In ogni guerra, ancora prima della gente, occorre assassinare la verità. Guerra alla libia: 100000 morti, 240000 persone ancora cercate, 78000 dispersi. 10300 donne violentate, 350000 rifugiati.
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Partiti Comunisti e Operai di tutto il mondo sottoscrivono la
risoluzione presentata dal Nuovo Partito Comunista della Jugoslavia
Il
Nuovo Partito Comunista della Jugoslavia sottolinea con questa
risoluzione che 20 anni dopo la fine dell'aggressione criminale
dell’imperialismo contro la Repubblica Federale di Jugoslavia nel 1999,
il Kosovo Metohija rimane territorio occupato dal suo braccio militare -
la NATO. Sia i serbi che gli albanesi subirono l’occupazione, così come
tutti gli altri residenti nella provincia serba meridionale, dove oggi
si trova la più grande base militare americana al di fuori degli Stati
Uniti - BONDSTIL. Questa occupazione è il principale risultato di
un'aggressione che ha causato oltre 4.000 vittime innocenti e causato
danni materiali alla Jugoslavia per oltre $ 100 miliardi.
11 dicembre 2019.
di Luciano Lago Le manifestazioni di protesta in
Francia e lo sciopero generale che sta paralizzando quasi del tutto il
paese ci fanno accendere un barlume di speranza. La speranza che si vada
avvicinando l’ora di un possibile risveglio dei popoli d’Europa che
trasmettano un segnale forte alle elite finanziarie dominanti, un
segnale di rivolta e di cambiamento. Il risveglio di una
Europa che possa rompere le sbarre invisibili della gabbia neoliberista,
quella che ha avvolto ciascuno stato europeo affossando le possibilità
di crescita, non può essere lontano ma, come avviene per molti cicli
storici, bisogna arrivare al punto più basso della involuzione per poi
afferrare la possibilità di un riscatto. L’ispirazione per un
riscatto e una rinascita di paesi europei non può che provenire da est
dove già da tempo si è verificato il risveglio dei giganti asiatici, la
Federazione Russa, la Cina, l’India, paesi che oggi dimostrano una vitalità ed una capacità di rompere l’ordine mondiale di marca anglo USA che avviluppava il mondo.
Nella fase attuale, dopo decenni di pratiche neoliberiste che hanno
minato le capacità agroindustriali un tempo fiorenti di paesi come la
Francia, l’Italia, la Spagna, sotto la gabbia dell’euro
“postindustriale”, è diventato evidente che l’austerità e
l’aumento delle tasse sono le uniche soluzioni che i tecnocrati
dell’eurocrazia e i padroni della moneta, che si trovano nella Banca
Centrale europea, potranno consentire . Questo perchè
l’appartenenza all’euro proibisce a qualsiasi nazione di sforare il
rapporto deficit /PIL al di sopra del 3%, mentre non esistono i mezzi
finanziari per generare credito statale sufficiente per costruire
progetti su larga scala necessari per una ripresa economica. In altre parole, dal punto di vista delle regole del gioco imposte dalle elite finanziarie transatlantiche, la situazione è senza speranza. Sul versante orientale dell’Eurasia si può constatare chela Russia e la Cina hanno trasformato con successo l’ordine internazionale utilizzando
grandi risorse per investimenti in infrastrutture, fra queste la
creazione della “Belt and Road” Initiative che può essere estesa a vari
paesi europei. Diventa facile comprendere che, l’agganciarsi a questa
iniziativa offre una opportunità unica per i paesi europei (almeno per
quelli che desiderano mantenere la testa fuori di fronte all’imminente
collasso economico).
Potrebbe essere questo l’unico mezzo
praticabile per fornire lavoro, sicurezza e crescita economica a lungo
termine alla loro gente poiché la Belt and Road, cocepita dagli
strateghi cinesi, è radicata come un progetto di sistema aperto che non è
collegato alla geopolitica del sistema chiuso atlantista di ispirazione
hobbesiana.
