Il piano militare degli alleati: "Dividere la Libia in tre parti"
Fallisce il piano A dell'Onu. Si va verso la tripartizione del Paese. Le aree saranno "affidate a Francia, Inghilterra e Italia
Fallisce il piano A dell'Onu. Si va verso la tripartizione del Paese. Le aree saranno "affidate a Francia, Inghilterra e Italia
Sergio Rame
- Mer, 24/02/2016 - 12:30
La Casa Bianca è "particolarmente preoccupata" dalla presenza del Califfato in Libia e dalla sua capacità di attrarre, come già in Iraq e Siria, sempre più foreign fighter.
Adesso è sempre più determinata ad "agire se emergeranno minacce dirette".
L'amministrazione Obama si aspetta dunque la cooperazione dei partner
europei, Roma compresa. Ma, dopo il flop della diplomazia
internazionale, la situazione è sempre più complicata e si allontana il
piano dell'Onu.
Tanto che le cancellerie occidentali sono pronte a mettere in campo un piano alternativo che prevede la divisione della Libia in tre parti, ognuna affidata a un tutor europeo.
Per un vero e proprio intervento anti-Isis in Libia, la comunità internazionale attende formalmente di ricevere una richiesta ufficiale da un governo di unità nazionale. Governo che però ancora non esiste. Per l'ennesima volta oggi, il parlamento basato a Tobruk ha rinviato il voto sull'esecutivo del premier incaricato Fayez al Sarraj, ufficialmente per mancanza del numero legale in aula. Una doccia fredda che avrebbe di fatto accelerato il piano B. La Libia verrebbe spacchettata in Tripolitania, Cirenaica e Fezzan, una ripartizione che ricalca l’antica organizzazione amministrativa ottomana. Come anticipa il Messaggero, "ognuno di questi spezzoni potrebbe finire sotto la protezione di un tutor europeo". L’Italia in Tripolitania, la Gran Bretagna in Cirenaica, la Francia nel Fezzan.
"L'Italia fa la sua parte come tutti gli altri", ha assicurato il premier Matteo Renzi, confermando l'ok del governo all'uso della base di Sigonella per i droni americani diretti nel Paese nordafricano. Ma, come già precisato dal ministro della Difesa Roberta Pinotti, Renzi ha ribadito: "Il sì arriverà solo caso per caso". Rivelato ieri dal Wall Street Journal, l'accordo tra Italia e Stati Uniti ha fatto però insorgere le opposizioni con Sinistra Italiana e Lega Nord che chiedono al governo di riferire in parlamento sulla vicenda. Per Palazzo Chigi, però, abbracciare il piano B significherebbe voltare le spalle al parlamento di Tobruk e all'esercito del generale Haftar per puntare sulla compagine di Tripoli. È proprio qui, infatti, che verrebbero concentrati gli sforzi militari per contrastare i tagliagole dello Stato islamico. Secondo Repubblica, verranno mobilitate le milizie più combattive, come lo schieramento di Misurata, e sarà schierato in Tripolitania "un contingente occidentale che contribuisca a difendere le infrastrutture chiave per la sicurezza e la ripresa economica: porti, aeroporti, oleodotti, terminal petroliferi". La missione, che sarebbe affidata all'Italia, prevede "fino a cinquemila soldati". Nel frattempo gli Stati Uniti continuerebbero a colpire obiettivi dello Stato islamico in operazioni mirate come quella che ha raso al suolo il comando di Sabratha.
In Libia già si combatte. Secondo Le Monde, la Francia starebbe già conducendo operazioni militari "non ufficiali" in Libia, "raid puntuali, molto mirati, preparati con azioni 'discrete', vale a dire segrete". La direzione generale per la sicurezza estera starebbe, infatti, portando avanti "operazioni clandestine". "L'ultima cosa da fare sarebbe intervenire in Libia - confida a Le Monde un responsabile della difesa - bisogna evitare qualsiasi impegno militare aperto, e invece agire discretamente".
Tanto che le cancellerie occidentali sono pronte a mettere in campo un piano alternativo che prevede la divisione della Libia in tre parti, ognuna affidata a un tutor europeo.
Per un vero e proprio intervento anti-Isis in Libia, la comunità internazionale attende formalmente di ricevere una richiesta ufficiale da un governo di unità nazionale. Governo che però ancora non esiste. Per l'ennesima volta oggi, il parlamento basato a Tobruk ha rinviato il voto sull'esecutivo del premier incaricato Fayez al Sarraj, ufficialmente per mancanza del numero legale in aula. Una doccia fredda che avrebbe di fatto accelerato il piano B. La Libia verrebbe spacchettata in Tripolitania, Cirenaica e Fezzan, una ripartizione che ricalca l’antica organizzazione amministrativa ottomana. Come anticipa il Messaggero, "ognuno di questi spezzoni potrebbe finire sotto la protezione di un tutor europeo". L’Italia in Tripolitania, la Gran Bretagna in Cirenaica, la Francia nel Fezzan.
"L'Italia fa la sua parte come tutti gli altri", ha assicurato il premier Matteo Renzi, confermando l'ok del governo all'uso della base di Sigonella per i droni americani diretti nel Paese nordafricano. Ma, come già precisato dal ministro della Difesa Roberta Pinotti, Renzi ha ribadito: "Il sì arriverà solo caso per caso". Rivelato ieri dal Wall Street Journal, l'accordo tra Italia e Stati Uniti ha fatto però insorgere le opposizioni con Sinistra Italiana e Lega Nord che chiedono al governo di riferire in parlamento sulla vicenda. Per Palazzo Chigi, però, abbracciare il piano B significherebbe voltare le spalle al parlamento di Tobruk e all'esercito del generale Haftar per puntare sulla compagine di Tripoli. È proprio qui, infatti, che verrebbero concentrati gli sforzi militari per contrastare i tagliagole dello Stato islamico. Secondo Repubblica, verranno mobilitate le milizie più combattive, come lo schieramento di Misurata, e sarà schierato in Tripolitania "un contingente occidentale che contribuisca a difendere le infrastrutture chiave per la sicurezza e la ripresa economica: porti, aeroporti, oleodotti, terminal petroliferi". La missione, che sarebbe affidata all'Italia, prevede "fino a cinquemila soldati". Nel frattempo gli Stati Uniti continuerebbero a colpire obiettivi dello Stato islamico in operazioni mirate come quella che ha raso al suolo il comando di Sabratha.
In Libia già si combatte. Secondo Le Monde, la Francia starebbe già conducendo operazioni militari "non ufficiali" in Libia, "raid puntuali, molto mirati, preparati con azioni 'discrete', vale a dire segrete". La direzione generale per la sicurezza estera starebbe, infatti, portando avanti "operazioni clandestine". "L'ultima cosa da fare sarebbe intervenire in Libia - confida a Le Monde un responsabile della difesa - bisogna evitare qualsiasi impegno militare aperto, e invece agire discretamente".
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