizione vuole mettere in vendita tutte le risorse del popolo venezuelano. Hanno offerto il 50% del settore petrolifero agli Stati Uniti», ha denunciato ai microfoni dell’emittente Venezolana de Televisión (VTV).

Quevedo è intervenuto a una mobilitazione organizzata dai lavoratori del settore petrolifero presso la sede della compagnia statale PDVSA, dove ha sottolineato che l’opposizione di concerto con il presidente statunitense Donald Trump cerca di montare in Venezuela uno scenario simile a quello già visto in Libia.
«Vogliono che la gestione di tutte le risorse sia dell’amministrazione Trump. Vogliono applicare lo stesso copione della Libia, nominare un governo parallelo, intervenire e appropriarsi delle risorse».

martedì 12 febbraio 2019

Sul tentativo di colpo di Stato in Venezuela. Articolo di Luca Bagatin

martedì 29 gennaio 2019

Nel maggio scorso il socialista Nicolas Maduro vinceva, ancora una volta, le elezioni presidenziali in Venezuela con il 67,6% dei consensi (riconfermando il trend positivo che dava al Partito Socialista Unito del Venezuela e alla sua coalizione bolivariana la vittoria anche nella gran parte degli Stati venezuelani, alle amministrative dell’ottobre 2017). Elezioni peraltro anticipate rispetto alla scadenza naturale del mandato, come richiesto dalle opposizioni. Elezioni eseguite con voto digitale (e quindi ogni broglio sarebbe stato impossibile) e avallate finanche dall’osservatore internazionale José Luis Rodriguez Zapatero, ex premier spagnolo. Elezioni nelle quali, ad ogni modo, il partito di opposizione “Volontà Popolare”, ha deciso di non presentare una propria lista o di appoggiare uno dei candidati in corsa e quindi, oggi, non potrebbe certo pensare di lamentarsi.

lunedì 11 febbraio 2019

Parlano di Soros e Ong in tv. E la Gruber s'infuria: "Qui non facciamo questo discorso"

Scontro tra Gruber e Fidanza su Soros e i finanziamenti alle Ong dei migranti. Meloni: "È forse vietato parlare del finanziere in tv?"

domenica 10 febbraio 2019

La strategia statunitense in Venezuela

27 gennaio 2019
La strategia statunitense in Venezuela
Quanto sta accadendo in Venezuela dovrebbe avere un che di comico se non ci fossero in ballo milioni di vite umane. Un signore di una Camera elettiva esautorata da un anno e mezzo convoca una manifestazione di piazza in una data simbolo dell’indipendenza dall’oppressione e dalla dittatura per autoproclamarsi presidente della Repubblica, senza elezioni senza mandato senza appoggio popolare.
Immaginandola in Italia la scena vedrebbe l’ex presidente del Senato (seconda carica istituzionale della nazione) Grasso che, non riconoscendo le ultime elezioni legislative del 4 marzo 2018, si autoproclama, nel corso di un evento pubblico, presidente ad interim in attesa di nuove elezioni magari il 10 febbraio negando, da oppositore politico, la tragedia delle Foibe. L’aspetto comico c’è, a renderlo drammatico sono gli interessi occidentali in quel Paese.

sabato 9 febbraio 2019

Lo strano intreccio tra l’ex della Boldrini, le ong scafiste e le trame contro l’Eritrea

16/2/2018
Fino al 2015, l’allora Presidente della Camera, terza carica istituzionale, Laura Boldrini era accompagnata dall’allora fidanzato Vittorio Longhi, giornalista di origine eritrea collaboratore di La Repubblica, di The Guardian e del New York Times.

Longhi alterna all’attività di giornalista mainstream media quella di attivista a favore dei diritti umani in Eritrea, che si può tradurre in una vera e propria operazione organizzata di regime change contro il Presidente Isaias Afewerki giustificata dal solito pretesto occidentale dell’esportazione di democrazia e dei diritti con annessa demonizzazione del dittatore ostile ai piani dei poteri forti mondialisti.
Come documentato da Daniel Wedi Korbaria, autore e sceneggiatore nonché libero rappresentante della voce inascoltata della numerosa comunità eritrea presente da anni in Italia, il Presidente Afewerki ha cacciato dal proprio Paese tutte le organizzazioni non governative colpevoli di chiare e provate ingerenze sul regolare processo di ricostruzione dell’Eritrea, preferendo un orgoglioso percorso di resilienza motivato dall’opinione che “gli aiuti umanitari paralizzano le persone”[1].

venerdì 8 febbraio 2019

la Repubblica golpista, il saccheggio del Venezuela e la resilienza

come si fa a dare una notizia vera in modo che diventi una fake news?
basta leggere il titolo di Repubblica di queste ore su quanto sta succedendo in Venezuela:
Venezuela, Guaidò prende controllo dei beni all’estero. Sanzioni dagli Stati Uniti sul petrolio di Caracas. La mossa per evitare saccheggi del presidente Nicolas Maduro e dei suoi fedelissimi
eppure basta leggere perfino La Stampa, per trovare una versione meno ridicolmente faziosa e piu` corrispondente alla verita` dei fatti:
Dagli Usa nuove sanzioni al Venezuela per soffocare il regime di Maduro sul fronte economico.
eppure La Stampa non e` certamente meno faziosa di Repubblica nell’attaccare il regime di Maduro! si veda quest’altro titolo, appassionatamente filo-leghista:Salvini mette all’angolo Di Maio: non puoi stare con il dittatore rosso. Scontro nel vertice a Palazzo Chigi. Per il leghista troppo morbida anche la posizione Ue.
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giovedì 7 febbraio 2019

Saddam, Gheddafi, Maduro

Saddam, Gheddafi, Maduro.
sventurato quel paese che trabocca di petrolio…
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. . .
e anche quello che trabocca di basi militari americane.
Italia: 59 basi Usa in Italia, 13mila militari americani di stanza qui e 120 testate nucleari.
praticamente siamo sotto occupazione dal 1943 in poi.
ma se state ad ascoltare questo governo che si dice sovranista e che e` tornato a mettersi a disposizione degli americani, chi ostacola la nostra indipendenza e` l’Europa.

mercoledì 6 febbraio 2019

Il terrorista Amri sbarcò come finto ‘minore’, quanti sulla SeaWatch?