Per diverse settimane, gran parte
della popolazione libanese ha attaccato i leader politici tradizionali e
messo in discussione il sistema politico corrotto del paese. Coloro che
hanno gestito il paese per decenni hanno fatto poche riforme, non hanno
mantenuto le infrastrutture e hanno fatto poco o nulla per creare posti
di lavoro al di fuori della loro cerchia di sostegno. I
manifestanti sono stati anche spinti in piazza dalle misure
statunitensi, che hanno strangolato l’economia libanese, inclusi
ostacoli per la maggioranza dei 7-8 milioni di espatriati libanesi nel
trasferire denaro ai loro cari nel loro paese d’origine.
L’amministrazione americana ha preso queste misure per cercare, invano,
di mettere in ginocchio l’Iran e i suoi alleati. Gli Stati Uniti
sembrano credere che seminando il caos nei paesi in cui opera l’Asse
della Resistenza, possa costringere l’Iran a cadere tra le braccia
dell’amministrazione statunitense. Gli Stati Uniti vogliono piegare l’Iran e i suoi alleati e imporre le loro condizioni e la loro egemonia in Medio Oriente.
Il leader di Ankara non esclude l'azione militare "in caso di invito di al-Serraj"
Tripoli, 10 dicembre 2019 - La Turchia non esclude un intervento militare in Libia. Una posizione espressa dal presidente Recep Tayyip Erdogan che ha criticato il sostegno di Russia, Emirati Arabi Uniti ed Egitto
al generale Khalifa Haftar. "Nel caso di un invito" da parte del
governo di Fayez al-Sarraj a entrare in azione, ha detto invece Erdogan,
"la Turchia deciderà autonomamente che tipo di iniziativa prendere".
Parlando in un'intervista alla tv statale Trt, il leader di Ankara ha
inoltre accusato i Paesi pro Haftar di violare l'embargo alla vendita di
armi imposto dalle Nazioni Unite. La Turchia è stata a sua volta
accusata in passato di fornire armi alle milizie fedeli a Tripoli.
Le affermazioni di Erdogan giungono dopo il
memorandum d'intesa sulla demarcazione dei confini marittimi siglato il
27 novembre scorso a Istanbul con Sarraj. Un accordo in base al quale
Ankara e la Libia possono effettuare operazioni congiunte di
esplorazione nel Mediterraneo orientale. Mossa che ha acuito le
controversie sulla zona, aumentando la tensione tra Turchia e Grecia.
Dissapori già in atto dopo le esplorazioni di gas turche nel
Mediterraneo orientale al largo della costa dell'isola divisa di Cipro.
Proprio queste esplorazioni hanno innescato le sanzioni dell'Unione
europea nei confronti di Ankara.
Si svolge a Londra, il 4 dicembre, il Consiglio Nord
Atlantico dei capi di stato e di governo che celebra il 70°
anniversario della Nato, definita dal segretario generale Jens
Stoltenberg «l’alleanza di maggiore successo nella storia».
Un «successo» innegabile. Da quando ha demolito con la guerra la
Federazione Jugoslava nel 1999, la Nato si è allargata da 16 a 29 paesi
(30 se ora ingloba la Macedonia), espandendosi ad Est a ridosso della
Russia. «Per la prima volta nella nostra storia – sottolinea Stoltenberg
– abbiamo truppe pronte al combattimento nell’Est della nostra
Alleanza». Ma l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico è andata
oltre, estendendo le sue operazioni belliche fin sulle montagne afghane e
attraverso i deserti africani e mediorientali.
Ora la Grande Alleanza mira più in alto. Al Summit di Londra –
preannuncia Stoltenberg – i leader dei 29 paesi membri «riconosceranno
lo spazio quale nostro quinto campo operativo», che si aggiunge a quelli
terrestre, marittimo, aereo e ciberspaziale.
Proseguiamo la pubblicazione del libro di Thierry Meyssan, Sotto i nostri occhi.
