La
polizia, su ordine della Procura, ha fermato a Palermo una cittadina
libica di 45 anni, ricercatrice universitaria nell'Ateneo siciliano, per
istigazione a commettere reati di terrorismo. Era in contatto con
diversi foreign fighters e faceva propaganda per Al Qaeda sul web. Khadgia Shabbi vive a Palermo da tre anni. E' ricercatrice in Economia e riceve un assegno di duemila euro al mese dall'ambasciata libica.
I
pm le contestano l'istigazione a delinquere in materia di terrorismo
aggravata dalla transnazionalità. La polizia l'ha monitorata per mesi,
dopo alcune segnalazioni, accertando i suoi contatti con due foreign
fighters, uno in Belgio, l'altro in Inghilterra. La donna avrebbe anche
cercato di pianificare l'arrivo in Italia di un suo cugino, poi morto in
Libia in uno scontro a fuoco e avrebbe mandato diverse somme di denaro
in Turchia. La ricercatrice sarebbe imparentata con esponenti di una
organizzazione terroristica coinvolta nell'attentato all'ambasciata
americana in Libia nel 2012 e avrebbe fatto propaganda sui social ad Al
Qaeda. Gli inquirenti hanno trovato molto materiale investigativo
interessante.
Il
gip di Palermo Fernando Sestito non ha convalidato il fermo. Per il
giudice non sussisterebbe il pericolo di fuga, presupposto che autorizza
il fermo. Il giudice, inoltre, non ha applicato alla donna la custodia
cautelare in carcere, come chiesto dalla Procura, ma l'obbligo di dimora
a Palermo senza imporre all'indagata alcun divieto di comunicazione con
l'esterno. Per il magistrato, che ha riconosciuto comunque la
sussistenza dei gravi indizi a carico della donna, non ci sarebbero però
rischi di inquinamento probatorio, ma solo la possibilità che reiteri
il reato, circostanza che, a parere del magistrato, rende sufficiente la
misura dell'obbligo di dimora con divieto di uscire durante le ore notturne.
Usava Facebook per propaganda -
Il profilo Facebook era pieno di materiale propagandistico di gruppi
terroristici islamici come Ansar Al Sharia Libya: scene di guerra,
volantini, 'sermoni' inneggianti alla jhiad. Li aveva presi in Rete
attraverso i suoi contatti con pagine come "Battaglioni dei martiri
della Libia libera" e "Siamo quelli dal volto coperto". "Prossimamente
verrà misurata l'appartenenza al proprio Paese, dimmi se sei a favore e
ti dirò chi sei", scriveva su Fb. Shabbi svolgeva una intensa attività
di proselitismo e propaganda. La donna usava, per le sue comunicazioni,
soprattutto Facebook e Whatsapp, ritenendoli mezzi difficilmente
intercettabili. Dall'inchiesta è emerso che aveva rapporti con foreign
fighters tornati in Europa dopo aver combattuto in Libia e Medio
Oriente. La ricercatrice è finita sotto indagine quasi un anno fa
nell'ambito degli accertamenti svolti dalla Digos sull'eventuale
presenza di sostenitori dell'islamismo integralista a Palermo. Shabbi è
zia di un combattente del fronte islamico: il giovane le avrebbe chiesto
istruzioni per arrivare in Italia insieme a un compagno d'armi e
sfuggire alla cattura dell'esercito regolare libico.
"La
misura è del tutto inadeguata alle esigenze cautelari e
all'intensissima rete di rapporti intrattenuti dall'indagata, oltre che
contraddittoria e contraria alla più recente giurisprudenza. Pertanto la
impugneremo", ha commentato il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi.
Peraltro nel provvedimento del gip non si impone alcun divieto di
comunicazione all'indagata, accusata, tra l'altro, di fare propaganda
per Al Qaeda tramite i social.
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