28/2/19.
Sono passati trent’anni anni da quando il presidente rivoluzionario
del Burkina Faso, ribattezzato “il Che Guevara africano”, venne ucciso –
secondo la ricostruzione ormai ufficiale – dal suo ex braccio destro
nonché successore Blaise Campaorè, verosimilmente appoggiato dai
francesi e da altre forze internazionali. Come ricorda
Ilaria Bifarini nel suo blog,
Sankara era divenuto un personaggio «troppo scomodo, per il piano
egemonico mondiale messo in atto dai poteri finanziari internazionali
attraverso lo strumento del debito». Studiosa di
economia (“bocconiana redenta”), nonché autrice di saggi di successo – dalla
crisi
neoliberista dell’euro a quella dei migranti – Ilaria Bifarini rievoca
il celebre “discorso sul debito” tenuto da Sankara nel 1987 ad Addis
Abeba all’assemblea dell’Oua, l’Organizzazione per l’Unità Africana.
Un’orazione memorabile, «di una forza e di una chiarezza straordinarie»,
che rappresenta «un appello a tutti i rappresentanti internazionali a
considerare le cause e la reale natura del debito, che non è altro che
una nuova e ancora più pervasiva forma di schiavitù, quella
finanziaria». Lasciateci in pace, disse Sankara: non abbiamo bisogno
degli aiuti della Banca Mondiale e del Fmi, di cui gli africani poi
diventano prigionieri.
«Con una lucidità e una lungimiranza degne di un vero rivoluzionario –
scrive Ilaria Bifarini – Sankara anticipa quanto solo ora alcuni
economisti hanno trovato il coraggio di proporre». Ovvero: «Annullare il
debito, per permettere alla popolazione di continuare
a vivere». Disse Sankara: «Loro, i finanziatori, certo non moriranno se
noi non ripagheremo il debito, mentre il nostro popolo sì». La
soluzione? Incentivare l’
economia
nazionale fondata sulla produzione diretta di beni, limitando le
importazioni. Lo stesso Sankara, ricorda Bifarini, si vantò dell’abito
che indossava – una camicia di cotonella, prodotta dagli artigiani
burkinabé. Riguardando il video di quello storico discorso, la Bifarini
annota: «La platea è sconcertata ma applaude, la forza trascinatrice è
quella di un rivoluzionario, la lungimiranza di un visionario». Solo due
mesi e mezzo dopo, a soli 37 anni, Sankara verrà assassinato. Era
perfettamente cosciente del rischio che correva: «È possibile – disse –
che, a causa degli interessi che minaccio, a causa di quelli che certi
ambienti chiamano “il mio cattivo esempio”, con l’aiuto di altri
dirigenti pronti a vendersi la rivoluzione, potrei essere ammazzato da
un momento all’altro. Ma i semi che abbiamo seminato in Burkina e nel
mondo sono qui», aggiunse.
Quei semi, sappiatelo, «nessuno potrà mai estirparli: germoglieranno e
daranno frutti». Concluse: «Se mi ammazzano, arriveranno migliaia di
nuovi Sankara». Purtroppo, osserva Ilaria Bifarini, la sua profezia «si è
avverata solo a metà», e i nuovi Sankara «verranno uccisi sul nascere».
Proprio a Sankara, il Movimento Roosevelt dedica un importante
convegno, in programma il 3 maggio a Milano. Tema: il modello Sankara
come antidoto alla
crisi
dei migranti. In altre parole: restituire piena sovranità all’Africa,
in modo da fermare l’esodo dei profughi economici. Nel convegno, la
figura di Sankara sarà equiparata a quelle di Carlo Rosselli, martire
antifascista e fautore del socialismo liberale, e del premier svedese
Olof Palme, assassinato
a Stoccolma nel 1986 da un killer tuttora sconosciuto. Olof Palme aveva
impegnato lo Stato nel supportare le aziende svedesi in difficoltà,
imponendo l’azionariato diffuso tra gli stessi operai, e si era battuto
per la libertà dell’Africa protestando – prima di chiunque altro – per
la scandalosa detenzione di Nelson Mandela. Come Sankara, Palme sapeva
bene a quali risultati avrebbe condotto il neoliberismo coloniale nel
continente nero, che costò la vita al giovane presidente del Burkina
Faso.
Temi di strettissima attualità, come sappiamo, che la stessa Ilaria
Bifarini ha sviscerato nel saggio “I coloni dell’austerity”: è proprio
l’imperialismo neoliberista a depredare l’Africa, spingendo verso l’
Europa i “privilegiati” che possono pagarsi il viaggio della speranza sui barconi. Sono migranti attratti dal miraggio di un’
Europa che in realtà non ha più intenzione di accoglierli, alle prese a sua volta con le contorsioni di una
crisi più finanziaria che economica, innescata dall’ideologia neoliberista e privatizzatrice che ha inquinato la
politica.
In che modo? Mettendo fine al socialismo liberale ispirato da Rosselli,
di cui proprio il carismatico Olof Palme era il leader più autorevole.
Da allora, l’
Europa
ha cominciato a parlare una sola lingua: quella del Trattato di
Maastricht, che ha impoverito gli europei e allineato il vecchio
continente allo schema di dominio che – dopo la breve e illusoria
parentesi della decolonizzazione – ha finito per schiavizzare l’Africa
di Sankara.
Preso da:
http://www.libreidee.org/2019/02/chi-smaschera-il-debito-ci-rimette-la-vita-sankara-insegna/