In questo episodio l’autore ci mostra come la Francia post-coloniale
sia stata reclutata da Regno Unito e Stati Uniti per unirsi alle loro
guerre contro Libia e Siria. Queste due potenze l’hanno però tenuta
all’oscuro del progetto “primavera araba”. Troppo impegnati a sottrarre
fondi, i dirigenti francesi non si sono accorti di nulla. Quando si sono
resi conto di essere stati esclusi dalla progettazione, la loro
reazione è stata puramente comunicazionale: hanno tentato di farsi
passare per gli ammiragli dell’operazione, senza preoccuparsi delle
conseguenze dei maneggi dei partner.
Questo articolo è estratto dal libro Sotto i nostri occhi.
Si veda l’indice.
Il
Regno Unito ha manipolato la Francia trascinandola nelle proprie
avventure in Medio Oriente Allargato, senza rivelarle che vi si stava
preparando, insieme agli Stati Uniti, sin dal 2005.
LA PREPARAZIONE DELLE INVASIONI IN LIBIA E SIRIA
Ancor prima dell’ufficializzazione della nomina da parte del Senato,
il futuro segretario di Stato Hillary Clinton contatta Londra e Parigi
per condurre una doppia operazione militare nel “Grande Medio Oriente”.
Dopo il fiasco in Iraq, Washington reputa impossibile utilizzare le
proprie truppe per un’operazione del genere. Dal suo punto di vista, è
giunto il momento di rimodellare la regione – ossia ridisegnare gli
Stati i cui confini erano stati definiti nel 1916 dagli imperi inglese,
francese e russo (la “Triplice Intesa”) – per imporre linee di
demarcazione favorevoli agli interessi degli Stati Uniti. L’accordo è
noto con il nome dei delegati inglese e francese Sykes e Picot (il nome
dell’ambasciatore Sazonov è stato “dimenticato” a causa della
rivoluzione russa). Ma come convincere Londra e Parigi a mettere in
discussione il proprio patrimonio se non promettendo di concedere loro
di ricolonizzare la regione? Da qui la teoria della “leadership da
dietro le quinte” (leading from behind). Tale strategia viene confermata
dall’ex ministro degli Esteri di Mitterrand, Roland Dumas, che
dichiarerà in TV di essere stato contattato da inglesi e statunitensi,
nel 2009, per sapere se l’opposizione in Francia fosse a favore di un
nuovo piano coloniale.
L’accademia italiana apre un fronte contrario alla riforma del Mes di
cui tanto si discute nelle ultime settimane. Dopo che grossi calibri
come il presidente della Consob Paolo Savona avevano colpito duramente
una riforma definita incompleta e rischiosa, trentadue economisti di
tutta Italia hanno presentato un appello per invitare a ragionare
seriamente su un’evoluzione delle regole europee definita, per l’Italia,
“inutile: non ne abbiamo bisogno e comunque ricorrervi peggiorerebbe la
nostra situazione”.
Danno erariale di quasi 200 milioni di euro. L’accusa arriva dalla Corte dei Conti del Lazio.
I destinatari sono i membri di una Commissione consultiva tecnico-scientifica, ma non di una a caso: l’Agenzia italiana del farmaco, AIFA!
L’agenzia nazionale che ha la responsabilità (morale e scientifica) di
consentire e monitorare la commercializzazione sul territorio di farmaci
e vaccini.
Avrebbero imposto limitazioni alla prescrivibilità dell’Avastin - farmaco usato per trattare alcune malattie oculari - costringendo di fatto il Servizio Sanitario Nazionale a sostenere costi maggiori per l'acquisto del concorrente (equivalente) Lucentis.
In pratica il primo non è stato incluso, fino al 2014, tra i prodotti
rimborsabili dal SSN e il suo utilizzo è stato limitato
ingiustificatamente fino al 2017 causando rilevanti spese aggiuntive per
l’erario.
Hanno sostenuto - per non dire imposto - la vendita di un veleno la cui
singola dose costa tra i 600 e i 730 euro in più dell’altro!
Già nel 2014 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato aveva irrogato nei confronti delle case farmaceutiche produttrici, Roche e Novartis,
una sanzione amministrativa di oltre 180 milioni di euro per avere
concertato una differenziazione artificiosa dei prodotti, presentando il
primo come più pericoloso del secondo e condizionando così le scelte di
medici e servizi sanitari. In realtà le molecole sono le medesime.