Il terrorista tunisino sbarcò in Italia a febbraio del 2011, assieme alle altre migliaia di tunisini che in quei mesi lasciarono il paese in seguito alla famigerata primavera araba. Quando venne identificato, Anis Amri dichiarò, come molti adulti, di essere minorenne e dunque fu trasferito in un centro di accoglienza per minori in Sicilia.
L’avvocata che oggi difende l’ong Open Arms divenne così tutore del minore che farà strage al mercatino di Berlino Berlino.
La Ong spagnola Proactiva Open Arms, a marzo nominò come difensore proprio l’avvocato catanese Rosa Emanuela Lo Faro, in seguito all’apertura delle indagini presso la Procura di Catania di Carmelo Zuccaro.

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martedì 5 febbraio 2019

Ufficiale, il naufragio da 117 morti era una bufala

22/1/2019
E alla fine, come volevasi dimostrare, era una bufala. Il presunto naufragio da 117 morti non è mai avvenuto nelle proporzioni millantate dai 3 clandestini portati a Lampedusa dalla Guardia Costiera. Già ieri e il giorno precedente avevamo diffuso le precisazioni della Marina Militare italiana:
Ora arriva l’ufficialità: non più di 50 clandestini (numero massimo, perché la nostra Marina ha ripreso una ventina di clandestini sul gommone prima che affondasse) risultano dispersi al largo delle coste libiche. Lo ha confermato ad “Agenzia Nova” il portavoce della Marina libica, Ayoub Qassem, che ha smentito le notizie – a questo punto palesemente false – relative all’annegamento di 117 persone.

lunedì 4 febbraio 2019

Israele, licenza di uccidere

Durante i sette anni di guerra contro la Siria, Israele ha costantemente fornito appoggio aereo agli jihadisti per rovesciare la Repubblica. Dalla fine del 2018, Tel Aviv ha cambiato tattica: ora intraprende operazioni di bombardamento molto vaste e non ne fa mistero. Si tratterebbe di colpire obiettivi iraniani con il tacito consenso di Mosca. Gli obiettivi iraniani sembrano però essere solo aneddotici. Contemporaneamente, Israele, che ha concluso un accordo con i dirigenti di Hamas e li finanzia pubblicamente attraverso il Qatar, continua nella guerra contro i civili di Gaza.
| Roma (Italia)
 
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«Con una mossa davvero insolita, Israele ha ufficializzato l’attacco contro obiettivi militari iraniani in Siria e intimato alle autorità siriane di non vendicarsi contro Israele»: così i media italiani riportano l’attacco effettuato ieri da Israele in Siria con missili da crociera e bombe guidate. «È un messaggio ai russi, che insieme all’Iran permettono la sopravvivenza al potere di Assad», commenta il Corriere della Sera.

domenica 3 febbraio 2019

Gli Stati Uniti creano le condizioni per l’invasione del Venezuela

Il progetto degli Stati Uniti per il Bacino dei Caraibi è stato enunciato dal Pentagono nel 2001. Un progetto distruttore ed esiziale inconfessabile. È perciò necessario costruire un racconto che possa essere accettato. Questo è quanto sta accadendo in Venezuela. Attenzione: le apparenze mascherano un po’ alla volta la realtà: mentre si svolgono le manifestazioni, la preparazione della guerra non si ferma.
| Damasco (Siria)
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Convinto che il sostegno degli Stati Uniti sia più importante del voto dei cittadini, Juan Guaidò si è autoproclamato presidente ad interim del Venezuela.

sabato 2 febbraio 2019

Ouday Ramadan: un siriano può avere fiducia nel governo italiano?

ouday ramadan
Ouday Ramadan è un noto attivista siriano che da anni ormai lotta senza sosta per difendere la Siria e il suo presidente Bashar Al Assad.
Sempre aggiornato grazie ai suoi continui viaggi in Siria, il suo paese natale, e spesso invitato per tenere conferenze nel nostro paese dove risiede da molti anni.
In questa interessante intervista rilasciata a RT a ottobre commenta argomenti ancora attuali: il viaggio di Conte a Mosca, i rapporti tesi tra Bruxelles e Italia e la riapertura dell’Ambasciata Italiana a Damasco.

venerdì 1 febbraio 2019

Libia: il drammatico ritorno degli sfollati a casa

Libia: il drammatico ritorno degli sfollati a casa
Un uomo libico fa gesti all'interno di un edificio bruciato nella città di Al-Goualiche, a 120 chilometri (75 miglia) a ovest della capitale Tripoli – Foto: Pulse

DI |

“Abbiamo trovato la città saccheggiata, case in rovina, i nostri ulivi bruciati”. Seduto in quello che era il salotto della sua casa, Moftah racconta la sua delusione tornando a casa nella Libia occidentale dopo anni di esilio.
AL-GOUALICHE (LIBIA) – Al-Goualiche arroccata sulle alture dei monti Nafusa, 120 km a ovest di Tripoli, ha pagato il prezzo del suo sostegno per il Leader Muammar Gheddafi, catturato e ucciso dai ribelli nel mese di ottobre 2011. La rivolta fece piombare il paese nel caos.