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sabato 7 luglio 2018

I migranti vogliono tornare a casa e inviano richieste di rimpatrio

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15 dicembre 2017,
L’effetto più evidente della destabilizzazione in Libia riguarda l’emergenza immigrazione, subita dal nostro paese in primo luogo ma che, anche nella stessa Africa, non ha mancato dal 2011 in poi di suscitare non poche conseguenze tanto politiche quanto sociali; senza uno Stato, con frontiere ridotte ad una mera line tratteggiata sulle carte geografiche, l’ex colonia italiana è diventata crocevia dei più pericolosi traffici internazionali, tra cui purtroppo anche quello di esseri umani. Come già detto nello scorso mese di luglio, la gran parte dei migranti proviene dai paesi della CEDEAO, una ‘piccola’ UE dell’Africa occidentale, in cui l’abolizione delle barriere doganali rende molto semplice lo spostamento tra gli Stati aderenti a tale organizzazione; raggiungere il Niger, paese confinante con la Libia e membro CEDEAO (che a volte a livello internazionale viene indicata con l’acronimo inglese ECOWAS), da nazioni ad esempio quali il Burkina Faso, la Nigeria, il Senegal, il Ghana o la Costa d’Avorio, è abbastanza semplice e non richiede né grosse cifre e né tanto meno corpose documentazioni per chi viaggia. Ecco dunque il motivo per cui, sotto la spinta di locali organizzazioni criminali e clan libici, la Libia è stata invasa da migliaia di migranti in attesa di salpare verso l’Italia: ma adesso, forse, qualcosa sulla sponda africana inizia a muoversi.

In Africa la popolazione inizia a chiedere i rimpatri dalla Libia

Lo scorso 15 novembre la CNN ha mandato in onda un documentario che, sulle tv ma soprattutto sul web, nei paesi della CEDEAO ha avuto un enorme impatto mediatico: le immagini, in particolare, hanno mostrato un’asta per la vendita di alcuni ragazzi africani come schiavi all’interno di un campo di detenzione in Libia. I video, che mostrano anche le proibitive condizioni di vita di uomini e donne imprigionati nel deserto libico, riportano la data dello scorso mese di agosto: se per l’Europa quelle immagini non sembrano purtroppo una novità, essendo da tempo i media a conoscenza dopo diversi reportage di quanto accade in Libia, per l’opinione pubblica africana si è trattato di un vero e proprio shock; la pressione delle popolazioni di molti paesi CEDEAO sui propri governi si è fatta sempre più intensa giorno dopo giorno, tanto che alcuni esecutivi hanno iniziato a varare piani di rimpatrio dei propri concittadini dalla Libia.
Come si legge sul quotidiano ‘Novelle Tribune’, nella giornata di mercoledì un ponte aereo ha permesso il rimpatrio di circa 500 nigerini dall’ex colonia italiana fino a Niameny, capitale del paese africano; il governo del Niger, per attuare questa operazione, ha usufruito della collaborazione dell’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) la quale, dopo aver avuto accesso ad alcuni campi libici, ha individuato i cittadini nigerini anche tramite il personale diplomatico di Niameny presente in Tunisia ed ha quindi organizzato la massiccia operazione di rimpatrio. L’OIM, tra i suoi obiettivi ha quello, oltre dell’aiuto da fornire ai migranti in giro per il mondo, del reinserimento dei cittadini rimpatriati nella propria società d’origine; nel caso sopra esposto, ad esempio, a Niameny sarà proprio l’Organizzazione per le Migrazioni ad aiutare chi è tornato a casa a trovare un lavoro in collaborazione con il governo locale.
Ma quello nigerino non è l’unico esempio: su AgenziaNova, si legge come soltanto nel mese di novembre più di 1.500 nigeriani sono stati rimpatriati a Lagos e tanti altri voli da Tripoli sono pronti per essere organizzati alla volta per l’appunto della Nigeria. Uno dei primi paesi ad attuare un corposo piano di rimpatrio e reinserimento dei propri cittadini, è stato il Burkina Faso; a Ouagadougou, nello scorso mese di luglio, hanno fatto ritorno 227 migranti recuperati dall’OIM e dal governo locale in Libia: un reportage a firma della giornalista di LeFaso.net, Aissata Laure G. Sidibé, ha mostrato in che modo nella capitale del paese africano i migranti ritornati dalla Libia sono stati aiutati tanto psicologicamente, al fine di superare i traumi della detenzione dell’ex colonia italiana, quanto a livello sociale e lavorativo. Altri paesi in Africa sono pronti ad attuare importanti investimenti per il rimpatrio di chi attualmente è rinchiuso nei campi libici in attesa, tra vessazioni e torture, di salpare per l’Italia; la stessa Unione Africana, nel commentare le immagini del reportage della CNN, ha espresso la volontà di porre fine alle condizioni disumane in cui vivono migliaia di migranti.

La tecnica dei rimpatri sembra funzionare

Non solo centinaia di famiglie con donne e bambini al seguito vengono strappati dalle grinfie di criminali ed aguzzini, ma anche un passaparola in cui le storie di chi torna in patria fungono, di fatto, da monito per chi ha intenzione di partire verso l’Europa; è questo il doppio binario su cui poggia la strategia dei rimpatri controllati e pianificati dai governi africani, in collaborazione con l’OIM: se infatti, negli anni passati, è stato proprio il passaparola ad alimentare flussi migratori che hanno avuto nei paesi CEDEAO la loro base di partenza principale, adesso la diffusione della verità di quanto accade in Libia potrebbe far desistere in tanti dal varcare il confine. “Non è vero che in Libia trovi condizioni migliori, questo dobbiamo dirlo a tutti i nostri connazionali” è, non a caso, uno dei commenti più rilevanti di una ragazza intervistata dal sopra menzionato reportage di LeFaso.net; la diffusione del video della CNN, ha dato maggiore consapevolezza alle popolazioni africane di quello che ci si potrebbe aspettare una volta giunto nel deserto libico.
A dispetto di quanto spesso affermato da molti governi europei e dalla stessa UE, la quale preme invece per la strategia delle ‘quote di ripartizione’ di chi approda nel vecchio continente, il rimpatrio non è affatto impossibile ed esso anzi avviene già grazie a delle strutture esistenti tanto in ambito internazionale, quanto a livello dei locali governi africani; i ponti aerei che riportano a casa migliaia di persone vengono organizzati nonostante le condizioni in cui versa la Libia e ciò dimostra che, tale strategia, può essere attuata e può significare la svolta nella chiusura dei vari fronti migratori del Mediterraneo. Quando la pressione sulle coste europee si è fatta molto intensa e quando, all’interno della stessa Europa, in tanti hanno iniziato a storcere il naso sulle quote di ripartizione, da allora si è parlato soprattutto di rafforzamento dei controlli presso le frontiere del Mediterraneo e del Sahara, con svariate ipotesi anche di missioni militari ed umanitarie in Niger; in realtà però, la vera scommessa è forse quella di far desistere migliaia di persone dall’intraprendere viaggi della speranza verso il deserto della Libia evitando loro di diventare facile preda di clan criminali.
In tal senso, i rimpatri organizzati e controllati darebbero una grossa mano d’aiuto; i campi libici potrebbero essere svuotati, da un lato, mentre dall’altro lato chi torna a casa potrebbe far capire ai propri connazionali che la vita, dall’altra parte del deserto e del Mediterraneo, non è quella spesso descritta negli anni passati.

Preso da: http://www.occhidellaguerra.it/migranti-vogliono-tornare-casa-inviano-richieste-rimpatrio/

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