“Se la filosofia dell’espropriazione cessa, la filosofia della guerra cesserà”
Fidel Castro Ruz
Quasi un quarto di secolo fa, Fidel
tenne un discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che oggi,
in un mondo sconvolto davanti al dominio egemonico del capitalismo,
mantiene una validità colossale. Lì, il comandante, il grande soldato
delle idee, chiarì che i popoli “vogliono un mondo senza egemonismi,
armi nucleari, interventismo, razzismo, odio nazionale o religioso,
oltraggi alla sovranità di qualsiasi Paese, con rispetto per
l’indipendenza e l’autodeterminazione dei popoli, senza modelli
universali che non considerano tradizioni e cultura di tutte le
componenti dell’umanità, senza embarghi crudeli che uccidono uomini,
donne e bambini, giovani e vecchi, come bombe atomiche silenziose.
L'inviata Onu: la repressione delle manifestazioni pacifiche non può costituire una strategia
[4 Dicembre 2019]
Secondo il canale televisivo libanese al-Mayadeen, che
cita fonti irachene, ieri pomeriggio 5 razzi hanno colpito l’importante
base aerea statunitense di Ain al Asad, nella provincia occidentale
irachena di al-Anbar, non ci sarebbero vittime. Ain al Asad è la seconda
base aerea dell’Iraq dopo quella di Balad ed è il quartier generale
della Settima divisione dell’Esercito iracheno.
E’ la dimostrazione del fallimento della confusa operazione di
2controllo” dell’Iraq dopo le q guerre petrolifere statunitensi alle
quali ha partecipato (e partecipa) anche l’Italia e che in Iraq si è
creata una situazione insurrezionale della quale sono protagonisti i
giovani – sia sciiti che sunniti – che è già costata centinaia di
vittime, che non ha nel mirino solo l’ingerenza iraniana in Iraq, ma
anche quella occidentale e che apre la strada a ritorni sia di forze
oscure, come i vecchi quadri del partito Baath di Saddam Hussein – che
hanno sempre operato nel Paese dopo la caduta della dittatura, che delle
cellule rimaste dello Stato Islamico/Daesh che era arrivato a Mosul e
quasi fino alle porte di Bagdad.
Continuano comunque le proteste anti-iraniane e il primo dicembre è
stata assaltato per la seconda volta il consolato iraniano di Najaf,
nell’Iraq meridionale-.
Che bella cosa la "democrazia": ti fanno credere che puoi votare chi preferisci, anche i cosiddetti sovranisti, tanto poi ci pensano loro a cambiare governo con le manovre di palazzo.
Puoi anche decidere che non vuoi immigrati e clandestini, poi ci pensano i giudici a cancellare le leggi: Uno dei tanti articoli trovati in rete su una sentenza scandalosa, guardate come la giustificano, e come ti spiegano che i giudici hanno ragione.
Storica sentenza: vietato respingere. Messi in discussione gli accordi con la Libia, le conseguenze per L'Italia
Con una sentenza del Tribunale civile di
Roma è stato riconosciuto il diritto ad entrare in Italia a chi è stato
respinto illegittimamente in Libia. Cosa può succedere
Il governo fantasma di Tripoli e la Turchia
firmano accordi di cooperazione sugli idrocarburi offshore, ai danni di
Cipro, Grecia, Egitto e Israele
[2 Dicembre 2019]
Il 30 novembre, la delegazione della Grecia che stava assistendo
all’inaugurazione del Trans-Anatolian Natural Gas Pipeline (TANAP), il
gasdotto che porterà il gas del giacimento azero di Shah Deniz dal Mar
Caspio in Italia e in Europa, ha abbandonato la cerimonia dopo che il
presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha dichiarato che entrerà in
vigore l’accordo tra Turchia e Libia sul confine marittimo e che sarà
applicato in tutte le sue disposizioni. La delegazione greca presente
all’inaugurazione del TANAP era guidata dal vice-ministro dell’ambiente e
dell’energia Dimitris Ikonomu che dopo aver definito provocatorie le
dichiarazioni di Erdogan ha spiegato: «Ero lì come rappresentante del
governo greco su questo tema molto concreto: il gasdotto TANAP sarà
connesso al gasdotto transadriatico TAP. Era la ragione della nostra
partecipazione all’inaugurazione. Quando Erdogan ha affrontato dei
problemi scollegati con l’inaugurazione del gasdotto e ha evocato la
Grecia in maniera provocatoria, ho giudicato giusto andarmene. I turchi
mi hanno chiesto perché stavo andando via ed ho spiegato loro che non
potevo restare dopo una tale dichiarazione».
