La nuova guerra di Libia della Nato è già iniziata con le azioni di commando e i voli sotto copertura. Tra breve l’intervento militare esplicito verrà dichiarato e l’Italia sarà in prima fila. Le pressioni di questi giorni del governo Usa e di quello della Francia servono a superare dubbi tattici ed elettorali, non a imporre una scelta che il governo italiano ha già preso. Il coinvolgimento militare del nostro paese in tutti gli scenari e gli impegni di guerra della Nato è sempre più esteso, in Asia, Africa, Europa. Come ha vantato Renzi l’Italia è tra i primi paesi al mondo per truppe all’estero. Ultimo annuncio quello dell’invio di centinaia di soldati in Iraq per difendere affari privati nella costruzione di una diga. Più cresce l’impegno militare all’estero, più il territorio del paese è militarizzato. Dal Muos al Trident, dalle servitù militari antiche a quelle modernissime, dalla Sicilia e dalla Sardegna a tutta la penisola, l’inquinamento militare dilaga. Fino alla terribile decisione di installare bombe nucleari di nuova generazione nel Friuli e nel bresciano. Bombe nuove perché studiate per essere davvero usate in qualche guerra umanitaria, invece che essere conservate per pura deterrenza.
In queste quattro guerre direttamente o indirettamente, da solo o in collaborazione con altri, l’intervento militare italiano ha ucciso centinaia di migliaia di libici. Se c’è un paese al quale dovrebbe essere vietato un intervento militare in quel paese è l’Italia. Invece ci stiamo preparando alla quinta guerra, le basi siciliane son già pronte, gli aerei già in posizione, si attende solo il momento opportuno.
Il movimento contro la guerra è oggi minoranza nel paese non perché la maggioranza sia favorevole, ma perché essa è rassegnata alla ineluttabilità delle decisioni. Anche a quelle peggiori. Bisogna smuovere l’opinione pubblica con il rigore delle posizioni e dei comportamenti. Non basta dunque dire no alla guerra, ma bisogna conseguentemente chiedere che l’Italia esca dalla Nato, cioè dalla macchina della guerra permanente. E non basta solo affermare il no con le pur necessarie manifestazioni, ma bisogna costruire il boicottaggio della guerra, della sua politica, dei suoi strumenti. Né un uomo né un soldo gridò Andrea Costa nel 1887 contro le imprese africane dei Savoia. È un’affermazione ancora più valida oggi di fronte ad una Unione Europea che permette flessibilità di bilancio per acquistare un bombardiere, ma non per costruire un ospedale. No alla quinta guerra di Libia, fuori dalla guerra, fuori dalla Nato.
(Giorgio Cremaschi, “Fuori dalla quinta guerra in Libia, fuori dalla Nato”, da “Micromega” del 2 febbraio 2016)
Preso da: http://www.libreidee.org/2016/02/guerra-litalia-torna-nella-libia-che-abbiamo-ceduto-allisis/
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