Nulla da fare. Non sono bastati in
disastri in Afghanistan, Iraq, Libia e Siria. Se la politica estera
americana dopo la fine della Guerra Fredda, fondata sull’egemonia
liberale, è stata un un fallimento dietro l’altro, gli esportatori di
democrazia continuano imperterriti a compiere sempre gli stessi errori,
non traendo alcun insegnamento dal recente passato. E così chiedono
l’ennesimo Regime Change in Venezuela, stavolta nel cortile di casa degli Stati Uniti.
Come spiegai il prof. Stephen M. Walt
in uno recente articolo, a proposito del zelo imperiale degli Stati
Uniti e della politica estera liberale, «gli stati immersi in
un’ideologia crociata e universalista sono specialmente tendenti al
sovraimpegno perché credono di avere principi politici validi ovunque, e
saranno tentati inevitabilmente di diffonderli anche all’estero».
Anche in Italia, dall’ex premier Matteo Renzi ad
alcuni esponenti di ciò che rimane del centro-destra, liberali e
neoconservatori si sono espressi a favore di Guaidò, criticando la
posizione del Movimento Cinque Stelle, e proponendo un sostegno
incondizionato all’alleato americano. Ancora una volta è l’incombente
«catastrofe umanitaria», il «dittatore che affama il suo popolo» a
muovere l’umanitarismo liberali, che usano il consueto strumento
dell’indignazione per perorare la causa. Per carità, la situazione
umanitaria in Venezuela è gravissima e su questo nessun osservatore può
metterlo in discussione. Ma non è questo il punto.
Avvallare la strategia americana, che rischia di far precipitare il Paese in una sanguinosa guerra civile,
è la soluzione? O forse è preferibile usare tutti gli strumenti
diplomatici in nostro possesso per tentare di mediare tra le parti,
senza schierarsi per forza con uno o con l’altro? Tenendo conto del
fatto che Maduro, a differenza di ciò che dicono i media occidentali, ha
il suo seguito ed è sostenuto da potenze come Russia e Cina.
La lezione realista
Possibile
che i liberali non riescano a trarre insegnamento dagli errori,
clamorosi, del passato? Ha ragione a tal proposito il prof. John J. Mearsheimer:
«Poiché il liberalismo sposa il concetto di diritti inalienabili o
naturali, i liberali impegnati sono profondamente preoccupati per i
diritti di praticamente ogni individuo sul pianeta. Questa logica universalista
crea un potente incentivo per gli stati liberali a farsi coinvolgere
negli affari dei paesi che violano gravemente i diritti dei loro
cittadini. Per fare un ulteriore passo avanti, il modo migliore per
garantire che i diritti degli stranieri non siano calpestati è che
vivano in una democrazia liberale. Questa logica conduce direttamente a
una politica attiva di regime change, in cui l’obiettivo è quello di
rovesciare gli autocrati e instaurare delle democrazie liberali al loro
posto».
E ancora: «Nonostante questo entusiasmo, l’egemonia
liberale non raggiungerà i suoi obiettivi, e il suo fallimento porterà
inevitabilmente a enormi costi. Lo stato liberale rischia di finire in
guerre senza fine, che aumenteranno piuttosto che ridurre il livello di
conflitto nella politica internazionale».(di Roberto Vivaldelli)
Preso da: https://oltrelalinea.news/2019/02/06/il-venezuela-e-gli-incorreggibili-esportatori-di-democrazia/
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