La Bolivia vive un altro momento di
rottura sociale e politica nella sua lunga storia di instabilità e golpe
civile-polizia-militari. Ciò che accade, oltre la tragedia vissuta da
questo popolo eroico, ha molti paradossi che non possono essere
ignorati. Il primo è l’incomprensibile avventura distruttiva di un Paese
che si dirigeva verso il 21° secolo con un percorso senza precedenti
nel diventare una democrazia. Mai prima d’ora il Paese aveva ottenuto
ciò che molti invidiano: crescita economica sostenuta, stabilità
politica, unità nazionale in costruzione e rispettoso impegno
internazionale, nonché risultati sociali e sconfitta secolare delle due
maledizioni del sottosviluppo: estrema povertà e analfabetismo. Il
secondo paradosso è sostenere che vi fu una successione costituzionale
quando in realtà ciò che accadde fu l’assalto pianificato al potere.
Dalla detenzione dei municipi nel Paese in una simulazione democratica
all’ammutinamento della polizia, ciò che fu interessato era il
rimaneggiamento della scacchiera politica orchestrato ad arte, da
qualche tempo ormai, nelle viscere dell’impero con la complicità della
élite razzista regionale coperta da una religiosità macabra. Jeanine
Ánhez, che si autodefinisce “presidente costituzionale”, rappresenta la
presa illegale e illegittima del potere, null’altro che il corollario
del piano golpista finemente tessuto negli ultimi tre o quattro anni.
Questo finale fascista fu preceduto da una serie di operazioni segrete
sistematicamente attuate e che le agenzie d’intelligence non seppero
rilevare o che nascosero. Il terzo paradosso è il ruolo angosciante dei
media che, quando gli piace, si definiscono democratici, trasparenti e
indipendenti. Oggi sono semplicemente un branco di disinformatori senza
scrupoli, una vergognosa macchina della manipolazione al servizio degli
interessi commerciali monopolistici. Insieme alla panoplia di menzogne
sistematiche, dirette dalla diplomazia pubblica nordamericana, i social
network adempivano al loro ruolo perverso di filtrare
sproporzionatamente, sia nei contenuti che nella portata, il presunto
“male masista, inclusa l’enorme broglio”, nascondendo brutalità e
violenze del paramilitarismo di Santa Cruz, delle bande armate cochalas o
della polizia di La Paz.
Nuovi
dettagli sono emersi dopo l’accordo di Ankara-Tripoli. Il presidente
turco Recep Tayyip Erdogan incontrava Fayaz al-Saraj del governo dei
fratelli musulmano libici ad Ankara. L’incontro durò 2 ore e pochi
dettagli emersero inizialmente per ovvie ragioni. Una dichiarazione
turca sull’incontro menzionava solo: “Abbiamo firmato col governo di
Tripoli un protocollo d’intesa su sicurezza e cooperazione militare,
mentre allo stesso tempo abbiamo firmato un protocollo d’intesa sul
mare, derivante dal diritto internazionale”, senza citare esattamente
quale diritto internazionale, in quanto non esiste un diritto
internazionale a sostegno delle affermazioni di Erdogan. I media turchi,
interamente controllati da Erdogan, continuano il caso. Darebbe essere
un accordo a due che va approvato da altri Paesi per legittimarsi, ma
con tali mosse i turchi creano un clima di ostilità nel Mediterraneo
orientale. E non va dimenticata la lettera di Ankara alle Nazioni Unite,
che annulla difatti le zone economiche esclusive greche e cipriote.
