Emmanuel Macron (Lapresse)
Eni ieri ha comunicato di avere avviato,
in partnership con la società libica Noc, la produzione dal primo pozzo
del progetto offshore Bahr Essalam Fase 2. Si tratta del più grande
giacimento di gas offshore in Libia. Dopo la guerra del 2011 e la caduta
di Gheddafi non era scontato che Eni, presente dal 1959, operasse
ancora nel Paese. Secondo quel noto antieuropeista di Prodi, “la guerra
in Libia l’ha fatta la Francia. Noi ci siamo incredibilmente accodati,
non ho mai visto qualcuno fare un guerra contro i propri interessi. La
Francia in questi anni ha gestito le cose in Libia con iniziative
assolutamente proprie non curandosi degli interessi generali”. Il fatto
che l’Italia nel 2011 fosse politicamente ed economicamente a terra,
aggiungiamo noi, ha dato l’occasione per una guerra che non aveva niente
a che fare con la pace. Secondo Roberto Napoletano, “i cari alleati non
si sono dati pace fino a quando nella guerra contro Gheddafi i
terminali della compagnia petrolifera italiana fossero inseriti tra gli
obiettivi da bombardare. Ne sanno qualcosa l’ex ministro degli esteri
Frattini e l’allora capo di stato maggiore Camporini”.
Possiamo anche riprendere una mail
indirizzata a Hillary Clinton (mittente Sidney Blumenthal) del 16
settembre 2011 in cui il Segretario di stato americano viene informato
di una visita di Sarkozy e Cameron a Tripoli per incontrare il nuovo
governo libico. I due “intendono mettere pressione sui leader del nuovo
governo per il supporto alla ribellione contro Gheddafi e si attendono
un riconoscimento tangibile nella forma di contratti favorevoli per le
società energetiche francesi e inglesi che intendono avere un ruolo
chiave nella industria petrolifera libica”. Il ruolo chiave
nell’industria petrolifera libica l’ha sempre avuto Eni e l’Italia.
Questo per dire che di umanitario in quella guerra non c’era niente.
L’attivismo della Francia in Libia in
concorrenza aperta con l’Italia continua anche oggi con il
super-europeista Macron che organizza convegni a Parigi di cui in Italia
non si parla quasi e che hanno lo stesso scopo della guerra del 2011 e
cioè quello di scalzare l’Eni o comunque consentire alle “aziende
energetiche francesi” di avere un ruolo maggiore in Libia a tutto danno
dell’Italia. In teoria l’Italia sarebbe europea, ma fa niente. Facciamo
finta tra l’altro di non sapere che la gelosia della Francia in Niger,
dove l’esercito italiano non può mettere piede, non abbia nulla a che
fare con le miniere di uranio, tutte gestite dai francesi in cambio di
pochi soldi, con modi molto opachi (si potrebbe persino contemplare la
remotissima ipotesi di casi di “corruzione internazionale”) e, pare, con
danni ambientali colossali. L’uranio con cui si alimenta l’energia
nucleare che conta per più del 70% della produzione di elettricità
francese.
Ma le cose più interessanti, riguardo a
petrolio e Francia, non finiscono qua. La stampa italiana ha ignorato
quasi completamente la visita di Macron a Putin di fine maggio con al
seguito rappresentanti di Total. Siamo certi che hanno parlato di pace
nel mondo e Macron ha solo provato a convincere quel lupo cattivo di
Putin a diventare buono. Non sia mai che qualcuno si azzardi a dare
conto, per esempio, degli accordi tra Total, sul progetto Arctic 2 per
sviluppare le risorse di gas della Russia. I tentativi italiani di
ammorbidire le sanzioni contro la Russia da queste parti vengono usati
per demonizzare chi li propone come “servo di Putin”, ma se la Francia
si adopera con il suo campione nazionale Total per sviluppare il gas
russo va tutto bene.
L’abbandono precipitoso da parte
dell’Italia del progetto South Stream per rispettare alla lettere le
richieste europee sulle sanzioni alla Russia ci è costato tanto e non
parliamo solo di soldi. Negli stessi mesi la Germania, “fregandosene”,
portava avanti il Nord Stream 2 per portare gas russo in Europa. In
America si parlerebbe di “double standard”. La stessa idea, per esempio,
per cui nessuno chiede conto a Macron delle notizie riportate da Oxfam
secondo cui la polizia francese “tagliava le suole alle scarpe agli
immigrati che tentavano di entrare in Francia prima di rispedirli in
Italia” oppure “toglieva le sim dei telefonini” persino ai bambini figli
dei migranti. Questo a metà giugno, più o meno negli stessi giorni in
cui si accusava il governo italiano per la linea dura contro le ong.
Se Eni torna in Libia o ci è rimasta è una
cosa positiva per l’Italia che altrimenti rischia di passare gli inverni
al freddo. Sarebbe il caso di fare sistema su questo e su molte altre
partite, magari senza badare troppo alle lamentele di chi si indigna
invocando la superiore moralità di chi fa le stesse cose, ma peggio, ma
ha un passaporto diverso.
P.S.: Sempre alla voce Libia/Francia è
interessante l’ipotesi che si trova in un memo a Hillary Clinton sulla
volontà della Francia di stoppare a tutti i costi la creazione di una
valuta africana alternativa al franco francese a opera di Gheddafi. Il
memo è questo. Per molti l’uso del franco francese in Africa fa molto bene alla Francia e molto male ai Paesi africani.
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