La Rete Italiana per il Disarmo
chiede che l’Italia non conceda l’uso di basi e di spazio aereo per le
operazioni militari in Libia. Già nel 2011 il miraggio di una soluzione
armata dei problemi della regione.
Il terrorismo si può veramente battere solo potenziando i processi di
partecipazione politica e dando supporto pieno alla società civile e ad
una costruzione democratica “dal basso”.
Una conferenza internazionale con tutti i soggetti
politici, sociali e civili della Libia nell’ottica di una strategia di
costruzione della Pace “dal basso” che non contempli l’opzione militare.
E’ quanto propone con forza la Rete Italiana per il Disarmo nelle ore
in cui la scelta delle potenze mondiali è invece quella di fare alzare
in volo aerei e droni e dare spazio alle bombe. Che, come dimostra la
campagna militare del 2011 nella stessa martoriata Libia, non hanno mai
portato vere soluzioni di Pace.
Secondo gli organismi di Rete Disarmo l’Italia
dovrebbe agire con forza per cambiare la prospettiva delle scelte
politiche non concedendo basi e spazio aereo per operazioni militari
che, allo stato attuale, rischino di far precipitare il Paese africano
in un conflitto civile ancor più duro e dalle prospettive allarmanti per
tutta la regione. Il nostro Governo dovrebbe anche esplicitare la non
disponibilità a sostenere anche indirettamente le operazioni militari
internazionali in Libia per esempio attraverso l’invio di armi.
Desta poi particolare preoccupazione l’utilizzo della
base siciliana di Sigonella come punto di partenza di droni
statunitensi armati, secondo alcune notizie già coinvolti nei
bombardamenti di queste ore, senza che siano chiari gli accordi con gli
Stati Uniti sulla funzione di questi velivoli militari altamente
problematici (ricordiamo le recenti ammissioni USA di uccisioni civili,
oltre al caso di Giovanni Lo Porto) e senza che vi siano regole
nazionali ed internazionali chiare e riconosciute sul loro uso.
La notizia di una nuova operazione militare
internazionale contro il Daesh in Libia, con raid aerei statunitensi su
Sirte, conferma quel che da tempo ormai era un sospetto di molti
analisti: da mesi sul terreno libico si sta combattendo una guerra
“clandestina”, anche con intervento di forze di Paesi NATO a fianco
delle varie milizie che tentano di riprendere il controllo delle zone
controllate dal Daesh. Lo testimonia in maniera chiara la notizia
trapelata nei giorni scorsi dell’abbattimento di un elicottero francese
con la morte di tre militari e lo confermano anche le recenti
indiscrezioni a mezzo stampa secondo le quali forse speciali americane,
inglesi ed anche italiane sarebbero sul campo da tempo in Libia.
Rete Italiana per il Disarmo esprime estrema
preoccupazione per questa escalation e per la fretta con la quale il
nostro Governo pare essersi allineato alle decisioni
dell’Amministrazione Obama, abbandonando repentinamente la cautela
espressa finora. Eppure la storia recentissima della Libia dimostra come
attacchi militari, oltretutto condotti senza una chiara strategia
politica di medio termine e mettendo principalmente in difficoltà la
popolazione civile, hanno come effetto principale e rischioso da una
parte la radicalizzazione ulteriore del conflitto, fornendo a Daesh
occasione di nuovo proselitismo, e dall’altra di mietere numerose
vittime civili.
Il terrorismo internazionale e le situazioni di
instabilità locale, peraltro in buona misura provocate dalle errate
scelte delle potenze della NATO, si può veramente battere solo
potenziando i processi di partecipazione politica e dando supporto pieno
alla società civile e ad una costruzione democratica “dal basso”.
In tal senso l’Italia dovrebbe farsi portavoce di un
impegno attivo per la soluzione negoziale che – per essere efficace e
credibile – presuppone una neutralità tra le parti in causa in Libia e
la capacità di convocare tutti i soggetti politici e sociali in uno
sforzo di mediazione e “peacebuilding” volto ad evitare la
destabilizzazione della Libia ad opera delle forze “interne”.
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