La
stampa internazionale è cauta nel riferire quanto accade in Bolivia.
Descrive il rovesciamento del presidente Evo Morales, parla di un
ennesimo colpo di Stato, ma non riesce a inquadrare quel che sta davvero
succedendo. Non si accorge del nascere d’una nuova forza politica,
finora sconosciuta in America Latina. Secondo Thierry Meyssan, se le
autorità religiose del continente non si assumeranno subito le proprie
responsabilità, niente riuscirà a impedire il dilagare del caos.
La
nuova presidente dello Stato Plurinazionale della Bolivia brandisce i
Quattro Vangeli e denuncia i “riti satanici” degli indios. Diversamente
dai commenti della stampa internazionale, Jeanine Áñez non se la prende
con gli indios – peraltro tutti cristiani – in quanto etnia, ma vuole
imporre il fanatismo religioso.
Il 14 ottobre 2019, in un’intervista alla
televisione Giga Vision, il presidente Evo Morales dichiarò di possedere
registrazioni comprovanti la preparazione di un colpo di Stato da parte
di esponenti dell’estrema destra e di ex militari, da mettere in atto
qualora avesse vinto le elezioni [1].
Quel che poi è accaduto non è un vero e proprio colpo di Stato: è un
rovesciamento del presidente costituzionale. Niente induce a credere che
il nuovo regime saprà stabilizzare il Paese. Sono i primordi di un
periodo di caos.
Le rivolte che si sono susseguite dal 21 ottobre hanno indotto a
fuggire, l’uno dopo l’altro, il presidente, il vicepresidente, il
presidente del senato, il presidente dell’Assemblea nazionale, nonché il
primo vicepresidente del senato. Le sommosse non sono però cessate con
l’intronizzazione alla presidenza ad interim, il 12 novembre scorso,
della seconda vicepresidente del senato, Jeanine Áñez. Il partito di
Áñez ha solo quattro deputati e senatori su 130. In compenso, la nomina
di un nuovo governo senza indigeni ha spinto gli indios a scendere in
piazza in sostituzione dei sicari che hanno cacciato il governo Morales.
Ovunque si registrano violenze interetniche. La stampa locale
riferisce delle umiliazioni pubbliche e degli stupri. E conta i morti.
25 novembre 2019. Diverse manifestazioni hanno avuto luogo negli ultimi due
giorni in Libano per protestare contro le interferenze degli Stati Uniti
negli affari interni libanesi. L’ultima è
avvenuta questa domenica 24 novembre, con migliaia di persone radunate
non lontano dall’ambasciata americana, ad Awkar, a est di Beirut.
Nel
corso della protesta, i manifestanti hanno bruciato bandiere americane e
israeliane, oltre alla foto di Jeffrey Feltman, ex ambasciatore degli
Stati Uniti in Libano.
Durante un’audizione di martedì 19
novembre, davanti alla sottocommissione parlamentare per gli affari
esteri per il Medio Oriente, il Nord Africa e il terrorismo
internazionale, Jeffrey Feltman aveva lasciato intendere che i libanesi
devono affrontare due opzioni: seguire la politica di allineamento agli
USA o affrontare il caos sobillato da Washington. Jeffrey Feltman, sottosegretario del Dipartimento di Stato americano che fungeva anche da ambasciatore di Washington in Libano,
aveva recentemente parlato di una possibile guerra civile se le forze
armate libanesi avessero fatto ricorso al disarmo del movimento di
resistenza di Hezbollah con la forza.
Durante la
dimostrazione svoltasi ad Awkar, i seguenti slogan sono stati notati
sugli striscioni contrassegnati o cantati dalla folla, tra cui:
“Gli Stati Uniti e Israele sono una cosa sola “Smettete di interferire nei nostri affari, dannati imperialisti americani.” “Non c’è modo di vivere nell’umiliazione. Rivoluzione contro gli Stati Uniti ”. “Non rinunceremo al nostro paese per Israele”, recitava un cartello; “Palestina, ti supporteremo a morte.” “No alle interferenze nel mio paese”. “Feltamn, stai zitto.”
