19 ottobre 2016
In un’intervista al Corriere della Sera del 16 ottobre, l’autorevole politologo americano Ian Bremmer ha spiegato che non siamo in una seconda Guerra Fredda, «ma se vince Hillary Clinton, i primi tre mesi del prossimo anno saranno i più pericolosi da quanto è crollata l’Unione sovietica».
Secondo Bremmer, i russi vedrebbero di buon grado una possibile presidenza di Donald Trump, perché «
immaginano che sarebbe più facile trovare un accordo con uno come lui», dal momento che sembra «
voler lasciare mano libera alla Russia in Ucraina, in Siria» e intende «ridimensionare la Nato». Ma si preparano anche a uneventuale vittoria della Clinton.
In questo caso, secondo Bremmer, Putin «
non attenuerà la sua campagna anti-America che nei fatti si è tradotta in un’offensiva anti-Hillary. La linea di politica estera dell’ex segretario di Stato, poi, sarà più interventista rispetto a quella di Obama. Inoltre Hillary avrà più motivazioni, anche personali. Ci potrebbe essere, dunque, un’ulteriore escalation della “cyber-war” tra Stati Uniti e Russia. Nei primi tre mesi della nuova presidenza i rapporti tra i due Paesi potrebbero scendere al minimo storico degli ultimi venticinque anni. Si aprirebbe una fase di grandi rischi e pericoli».
Nota a margine. Come tutti gli ambiti legati all’establishement euro-atlantico anche Bremmer tifa Clinton. E demonizza Trump, come la disgrazia più grande che si può abbattere sul mondo (si diceva lo stesso per la Brexit).
C’è qualcosa di malato in questa campagna mediatico-politica condotta da tali ambiti, perché sono più che consapevoli dei rischi che comporta l’elezione dell’ex Segretario di Stato. Maggiori in realtà di quelli evidenziati da Bremmer, perché per trovare un analogo pericolo bisogna forse risalire ai tempi della crisi dei missili a Cuba (anche se allora la politica e la cultura mondiale avevano gli anticorpi per scongiurare il peggio).
Sarebbe il caso, invece di spingere in maniera cieca verso una direttrice che porta dritti verso l’incubo, di porsi qualche domanda, piuttosto che limitarsi a demonizzare Trump. Ad esempio se e come frenare la vis distruttiva insita in un’eventuale vittoria della Clinton o se, invece, sia possibile trovare vie di compromesso con l’ambito che sostiene Trump (che non è affatto così isolato come viene si sostiene).
Questa corsa verso il confronto globale con la Russia (l’Apocalisse evocata dalla Clinton di recente anche se in altro contesto: ella sa bene di cosa parla) ricorda in maniera impressionante quel che avvenne ai tempi della prima guerra mondiale, quando le potenze immaginarono far valere le proprie ragioni e le loro aspirazioni a colpi di cannone. Trovando anche cantori entusiasti che esaltavano la guerra come igiene del mondo. Oggi come allora servirebbe in effetti un po’ di igiene. Ma non bellica. Mentale…
Preso da: http://piccolenote.ilgiornale.it/30006/il-rischio-clinton
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