- Giovedì, 29 Settembre 2016
Nei giorni scorsi in Libia
sono stati rapiti un canadese e due tecnici italiani dipendenti di una
società italiana che gestisce i lavori di manutenzione all'aeroporto di
Ghat.
Gli eventi
Il 19 settembre 2016 nei pressi della città di Ghat, situata nella regione libica del Fezzan in prossimità del confine libico-algerino, sono stati rapiti due cittadini italiani e un cittadino canadese. Si tratta di Bruno Cacace, 56 anni e residente a Borgo San Dalmazzo (Cuneo), Danilo Calonego, 66 anni di Sedico (Belluno) e un cittadino canadese che si trovava con loro, Frank Boccia. I due tecnici italiani sono dipendenti della ditta Con.I.Cos
(Contratti Internazionali Costruzioni) di Mondovì e si trovavano in
Libia per effettuare dei lavori di manutenzione nella struttura
aeroportuale di Ghat.
Le modalità del rapimento
riferite da un testimone oculare fissano l’evento nella mattinata di
lunedì. I tre si trovavano a bordo di un autoveicolo condotto da un
autista locale e stavano percorrendo la strada che collega Ubari a Ghat,
in pieno deserto. Secondo quando riferito dall’autista, a un certo
punto, all’altezza della cava di el-Gnoun, l’auto sulla quale
viaggiavano è stata bloccata da almeno altre due jeep 4x4, dalle quali
sarebbero partiti alcuni colpi di armi da fuoco che avrebbero costretto
l’autista a fermarsi. A questo punto i sequestratori sono scesi dai
mezzi a volto coperto, hanno immobilizzato e legato l’autista, hanno
obbligato i tre tecnici a salire sui loro mezzi e si sono rapidamente
dileguati. Immediatamente, il sindaco della municipalità di Ghat Komani
Mohamed Saleh ha reso pubblica la notizia del rapimento e, altrettanto
rapidamente, un team composto da elementi di contatto della Farnesina e da operatori dell’AISE, guidati da un vicedirettore agli ordini del Direttore Alberto Manenti, sono partiti alla volta della Libia.
L’analisi
La situazione generale che caratterizza
questo particolare evento impone, certamente, un elevato grado di
riserbo che copra tutta la vicenda e, inoltre, un comportamento
comprensivo da parte di tutta l’opinione pubblica italiana e
internazionale. Queste necessarie premesse devono contribuire a creare
quella vitale “cornice operativa” entro la quale le autorità si possano
muovere, al fine di riportare a casa sani e salvi i tre ostaggi
attualmente nelle mani dei rapitori.
Fatta questa necessaria premessa, passiamo
ad analizzare gli eventi e formulare alcune relative ipotesi. Vi sono
degli elementi essenziali non trascurabili che caratterizzano questo
evento criminoso, sui quali occorre riflettere attentamente.
Primo elemento: sino a due giorni prima del rapimento, i tecnici prestavano la loro opera muniti di una scorta;
quest’ultima era appena stata rimossa dopo che alcuni bollettini
situazionali avevano declassificato il grado di pericolosità dell’area.
Questo particolare non può non far pensare che, evidentemente, qualcuno
possa essere stato informato della scelta in questione. Inoltre, è
altrettanto chiaro che nessun gruppo armato può pianificare ed
effettuare un rapimento di tre cittadini stranieri in soli due giorni:
quindi, viene spontaneo pensare che i tecnici fossero nel mirino già da
molto tempo.
Secondo elemento: il sindaco di Ghat, informato dell’avvenuto rapimento, decide di rendere immediatamente pubblica la notizia. Questa condotta esclude de facto la
possibilità che l’evento sia mantenuto segreto. Inoltre, sfumata la
possibilità di un “sequestro-lampo”, la società per la quale i tecnici
lavorano o le autorità locali stesse non sono più nelle condizioni di
condurre trattative private, segrete e dirette con i rapitori stessi.