Venerdì, in un’intervista con Reuters, il vice segretario generale di Hezbollah, lo sceicco Naim Qassem, ha affermato che gli Stati Uniti rappresentano l’ostacolo più importante per la formazione di un governo in Libano.
25 novembre 2019. Alto tradimento, da parte di Giuseppe Conte, se ha firmato un
accordo segreto sul Mes che espone gli italiani al rischio di dover
sostenere di tasca propria l’eventuale “ristrutturazione” del debito
pubblico? «Se Conte avesse stipulato un patto segreto
contro il suo paese, il reato di alto tradimento dovrebbe essere
accertato dai magistrati competenti».
Lo afferma l’economista Nino Galloni,
vicepresidente del Movimento Roosevelt, richiamando l’allarme lanciato
da Paolo Becchi. Per Galloni, «Becchi ha sollevato una questione reale,
ma il problema – sottolinea – è dimostrare che questi accordi ci siano
stati». In ogni caso, aggiunge, «le grandi decisioni di politica
economica, come il divorzio del 1981 tra Tesoro e Bankitalia, non sono mai passate per il Parlamento».
Galloni sgombra il campo da un equivoco: non è stata “l’Europa” a
mettere nei guai l’Italia. E’ stata la classe dirigente italiana a
smontare l’industria pubblica e svendere quella privata. «A quel punto,
Francia e Germania hanno fatto dell’Italia una colonia a vantaggio dei
loro interessi», ma solo dopo la decisione dell’Italia di rinunciare a
valorizzare il proprio grande potenziale economico.
A Galloni, il
Mes sembra «una follia», letteralmente: «Dato che il credito privato è
più elevato del debito pubblico, allora i privati pagheranno la
differenza?». Assurdo, visto che «chi compra i titoli di debito sta
dando risorse allo Stato». Quanto all’ex Fondo salva-Stati, ora
Meccanismo Europeo di Stabilità (creato per assicurare fondi ai governi,
senza più moneta sovrana, nel caso il mercato non comprasse i loro
bond), Galloni è netto: «Non si può decretare la depenalizzazione per un
istituto come il Mes», i cui funzionari non rispondono alle leggi dei
paesi membri. «Casomai, gli Stati avrebbero dovuto accordarsi
sull’istituzione di un tribunale penale europeo per le questioni
monetarie, finanziarie e tributarie», sostiene l’economista.
«Sarebbe stato coerente con la Costituzione italiana, laddove parla di
limitazioni della sovranità (ma certo non contro la logica del diritto,
depenalizzando reati commessi da qualcuno che è al di sopra della
legge)». Aggiunge Galloni: «Se tutta questa manfrina sul Mes serve a
introdurre nel sistema la categoria del “legibus solutus”, cioè del
sovra-sovrano, è chiaro che siamo tornati indietro dal punto di vista
della civiltà».
24 novembre 2019. Il leader del gruppo iracheno Asaib Ahl al-Haq, che fa parte
delle forze di mobilitazione popolari del paese o Hashd al-Sha’abi
(milizie sciite), afferma che Washington e Tel Aviv sono membri di “una
terza parte” che è stata alla base di molte uccisioni morti durante i
recenti disordini in Iraq.
Qais al-Khazali ha detto a
Dijlah TV, un canale televisivo satellitare iracheno con base ad Amman,
sabato che il comitato istituito per indagare sulla violenza è solo un
organo amministrativo, e quindi non è in grado di identificare la “terza
parte” responsabile dell’uccisione di manifestanti.
Ha sottolineato che “Israele e gli Stati Uniti hanno un ruolo importante nell’animare la terza parte”.
Khazali
ha inoltre affermato che l’inchiesta sulle morti in Iraq non dovrebbe
essere limitata alla questione di chi abbia ucciso i manifestanti, ma
anche di esaminare chi ha “facilitato” la strada per gli assassini e chi
ha dato loro l’ordine.