Il generale
Haftar avanza da sud e minaccia il principale pozzo dell’Eni. A Tripoli
il premier Serraj è ostaggio delle milizie. E Roma, sempre più isolata
sulla scena europea ed internazionale, resta a guardare.
Nel
Fezzan, il profondo sud della Libia, il generale Khalifa Haftar avanza
di gran carriera e minaccia da vicino El Feel, il pozzo da cui l'Eni
estrae gran parte del suo petrolio e del suo gas. A Tripoli il premier
Fayez Al Serraj è, invece, ostaggio delle milizie chiamate a difenderlo.
La Francia di Emmanuel Macron, grande alleata di Haftar sembra dunque
ad un passo dallo strappare all'Italia quell'egemonia economica e
quell'influenza politica sull'ex colonia che neppure la guerra a
Gheddafi, voluta da Nicolas Sarkozy, riuscì a pregiudicare.
E lo fa sfruttando l'isolamento di un'Italia messa politicamente e
diplomaticamente alle corde dopo i tentativi dei 5Stelle di affossare la
Tav e di stringere alleanze con i Gilet Gialli. I segnali più
preoccupanti per Roma arrivano dalla regione del Fezzan. Lì l'Esercito
Nazionale Libico, la formazione armata guidata da Haftar e fedele al
governo di Tobruk, ha messo le mani su Sharara,
un dei principali pozzi della regione gestito dalla Repsol spagnola e
difeso, fino a poco tempo fa, da alcune milizie tuareg pagate dal
governo di Tripoli.Ma ora il generale potrebbe esser tentato dal mettere le mani anche su El Feel, il pozzo gestito dall'Eni da cui arrivano petrolio e gas destinati all'Italia. Il bombardamento intorno alla pista del piccolo aeroporto di El Feel messo a segno sabato 9 febbraio dalle forze aeree di Tobruk dimostra come il pozzo dell'Eni, distante un centinaio di chilometri da Sharara, sia già nel mirino del generale. A innescare l'incursione sarebbe stato l'atterraggio qualche ora prima, su stessa pista, di un velivolo con a bordo Alì Kanna, lo storico comandante che ai tempi di Gheddafi comandava le tribù tuareg al servizio del Colonnello.
Caduto in disgrazia subito dopo la rivoluzione e
costretto all'esilio in Niger e Mali, Ali Kanna è tornato in auge negli
ultimi mesi ed<<<<< ha stretto un'alleanza con il governo di Tripoli per
fermare l'avanzata di Haftar nel sud>>>> QUEASTA è UNA ALTRA MENZOGNA....... Ma dietro i successi di Haftar e
il ritorno in campo di Ali Kanna ci sono anche i passi falsi
dell'Italia. Nel marzo 2017 l'allora ministro degli interni Marco
Minniti, vero demiurgo del dossier Libia durante i governi Renzi e
Gentiloni, aveva convinto i capi delle tribù del sud, ricevuti al
Viminale, a firmare una tregua. Riuscire a mettere d'accordo Tuareg,
Tebu e Awlad Suliman, le tre tribù che si contendono da sempre il
controllo della frontiera meridionale della Libia, significava arginare i
flussi di migranti provenienti dall'Africa sub-sahariana e contenere
l'azione di Haftar principale sponsor, al tempo, della causa Tebu.
Nella primavera 2018 Haftar è riuscito far saltare la tregua
garantendosi il sostegno degli Awlad Suleiman, una tribù araba vicina al
movimento islamista e nazionalista della Senussia. La nuova alleanza ha
consentito ad Haftar di giocare un ruolo importante nell'area di di
Sabah, di avanzare verso Murquz e di assumere, infine, il controllo del
pozzo di Sharara. E a far la differenza ha contribuito il sostegno
finanziario garantito al generale da Francia ed Emirati. Forti di quel
sostegno le forze del generale si sono comprate i favori di molte
milizie dell'aerea fedeli a Tripoli. Emblematica al riguardo la
trattativa per il controllo di Sharara "conquistato" dal generale grazie
alla disponibilità della Brigata 30, l'unità tuareg a cui Tripoli aveva
affidato la difesa del pozzo, a passare al soldo di Tobruk.
Proprio per evitare quel voltafaccia il premier
Fayez Al Serraj aveva giocato la carta Ali Kanna. Ma l'antico carisma
del comandante, un tempo indiscusso capo militare di tutti i tuareg, non
è bastato ad evitare la defezione. Grazie ad una serie di controfferte
economiche il generale di Tobruk ha chiuso l'accordo con la Brigata 30 e
ha annunciato il pieno controllo di El Sharara. Ora resta da vedere
cosa vorrà fare con il pozzo di El Feel affidato ancora al controllo dei
tuareg di Alì Kanna. Il generale, che ha mantenuto in questi mesi i
contatti con l'intelligence di Roma, non sembra per ora voler rompere i
ponti con l'Italia mettendo sotto scacco il pozzo dell'Eni.
A rendere il tutto assai imprevedibile, e ancor meno gestibile,
contribuisce l'isolamento dell'Italia sulla scena internazionale. Un
isolamento che consente alla Francia di giocare in libertà sul campo
libico sfruttando l'appoggio garantito ad Haftar da Emirati ed Egitto. E
se al sud si mette male a Tripoli le cose vanno anche peggio. Il
premier Fayez al Serraj è ormai ostaggio delle milizie incaricate di
difenderlo. Non paghe di taglieggiarlo estorcendogli gran parte dei
proventi governativi i gruppi armati ne indirizzano anche politica ed
alleanze.
L'ultimo diktat imposto al premier-ostaggio è
la richiesta di dimissioni del ministero dell'interno Fathi
Bashagha accusato di eccessiva vicinanza a Misurata. La debolezza del
premier rende evidente la precarietà del cosiddetto governo di unità
nazionale. Un governo destinato a cadere in poche ore se El Feel e gli
altri pozzi da cui dipendono i proventi indispensabili a pagare le
milizie passeranno sotto il controllo di Haftar.
L'opinione dell'autore può non coincidere con la posizione della redazione.Preso da: https://it.sputniknews.com/opinioni/201902177290249-libia-ora-macron-tiene-sotto-scacco-italia/
Nessun commento:
Posta un commento