Pertanto, si rende necessario l’intervento della Farnesina e di tutte le
autorità nazionali e internazionali delegate a gestire la situazione. Komani Mohamed Saleh
è un personaggio dotato di un grande carisma e molto influente sulle
tribù Tuareg locali, tanto è vero che alcune fonti locali indicano come
si sia messo subito all’opera per coordinare il lavoro delle milizie
delle tribù della zona, nel tentativo di attuare un vero e proprio
contenimento dell’intera area che non consenta ai rapitori di
allontanarsi. Una delle cose da evitare assolutamente in questo tipo di
situazioni è proprio quella di lasciare che i rapitori siano nelle
condizioni di poter vendere o scambiare i propri ostaggi con un altro
gruppo, magari terroristico, che possa mettere in serio pericolo la loro
stessa incolumità. Saleh ha dichiarato di conoscere i probabili autori
del gesto: sarebbero criminali comuni, già resisi responsabili in
passato di numerose rapine e assalti ai veicoli in transito nella zona.
Terzo elemento: Danilo Calonego è mussulmano.
Si è convertito all’Islam molti anni fa ed ha anche sposato una donna
mussulmana, fatto che gli aveva già permesso di sfuggire ad un altro
rapimento analogo nel deserto libico nel 2014. Inoltre, l’autista
dell’auto sulla quale i tre tecnici viaggiavano è stato lasciato in
vita. La pista che porta ad una responsabilità terroristica nell’evento,
quindi, si allontana sensibilmente.
Quarto elemento:
la collocazione geografica del luogo dove è avvenuto il rapimento. Ghat
rimane comunque una città importantissima a livello strategico: è
dotata di aeroporto, si trova sul confine libico-algerino e,
soprattutto, è situata a circa 250 chilometri dal confine libico con il Niger.
La zona si colloca tra i più importanti crocevia dal quale transitano i
contrabbandieri di armi, di droga ed di esseri umani provenienti
dall’Africa Sub-Sahariana e diretti in Europa. Questi canali potrebbero
indubbiamente facilitare la cessione degli ostaggi a terze persone. Per
questo motivo, le autorità italiane hanno chiesto alla Francia
un intervento di sorveglianza del confine tra Niger e Libia attraverso i
militari francesi presenti nell’area: la base aerea francese di Madama
situata nel nord del Niger è dotata di 4 droni da ricognizione.
Quinto elemento:
non è un’azione politicamente anti-italiana. L’assenza di
rivendicazioni politiche del gesto e il coinvolgimento di un cittadino
canadese nel rapimento evidenziano l’assenza di una volontà specifica di
colpire singolarmente gli interessi economico-politici italiani
nell’area.
Conclusioni
L’analisi dei dati a nostra disposizione
porta a credere che il rapimento sia in realtà un evento dalle
connotazioni e dalle caratteristiche puramente economiche, perpetrato da
gruppi miliziani locali che conoscevano bene luoghi e modalità di
pianificazione. Il fatto che l’Italia anteponga storicamente la
salvaguardia e la sicurezza dei propri connazionali all’estero, rispetto
alla propria azione politica internazionale, costituisce uno strumento
molto importante attraverso il quale leggere tutta questa serie
correlata di eventi.
L’attività di sicurezza e intelligence
svolta dalle autorità italiane in loco è sicuramente eccellente e volta
ad una risoluzione positiva della vicenda; però, occorre tener presente
che l’attuale contesto geopolitico e geostrategico, nel quale si
svolgono i questi fatti, risulta molto complesso e frastagliato.
Il generale Haftar e i
suoi preziosi alleati (Francia ed Egitto) non vedono certamente di buon
occhio la presenza italiana nella zona, dato il manifesto appoggio che
Roma offre all’assai debole governo di Tripoli. Questo
fatto potrebbe costituire un grave elemento di disturbo alla conduzione
delle operazioni italo-tripolitane nel Fezzan. Viceversa, se l’azione
diplomatica italiana fornirà il necessario supporto alle azioni di
intelligence in terra libica, è probabile che l’intera vicenda si possa
concludere con l’auspicabile positivo epilogo.
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