La giustizia italiana
è assai lenta, lo sappiamo tutti, ma a volte sa essere giusta. E una
sentenza, per quanto relativa a fatti di dieci anni fa, può fare scuola e
imporre un cambiamento clamoroso delle politiche del nostro Paese. È
accaduto il 28 novembre scorso, e come spesso accade quando si tratta di
buone notizie, la cosa rischia di passare in sordina.
Con una sentenza del Tribunale civile di Roma
- infatti - è stato riconosciuto il diritto ad entrare in Italia a chi è
stato respinto illegittimamente in Libia. Lo ha chiarito il 28 novembre
2019 il Tribunale di Roma che, applicando l’articolo 10 della
Costituzione italiana, a seguito di un’azione legale promossa da Amnesty
International Italia con il supporto di Asgi (l'Associazione per gli
studi giuridici sull'immigrazione) e curata da un collegio di difensori
fra i quali gli avvocati Cristina Laura Cecchini e Salvatore Fachile.
Illegali e vietati i respingimenti collettivi
L'articolo
10 della Costituzione ci dice che: "L'ordinamento giuridico italiano si
conforma alle norme del diritto internazionale generalmente
riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla
legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo
straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio
delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha
diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni
stabilite dalla legge".
Sulla base di questo dettato costituzionale,
il Tribunale civile di Roma ha accertato il diritto di entrare sul
territorio dello Stato allo scopo di presentare domanda di
riconoscimento della protezione internazionale. Vietati dunque, perché
illegali, i respingimenti collettivi e in generale i respingimenti fatti
senza prima aver accertato in modo approfondito se chi sta cercando di
entrare nel nostro Paese ne abbia diritto perché in fuga da guerre o
fame, perché perseguitato politico, perché perseguitato per la sua
condizione di donna, di omosessuale, di credente una qualsiasi religione
nel mirino di altro Stato o di gruppi terroristici.
La sentenza è stata emessa per 14 cittadini eritrei
respinti in Libia il 1° luglio 2009 dalla Marina militare italiana, e
ha stabilito anche che chi era stato respinto ha diritto al risarcimento
dei danni subiti.
Nel mirino gli accordi con la Libia
La sentenza - dice Amnesty Italia - è
estremamente rilevante e innovativa laddove riconosce la necessità di
“espandere il campo di applicazione della protezione internazionale
volta a tutelare la posizione di chi, in conseguenza di un fatto
illecito commesso dall’autorità italiana si trovi nell’impossibilità di
presentare la domanda di protezione internazionale in quanto non
presente nel territorio dello Stato, avendo le autorità dello stesso
Stato inibito l’ingresso, all’esito di un respingimento collettivo, in
violazione dei principi costituzionali e della Carta dei diritti
dell’Unione europea”. È evidente da tali poche righe la rilevanza e
l’attualità della decisione e la sua potenziale ricaduta anche in
termini numerici su tutti coloro a cui sia impedito nel proprio paese
l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla
Costituzione.
Ancora una volta vengono messe in discussione le politiche di esternalizzazione delle frontiere,
cioè gli accordi con la Libia per la gestione della rotta mediterranea
che molte persone in fuga percorrono per venire in Europa e per la
gestione dei centri di detenzione - sostenuti economicamente dall'Italia
- da cui molti migranti e profughi (oltre ad essere torturati,
stuprati, uccisi, venduti come schiavi) vengono rimpartiati nei paesi di
origine senza la possibilità di chiedere asilo.
Possibili ricadute
Se dunque fosse accertata la
responsabilità delle autorità italiane nell’attuazione dell’insieme di
misure che ha trasformato i respingimenti in una progressiva delega alla
Libia per il blocco dei migranti a cui viene impedito l'accesso alla
protezione che la Costituzione Italiana e i trattati internazionali
(entrambi sovraordinati alle leggi dello Stato) prevedono, migliaia di
persone potrebbero essere interessate dai principi contenuti nella
sentenza. E le stesse mosse dei ministri dell'Interno italiani (da
Minniti in poi) che hanno affidato alla Libia la gestione dell'ingresso
di potenziali richiedenti asilo nel nostro Paese sarebbero da ritenersi
illegali.
follia
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