14/6/2013
Chi voleva Gheddafi morto? Noi, cioè la Nato, ovvero
l’aggregazione dei Paesi democratici che esporta la libertà e la
civiltà coi bombardamenti e le esecuzioni mirate. Portatori di droni di
pace in ogni angolo del pianeta.
L’Italia, che fino al primo raid, in quel fatidico marzo del 2011, era stata amica e partner della Libia,
in un interessante quadrangolare geopolitico nel mediterraneo, con
Russia ed Algeria (e in un secondo momento anche la Turchia, interessata
al progetto di gasdotto South Stream, di cui Roma era titolare con una
partecipazione maggioritaria) si schierò con francesi, inglesi ed
americani (in ordine inverso di aggressività) per eliminare il
dittatore.
Perché lo fece avendo tutto da perdere e niente guadagnare?
Perché rimettere in discussione i profittevoli accordi e la strategia
vincente, tanto commerciale che diplomatica, concordata col leader
arabo-africano, peraltro, dopo aver ammesso le proprie responsabilità
coloniali risarcendo i libici?
Il governo italiano, che inizialmente provò almeno a restare fuori dalla guerra,
proprio per il rispetto dei patti stretti con Tripoli, all’improvvisò
si schierò per l’intervento attivo. Berlusconi non era affatto contento
ma i suoi ministri degli esteri e della difesa, dapprima dichiaratisi
apertamente contro la soluzione militare perché loro stessi pienamente
coinvolti nell’imbastitura di entente con Gheddafi, mutarono
atteggiamento. A parere di Umberto Bossi, membro di quel gabinetto, fu
il Presidente della Repubblica a fare pressione sugli uomini
dell’esecutivo che parlarono, senza mettere B. al corrente, coi vertici
della Nato. C’è da crederci se si pensa che oggi Franco Frattini è
candidato alla segreteria dell’Organizzazione del trattato Nord
Atlantico e che La Russa, dopo aver sostenuto il mero appoggio logistico
alla coalizione, fece lanciare ordigni sul territorio libico (secondi
solo alla Francia per quantità di missioni e di sganciamenti) tentando
di nasconderlo alla pubblica opinione.
Adesso, il Fatto quotidiano ritiene, avendone ricevuto da
notizia da ambienti diplomatici e d’intelligence, che B. avesse chiesto
ai servizi di uccidere Gheddafi per timore che questi rivelasse
fatti compromettenti. In realtà, sempre a detta di Bossi, B. aveva
paura che le barbe finte del colonnello si mettessero sulle sue tracce
per l’infame voltafaccia. Ma con l’escalation del conflitto e le
difficoltà del Rais, sempre più isolato internazionalmente, con Russia e
Cina che non opposero il veto allo stabilimento della No Fly zone,
questa eventualità risultava piuttosto remota.
Più di chiunque altro, a voler Gheddafi fuori dai giochi, erano gli stessi che lo avevano sdoganato,
molto prima dei governi italiani, e che si erano sentiti traditi per i
business perduti, a favore di russi e connazionali. Fu George Bush ad
abolire, nel 2003, alcune sanzioni decretate da Ronald Reagan, perché
così vollero le multinazionali petrolifere americane. Qualche anno dopo,
nel 2006, Tripoli sparì anche dalla black list dei rogue state. Nel
2009 la Gran Bretagna restituisce Abdel Basset al-Megrahi, l’ “eroe”
Lockerbie a Gheddafi che reclamava un segno di amicizia per favorire
gli appalti petroliferi della Bp, la quale si lamentava di essere stata
danneggiata dalla concorrenza di altre società estere. Infine, il
presidente francese Sarkozy, il vero “nanonapoleone”
della campagna di Libia, accreditatosi agli occhi del mondo come il
nemico più acerrimo del satrapo della Jamaria. Costui era quello che più
di tutti aveva qualcosa da far dimenticare, i finanziamenti del
Colonnello alla sua corsa alla presidenza. Furono i rafale francesi ad
intercettare il convoglio governativo che scappava attraverso il deserto
e a colpirlo ripetutamente. Gheddafi fu preso dai mercenari ribelli che
lo torturarono, poi una manina compassionevole, o, forse, fin troppo
lesta ad eseguire gli ordini superiori (francesi) premette il grilletto
in nome e per conto dell’inquilino dell’Eliseo.
Questi gli eventi. B. non ha mai controllato la Sicurezza nostrana per avanzare richieste così ardite,
come l’annichilimento di un leader straniero, tanto che il suo sport
più sgradito era farsi fotografare in tutte le pose, presso la sua villa
in Sardegna, con gli 007 distratti dal mare e dal sole. Forse, ad un
certo punto, anche lui si è augurato la morte di Gheddafi ma non ha mai
voluto che il nostro paese s’infilasse in quel meschino conflitto nel
quale danneggiavamo la quarta sponda del Belpaese. Questa resterà la
macchia più grande sulla sua carriera politica, perché la Storia perdona
le scappatelle ma non le fughe vigliacche di fronte alle responsabilità
epocali.
Preso da: http://www.conflittiestrategie.it/chi-voleva-la-morte-di-gheddafi
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